Editoriali
Blockchain nel giornalismo: indispensabile contro l’informazione in malafede
Tempo di lettura: 3 minuti. Analisi di una provocazione motivata dalla poca trasparenza nell’attuale mondo dell’informazione.
In questi anni abbiamo sentito parlare di Blockchain e della sua applicazione in tutti gli elementi produttivi ed amministrativi che lo schema economico mondiale offre. Molte aziende hanno iniziato ad utilizzare la catena di blocchi per certificare la validità di contratti digitali e addirittura di catene produttive di settori industriali e di quelli alimentari.
La Blockchain anche sulla pasta: la tecnologia di tracciamento che parte da Gragnano
Cosa è la Blockchain?
La blockchain (letteralmente “catena di blocchi“) è una struttura dati condivisa e “immutabile”. È definita come un registro digitale le cui voci sono raggruppate in “blocchi”, concatenati in ordine cronologico, e la cui integrità è garantita dall’uso della crittografia. Sebbene la sua dimensione sia destinata a crescere nel tempo, è immutabile nel concetto di “quanto”. Il suo contenuto una volta scritto tramite un processo normato, non è più né modificabile né eliminabile, a meno di non invalidare l’intero processo. (fonte Wikipedia)
Cosa pensano gli esperti della Blockchain?
C’è chi vorrebbe metterla ovunque, dalla pasta al voto, e chi la ritiene importante solo per alcuni settori e da scongiurare assolutamente per altri come ad esempio il voto elettronico. Per molti è il futuro della contrattualistica e che potrà insidiare figure storiche come i notai per abbassare di molto i costi operativi di gestione degli atti pubblici e privati, ma c’è anche chi la ritiene impossibile nell’applicazione di cose concrete perchè non convince l’equazione tra uno che produce bicchieri ed il fatto che non possa mentire sulla sua catena di montaggio, riuscendo a validare il prodotto finale su una catena digitale. Più volte abbiamo notato, con il sorgere di criptovalute nuove e progetti DeFi, che quello vendutoci fino ad oggi come infallibile, ha in realtà molte falle e che costano anche milioni di dollari quando avvengono furti nel settore della finanza decentralizzata ai danni di piattaforme e risparmiatori.
Perchè può essere utile inserirla nel giornalismo?
Nel mondo del giornalismo, in Italia, l’Ansa ha adottato un sistema di blockchain che certifica le notizie registrando tutti gli aggiornamenti degli articoli e rendendoli quindi visibili.
La tracciabilità della notizia oggi non è importante per certificare la qualità di un articolo, ma la credibilità di una testata.
Con la crescita del volume di informazioni visibili in rete quello che si perde è la certificazione dell’esistenza delle notizie. Questo è un fattore determinante se consideriamo che la Rete è parte della storia contemporanea della nuova civiltà e quindi è necessario poter capire se una informazione di 10 anni fa è realmente esistita o l’abbiamo inventata nella nostra mente. Questa riflessione può sembrare futile, ma in un momento come questo dove molti hanno provato a fare delle ricerche sulla storia del conflitto Ucraino, alcune testate hanno cancellato alcuni articoli per “nascondere” le origini del battaglione Azov. Il caso de La Stampa è stato eloquente e discusso a lungo.
Se ci fosse stato un registro di pubblicazione come quello della Blockchain avrebbe preservato questa malsana abitudine di cancellare fonti storiche, giornalistiche, per seguire una narrazione del momento?
Anche l’aggiornamento degli articoli è oramai un problema perché molti aggiornano le notizie che presentano errori, e non refusi, di interpretazione o anche di malafede perchè copiano esclusive di altri colleghi.
Blockchain indispensabile?
Se la blockchain è davvero immutabile, eterna, il giornalismo globale dovrebbe obbligarsi a creare un registro mondiale delle informazioni pubblicate perché questo salverà la memoria storica dell’umanità che ha sempre più memoria corta su questioni storiche.
