Trump presenta la strategia sicurezza nazionale e gli USA partono dal sovranismo

di Redazione
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La Casa Bianca pubblica la National Security Strategy 2025, un documento che ricolloca l’interesse nazionale statunitense al centro di ogni scelta geopolitica e segna una rottura dichiarata con le dottrine post-Guerra Fredda. La strategia parte da una premessa cruciale: perseguire per trent’anni un dominio globale irrealistico ha consumato risorse politiche, economiche e militari degli Stati Uniti, indebolendo al contempo la loro capacità di competere con potenze rivali. Il nuovo approccio enfatizza America First come principio strutturale, non più semplice slogan, sostenendo che la sicurezza e il benessere americani rappresentano la condizione stessa della stabilità internazionale. Il documento celebra inoltre otto accordi di pace in otto mesi e gli effetti degli Accordi di Abramo, presentati come prova empirica che un approccio pragmatico e svincolato da ideologie universalistiche produce risultati concreti. La strategia individua cinque obiettivi vitali: la sopravvivenza della repubblica sovrana, la protezione dei confini, il rafforzamento di una economia innovativa, una forza militare potente e credibile, e la salute culturale della nazione. A livello globale gli Stati Uniti intendono garantire un emisfero occidentale stabile, un Indo-Pacifico aperto, una Europa sicura, un Medio Oriente equilibrato e una posizione tecnologica statunitense dominante nei settori strategici. Il documento insiste sulla fine della migrazione di massa, sul burden-sharing con gli alleati e sulla centralità della sicurezza economica come nuovo campo di competizione geopolitica. Il cosiddetto Trump Corollary al Monroe Doctrine riafferma la priorità dell’emisfero occidentale, marcando un ritorno a una visione gerarchica degli interessi regionali. L’intera strategia promuove pace attraverso la forza, realismo flessibile e sovranità nazionale come antidoti contro l’influenza di istituzioni transnazionali percepite come intrusive.

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Principi guida della strategia Trump

La strategia attribuisce a Trump l’identità di Presidente della Pace, sottolineando mediazioni riuscite in crisi come Cambogia-Thailandia, Kosovo-Serbia e Israele-Iran. Il documento rifiuta dottrine ideologiche come il neoconservatorismo interventista e il liberal-internazionalismo, per sostituirle con un approccio operativo basato su ciò che funziona e non su ciò che è teoricamente auspicabile. Il punto di partenza è la definizione stretta dell’interesse nazionale, che diventa la bussola concettuale per ogni decisione di politica estera. La pace deriva da forza economica e militare, non da appelli normativi, e il non-interventismo è visto come rispetto della sovranità altrui, coerente con la lettura originale della Declaration of Independence. Il documento ribadisce il primato delle nazioni come unità politica fondamentale del sistema internazionale. Ogni Stato è incoraggiato a perseguire il proprio interesse senza modelli politici preconfezionati. La strategia difende la sovranità statunitense da interferenze transnazionali, opponendosi a organismi internazionali percepiti come strumenti di controllo culturale, censura o manipolazione politica. Il bilanciamento di potere resta essenziale per impedire a qualsiasi avversario di conseguire un’egemonia regionale o globale. L’agenda Pro-American Worker attraversa l’intero testo, con l’obiettivo di ricostruire una economia condivisa e proteggere i lavoratori statunitensi da concorrenza esterna ritenuta sleale. Il principio di equità funge da vincolo per alleanze e relazioni commerciali: nessun partner può beneficiare della protezione statunitense senza contribuire in modo proporzionato. L’enfasi su competenza e merito, presentata come opposizione a ideologie identitarie, riafferma un modello di crescita tecnologica basato su eccellenza e auto-sufficienza.

