Nel lessico del Digital Services Act la figura dei trusted flaggers è diventata in pochi mesi una delle più discusse, e non solo tra addetti ai lavori. Il motivo è semplice: in un ecosistema in cui la moderazione dei contenuti è ormai un’infrastruttura politica oltre che tecnica, introdurre segnalatori “qualificati” significa ridisegnare la catena con cui l’Europa prova a intercettare i contenuti illegali online prima che producano danni irreversibili, e senza consegnare alle piattaforme il monopolio della definizione di ciò che è accettabile.
La promessa implicita è una moderazione più precisa: meno rumore, meno segnalazioni casuali, meno abuso delle funzioni di report da parte di utenti che tentano di zittire avversari o concorrenti. Ma ogni promessa, in un quadro normativo che impone urgenza e priorità, ha un rovescio: chi diventa trusted flagger guadagna potere operativo. Non decide cosa viene rimosso, almeno formalmente, ma influenza tempi, carichi di lavoro e attenzione. E in un ambiente dove la visibilità è una moneta, accelerare una decisione equivale spesso a determinarne l’esito.
La Commissione europea ha chiarito l’impianto: i trusted flaggers sono entità speciali designate dai coordinatori nazionali dei servizi digitali nell’ambito del DSA, selezionate per competenza nel rilevare contenuti illegali e per capacità di inviare notifiche ritenute più accurate di quelle “medie” prodotte dagli utenti. Le piattaforme, a loro volta, sono obbligate a trattare le notifiche provenienti da queste entità con priorità e urgenza. Qui si gioca la partita: l’urgenza non è un dettaglio amministrativo, è un moltiplicatore di impatto.
La Commissione ha annunciato linee guida pensate per assistere i coordinatori nazionali nella nomina e, soprattutto, per gestire gli abusi, con consultazione pubblica prevista nel secondo trimestre 2025 e adozione entro fine 2025. La tempistica racconta che il dispositivo esiste già, ma la sua forma concreta è ancora in costruzione. E quando un dispositivo è operativo prima che il suo perimetro sia fissato in modo uniforme, il rischio è sempre lo stesso: che l’armonizzazione arrivi dopo le frizioni, o peggio dopo le distorsioni.
Cosa leggere
Trusted flaggers: che cosa sono davvero nel DSA
Nel DSA i trusted flaggers non sono “moderatori esterni” e non sono “autorità”. Sono, più precisamente, soggetti qualificati che inviano notifiche su contenuti potenzialmente illegali con un canale che le piattaforme devono considerare prioritario. L’idea di fondo è pragmatica: se una piattaforma riceve milioni di segnalazioni, e se una parte significativa è infondata, strumentale o semplicemente imprecisa, l’efficacia complessiva crolla. In quel rumore si perdono anche le segnalazioni davvero importanti, incluse quelle che riguardano terrorismo, hate speech nei confini della legalità nazionale, sfruttamento di minori, truffe, violazioni di proprietà intellettuale, frodi commerciali e altre fattispecie che non sono opinabili perché già tipizzate in norme.
Il trusted flagger, in questo schema, è un filtro “a monte”. Non decide l’esito, ma aumenta la probabilità che la piattaforma guardi subito e con attenzione. La Commissione europea insiste su un punto che torna come un mantra: i trusted flaggers segnalano solo contenuti ritenuti illegali, e la decisione finale resta sempre alla piattaforma. Questa distinzione serve a mantenere due pilastri: evitare che una delega esterna somigli a una privatizzazione dell’enforcement pubblico e, allo stesso tempo, evitare che una designazione somigli a un’autorizzazione preventiva alla censura.
Il problema è che, nel mondo reale, la velocità è sostanza. Se una segnalazione prioritaria arriva con un set di prove, contesto e riferimenti normativi costruito da un soggetto che “sa come si fa”, la piattaforma tende a fidarsi. E se la piattaforma non si fida, rischia di essere accusata di inerzia e scarsa compliance. È una spinta strutturale verso l’azione, e quindi verso la rimozione o la limitazione di diffusione. Anche quando la piattaforma formalmente “decide”, il trusted flagger condiziona l’ecosistema con una leva che gli utenti comuni non hanno.