In assenza di memoria storica, si possono ripetere facilmente gli errori del passato.
Un giornalista e un editore non dovrebbero vergognarsi per la presenza di refusi, ma prestare il massimo impegno affinché ci siano sempre meno errori, piuttosto, dovrebbero vergognarsi se quello, raccontato accaduto in passato, venga cancellato, o modificato, nel presente per motivi di interessi editoriali.
Editoriali
Chip e smartphone cinesi ci avvisano del declino Occidentale
Tempo di lettura: < 1 minuto. Un declino quasi annunciato facendo un’analisi geopolitica degli ultimi eventi nel settore dei semiconduttori
Dopo mesi di sanzioni alla Russia si scopre che l’approvvigionamento di Mosca dei processori è ritornato al livello di normalità Questo vuol dire che su 140 paesi nel mondo, le sanzioni anglo-euro-nato non sono state efficaci a costringere i russi a “rubare le lavatrici per utilizzare i chip“.
La Russia, sta costruendo in casa sua i processori, ma non hanno molto successo se consideriamo il fatto che molti sono difettosi. Quindi li prende dalla Cina che attraverso Huawei è entrata silenziosamente nel Mercato Europeo con la sua ultima creatura: la Serie Pura 70 non solo è uno smartphone potente, ma allo stesso tempo è l’evoluzione in stile Apple di quella che un tempo era considerata una cinesata.
Oggi questa cinesata è prodotta al 90% in Cina con materiali cinesi e questo dovrebbe far comprendere a noi Europei che se non facciamo i bravi, saremmo costretti ad usare i chip delle friggitrici ad aria e le plastiche delle bici per produrre degli smartphone.
Chiudiamo l’analisi, che difficilmente leggerete altrove per tanti motivi, tra cui la lesa maestà. La chiusura della fabbrica di Intel in Russia coincide con risultati economici disastrosi del gigante tecnologico.
Indovinate chi sta sopperendo a questa perdita con fondi pubblici: l’Europa.
Editoriali
MITRE vittima di zero day Ivanti: anche i migliori le prendono
Tempo di lettura: 2 minuti. Anche le organizzazioni ben preparate come MITRE possono essere vulnerabili a minacce cibernetiche avanzate
Nel contesto della sicurezza informatica, anche le organizzazioni più preparate possono trovarsi vulnerabili di fronte a minacce persistenti e avanzate, come dimostrato dagli attacchi recentemente subiti da MITRE. Questo caso sottolinea l’importanza di adottare un approccio informato sulle minacce per la difesa contro gli attacchi cyber sempre più sofisticati.
Cos’è MITRE?
MITRE è una corporazione senza scopo di lucro americana con sede principale a Bedford, Massachusetts, e una secondaria a McLean, Virginia. Fondata nel 1958, l’organizzazione opera centri federali di ricerca e sviluppo (FFRDCs) per conto del governo degli Stati Uniti. MITRE è dedicata all’interesse pubblico e lavora su una vasta gamma di questioni di sicurezza nazionale, aviazione, sanità, cybersecurity e innovazione del governo.
La missione principale di MITRE è quella di risolvere problemi complessi per un mondo più sicuro, fornendo ricerca, sviluppo e consulenza strategica ai vari enti governativi per aiutarli a prendere decisioni informate e implementare soluzioni tecnologiche avanzate. Uno degli aspetti notevoli del lavoro di MITRE è il suo impegno nella sicurezza informatica, attraverso lo sviluppo di framework e strumenti come il Common Vulnerabilities and Exposures (CVE) e l’ATT&CK framework, che sono largamente utilizzati a livello internazionale per la gestione delle minacce e la protezione delle infrastrutture critiche. Per ulteriori informazioni, puoi visitare il sito ufficiale.