Priorità nazionali nella strategia 2025

Il documento dichiara conclusa l’era della migrazione di massa, trattata come minaccia diretta alla stabilità interna. La sicurezza dei confini diventa così un interesse nazionale primario, connesso alla prevenzione di terrorismo, traffici criminali e ingerenze statuali mediante pressione migratoria. La strategia insiste sulla protezione dei diritti fondamentali come funzione propria del governo, criticando iniziative considerate eccessivamente invasive sotto etichette come “deradicalizzazione”. Il principio del burden-sharing viene radicalizzato: gli alleati sono chiamati a sostenere almeno il 5% del PIL in spesa per la difesa, come stabilito dall’Hague Commitment. La sicurezza economica assume un ruolo centrale, definita come fondamento della sicurezza nazionale. La politica commerciale deve diventare bilanciata, opponendosi al dumping e alle distorsioni create da sussidi statali esteri. Il documento prevede una reindustrializzazione interna, sostenuta da tariffe strategiche e dalla ricostruzione della base industriale della difesa con sistemi avanzati e soluzioni low-cost. La strategia afferma il dominio energetico statunitense in petrolio, gas, carbone e nucleare come fattore di stabilità geopolitica e leva per la crescita industriale. Il settore finanziario, presentato come uno dei principali vantaggi competitivi globali, deve essere modernizzato per competere nell’arena emergente della finanza digitale e sostenere priorità di sicurezza.

L’approccio regionale per l’emisfero occidentale

Nell’emisfero occidentale la strategia riafferma la Monroe Doctrine, adattata nel Trump Corollary che vieta a potenze esterne di acquisire controllo militare o economico su asset vitali dell’area. Gli obiettivi vengono sintetizzati nella formula Enlist and Expand: arruolare partner regionali per controllare migrazione, traffici di droga e instabilità; espandere la rete di alleanze economiche e di sicurezza. L’amministrazione punta a neutralizzare cartelli criminali tramite forze letali ad alta prontezza, mentre la diplomazia commerciale mira a costruire un emisfero integrato tramite tariffe reciproche e accesso preferenziale a mercati strategici. Il documento prevede anche un ampliamento della Coast Guard e della capacità navale per controllare rotte marittime critiche. La strategia vuole premiare governi allineati alle priorità statunitensi, pur collaborando con Stati che presentano sistemi politici differenti. La resistenza a incursioni estere è presentata come una forma di deterrenza economica: gli Stati Uniti intendono dimostrare i costi nascosti delle offerte infrastrutturali low-cost di potenze rivali. Settori quali energia, minerali critici e reti cyber devono essere sviluppati con tecnologie americane, evitando dipendenze strutturali da Paesi avversari. L’obiettivo finale è consolidare un emisfero occidentale impermeabile a influenze ostili e funzionale agli interessi economici e securitari degli Stati Uniti.

Asia e Indo-Pacifico: competizione per il futuro economico

La strategia segna una revisione profonda delle relazioni con la Cina, accusata di aver sfruttato aperture commerciali senza integrarsi nell’ordine internazionale. L’Indo-Pacifico rappresenta la regione strategica più importante del pianeta, dove si genera quasi metà del PIL mondiale a parità di potere d’acquisto. Il nuovo corso mira a riequilibrare i rapporti con Pechino attraverso reciprocità commerciale, protezione della proprietà intellettuale e contrasto a pratiche ritenute predatorie. L’obiettivo economico dichiarato è portare l’economia statunitense da 27,5 trilioni di euro nel 2025 a 36,7 trilioni nel 2030, sostenuta da investimenti in innovazione, infrastrutture critiche e tecnologie dual-use. L’amministrazione rafforza le partnership con l’India e con il formato Quad, mentre gli accordi firmati nell’ottobre 2025 consolidano cooperazione in commercio, difesa, cultura e tecnologia. Il documento sottolinea la necessità di mantenere un vantaggio militare in domini avanzati come spazio, sottomarini, AI, sistemi autonomi e tecnologie quantistiche. Il settore privato è incoraggiato a cooperare con il governo per fronteggiare minacce cyber complesse, mentre la diplomazia economica deve stimolare la crescita globale mantenendo libertà di navigazione e infrastrutture resilienti.

