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Inchieste

Italia, Meta usa metodi cinesi e censura i giornalisti, diffamandoli

Tempo di lettura: 9 minuti. Sanzioni delle sanzioni alle foto del figlio del presidente Biden, offese di disinformazione ai professionisti con errori di interpretazione da parte dell’intelligenza artificiale. O si cambia dall’interno come in USA con Trump oppure questo andazzo va sulla coscienza di politici, Istituzioni e dipendenti italiani di un social in profonda crisi di soldi e di identità

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Per chi non ha tempo:

  • Meta censura giornalisti e utenti sui social accusandoli di spargere disinformazione, compiere reati e di essere soggetti pericolosi
  • Non offre agli utenti la possibilità di appellarsi secondo un trattamento equilibrato che qualsiasi governo Democratico propone nelle sue Carte dei Valori
  • Il sistema di intelligenza artificiale non solo è fallace, ma discrimina la stessa tecnologia in uso da una delle principali aziende informatiche del pianeta, che ne perde di credibilità non solo valoriale, anche tecnica.
  • L’inchiesta è stata possibile stressando con dichiarazioni forti su due piattaforme la “pazienza” del social (leggere avviso in basso).
  • La conclusione è che Facebook dovrebbe moderare i suoi contenuti secondo standard democratici, chiari, ed deve essere libera da lottizzazioni politiche. Altrimenti dovrebbe rappresentare tutte le voci politiche accreditate in ogni singolo paese dove esercita con dei board permanenti h24.

Avviso sui toni di alcuni post dell’autore dell’articolo

E’ chiaro che Meta non sia una società criminale, è ancora più chiaro che i dipendenti non sono responsabili delle policy aziendali, ma quello espresso nell’articolo deve far riflettere invece su come la stessa Meta tratti i suoi utenti ed i professionisti dell’informazione etichettandoli frettolosamente come “pericolosi” per la società, disinformatori e autori di reati come quello della diffusione di materiale intimo.

Inoltre, si precisa ai dipendenti di Meta tirati in ballo, che anche chi ha condiviso il post sul figlio di Biden è stato sanzionato senza appello.

Facebook, la piattaforma social media del gruppo Meta nata per prima su larga scala globale, oggi è una piazza virtuale in decadenza con un titolo in borsa crollato dell’80 per cento ed ha fatto investimenti troppo pioneristici per lanciare il Metaverso, provando a monopolizzare anticipatamente la scena mondiale dell’universo parallelo che animerà il futuro delle società occidentali. Facebook in questi anni ha dichiarato di non essere un media, ma di ospitare contenuti e di voler continuare ad evitare di entrare nelle beghe dei singoli utenti e dei dibattiti che ci sono su di essi, ma questo non è stato possibile perché la politica ha fatto sempre la sua parte e non solo quella italiana, bensì anche quella statunitense. Seppur Zuckerberg sia sommessamente associato ai conservatori americani, intervistato in una trasmissione pro Trumpiana ha dichiarato di aver ricevuto pressioni dall’FBI per nascondere le foto del figlio di Biden mentre era in corsa alla casa Bianca.

In poche parole, è stato vietato ai cittadini americani di sapere che il figlio del loro futuro presidente non solo curasse gli affari di famiglia in Ucraina, ma che fosse anche un tossicodipendente. Se l’avessero saputo in molti negli States, di certo non si sarebbero stupiti quando il neo presidente degli USA appena eletto, Joe, dichiarò che Putin fosse un criminale e nemmeno si sarebbero stupiti apprendendo che gli USA puntano ad una guerra di sfinimento contro la Russia senza nessuna volontà di negoziazione per la pace. Il New York Post ha subito diverse censure e chi ha fornito assistenza tecnica al PC di Hunter è stato diffamato dalla stampa USA individuato come una spia dei russi o un uomo pagato da Trump per rovinare il figlio del rivale politico. Dopo l’ammissione di Zuck, dopo il siluramento di Musk dell’advisor legale di Twitter, che aveva acconsentito a questa attività di censura, e dopo che il commerciante che aveva segnalato all’FBI di detenere un pc con materiale scottante a cui aveva avuto accesso quando il suo proprietario non l’aveva rivendicato dopo tre mesi ha iniziato a querelare la stampa, è stato chiaro per molti che le piattaforme social si sono prestate non solo ad una attività di censura, ma hanno prestato il fianco ad attività di diffamazione a giornalisti e singoli cittadini con delle azioni di doppiopesismo e di censura della libertà di stampa e del diritto di parola, favorendo di fatto un candidato politico rispetto ad un altro. Mentre gli USA correvano al voto, i dipendenti LGBTQ+ e vicini alla comunità AfroAmericana hanno chiesto più volte di cacciare Trump dal social. Scelta che Zuckerberg non ha fatto per non perdere il miliardo di dollari di sponsorizzazioni sui social, aspettando lo scandalo di Capital Hill che ha poi dato il là all’esclusione dell’eversivo oramai ex presidente degli USA sconfitto al voto dopo 4 anni.