Dettagli dell’attacco subito da MITRE
MITRE, un’organizzazione che si impegna a mantenere elevati standard di sicurezza cibernetica, ha recentemente rivelato di essere stata vittima di un attacco informatico significativo. Nonostante la solidità delle sue difese, MITRE ha scoperto vulnerabilità critiche che sono state sfruttate dagli attaccanti, segnalando un tema di sicurezza concentrato sulla compromissione di dispositivi di protezione perimetrale.
L’incidente e le sue conseguenze
L’attacco ha avuto inizio con un’intensa attività di ricognizione da parte degli attaccanti nei primi mesi del 2024, culminata nell’uso di due vulnerabilità zero-day nel VPN di Ivanti Connect Secure, bypassando l’autenticazione multifattore tramite session hijacking. Questo ha permesso agli attaccanti di muoversi lateralmente e infiltrarsi profondamente nell’infrastruttura VMware di MITRE, utilizzando account amministrativi compromessi e un mix di backdoor sofisticate e web shell per mantenere la persistenza e raccogliere credenziali.
Risposta di MITRE all’incidente
La risposta all’incidente ha incluso l’isolamento dei sistemi colpiti, la revisione completa della rete per impedire ulteriori diffusione dell’attacco, e l’introduzione di nuove suite di sensori per monitorare e analizzare i sistemi compromessi. Inoltre, l’organizzazione ha avviato una serie di analisi forensi per determinare l’entità del compromesso e le tecniche utilizzate dagli avversari.
Lezioni apprese e miglioramenti futuri
Questo incidente ha rafforzato per MITRE l’importanza di comprendere i comportamenti degli hacker come mezzo per sconfiggerli, spingendo l’organizzazione a creare tassonomie comportamentali che catalogano le TTP (tattiche, tecniche e procedure) degli avversari, che hanno portato alla creazione di MITRE ATT&CK®. Questo evento ha anche stimolato l’adozione del concetto di difesa informata dalle minacce, culminando nella creazione del Center for Threat-Informed Defense. L’incidente di sicurezza subito serve da monito per tutte le organizzazioni sulla necessità di mantenere sistemi di difesa aggiornati e proattivi, utilizzando le risorse come il MITRE ATT&CK, costantemente monitorato anche da CISA i cui bollettini sono riportati puntualmente da Matrice Digitale, per rimanere informati sulle ultime strategie degli avversari e su come contrastarle efficacemente.
Editoriali
Università, Israele e licenziamenti BigTech
Tempo di lettura: < 1 minuto. Una riflessione sull’eventualità di sospendere gli accordi nelle università italiane con progetti di ricerca israeliani
A distanza di un mese, l’Italia scopre il progetto Nimbus, di cui Matrice Digitale ne parla da più di un anno, dove Google fornisce un cloud ad Israele per il riconoscimento facciale di tutta la striscia di Gaza.
Essendo #Google una multinazionale, come tante altre #bigtech, si vanta di avere dipendenti maschi, femmine, gender fluid, cristiani, buddisti e pure musulmani.
Poi però licenzia i musulmani ed i bianchi pacifisti perchè partecipano a manifestazioni contro i progetti militari dell’azienda.
Vi sorprenderò: è giusto che lo faccia perchè sono interessi privati e se uno vuole vendere armi, anche quelle non convenzionali, può farlo.
Qui però entriamo nel merito delle Università che protestano per non sviluppare progetti di ricerca militari con l’una e l’altra nazione: questo dovrebbe sollecitare i rettorati ad aprire una riflessione sui progetti militari e l’art. 11 della ns Costituzione che tanto ripudia la guerra.
Quindi se sospendiamo i progetti militari dalle università, si risolve il problema?
NO, e sapete perchè?
E la cosa vera l’ha detta Bersani in questi giorni ad Otto e Mezzo: esistono tanti progetti accademici di secondo livello che propongono buoni propositi, ma in realtà chi li gestisce ha già presente il fine e l’impiego militare.
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