Urgenza e priorità: cosa cambia per le piattaforme
L’obbligo di trattare con urgenza le notifiche dei trusted flaggers è la parte più concreta dell’architettura. “Urgenza” vuol dire che, in una coda di ticket, quelle segnalazioni saltano avanti. Vuol dire che un team di trust and safety, o un flusso automatizzato di triage, deve assegnare risorse prima. Vuol dire anche che la piattaforma deve tenere traccia, perché il DSA pretende accountability e perché le stesse entità designate devono pubblicare report annuali trasparenti sulle notifiche inviate e sulle azioni intraprese.
Qui emerge un altro livello: la moderazione è sempre più una questione di logistica. Non basta “avere regole”, serve avere processi misurabili. Il DSA costruisce una cornice in cui le piattaforme devono dimostrare di aver valutato, di aver agito, di aver risposto. Il trusted flagger, con la sua priorità, diventa un test continuo della capacità operativa della piattaforma. E in un contesto dove i grandi attori gestiscono volumi enormi, la priorità può trasformarsi in un canale che sposta decisioni, tempi e perfino politiche interne.
C’è un elemento ulteriore: lo status del trusted flagger è valido in tutta l’Unione europea. Questo significa che una designazione ottenuta in uno Stato membro produce effetti transfrontalieri. Per una piattaforma globale, è un vantaggio, perché riduce la frammentazione di interlocutori. Per un coordinatore nazionale, è un onere, perché la sua scelta pesa fuori dai confini. Per il trusted flagger, è un moltiplicatore: la sua capacità di incidere non resta locale.
La nomina: chi decide e con quali criteri
Nel DSA la nomina è compito dei coordinatori dei servizi digitali (Digital Services Coordinators). In particolare, conta lo Stato membro di stabilimento dell’entità che chiede lo status: è il coordinatore di quello Stato a valutare, designare e, se necessario, revocare. Questo dettaglio è cruciale, perché crea una geografia della fiducia: gli Stati non designano “per l’Europa” in astratto, ma ogni designazione produce effetti europei.
Le entità interessate devono quindi passare da una procedura nazionale. Il testo normativo e le comunicazioni istituzionali insistono su requisiti che si ripetono: competenza, indipendenza, obiettività, diligenza e accuratezza. Dietro queste parole c’è una domanda semplice: come dimostri di saper riconoscere contenuti illegali in modo affidabile, e come dimostri di non avere un interesse economico o politico che trasformi lo status in un’arma?
Il criterio della competenza appare il più “facile” sulla carta: track record, expertise in aree specifiche, conoscenza normativa, procedure interne. Ma è anche quello che rischia di creare oligopoli. Se la competenza è definita in modo tale da favorire chi ha risorse, uffici legali, staff tecnico e capacità di produrre report, il sistema tende a selezionare soggetti strutturati. Questo può essere un bene per l’accuratezza, ma può anche marginalizzare realtà più piccole e indipendenti, incluse quelle radicate sul territorio che vedono per prime abusi e fenomeni emergenti.
Il criterio dell’indipendenza è quello più delicato. Indipendenza da chi? Dalle piattaforme, certo, perché un trusted flagger non può essere un’estensione commerciale del soggetto che dovrebbe segnalare. Ma indipendenza anche da interessi che potrebbero creare conflitti: competitor, associazioni di categoria, gruppi di pressione. Il DSA chiede che l’entità operi in modo obiettivo. Il punto è che, in molte aree, la linea tra tutela e interesse è sottile: pensiamo alla proprietà intellettuale, alla concorrenza, alla tutela dei consumatori. Un soggetto può avere una missione legittima e, al tempo stesso, una convenienza economica a vedere rimossi contenuti che danneggiano i propri associati.
La Commissione europea, preparando linee guida, sembra riconoscere proprio questo: la nomina non può reggersi solo su dichiarazioni formali. Servono procedure, controlli e un modo uniforme di valutare l’abuso. Perché lo status può essere revocato, ma revocarlo dopo un abuso significa accettare che l’abuso abbia già prodotto effetti.
Indipendenza e obiettività: la parola “abuso” entra nel sistema
Nel sistema dei trusted flaggers la parola abuso è centrale. Abuso significa segnalare in modo sistematicamente scorretto, parziale, manipolatorio o negligente. Significa usare lo status per colpire avversari, per spingere rimozioni che non riguardano contenuti illegali ma contenuti scomodi, per sommergere le piattaforme con richieste “prioritarie” che distorcono le code e spostano risorse.