La foto del figlio tossicodipendente di Biden ad oggi continua ad essere censurata dal social con policy americane che vengono lasciate fare qui in Italia in barba alla Costituzione e a giudici che interpretano una materia che spesso non parte da un presupposto: quello che avviene dentro Facebook deve rispettare i principi della Costituzione. Quindi Facebook dovrebbe iniziare a dare spiegazioni sul perché di una policy di social scoring degli utenti, gestita non da esseri umani bensì da un motore di intelligenza artificiale, e deve spiegare anche perché questa intelligenza artificiale è strutturata per togliere voce e spazio ai giornalisti con regole diverse tra loro ed il caso del figlio di Biden è lampante così come è lampante la questione dell’ironia che spesso viene travisata e mette le persone in fallo negandole di fruire di un servizio che non prescritto un medico, sia chiaro, ma che ha acquisito una importanza di pubblica utilità.

La prova della tossicodipendenza del figlio di Biden la danno sempre le testate considerate autorevoli dal gruppo Meta

Si può sostenere che Berlusconi è un pedofilo, diffondere la notizia di Meloni che è figlia di un criminale, ma non pubblicare la foto di un tossicodipendente perché figlio del presidente degli USA e invischiato in affari riconducibili al padre

Il primo caso di restrizioni di queste sanzioni è quello della foto di Biden pubblicata in data 14 agosto che dimostra come un personaggio influente della scena politica mondiale sia coinvolto in una condizione di tossicodipendenza e curi degli affari di famiglia nel campo delle armi, e peggio anche nel gas in Ucraina, venga considerata da Facebook una foto intima. No, non lo è, perché dietro questa foto, censurata con i quadrettini, non c’è solo un tizio che si droga e frequenta prostitute, bensì il figlio del presidente degli USA e questo rappresenterebbe un problema di conflitto di interessi in tutte le democrazie che contano. Il primo giro di sanzioni giunge in data 21 settembre fino al giorno 13 ottobre quando Meta chiede scusa per la sanzione:

POST DI AGOSTO SANZIONATO IL 21 SETTEMBRE, RIMOSSO E “SCUSATO” IL 21 SETTEMBRE

In data 29 ottobre giunge una nuova sanzione per la stessa foto, che Facebook aveva rimosso già dalla bacheca nonostante si sia scusata, come è evidente, a cui è seguito un ulteriore blocco alle attività del profilo grazie alla valutazione dell’intelligenza artificiale sulla foto e non sul contenuto testuale che ovviamente è assolutamente contestabile.

Quindi Facebook ha sanzionato 2 volte un utente, un giornalista, per la stessa foto vera e di rilevanza informativa?

Sì ed ed è occorsa anche una coincidenza. Il giorno prima, 28 ottobre, sul profilo Twitter sono stati pubblicati diversi post contro Meta:

https://twitter.com/liviovarriale/status/1586096208505888780

Parole dure e chissà se siano state all’origine di una sanzione della sanzione già in vigore sulla piattaforma social. A questo punto, si è andati avanti con la fase di test, alzando sempre più il tiro in data 29 ottobre:

Il giorno dopo, in data 30 ottobre, si è pubblicato un post così articolato con le fonti inserite in questo articolo a conferma delle dichiarazioni in esso contenuto:

Buongiorno a tutti, al Ministro della Salute che ha la sua Università nel progetto delle terapie geniche di Pavia.

