Robot autonomi sub-millimetrici con propulsione ionica sviluppati da Penn Engineering e Umich

di Lorenzo De Santis matricedigitale.it
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I robot autonomi sub-millimetrici sviluppati da Penn Engineering e dalla University of Michigan segnano una discontinuità storica nella robotica microscala, superando per la prima volta il limite fisico che per decenni aveva bloccato l’autonomia sotto il millimetro. Grazie a propulsione ionica, computer microscopici, sensori termici e pannelli solari integrati, questi dispositivi misurano 200 × 300 × 50 micrometri, risultano più piccoli di un granello di sale e operano in modo indipendente, senza cavi, batterie o campi di controllo esterni.

Architettura dei robot autonomi sub-millimetrici

Ogni robot integra su un singolo chip processore, memoria, sensori ed elettrodi, condensando un’intera architettura computazionale in uno spazio invisibile a occhio nudo. La fabbricazione avviene in batch, consentendo la produzione simultanea di centinaia di unità, con un costo unitario stimato di circa 0,01 euro, valore che rende realistiche sperimentazioni su larga scala.

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Robot autonomi sub-millimetrici con propulsione ionica sviluppati da Penn Engineering e Umich 21

Il progetto è guidato da Marc Miskin per la parte di robotica e sistemi, mentre l’elettronica a bassissimo consumo è stata sviluppata dal team di David Blaauw, già noto per il record del computer più piccolo al mondo. La combinazione tra robotica e microelettronica consente una vera autonomia operativa, mai raggiunta prima a questa scala.

Propulsione ionica e fisica della microscala

Alla microscala, la fisica cambia radicalmente. La viscosità domina sull’inerzia e qualsiasi tentativo di usare arti meccanici o parti mobili diventa inefficiente o fragile. I robot sviluppati da Penn e Umich superano questo limite grazie alla propulsione ionica, basata su campi elettrici generati da elettrodi fissi.

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Un microrobot completamente integrato con sensori e computer, abbastanza piccolo da stare in equilibrio sulla cresta di un’impronta digitale. (Credit: Marc Miskin, Penn)

Questi campi spostano ioni nella soluzione liquida circostante, creando micro-flussi d’acqua che funzionano come un “fiume artificiale” in grado di spingere il robot senza che il corpo si deformi o si muova meccanicamente. L’assenza di parti mobili aumenta drasticamente la robustezza, permettendo ai robot di resistere per mesi e di essere trasferiti tra campioni tramite micropipette senza danni strutturali.

Alimentazione solare ed efficienza energetica estrema

L’energia necessaria al funzionamento è fornita da pannelli solari microscopici integrati sul chip, capaci di generare circa 75 nanowatt. I circuiti operano a tensioni estremamente basse, riducendo il consumo di oltre mille volte rispetto a dispositivi elettronici convenzionali come smartwatch o sensori IoT.

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Un timelapse proiettato delle traiettorie delle particelle traccianti vicino a un robot costituito da tre motori collegati tra loro. (Credit: Lucas Hanson e William Reinhardt, Università della Pennsylvania)

Una sorgente luminosa esterna, come un LED, è sufficiente ad alimentare e programmare i robot. Questa scelta elimina completamente batterie e ricariche, rendendo i microrobot adatti a operare in ambienti chiusi, biologici o difficilmente accessibili.

Sensori termici e percezione dell’ambiente

Ogni robot integra sensori di temperatura con una precisione di circa un terzo di grado Celsius, utilizzando il calore come proxy dell’attività cellulare. In ambienti biologici, variazioni minime di temperatura indicano processi metabolici o anomalie, permettendo ai robot di monitorare la salute cellulare in modo non invasivo.

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Il robot è dotato di un computer di bordo completo, che gli consente di ricevere e seguire istruzioni in modo autonomo. (Miskin Lab e Blaauw Lab)

I microrobot sono in grado di navigare autonomamente lungo gradienti termici, spostandosi verso zone più calde e adattando il proprio percorso in tempo reale. La velocità operativa raggiunge un corpo al secondo, un risultato notevole considerando la scala e la viscosità del mezzo.