Il DSA prevede che i coordinatori possano revocare lo status in caso di abuso. Ma qui il diritto incontra l’ingegneria del processo: come misuri l’abuso? Quante segnalazioni errate bastano? Come separi l’errore in buona fede dall’azione deliberata? E come eviti che la revoca diventi, a sua volta, un atto politico usato per punire un soggetto troppo efficace o troppo critico?
La Commissione, annunciando linee guida, prova a costruire una “cassetta degli attrezzi” per i coordinatori. È un passaggio che vale più della retorica: se i coordinatori nazionali applicano criteri diversi, l’Europa ottiene un mercato unico della moderazione, ma con standard variabili. Il paradosso è che l’armonizzazione promessa dal DSA può trasformarsi in una competizione tra standard: chi è più permissivo nel designare produce più trusted flaggers e quindi più canali prioritari, chi è più rigido produce meno designazioni ma forse più affidabili. In mezzo, le piattaforme devono gestire un regime unico con input disomogenei.
Trasparenza e report annuali: l’obbligo che dovrebbe bilanciare il potere
Il DSA chiede che i trusted flaggers pubblichino report annuali chiari e comprensibili, indicando numero e tipo di notifiche inviate e, per quanto possibile, l’esito delle azioni intraprese dalle piattaforme. Questo obbligo è l’elemento che dovrebbe trasformare un canale privilegiato in un canale controllabile.
La trasparenza, però, è efficace solo se è leggibile. Un report può essere formalmente pubblico ma inutilizzabile, pieno di categorie vaghe o aggregazioni che impediscono di capire la qualità delle segnalazioni. Può anche essere costruito in modo da proteggere l’entità, rendendo difficile misurare l’errore. Dall’altra parte, una trasparenza eccessiva può diventare un problema operativo: se un trusted flagger rivela troppo, può esporre metodi, fonti e procedure, e in alcuni casi perfino mettere a rischio attività di contrasto a fenomeni gravi.
Il punto interessante è che il DSA non chiede solo di “contare”, ma di rendere conto. In prospettiva, questi report potrebbero diventare uno strumento per valutare non solo i trusted flaggers, ma anche le piattaforme: un modo per capire chi risponde, chi ignora, chi rimuove in eccesso, chi impiega tempi incompatibili con la priorità richiesta. In altre parole, i trusted flaggers diventano anche un sensore del sistema, non solo un attore.
Validità UE e lista pubblica: la Commissione come “registro” operativo
La Commissione europea pubblica elenchi aggiornati dei trusted flaggers sulla base delle notifiche inviate dai coordinatori nazionali. Questo registro è più di una pagina informativa. È un’infrastruttura di legittimazione: segnala alle piattaforme chi ha titolo per chiedere priorità e segnala al pubblico quali entità possono muovere quel canale.
La presenza di un elenco aggiornato serve anche a ridurre un rischio elementare: l’impersonificazione. Se lo status genera urgenza, diventa appetibile. Un soggetto potrebbe tentare di spacciarsi per trusted flagger, o creare ambiguità, o usare marchi e denominazioni simili. La lista pubblica è una difesa, ma non è sufficiente se le piattaforme non integrano i dati in modo robusto e se gli utenti non hanno strumenti semplici per verificare.
C’è poi un aspetto politico: rendere pubblica la lista significa accettare che i trusted flaggers possano essere bersagliati. Se un’entità segnala contenuti legati a estremismo, criminalità o sfruttamento, la sua visibilità può esporla a campagne di intimidazione. Se invece segnala contenuti legati a proprietà intellettuale o consumatori, può essere accusata di agire per interessi economici. La trasparenza, nel DSA, è sempre un bilanciamento tra accountability e rischio.
Esempi europei: perché le aree di expertise contano
La lista dei trusted flaggers, già nelle prime designazioni tra 2024 e 2025, mostra che la categoria non è monolitica. Ci sono entità focalizzate su aree verticali, come le violazioni di proprietà intellettuale, e entità che gestiscono segnalazioni più generali. Questa distinzione è importante perché cambia la qualità del potere esercitato.
Un trusted flagger specializzato in proprietà intellettuale, come l’entità finlandese Tekijänoikeuden tiedotus- ja valvontakeskus ry, porta in dote capacità di identificare pattern di distribuzione illegale, link a contenuti protetti, dinamiche di rehosting e aggiramento. È un potere tecnico, spesso esercitato su contenuti che hanno impatto economico. La controversia tipica, in questi casi, non è se esista la violazione, ma se la segnalazione colpisca anche usi legittimi, citazioni, parodie, contesti informativi, o se spinga verso rimozioni automatiche troppo aggressive.
