Virginia Tech reinventa l’intelligenza artificiale per il 6G: reti con capacità di buon senso

Virginia Tech propone reti 6G con intelligenza artificiale dotata di buon senso, superando i limiti dell’AI statistica per creare infrastrutture cognitive.

di Lorenzo De Santis matricedigitale.it
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(Da sinistra) Walid Saad e lo studente di dottorato Omar Hashash provano una cuffia per la realtà virtuale simile a quelle che spesso si usano per interagire con i gemelli digitali nel metaverso. Foto di Chelsea Seeber per Virginia Tech.

Con l’avvicinarsi della nuova generazione di reti mobili, il 6G, ricercatori di Virginia Tech propongono un approccio rivoluzionario: creare reti wireless AI-native capaci di sviluppare una forma di buon senso, superando i limiti delle intelligenze artificiali tradizionali. Guidati dai professori Walid Saad, Mohamed Hashash e Jeffrey H. Reed, gli studiosi stanno lavorando a un’architettura che integri intelligenza generalizzabile, spiegabile e affidabile all’interno dell’infrastruttura stessa della rete.

Da AI statistica a intelligenza con modello del mondo

L’attuale generazione di AI impiegata nelle reti 5G e nei primi prototipi di sistemi 6G si basa su modelli statistici progettati per compiti specifici, come la visione artificiale o il riconoscimento vocale. Questi sistemi sono molto efficaci nel riconoscere pattern e correlazioni nei dati, ma risultano inadeguati quando si tratta di gestire situazioni impreviste o ambienti dinamici, come quelli richiesti dalla fusione tra mondo fisico e mondo digitale, tipica del metaverso o dei digital twin.

Il team di Virginia Tech sostiene che per rendere le reti 6G realmente autonome e reattive, sia necessario passare da un’intelligenza meramente corrispondente ai dati, a una intelligenza che possieda un “modello del mondo”, capace di ragionare, apprendere per analogia e inferire informazioni mancanti.

Il ruolo del buon senso nell’intelligenza artificiale delle reti

Come sottolinea Walid Saad, il buon senso è ciò che consente agli esseri umani di affrontare con flessibilità e logica scenari nuovi e imprevedibili. L’intelligenza artificiale, così com’è oggi strutturata, fatica invece a uscire dagli schemi in cui è stata addestrata. Le reti 6G, se resteranno vincolate a questi limiti, non potranno soddisfare le esigenze di sistemi distribuiti complessi, come veicoli autonomi, ambienti di realtà aumentata o operazioni industriali remote.

L’architettura proposta mira quindi a costruire una forma di intelligenza artificiale più simile a quella umana, dove la capacità di ragionare, dedurre e adattarsi diventa parte integrante del funzionamento stesso della rete wireless.

Dalla rete passiva alla rete intelligente: il salto concettuale del 6G

Uno dei principali cambiamenti di paradigma delineati dallo studio è il passaggio dalla concezione di rete come infrastruttura passiva a quella di rete attiva e cognitiva, in grado di prendere decisioni autonome. In pratica, il comportamento della rete non sarà più dettato solo da regole predefinite o da risposte ai dati ricevuti, ma sarà il frutto di una comprensione del contesto, di obiettivi adattivi e della capacità di astrazione.

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In questo modo, la rete 6G potrà anticipare anomalie, gestire carichi dinamici, risolvere conflitti e garantire continuità anche in condizioni estreme, come quelle generate da catastrofi naturali, attacchi informatici o guasti sistemici.

Common-sense AI: le sfide della realizzazione

L’idea di integrare il buon senso all’interno delle reti pone sfide interdisciplinari significative. Non si tratta solo di potenziare l’hardware o migliorare gli algoritmi, ma di ripensare l’intero stack dell’intelligenza artificiale, dalla rappresentazione della conoscenza fino all’inferenza causale. Gli approcci attuali, dominati da reti neurali profonde, non possiedono strumenti per costruire modelli del mondo o per inferire relazioni logiche tra oggetti, eventi e intenzioni.

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Il gruppo di Virginia Tech sta quindi esplorando soluzioni ibride che combinino tecniche simboliche, strutture di conoscenza, apprendimento per rinforzo e modelli linguistici multimodali, con l’obiettivo di trasformare le reti AI-native da strumenti reattivi a sistemi cognitivi proattivi.

Implicazioni per metaverso, digital twin e sicurezza delle reti

Il buon senso nelle reti 6G rappresenta un prerequisito per l’adozione massiva di tecnologie immersive e cyber-fisiche, come il metaverso industriale, la robotica distribuita o la chirurgia da remoto. In questi contesti, la rete deve capire il significato dell’azione in corso, non solo garantire larghezza di banda e bassa latenza.

Inoltre, una rete dotata di capacità cognitive potrà rilevare e prevenire minacce in modo autonomo, correggere comportamenti errati e migliorare la resilienza delle comunicazioni. La fiducia nella rete, uno dei pilastri dell’evoluzione 6G, non potrà più basarsi solo sulla crittografia o sul controllo centralizzato, ma richiederà comportamenti comprensibili, spiegabili e logici da parte dell’infrastruttura stessa.

Verso una nuova era delle telecomunicazioni intelligenti

Il progetto presentato da Virginia Tech non è solo una proposta tecnica, ma una ridefinizione dell’intelligenza nel contesto delle reti mobili. Mentre il 5G ha esteso le capacità della rete in termini di velocità, latenza e densità di dispositivi, il 6G si propone come un’infrastruttura cognitiva che coopera con l’uomo, interpretando segnali, ambienti e relazioni con intelligenza.

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Per rendere possibile questo salto, sarà necessario ripensare i protocolli, i modelli matematici e le architetture distribuite, superando la separazione classica tra AI e comunicazione, per arrivare a un’integrazione nativa, profonda e dinamica tra i due domini.

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