Europa: riformare per stabilizzare

La strategia dipinge un quadro critico dell’Europa, descrivendola come una regione afflitta da stagnazione economica, regolamentazioni transnazionali pervasive, declino demografico, erosione delle libertà politiche e fenomeni migratori percepiti come trasformativi. La diminuzione della quota europea di PIL globale, dal 25% del 1990 al 14% attuale, viene presentata come prova del suo deterioramento competitivo. L’obiettivo statunitense è favorire un’Europa che “rimanga europea”, recuperi fiducia culturale e abbandoni modelli regolatori ritenuti soffocanti. Il documento definisce prioritaria la stabilità interna europea, inclusa la gestione del rapporto con la Russia. Pur riconoscendo la superiorità convenzionale europea (eccetto il dominio nucleare), il testo sostiene che percezioni distorte alimentano politiche che rischiano di trascinare il continente in crisi permanenti. La strategia propone una cessazione negoziata delle ostilità in Ucraina, con l’obiettivo di stabilizzare le economie, ridurre la dipendenza energetica e prevenire un’escalation con Mosca. Gli Stati Uniti intendono sostenere una Europa sovrana e responsabile della propria difesa, frenare l’“espansione perpetua della NATO” e incoraggiare iniziative contro la overcapacity mercantilista e lo spionaggio industriale.

Medio Oriente: redistribuire il burden e costruire pace

Nel Medio Oriente la strategia si discosta dall’approccio tradizionale fondato su energy security e competizione delle superpotenze. Con gli Stati Uniti ormai esportatori netti di energia, l’area non rappresenta più un vincolo strutturale come nel passato. La strategia evidenzia il ruolo dell’Operation Midnight Hammer del giugno 2025 nel ridurre la capacità iraniana di destabilizzazione, mentre il cessate il fuoco negoziato tra Israele e Palestina viene presentato come un passo decisivo verso una pace duratura. Il documento riconosce Siria, Mar Rosso e Golfo come aree ancora delicate, ma indica che un’architettura di sicurezza costruita con partner arabi, israeliani e turchi può evitare ritorni al caos. Gli Stati Uniti mantengono come interessi vitali la sicurezza delle rotte energetiche, la prevenzione di santuari terroristici e la protezione di Israele. Il testo rifiuta il nation-building e promuove un approccio basato su interessi condivisi, accettando la regione per quella che è e privilegiando stabilizzazione, deterrenza e cooperazione economica. L’espansione degli Accordi di Abramo resta una priorità, così come la crescita di investimenti in nucleare civile, AI e difesa. Il Medio Oriente non domina più l’agenda americana: diventa una regione di partnership funzionali che permettono a Washington di concentrare energie sulle priorità interne ed emisferiche.

Africa: dalla logica degli aiuti a quella degli investimenti

Il documento propone una svolta radicale nella politica verso l’Africa, giudicando inefficace il tradizionale approccio fondato sugli aiuti allo sviluppo. Gli Stati Uniti intendono favorire una transizione verso investimenti produttivi, concentrandosi su Paesi considerati affidabili e capaci di garantire ritorni economici e stabilità. Le priorità includono la mitigazione di conflitti come Rwanda-DRC o Sudan, la prevenzione di nuove guerre regionali e la riforma di programmi come l’Africa Growth Opportunity Act. Nel contrasto al terrorismo islamista l’obiettivo è evitare presenze militari prolungate, privilegiando soluzioni locali. La strategia identifica in energia, minerali critici, gas naturale e infrastrutture nucleari settori a elevato potenziale per partnership reciprocamente vantaggiose. L’intento è promuovere un’Africa integrata nei mercati americani tramite commercio e investimenti, non tramite dipendenza assistenziale. Il documento presenta l’Africa come un’area di opportunità economica, non come un terreno di competizione filantropica, coerentemente con l’approccio America First applicato su scala globale.