Un trusted flagger più generalista, come Internet Hotline in Ungheria, si muove invece su un campo più ampio, dove la definizione di “contenuto illegale” può incrociare sensibilità nazionali e interpretazioni. Qui il rischio non è solo l’errore tecnico, ma la frizione politica: ciò che è illegale in un ordinamento può avere confini diversi in un altro, e la validità UE dello status porta quella segnalazione oltre il contesto originario, almeno come priorità di attenzione.
Nel caso austriaco, Schutzverband gegen unlauteren Wettbewerb, legato alla tutela contro pratiche sleali e a temi che incrociano consumatori e mercato, emerge un terzo profilo: l’entità che si muove nello spazio tra enforcement e concorrenza. Anche qui la competenza può essere alta, ma la percezione pubblica può diventare più conflittuale: quando una segnalazione prioritaria riguarda contenuti commerciali, la domanda su “chi ci guadagna” diventa inevitabile.
Questi esempi aiutano a capire perché la Commissione parla di aree di expertise e perché la designazione non è solo “essere affidabili”, ma essere affidabili in un dominio specifico. È anche il motivo per cui le linee guida in arrivo nel 2025 potrebbero puntare a criteri più granulari, distinguendo tra contesti ad alta sensibilità politica e contesti più tecnici.
Che cosa non fanno i trusted flaggers, e perché questa linea è fragile
Nel sistema DSA i trusted flaggers non dovrebbero influenzare direttamente la decisione di rimozione. La piattaforma resta responsabile delle decisioni e deve valutare le notifiche. Questa impostazione serve a evitare una delega che trasformi un soggetto terzo in censore. Ma la linea è fragile per almeno due motivi.
Il primo è psicologico e operativo: quando una piattaforma riceve una segnalazione da un soggetto “certificato” come affidabile, tende a ridurre il livello di verifica, soprattutto sotto pressione di tempo. Il secondo è sistemico: se la piattaforma sbaglia, la responsabilità ricade comunque su di lei, e quindi l’incentivo è a scegliere l’opzione “più sicura” in termini di rischio legale e reputazionale, che spesso coincide con una rimozione o una restrizione.
Questo non significa che il DSA “imponga la censura”, ma significa che costruisce un ambiente in cui l’errore non è neutro. E quando l’errore ha un costo asimmetrico, gli attori ottimizzano per ridurre quel costo. È una dinamica che vale anche senza malafede, e che diventa esplosiva quando entra la malafede.
Segnalazioni degli utenti e segnalazioni prioritarie: due mondi che si toccano
Uno degli effetti meno raccontati del meccanismo è che le segnalazioni prioritarie possono cambiare il valore delle segnalazioni ordinarie. Se le piattaforme devono allocare risorse alle notifiche dei trusted flaggers, potrebbero comprimere tempi e attenzione sul resto. In teoria, il DSA vuole migliorare l’efficacia complessiva. In pratica, può crearsi un doppio binario.
Per l’utente comune il rischio è la percezione di irrilevanza: “se non sono un trusted flagger, non conto”. Per la piattaforma il rischio è l’effetto imbuto: se arrivano molte segnalazioni prioritarie, si allarga l’arretrato delle altre, e il sistema incentiva ulteriormente chi ha accesso al canale privilegiato.
Qui entra in gioco un elemento politico: la legittimazione pubblica. Se un ecosistema percepisce che solo alcuni soggetti hanno voce efficace, la fiducia nel sistema di enforcement cala. Il DSA tenta di compensare con trasparenza e regole, ma è un equilibrio instabile. Ecco perché la Commissione, nel descrivere i trusted flaggers, sottolinea anche che restano possibili collaborazioni volontarie tra piattaforme e soggetti esterni, purché gli obblighi legali di priorità per i designati restino chiari. È un modo per dire: il canale privilegiato non deve diventare l’unico canale “che funziona”.
Il nodo politico: contenuti illegali, libertà di espressione e pressioni nazionali
Il DSA parla di contenuti illegali, non di contenuti “dannosi” in senso ampio. È una distinzione rilevante perché tenta di ancorare l’enforcement a norme esistenti. Ma l’ambiente digitale vive di ambiguità: un contenuto può essere legale ma tossico, legale ma manipolatorio, legale ma parte di una campagna coordinata. In questi casi il trusted flagger, per definizione, dovrebbe restare fuori, perché il suo mandato è segnalare illegalità.