FONTE MIUR

700 milioni di investimento con i soldi in prestito dell’Europa dove c’è anche un certo signor Von der Leyen che non è parente a Ursula bensì ne è il marito.

Ma come? L’Europa che sfida il patriarcato, che dice alle donne di prendersi il cognome dei figli, ha la sua presidente che incarna i principi di meritocrazia e di patriarcato del nazismo a lei caro?

Preside dell’Università di Tor Vergata, grande sostenitore di Greenpass, vaccini a MRNA seppur sperimentali, la prima dichiarazione fatta qual è stata?

Pacificazione con medici NoVax e via dispositivi sanitari da ospedali ed altro ancora

Questo denota lo spessore di un ministro tecnico, preso dal mondo accademico. Uno che ieri faceva il leone ed oggi presta il fianco a quelli che definiva cogl***.

Quanti altri virologi ci siamo sorbiti che virologi non erano e gli è stato dato il verbo della scienza per denigrare, delegittimare non solo semplici cittadini bensì medici che di pazienti ne hanno visitati quotidianamente e in tanti.

Pregliasco non è virologo
Crisanti non è virologo

Adesso che sono emersi conflitti di interesse, gli affari privati, si sentono presi per le palle ed il fattore più interessante è che di faccia manifestano con supponenza degli H-index farlocchi, ma in realtà sono più accattoni di chi chiede l’elemosina in tangenziale.

Voi mi dite: ma è di destra perché sta nel governo Meloni. No, questo l’ha messo Mattarella mentre questi fascisti con il lasciapassare della medicina accademica hanno avuto gran risalto grazie alla società Meta che non solo ha apposto un bollino di qualità ai nostri post, ma ci ha bloccato, bannato e sanzionato con il metodo cinese.

Fascisti e criminali, loro ed i loro dipendenti.

Dopo nemmeno 2 minuti arriva il blocco totale di Meta al profilo con una sfilza di sanzioni che si aggiungono a quelle della sera precedente:

La sanzione della sanzione alla foto di Biden erano i 58 giorni di pubblicità e dirette ai quali si sono aggiunti blocco della pubblicazione, visibilità dei post in basso, attività gruppo vietata.

La motivazione?

Secondo la piattaforma sarebbero state divulgate informazioni false che addirittura potrebbero causare danni fisici perchè potrebbero spingere le persone a non cercare cure mediche e rimanda ai link dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Il post, però, non parla di medicina, nemmeno di cure mediche, anzi, riporta delle notizie verificabili su ogni fonte giornalistica di quelle accreditate dalla stessa piattaforma META.

Quindi Meta, blocca il profilo quando avrebbe dovuto chiudere i profili di mezza stampa italiana per DISINFORMAZIONE, pericolosa per l’incolumità dei suoi utenti.

Cosa ancora più interessante è che esegue un’azione inappellabile perché l’unica scelta è ovviamente quella di ACCETTARE la punizione senza poter fare appello

E prende anche per il sedere ringraziando per aver accettato l’unica scelta disponibile

Se questo non è un metodo censorio dell’attività di un utente e del suo diritto di espressione e anche del giornalista nell’esercitare il suo diritto di informazione e i dipendenti dell’azienda, compresi i dirigenti, approvano questo senza opporsi, manifestano connivenza mista a sudditanza, con lo schema che lede e di molto gli individualismi sociali ed i diritti umani delle democrazie moderne.

Il fatto che una piattaforma privata, con un metodo non compatibile con la Costituzione italiana, delegittimi anche formalmente la figura di una persona, un professionista, per aver espresso in modo forte delle opinioni basate su fatti veri inserendolo in un calderone “sociale” dove orbitano mondi oscuri, vedi novax e terrapiattisti, rende già idea della dimensione democratica della piattaforma che, nel fatto specifico, è riassumibile con:

  • Una sanzione di una sanzione su cui aveva chiesto anche scusa
  • L’accusa di aver fatto disinformazione medica in un post che non parlava di medicina
Non puoi investire con noi

In seguito a questo tipo di sanzione civile simile al social scoring cinese, resta il rammarico di non poter investire su una piattaforma, in calo anche nella soddisfazione dei suoi investitori, e dispiace davvero poter finanziare un modello sociale, prim’ancora di business, che ricorda molto quello cinese o, trovandoci in Italia, quello fascista. A differenza di Trump, dei diritti LGBTQ+ e delle popolazioni afrodiscendenti, c’è da domandarsi come mai i dipendenti della piattaforma si siano ricordati solo ora di “avere famiglia“.

