Mano robotica afferra come un umano: il progetto ADAPT di EPFL

di Lorenzo De Santis matricedigitale.it
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Mano robotica afferra come un umano: il progetto ADAPT di EPFL

Un team di ricercatori dell’EPFL (École polytechnique fédérale de Lausanne) ha progettato una mano robotica capace di afferrare oggetti con una naturalezza simile a quella umana, senza bisogno di conoscere esattamente la posizione dell’oggetto nello spazio. La chiave di questa innovazione è il concetto di intelligenza meccanica distribuita, dove materiali morbidi e molle calibrate sostituiscono la programmazione rigida e il controllo centralizzato.

La mano robotica si chiama ADAPT (Adaptive Dexterous Anthropomorphic Programmable sTiffness) e riesce a realizzare prese auto-organizzate che si adattano automaticamente alla forma e alla consistenza degli oggetti. Con una struttura composta da silicone e giunti a molla, ADAPT ha dimostrato in laboratorio la capacità di afferrare 24 oggetti diversi con una percentuale di successo del 93%, replicando in media il 68% del comportamento di presa naturale umano. I risultati sono stati pubblicati su Nature Communications Engineering.

Mano robotica afferra come un umano: il progetto ADAPT di EPFL
Mano robotica afferra come un umano: il progetto ADAPT di EPFL

Questa robotica non si basa su una rappresentazione mentale dettagliata dell’ambiente, ma su una compliance fisica distribuita che permette adattamenti locali spontanei. Il sistema è open-loop, ovvero non utilizza sensori in tempo reale per correggere il movimento. Sono solo quattro le posizioni predefinite che la mano esegue per afferrare qualsiasi oggetto, mentre l’adattamento avviene grazie alla combinazione elastica dei materiali e al design biomeccanico.

Il prossimo passo del team sarà l’integrazione di sensori di pressione nella “pelle” in silicone e l’uso di intelligenza artificiale per chiudere il ciclo di controllo, unendo la robustezza della compliance con la precisione del feedback sensoriale. Secondo il ricercatore Kai Junge, questa direzione potrebbe aprire le porte all’integrazione di robot in ambienti complessi, dinamici o progettati per l’essere umano, rendendoli più flessibili, autonomi e meno dipendenti da dati ambientali perfetti.

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