Eppure il confine tra illegalità e contesto è spesso un territorio conteso. L’hate speech, per esempio, non è una categoria uniforme: cambia nei codici nazionali, nella giurisprudenza, nelle soglie. Il rischio è che la figura del trusted flagger venga caricata di aspettative che vanno oltre il DSA. Che diventi lo strumento per “ripulire” spazi pubblici digitali non perché è illegale ciò che circola, ma perché è politicamente indesiderato. È esattamente il tipo di scivolamento che l’Europa cerca di prevenire con criteri di obiettività e indipendenza, e con la possibilità di revoca.

Qui le linee guida della Commissione hanno un compito delicato: creare un modello di valutazione che resista sia alle pressioni delle piattaforme sia alle pressioni politiche nazionali. Se le linee guida saranno troppo generiche, lasceranno margini che alimentano conflitto. Se saranno troppo prescrittive, rischieranno di irrigidire il sistema e di creare un formalismo che non intercetta davvero la qualità delle segnalazioni.
Perché le linee guida 2025 contano più delle definizioni
La Commissione europea ha indicato una consultazione pubblica nel secondo trimestre 2025 e un’adozione entro fine 2025. In un dispositivo che già esiste, questa sequenza serve a trasformare una norma in una pratica più uniforme.
Il punto non è rispiegare che cosa sia un trusted flagger. Il punto è definire come si dimostra la competenza, come si verifica l’indipendenza, come si misura la diligenza, come si individua l’abuso, come si procede a una revoca che sia rapida ma non arbitraria. Serve anche chiarire il rapporto tra coordinatori, Commissione e piattaforme: chi informa chi, con quali tempi, con quali standard. E serve chiarire come il registro pubblico debba essere aggiornato, perché uno status che vale in tutta l’UE non può vivere di ritardi amministrativi.
C’è un elemento di “disarmo preventivo” nella scelta della consultazione pubblica: aprire il processo significa raccogliere critiche prima che diventino contenzioso. Significa far emergere i timori delle organizzazioni per i diritti digitali, le preoccupazioni delle piattaforme, le pressioni dei settori industriali, le esigenze degli organismi che si occupano di minori, cyber-violence, terrorismo, frodi. Significa anche riconoscere che il trusted flagger, per definizione, è un dispositivo che può essere percepito come strumento di potere, e che senza una governance credibile diventa un bersaglio.
Un meccanismo europeo, ma con capacità nazionali limitate
Il DSA costruisce un’architettura europea, ma la sua implementazione dipende da capacità nazionali. I coordinatori dei servizi digitali non sono astratti: hanno risorse, competenze e priorità diverse. Designare un trusted flagger non è una firma: è un processo di verifica, un monitoraggio continuo, un eventuale contenzioso, una gestione di revoche. È, di fatto, un lavoro di regolazione che richiede staff e metodo.
Se un coordinatore è sotto-dimensionato, può essere tentato di designare pochi soggetti e affidarsi a loro, creando dipendenze. Se è sovraccarico, può ritardare designazioni e aggiornamenti, creando disallineamenti. Se è esposto a pressioni interne, può diventare il campo di battaglia di interessi contrapposti.
In questo scenario, le linee guida della Commissione sono anche uno strumento di protezione per i coordinatori: un modo per dire “seguo uno standard europeo”, riducendo l’arbitrio percepito. Ma lo standard, per funzionare, deve essere accompagnato da strumenti di audit e da incentivi alla qualità. Altrimenti resta un documento.
Italia: che cosa significa la nomina nel contesto nazionale
Nel caso italiano, il meccanismo dei trusted flaggers incrocia una caratteristica strutturale: la frammentazione degli attori che, a vario titolo, presidiano temi di contenuti illegali, tutela dei minori, hate speech, proprietà intellettuale, truffe e pratiche commerciali scorrette. In un sistema in cui esistono autorità indipendenti con competenze diverse e un tessuto di associazioni e fondazioni molto attive, la domanda non è solo “chi ha competenza”, ma chi può dimostrare indipendenza e obiettività in modo credibile davanti al coordinatore nazionale.