Programmazione ottica e istruzioni condensate

La programmazione avviene tramite impulsi luminosi, che alimentano e istruiscono simultaneamente il robot. L’estrema limitazione di memoria ha portato a un ripensamento radicale del software: singole istruzioni condensate controllano più funzioni, dalla propulsione alla codifica dei dati.

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Le fasi finali della fabbricazione dei microrobot prevedono l’impiego simultaneo di centinaia di robot. Le minuscole macchine possono quindi essere programmate individualmente o in massa per condurre esperimenti. (Credit: Maya Lassiter, Università della Pennsylvania)

Ogni robot possiede un indirizzo univoco, consentendo sia la programmazione di massa sia l’invio di istruzioni individuali. Una volta caricato il programma, il robot memorizza ed esegue autonomamente le istruzioni, reagendo all’ambiente senza input esterni.

Comunicazione tramite “danza” microscopica

In assenza di radio o trasmettitori convenzionali, i robot comunicano attraverso pattern di movimento, una vera e propria danza microscopica ispirata al comportamento delle api. Le oscillazioni e i cambi di direzione codificano informazioni come valori di temperatura o stati interni. Telecamere e microscopi esterni decodificano questi segnali, permettendo di raccogliere dati da sciami coordinati di microrobot. Questo approccio consente comunicazione e coordinamento senza aumentare la complessità hardware.

Superamento di un limite storico nella robotica

Per oltre quarant’anni, i robot autonomi non erano riusciti a scendere sotto la soglia del millimetro senza perdere indipendenza operativa. I dispositivi precedenti richiedevano cavi, campi magnetici o controlli esterni, rimanendo di fatto telecomandati.

Questi nuovi robot rappresentano una riduzione di volume di circa diecimila volte rispetto ai predecessori autonomi e introducono un paradigma completamente nuovo: autonomia reale a microscala, con cervello, sensori e motore integrati nello stesso chip.

Applicazioni in medicina e manifattura micro

Le potenziali applicazioni sono ampie e trasversali. In medicina, i robot possono monitorare singole cellule, individuare anomalie termiche e operare in ambienti biologici con una precisione irraggiungibile per strumenti macroscopici. In manifattura micro, flotte di microrobot potrebbero assemblare strutture sub-millimetriche o intervenire in spazi dove nessun altro sistema può arrivare. Il costo estremamente basso e la fabbricazione scalabile rendono possibile l’uso di sciami di centinaia o migliaia di unità, aprendo scenari di ricerca e applicazione fino a pochi anni fa considerati irrealistici.

Una piattaforma di base per sviluppi futuri

I ricercatori descrivono questi robot come il primo capitolo di una piattaforma più ampia. L’architettura è progettata per accogliere in futuro nuovi sensori, programmi più complessi e comportamenti collettivi avanzati, mantenendo le dimensioni sub-millimetriche. Sostenuto da finanziamenti della National Science Foundation e di altre agenzie, il progetto segna l’inizio di una nuova fase della robotica, in cui intelligenza, autonomia e microscala convergono nello stesso dispositivo.

(Approfondimento su robotica microscala o tecnologie bio-ingegneristiche)

Domande frequenti sui robot autonomi sub-millimetrici

Quanto sono piccoli questi robot autonomi

Misurano circa 200 × 300 × 50 micrometri, risultando più piccoli di un granello di sale e invisibili a occhio nudo.

Come si muovono senza parti mobili

Utilizzano propulsione ionica, generando campi elettrici che spostano ioni e creano flussi d’acqua propulsivi.

Come vengono alimentati

Da pannelli solari microscopici integrati sul chip, con consumi estremamente ridotti.

A cosa possono servire

Al monitoraggio cellulare in medicina, alla manifattura micro e a nuove applicazioni di robotica collettiva a microscala.


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