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Perchè il motore di ricerca OpenAI fa paura ai giornalisti?

Tempo di lettura: 4 minuti. OpenAI sfida Google con un nuovo motore di ricerca basato su ChatGPT, promettendo un’evoluzione nella ricerca online.

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OpenAI
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OpenAI sembra pronta a rivoluzionare il mondo della ricerca online lanciando un proprio motore di ricerca basato su ChatGPT, secondo quanto riportato da diverse fonti autorevoli. Il lancio di questo nuovo servizio è previsto per il 9 maggio e potrebbe segnare una svolta significativa nel modo in cui le informazioni vengono cercate e trovate su Internet secondo molti addetti ai lavori dell’informazione tecnologica, ignari che questo cambiamento sia già in corso.

Dettagli del lancio

Il nuovo motore di ricerca, indicato con il dominio https://search.chatgpt.com, è al centro di numerose discussioni e speculazioni. Il CEO di OpenAI, Sam Altman, ha espresso in più occasioni l’intenzione di integrare i modelli linguistici avanzati (Large Language Models) nella ricerca web, proponendo un’alternativa all’approccio tradizionale di Google che presenta pagine di risultati piene di annunci e link.

Implicazioni di Mercato

Google, che domina il mercato dei motori di ricerca con una quota vicina al 90%, potrebbe trovarsi di fronte a una nuova concorrenza significativa. Non solo, Microsoft, uno dei principali finanziatori di OpenAI, potrebbe vedersi in una posizione complicata se OpenAI decidesse di competere direttamente con Bing, il suo motore di ricerca. Oppure il motore di ricerca firmato ChatGPT è il fumo negli occhi per evitare maggiori attenzioni delle indagini concorrenziali dei vari garanti del mercato in giro per il mondo?

Collaborazioni e competizioni

Anche Apple è menzionata come un possibile collaboratore di OpenAI, intensificando le trattative per integrare ChatGPT nei dispositivi iOS. Tuttavia, ciò potrebbe complicare le relazioni tra Apple e Google, che paga miliardi ogni anno per rimanere il motore di ricerca predefinito su dispositivi iOS.

Aspetti tecnologici e innovativi

Il motore di ricerca di OpenAI promette di utilizzare l’intelligenza artificiale per migliorare l’esperienza di ricerca degli utenti, fornendo risposte più contestualizzate e precise, sfruttando le capacità uniche dei modelli generativi di linguaggio. Il lancio del motore di ricerca di OpenAI rappresenta non solo un’evoluzione tecnologica significativa ma anche un potenziale cambio di paradigma nel settore dei motori di ricerca. Le implicazioni di questa mossa sono vastissime, influenzando non solo le aziende tecnologiche ma anche gli utenti e il modo in cui accedono alle informazioni online.

Google deve preoccuparsi?

Al netto delle notizie che annunciano il nuovo motore di ricerca realizzato da OpenAI, gli acchiappa clic dell’informazione italica hanno intitolato che ad aver paura di questa iniziativa imprenditoriale di nuova generazione debba essere Google, da anni motore di ricerca, incontrastato con un monopolio di fatto nonostante ci siano diversi alternative e l’Europa stia andando verso una direzione rappresentativa dell’intero mercato. Seppur un nuovo competitor, con una tecnologia proprietaria all’avanguardia rispetto a tutto il resto del mercato, rappresenti una preoccupazione per il grande burattinaio della rete, a doversi preoccupare in realtà sono tutti gli attori impegnati oggi per pochi spiccioli a fornire contenuti alla materia oscura di Google. Questa preoccupazione, ad oggi, è comunque parte di un colosso che sta già agendo in questa direzione ed è possibile notarlo attraverso gli aggiornamenti oramai a cadenza semestrale che BIG sta facendo sottoforma di reindicizzazione della rete Internet.