Il secondo elemento è operativo: la capacità di gestire procedure, monitoraggio e potenziali revoche senza trasformare la designazione in un atto puramente formale. In Italia il rischio tipico, quando un dispositivo europeo scende a terra, è la distanza tra norma e capacità amministrativa: se il coordinatore non ha risorse adeguate, la scelta può appoggiarsi a pochi soggetti già strutturati, creando un circuito ristretto di segnalazioni prioritarie. Questo, a sua volta, può avere un effetto sul dibattito pubblico: da un lato aumenta l’efficacia contro contenuti effettivamente illegali, dall’altro accresce l’attenzione su chi ottiene lo status e su come lo utilizza.
Infine, nel contesto italiano pesa un fattore reputazionale: l’opinione pubblica è particolarmente sensibile a tutto ciò che somiglia a una “corsia preferenziale” nella moderazione. Proprio per questo, l’obbligo di report annuali e la trasparenza sulle notifiche inviate diventano un punto decisivo anche a livello nazionale. Per evitare che il trusted flagger venga percepito come un “segnalatore di parte”, serve che i dati pubblicati rendano chiaro il perimetro di intervento, la qualità delle segnalazioni e la coerenza con il mandato: segnalare illegalità, non orientare il discorso pubblico.
Lista Trusted Flaggers Italiani
| Organizzazione | Sito Web & Contatti | Autorità di Riferimento | Aree di Competenza |
|---|---|---|---|
| Argo Business Solutions S.r.L. |
Visita Sito [email protected] |
AGCOM (Italia) | Proprietà Intellettuale |
| Barzanò & Zanardo S.p.A. |
Visita Sito [email protected] |
AGCOM (Italia) | Proprietà Intellettuale, Frodi |
| Federazione contro la pirateria musicale e multimediale (FPM) |
Visita Sito [email protected] |
AGCOM (Italia) | Dati personali, Proprietà Intellettuale, Frodi |
| Fondazione S.O.S Il Telefono Azzurro ETS |
Visita Sito [email protected] |
AGCOM (Italia) | Protezione Minori, Cyber-violenza, Istigazione al suicidio, Privacy |
| SP Tech srl |
Visita Sito [email protected] |
AGCOM (Italia) | Dati personali, Proprietà Intellettuale, Frodi |
| Associazione METER ETS (Don Fortunato di Noto) |
Visita Sito [email protected] |
AGCOM (Italia) | Protezione Minori, Cyber-violenza, Privacy |
Elenco ufficiale delle organizzazioni italiane qualificate come Trusted Flaggers ai sensi del DSA, competenti per segnalazioni prioritarie su piattaforme online in ambiti come copyright, tutela dei minori e sicurezza dei dati.
Il rischio dell’efficienza: quando “più veloce” non significa “più giusto”
Il DSA vuole efficienza nel contrasto ai contenuti illegali. I trusted flaggers sono pensati per rendere le segnalazioni più accurate. Ma l’efficienza ha un costo potenziale: l’over-removal, la rimozione eccessiva, l’azione prudenziale che colpisce anche contenuti legittimi. È un rischio strutturale in sistemi dove la piattaforma deve decidere in tempi rapidi e sotto pressione.
Per questo la figura del trusted flagger deve essere letta come un equilibrio tra tre obiettivi che non coincidono sempre: ridurre la presenza di contenuti illegali, proteggere i diritti fondamentali di espressione e informazione, mantenere un mercato digitale dove le regole siano applicate senza favoritismi. Se uno di questi obiettivi domina, gli altri perdono.
La risposta del DSA è duplice: trasparenza e possibilità di revoca. Ma entrambe funzionano solo se la qualità delle segnalazioni è misurata e se il pubblico, gli osservatori e le istituzioni possono davvero capire chi ha agito bene e chi ha abusato. In altre parole, il sistema dei trusted flaggers non si regge solo su “buone intenzioni”, si regge su metriche, verifiche e responsabilità.
Domande su Trusted Flaggers
Cosa sono i Trusted Flaggers nel DSA?
I Trusted Flaggers sono entità qualificate designate dai coordinatori nazionali che hanno dimostrato competenza e indipendenza nel riconoscere contenuti illegali online. Le loro segnalazioni devono essere trattate dalle piattaforme con priorità e urgenza rispetto a quelle degli utenti comuni.
Chi decide la nomina di un segnalatore fidato?
La nomina spetta al Coordinatore dei servizi digitali dello Stato membro in cui l’entità è stabilita. Tuttavia, lo status di segnalatore fidato è valido in tutta l’Unione Europea, indipendentemente dal paese di designazione.
Come viene gestito il rischio di abusi nelle segnalazioni prioritarie?
