Pay-or-consent: Garante Privacy ha paura della Stampa e di Barachini?

di Livio Varriale
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Mentre Unione Europea condanna Meta per il modello pay-or-consent («paga oppure usiamo i tuoi dati»), il Garante della Privacy italiano – già in difetto – avvia una consultazione per divincolarsi dalle proprie responsabilità di omesso controllo nel settore dell’Editoria.
Ci si aspettava un’azione pacificatoria e riparatoria nel rispetto delle regole di mercato, ma così non è stato. La comunicazione del Garante, più volte sollecitata, verte sulla consultazione con gli editori: resta da capire chi siano effettivamente questi editori.

Il Garante ha aperto una consultazione pubblica sul trattamento dei dati, criticando gli abusi degli ultimi mesi, ma con il suo atteggiamento morbido ha creato una frattura di mercato. Sono infatti spuntate società che propongono il modello pay-or-consent, in contrasto con la normativa europea a cui si rivolgono diversi editori.
Negli anni il Garante si è mostrato cauto, attivandosi solo dopo sentenze di livello europeo contro gruppi come Meta e, in parallelo, contro Google, che promuove il pay-or-consent come strumento per gli editori oramai da tempo.

Questo lassismo favorisce i grandi gruppi in rapporti diretti con Google (e con il Garante), che beneficiano del pay-or-consent, mentre altri subiscono cali di traffico dopo aver adottato sistemi di tracciamento chiusi che penalizzano strumenti diffusi come Google Analytics.

La mancata presa di posizione del Garante ha generato scompiglio: chi non può permettersi sanzioni ha pagato caro il crollo di visite. Si delinea un parallelismo con il settore farmaceutico: si lancia un “farmaco”, si calcolano i costi degli effetti collaterali e, quando arriva la sentenza, i profitti coprono i rimborsi: parte della strategia di marketing.

Il Garante evita di colpire i giornali per non inimicarsi la Stampa – capace di esercitare pressioni – e, al contempo, non può scontrarsi con l’ala governativa legata a Google e al Dipartimento dell’Informazione e dell’Editoria della Presidenza del Consiglio.

Le posizioni interne all’Autorità sono note: Ginevra Cerrina Feroni e Agostino Ghiglia non intendono aprire un conflitto politico con il governo né con l’editoria guidata da Alberto Barachini; sulla stessa linea si muove Paolo Benanti, figura proposta da Giorgia Meloni ed imposta dal Vaticano.

La speranza è che qualcosa cambi, ma il principio resta: se il mercato è gestito da chi non assume decisioni eque e trasparenti, non può definirsi liberale, e ciò dimostra il fallimento del governo di destra su questo punto.

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