Spotify sotto attacco: il leak da 300TB che sconvolge lo streaming globale

di Redazione
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Il 22 dicembre 2025 passerà alla storia come il giorno in cui il concetto di inviolabilità dello streaming musicale è crollato. In un’operazione senza precedenti per scala e audacia tecnica, un gruppo di “archivisti pirata” ha completato e pubblicato online il risultato di un massiccio scraping ai danni di Spotify, sottraendo circa 300 Terabyte di dati che corrispondono alla quasi totalità del catalogo della piattaforma svedese. Non si tratta di un semplice attacco hacker mirato ai dati utente, ma di un prelievo sistematico di cultura digitale: 86 milioni di tracce audio, complete di metadati dettagliati, sono ora disponibili su circuiti torrent e siti di file sharing decentralizzati.

La notizia ha scosso le fondamenta dell’industria discografica. Spotify ha immediatamente avviato un’indagine interna per comprendere come sia stato possibile aggirare i sistemi di protezione DRM (Digital Rights Management) su una scala così vasta senza innescare contromisure immediate, ma il danno è ormai irreversibile: la “biblioteca di Alessandria” della musica moderna è stata duplicata e riversata nel web sommerso, accessibile gratuitamente e senza restrizioni.

Anatomia del furto: 300TB di musica e metadati

La dimensione del Spotify leak 300TB è difficile da visualizzare per l’utente medio. Per dare un contesto, l’intero archivio di musica compressa (tipicamente in formato Ogg Vorbis o AAC a 320kbps, standard di Spotify) di 300TB rappresenta decine di milioni di ore di ascolto continuo. Il gruppo responsabile, che si autodefinisce “shadow library” o collettivo di archivisti, ha agito con una metodologia simile a quella utilizzata in passato per liberare milioni di libri accademici e testi protetti da copyright (un chiaro riferimento a operazioni come Anna’s Archive o Library Genesis).

L’operazione non sembra essere frutto di una violazione dei server (server breach) tradizionale, ma di uno scraping automatizzato e distribuito. Utilizzando verosimilmente migliaia di account premium compromessi o creati ad hoc e una botnet sofisticata, gli archivisti hanno “registrato” o scaricato direttamente i flussi audio, decriptandoli in tempo reale. Ma il vero tesoro per i pirati tecnologici del 2025 non è solo l’audio: sono i metadati. Insieme ai file musicali, il leak include miliardi di punti dati: titoli, autori, produttori, date di rilascio, etichette discografiche e, potenzialmente, testi sincronizzati. In un’era dominata dall’Intelligenza Artificiale generativa musicale (come Suno o Udio), questo dataset pulito e organizzato vale una fortuna per l’addestramento di modelli non autorizzati.

I leak più violenti della storia

La risposta di Spotify e le implicazioni legali

Spotify ha reagito con una dichiarazione laconica ma ferma, confermando a Android Authority che è in corso un’indagine su un “accesso non autorizzato” ai propri cataloghi. L’azienda si trova ora di fronte a un incubo legale e tecnico. Se da un lato deve rassicurare gli investitori sulla tenuta delle proprie infrastrutture di sicurezza, dall’altro deve affrontare l’ira delle major discografiche (Universal, Sony, Warner) che vedono il loro asset principale – la musica – svalutato in un istante.

L’incidente solleva interrogativi critici sulla validità del modello di business dello streaming. Se un gruppo di archivisti può replicare l’intera offerta di valore di Spotify (un catalogo infinito accessibile ovunque) e renderla disponibile gratuitamente e offline per sempre, la barriera all’ingresso per la pirateria si abbassa drasticamente. A differenza dei tempi di Napster, oggi la larghezza di banda e lo storage (HDD da 20TB e connessioni in fibra) rendono triviale per chiunque scaricare e conservare porzioni significative di questo archivio.

Il ritorno della pirateria ideologica

Questo attacco segna il ritorno prepotente della “pirateria ideologica”. Gli autori del gesto non chiedono riscatti in Bitcoin come le gang ransomware (es. LockBit o Clop); il loro obiettivo dichiarato è la preservazione. In un comunicato diffuso insieme ai torrent, il gruppo paragona la propria azione alla salvaguardia dei libri, sostenendo che affidare la cultura musicale mondiale a una singola azienda privata (che può rimuovere brani a piacimento per questioni di licenze) è un rischio per la memoria storica dell’umanità.

Tuttavia, le conseguenze economiche sono reali. Artisti emergenti e superstar vedono il loro lavoro esposto senza la monetizzazione dello streaming, che, seppur criticata per i bassi compensi, rimane l’unica fonte di reddito digitale strutturata. La distribuzione via torrent rende impossibile il “takedown” completo: una volta che i magnet link sono nella blockchain o nei forum decentralizzati, il genio è uscito dalla lampada. L’industria dovrà ora capire se rafforzare ulteriormente i DRM (spesso a scapito dell’esperienza utente) o ripensare radicalmente il valore aggiunto delle piattaforme legali oltre il semplice accesso al file.

Domande frequenti sul leak di Spotify

Cosa contiene esattamente il leak di Spotify da 300TB?

Il leak contiene circa 86 milioni di brani musicali, coprendo quasi l’intera libreria della piattaforma. Oltre ai file audio, include un vasto database di metadati (titoli, artisti, album, date), rendendolo uno degli archivi digitali illeciti più completi mai creati.

Come hanno fatto gli hacker a scaricare 300TB da Spotify?

Non si è trattato di un hacking dei server centrali, ma di un’operazione di “scraping” su larga scala. Utilizzando software automatizzati (bot) e probabilmente migliaia di account, il gruppo ha scaricato sistematicamente ogni brano disponibile, aggirando le protezioni DRM che impediscono la copia dei file.

È legale scaricare questi torrent?

Assolutamente no. Scaricare e condividere materiale protetto da copyright senza autorizzazione è un reato in quasi tutte le giurisdizioni. L’accesso a questi file viola le leggi sulla proprietà intellettuale e può comportare sanzioni civili e penali.

Quali sono le conseguenze per Spotify e gli artisti?

Per Spotify, questo rappresenta un grave danno d’immagine e una potenziale perdita di abbonati. Per gli artisti, significa la perdita delle royalties derivanti dallo streaming, poiché la loro musica può ora essere ascoltata offline gratuitamente senza generare ricavi.

Perché i metadati inclusi nel leak sono importanti?

I metadati (informazioni strutturate sui brani) sono fondamentali per organizzare la musica, ma nel 2025 sono diventati cruciali per l’addestramento delle Intelligenze Artificiali generative. Avere un dataset così pulito e vasto permette di creare modelli AI musicali molto più potenti e precisi.