Il DSA prevede che lo status possa essere revocato se un’entità invia notifiche imprecise o inadeguate in modo sistematico. Le piattaforme e i coordinatori devono monitorare le performance e i Trusted Flaggers sono obbligati a pubblicare report annuali trasparenti sulle loro attività.
Qual è la situazione dei Trusted Flaggers in Italia?
In Italia, il ruolo di Coordinatore spetta all’AGCOM, che deve selezionare le entità idonee in un contesto frammentato. La sfida principale è garantire che i soggetti scelti siano percepiti come indipendenti e obiettivi, evitando che il sistema venga usato per interessi di parte o censura.
LISTA Trusted Flaggers completa
| Organizzazione (Trusted Flagger) | Sito Web & Contatti | Autorità DSC / Paese | Aree di Competenza |
|---|---|---|---|
| Tekijänoikeuden tiedotus- ja valvontakeskus ry |
Visita Sito [email protected] |
Traficom (Finlandia) | Proprietà Intellettuale |
| Internet Hotline |
Visita Sito [email protected] |
NMHH (Ungheria) | Violazioni online generiche |
| Schutzverband gegen unlauteren Wettbewerb |
Visita Sito [email protected] |
KommAustria (Austria) | Consumatori, Proprietà Intellettuale |
| Rat auf Draht gemeinnützige GmbH |
Visita Sito [email protected] |
KommAustria (Austria) | Protezione Minori |
| ECPAT Sweden |
Visita Sito [email protected] |
PTS (Svezia) | Sfruttamento sessuale minori |
| RettighedsAlliancen |
Visita Sito [email protected] |
Konkurrence- og Forbrugerstyrelsen (Danimarca) | Proprietà Intellettuale |
| Pelastakaa Lapset ry |
Visita Sito [email protected] |
Traficom (Finlandia) | Protezione Minori |
| Somis Enterprises Oy |
Visita Sito [email protected] |
Traficom (Finlandia) | Cyber-violenza, Hate Speech, Frodi |
| Österreichisches Institut für angewandte Telekommunikation |
Visita Sito [email protected] |
KommAustria (Austria) | Proprietà Intellettuale, Frodi |
| Organizația Salvați Copiii |
Visita Sito [email protected] |
ANCOM (Romania) | Protezione Minori |
| Meldestelle REspect! (Jugendstiftung BW) |
Visita Sito [email protected] |
BNetzA (Germania) | Hate Speech, Protezione Giovani |
| Institutul Național “Elie Wiesel” |
Visita Sito [email protected] |
ANCOM (Romania) | Illegal Speech |
| e-Enfance (3018) |
Visita Sito [email protected] |
Arcom (Francia) | Cyber-violenza, Protezione Minori, Dati |
| CropLife Lietuva |
Visita Sito [email protected] |
RRT (Lituania) | Prodotti Illegali |
| Foundation for Research and Technology – Hellas |
Visita Sito [email protected] |
EETT (Grecia) | Cyber-violenza, Protezione Minori, Frodi |
| DIGITAT / FactReview |
Visita Sito [email protected] |
EETT (Grecia) | Disinformazione, Frodi, Prodotti Illegali |
| Disinformation Observatory ‘Greece Fact Check’ |
Visita Sito [email protected] |
EETT (Grecia) | Illegal Speech, Disinformazione, Sicurezza Pubblica |
| Kammer für Arbeiter und Angestellte für Wien |
Visita Sito [email protected] |
KommAustria (Austria) | Consumatori, Privacy |
| LSG Wahrnehmung von Leistungsschutzrechten GmbH |
Visita Sito [email protected] |
KommAustria (Austria) | Proprietà Intellettuale |
| Red Barnet |
Visita Sito [email protected] |
Digitaliseringsstyrelsen (Danimarca) | Cyber-violenza, Protezione Minori |
| Foundation for Social Welfare Services |
Visita Sito [email protected] |
MCA (Malta) | Protezione Minori |
| Debunk EU |
Visita Sito [email protected] |
RRT (Lituania) | Illegal speech, Disinformazione, Frodi |
| UAB Piracymeter |
Visita Sito [email protected] |
RRT (Lituania) | Proprietà Intellettuale |
| Argo Business Solutions S.r.L. |
Visita Sito [email protected] |
AGCOM (Italia) | Proprietà Intellettuale |
| Barzanò & Zanardo S.p.A. |