Non è data sapere la metodica ed i criteri dell’algoritmo con cui Google sta provvedendo Nel riscrivere le regole della ricerca su Internet, ma tutti i siti Internet, a parte quelli inviso alla cupola della sezione News, stanno subendo dei cali vertiginosi proprio dagli indici di ricerca. Se Google nel suo ultimo aggiornamento si è concentrato nell’arginare i contenuti di intelligenza artificiale generati solo ed esclusivamente per imbrogliare l’algoritmo con il fine di indicizzare siti di cucina insieme a quelli di tecnologia per esempio, oggi sta iniziando a fornire direttamente le risposte e tutto questo va in danno ai link dei siti Internet che pubblicano le informazioni.

Davvero chi oggi descrive l’avvento del motori di ricerca di OpenAI in realtà non ha ancora compreso che tutto questo andrà a penalizzare un intero settore che non è più ristretto ai Media, ma all’intera generazione di contenuti su Internet?

Il fatto che le risposte generate da Google, seppur citino la fonte, fanno perdere tanto traffico ai siti dal punto di vista della ricerca organica, soprattutto in un’epoca dove l’utente è abituato a non approfondire, bensì a leggere velocemente soffermandosi sulle prime risposte senza avvertire la necessità di approfondire nel link d’origine.

Con ChatGPT ed il suo motore di ricerca questo procedimento si amplificherà di più a maggior ragione del fatto che la sua tecnologia è criticata proprio per essere irriconoscente nei confronti di coloro che generano contenuti e che li utilizza impropriamente per addestrare la il suo modello linguistico avanzato. Se Google ha dato, e sta dando, una mazzata notevole alla rete, OpenAI rischia di dare un colpo di grazia definitivo a tutti coloro che quotidianamente forniscono risposte ed informazioni ai quesiti degli utenti della rete mantenendoli aggiornati con il corso del tempo.

Il paradosso del Click

Quindi assistiamo al fatto che per catturare un singolo clic, le testate editoriali fanno riferimento alla paura di Google ignorando quei rischi che in realtà potrebbero definitivamente gli potrebbe far perdere clic e visualizzazioni in futuro difficili più di quanto stia avvenendo ora, sacrificando visualizzazioni ed in introiti pubblicitari. Non è un caso che la Commissione Editoria voluta dal governo abbia promosso un equo compenso per gli editori che verranno surclassati dalla tecnologia dell’intelligenza artificiale applicata nella generazione di informazioni e di risposte fornite dai motori di ricerca già alimentata da colossi del settore che intendono effettuare un passaggio strutturale definitivo concentrato all’impiego di contenuti generati attraverso applicativi di intelligenza artificiale.

E mentre la cupola dei grandi gruppi editoriali è stata garantita dall’immagine divina di padre Paolo Benanti e del curatore degli interessi della famiglia Berlusconi padre Alberto Barachini, sottosegretario all’editoria, se Google debba iniziare a preoccuparsi, lo sa bene anche la stessa Microsoft che si nasconde dietro ai progetti di OpenAI che stanno decretando una crescita improvvisa e smisurata della sua offerta tecnologica, ma ad essere a rischio non solo è la proprietà intellettuale, ma tutto un sistema di informazione che ovviamente assottiglia sempre di più la sua visibilità in un mercato che è tutt’altro che libero e che non offre le stesse possibilità di crescita: sempre che non si riesca a far parte della cupola di Governo in combutta con Google News ed altre realtà come le piattaforme social.

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Ransomware in Italia: come cambia la percezione del fenomeno nell’IT

Tempo di lettura: 5 minuti. I ransowmare sembrano essere passati di moda per il poco clamore suscitato in un paese come l’Italia dove interessano solo a una nicchia

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Cosa sta accadendo al mondo della sicurezza informatica ed al suo rapporto con i ransomware in Italia?

I temuti attacchi informatici che criptano server e computer, bloccandone i servizi, e chiedono un riscatto per sbloccarli altrimenti vengono diffusi in rete, pericolosissimi aziende privati, professionisti, Enti ed istituzioni di Governo, sembrano essere diventati un fenomeno da barraccone per i feticisti della cybersecurity.

