Apple: Cina crollano le vendite, Europa scattano gli avvisi per i pagamenti e Trump minaccia stop alla produzione in India

di Giuseppe De Vitis matricedigitale.it
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Il mese di maggio 2025 segna una fase di pressione senza precedenti per Apple, colpita contemporaneamente da tre fattori destabilizzanti: un crollo del 49,6% delle spedizioni in Cina, nuovi obblighi di trasparenza nell’App Store europeo per le app con pagamenti esterni, e dichiarazioni aggressive da parte di Donald Trump che sollecita il blocco della produzione degli iPhone in India. Questi eventi confermano come l’azienda guidata da Tim Cook sia al centro di una ridefinizione strategica forzata, che coinvolge supply chain, normativa, geopolitica e rapporti commerciali con i principali mercati internazionali.

Nel dettaglio, la concorrenza cinese si rafforza in casa propria grazie a incentivi governativi, mentre l’Europa impone una maggiore chiarezza a tutela degli utenti che effettuano acquisti al di fuori dell’ecosistema Apple. Sul piano politico, gli Stati Uniti vedono riaffiorare pressioni protezionistiche che potrebbero complicare ulteriormente l’equilibrio industriale dell’azienda. La resilienza di Apple sarà ora messa alla prova dalla capacità di adattamento a queste forze divergenti, che agiscono simultaneamente a est e a ovest.

Crollano del 50% le spedizioni di iPhone in Cina: il mercato si chiude e premia i marchi nazionali

Secondo i dati ufficiali pubblicati dalla China Academy of Information and Communications Technology (CAICT), le spedizioni di smartphone stranieri in Cina, dominate da Apple, sono crollate di quasi il 50% su base annua nel mese di marzo 2025. Il numero di unità spedite è passato da 3,75 milioni a 1,89 milioni, riducendo la quota di mercato di Apple all’8%, mentre i brand locali detengono il 92% del mercato interno.

Nel primo trimestre, le vendite complessive di smartphone in Cina sono cresciute del 3,3%, mentre quelle dei marchi non cinesi sono diminuite del 25%. A trainare questa inversione sono Huawei, Vivo, Xiaomi e Oppo, con la prima che guida la classifica grazie ai suoi chip proprietari e al sistema operativo HarmonyOS Next. Apple scivola così al quinto posto, con una quota del 14,1% nel trimestre.

Un altro fattore determinante è rappresentato dai sussidi governativi concessi ai consumatori per l’acquisto di dispositivi elettronici prodotti localmente. In particolare, la Cina offre un rimborso del 15% sui prodotti sotto i 6.000 yuan (circa 820 euro), un prezzo che taglia fuori gran parte degli iPhone più recenti, a partire dal modello base iPhone 16, che viene venduto a 5.999 yuan, ma supera rapidamente la soglia con qualsiasi personalizzazione.

Apple ha risposto a questa tendenza abbassando il prezzo di alcuni modelli di iPhone 16 Pro in vista del festival dello shopping “618”, ma secondo gli analisti di Counterpoint Research, le difficoltà non sono solo legate ai prezzi. Il colosso di Cupertino paga una lentezza nella transizione all’intelligenza artificiale generativa, area in cui i produttori cinesi si stanno muovendo più rapidamente per attrarre consumatori attratti dalle novità tech.

Apple aggiunge icone di avviso per i pagamenti esterni su iOS: l’effetto DMA si fa sentire

In Europa, Apple ha dovuto piegarsi alla Digital Markets Act (DMA) approvata dall’Unione Europea, inserendo a partire da iOS 17.5 e soprattutto con iOS 18 e iOS 19 dei pannelli informativi visivi nelle app che offrono metodi di pagamento esterni all’App Store. Le nuove “warning icons” sono piccole etichette visibili durante la navigazione che segnalano in modo chiaro e permanente che l’utente sta per effettuare una transazione al di fuori del sistema Apple.

La Commissione Europea aveva contestato ad Apple la mancanza di trasparenza nell’identificazione di queste transazioni, ritenute potenzialmente pericolose per gli utenti. Ora, le nuove icone vengono visualizzate accanto ai link esterni o nei banner di pagamento, informando che le protezioni offerte da Apple non saranno garantite, come i rimborsi automatici, la verifica dei metodi di pagamento e la protezione contro frodi.

Apple specifica che il meccanismo è interamente applicabile all’interno dello Spazio Economico Europeo, dove i nuovi requisiti normativi sono già in vigore. Tuttavia, si teme che l’obbligo possa creare confusione tra gli utenti, inducendo molti a tornare a metodi interni all’applicazione puramente per timore o incertezza, rafforzando così indirettamente la posizione dominante dell’App Store.

Questo aggiornamento è solo l’ultima di una serie di modifiche forzate da parte di Apple per rimanere in linea con le nuove regole antitrust europee. Negli ultimi mesi, Cupertino ha già aperto il sistema a store alternativi, modificato le regole sulle installazioni dirette e ridotto la propria percentuale sulle transazioni da store di terze parti. Tuttavia, il controllo resta parziale, e l’efficacia dell’intervento europeo dovrà ora misurarsi con la forza comunicativa e psicologica dell’interfaccia utente Apple.

Donald Trump contro la produzione in India: “Apple deve costruire in America”

A sorpresa, è tornata a fare notizia anche la questione geopolitica della produzione. Donald Trump, in un comizio tenutosi il 15 maggio 2025 in Arizona, ha lanciato un messaggio diretto ad Apple: “Fermate la produzione degli iPhone in India. Gli iPhone devono essere costruiti in America.” La dichiarazione, priva per ora di una proposta legislativa concreta, è stata interpretata come un attacco politico al reshoring selettivo operato da Apple, che negli ultimi due anni ha trasferito quote crescenti di produzione fuori dalla Cina e in India, in particolare per i modelli iPhone SE e alcuni segmenti dell’iPhone 16.

L’India è ormai un hub chiave nella strategia produttiva di Apple, grazie alla collaborazione con Foxconn e altri partner taiwanesi, e supportata da sgravi fiscali concessi dal governo Modi. Il volume produttivo è aumentato di oltre il 75% tra il 2023 e il 2025, coinvolgendo anche altri prodotti come AirPods e cavi.

La posizione di Trump si inserisce in un contesto di retorica protezionista che mira a riportare la produzione tecnologica strategica sul suolo americano. Nel 2020, l’amministrazione Trump aveva già tentato di imporre tariffe sulle componenti asiatiche, iniziative poi mitigate dall’amministrazione Biden. Tuttavia, la campagna 2024-2025 di Trump ha ripreso queste tematiche come cavalli di battaglia, promettendo incentivi fiscali per la costruzione di fabbriche negli Stati Uniti e penalizzazioni per chi delocalizza.

Apple, finora, ha evitato commenti pubblici, ma secondo Bloomberg starebbe valutando un ulteriore bilanciamento della supply chain che includa Vietnam e Messico, in modo da ridurre sia la dipendenza da Pechino che le tensioni con Washington.

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