Visita Sito [email protected] |
AGCOM (Italia) | Proprietà Intellettuale, Frodi |
| Federazione contro la pirateria musicale e multimediale (FPM) |
Visita Sito [email protected] |
AGCOM (Italia) | Proprietà Intellettuale, Privacy, Frodi |
| Fondazione S.O.S Il Telefono Azzurro ETS |
Visita Sito [email protected] |
AGCOM (Italia) | Protezione Minori, Cyber-violenza, Istigazione suicidio |
| SP Tech srl |
Visita Sito [email protected] |
AGCOM (Italia) | Proprietà Intellettuale, Privacy, Frodi |
| Associazione METER ETS |
Visita Sito [email protected] |
AGCOM (Italia) | Protezione Minori, Cyber-violenza, Privacy |
| ANPAA (Addictions France) |
Visita Sito [email protected] |
Arcom (Francia) | Sicurezza Pubblica (Salute) |
| INDECOSA – CGT |
Visita Sito [email protected] |
Arcom (Francia) | Prodotti Illegali, Frodi |
| ALPA (Lotta Pirateria Audiovisiva) |
Visita Sito [email protected] |
Arcom (Francia) | Proprietà Intellettuale |
| Association Point de Contact |
Visita Sito [email protected] |
Arcom (Francia) | Cyber-violenza, Hate speech, Protezione Minori |
| IFAW France |
Visita Sito [email protected] |
Arcom (Francia) | Benessere Animale |
| CRIF (Istituzioni Ebraiche Francia) |
Visita Sito [email protected] |
Arcom (Francia) | Hate Speech, Antisemitismo |
| LICRA (Lega contro il Razzismo) |
Visita Sito [email protected] |
Arcom (Francia) | Hate Speech |
| Central Bank of Ireland |
Visita Sito [email protected] |
Cnam (Irlanda) | Frodi Finanziarie |
| Bundesverband Onlinehandel e.V. (BVOH) |
Visita Sito [email protected] |
BNetzA (Germania) | Consumatori, Prodotti Illegali, IP |
| Verbraucherzentrale Bundesverband (vzbv) |
Visita Sito [email protected] |
BNetzA (Germania) | Consumatori, Privacy, Frodi |
| HateAid gGmbH |
Visita Sito [email protected] |
BNetzA (Germania) | Cyber-violenza, Hate Speech |
| Svenska Stöldskyddsföreningen |
Visita Sito [email protected] |
PTS (Svezia) | Frodi |
| ZARA – Zivilcourage und Anti-Rassismus Arbeit |
Visita Sito [email protected] |
KommAustria (Austria) | Hate Speech, Razzismo |
| Eesti Autoriõiguste Kaitse Organisatsioon |
Visita Sito [email protected] |
TTJA (Estonia) | Proprietà Intellettuale |
| Axghouse antipiracy OÜ |
Visita Sito [email protected] |
TTJA (Estonia) | Proprietà Intellettuale |
| Stichting Offlimits |
Visita Sito [email protected] |
ACM (Paesi Bassi) | Cyber-violenza, Protezione Minori |
| Coöperatie SNB-REACT U.A. |
Visita Sito [email protected] |
ACM (Paesi Bassi) | Proprietà Intellettuale |
| Stichting BREIN |
Visita Sito [email protected] |
ACM (Paesi Bassi) | Proprietà Intellettuale |
| Stichting NL Confidential |
Visita Sito [email protected] |
ACM (Paesi Bassi) | Cyber-violenza, Illegal Speech |
| Caritas – Jeunes et Familles (KJT) |
Visita Sito [email protected] |
Competition Authority (Lussemburgo) | Protezione Minori, Hate Speech |
| Asociația eLiberare |
Visita Sito [email protected] |
ANCOM (Romania) | Cyber-violenza, Protezione Minori |
| Vlaams Mensenrechteninstituut |
Visita Sito [email protected] |
BIPT (Belgio) | Diritti Umani, Cyber-violenza |
| Unia (Interfédéral Centre) |
Visita Sito [email protected] |
BIPT (Belgio) | Illegal Speech, Discriminazione |
| Zavod PIP |
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AKOS (Slovenia) | Cyber-violenza, Protezione Minori |
| Ochráň ma |
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CMS (Slovacchia) | Cyber-violenza, Protezione Minori |
Elenco ufficiale aggiornato dei “Trusted Flaggers” (Segnalatori Attendibili) ai sensi del Digital Services Act (DSA), con link diretti alle organizzazioni e dettagli su autorità di riferimento (DSC) e aree di competenza.