Ransomware e l’Italia: un feticcio per pochi

L’Italia rappresenta una nicchia di mercato soprattutto perché ha una sua identità linguistica. L’argomento della cybersecurity nel nostro paese è collegato per motivi di opportunità allo scenario internazionale ed ai tecnicismi anglosassoni che ne hanno forgiato termini ed applicazioni tecniche sul campo. Sono molti i progetti editoriali che parlano del fenomeno della sicurezza informatica, ma sono pochi quelli indipendenti e che coinvolgono una nicchia composta da esperti del settore informatico e dai grossi media che per sopravvivere alle regole di un mercato sempre più chiuso dagli algoritmi, sfruttano il proprio blasone per affrontare marginalmente il problema. Matrice Digitale parla di questa tematica dal 2017 con oltre 3.500 articoli di settore pubblicati in lingua italiana a cui si dovrebbero aggiungere i mille video sul canale YouTube, prima chiuso dalla piattaforma e poi riaperto dopo 3 anni di lotta: una scelta suicida nel panorama d’interesse italico per chi è indipendente da associazioni o cooperative non ufficiali di aziende ed Enti che fanno affari, o lobbying, sul tema. Il caso della piattaforma open source Ransomfeed, un valido progetto ingegneristico di raccolta statistica degli attacchi ransomware sviluppato in italiano e trasformato in lingua inglese, dimostra che per avere autorevolezza e considerazione nel contesto cyber, bisogna guardare oltre i confini del Bel Paese.

L’attacco informatico è “normale”

Oltre al clamore dei vari attacchi, identificati con diversi nomi e sigle di malware e gruppi criminali, qui gli articoli di Matrice Digitale sul tema, che hanno causato dei blocchi alle catene produttive delle più grandi aziende del paese e la fuga dei dati delle aziende sanitarie locali, il fenomeno sembrerebbe essere diventato un ricorrente e superficiale. Perché alla base di tutto c’è la regola universale secondo la quale è impossibile avere la matematica certezza di non essere colpiti da un attacco informatico ed è su questo principio, leit motiv degli addetti del mondo della sicurezza informatica, che il ransomware è stato normalizzato nell’immaginario collettivo di quella vulgata che ogni giorno è a rischio attacco informatico sia sul lavoro sia tra le mura domestiche. Un altro aspetto da non sottovalutare è proprio il fatto che la grande diffusione del fenomeno ha portato le agenzie internazionali di sicurezza informatica, che rispondono ai Governi, ad intimare alle aziende di non effettuare il pagamento del riscatto previsto dal metodo criminale di attacco. Seppur il cedere economicamente rappresenti un grande male nel rapporto tra guardie e ladri, sono in calo a livello globale i pagamenti dei riscatti ed il non pagare ha portato le gangs ad agire in modo ancor più infame, perché ha aumentato l’asticella etica dei propri attacchi sferrandoli su settori solitamente tutelati dal codice deontologico criminale come ad esempio i dati dei minori e quelli sanitari, a maggior ragione di pazienti oncologici.

Considerazione maligna di chi scrive: normalizzare il fenomeno è anche un’opportunità per i tecnici e le Istituzioni preposte nel mettere le mani avanti ad eventuali falle nella gestione dei dati dei clienti ed alle aziende di sottrarsi alla scomoda domanda se hanno pagato o meno il riscatto.

Il ransomware è un fenomeno che necessita soluzione o risposta?

L’attacco ransomware non solo è visto come una probabilità sempre più certa , ma il valore del dato diventa sempre meno considerato perché la maggior parte dei dati personali di tutti i cittadini connessi ad Internet, e non solo come nel caso dei nascituri canadesi, sono già esposti in rete . Questa esposizione ha portato delle tattiche criminali parallele dove si allestiti dei call center che contattano gli utenti esposti e si chiedono delle informazioni per aggiornare quelli che sono i dati in proprio possesso appartenenti evidentemente a dei database trafugati negli anni passati e che ad oggi contengono delle informazioni che non sono più attuali. Così come dopo il devastante data leak e data breach di WhatsApp, Facebook, che ha esposto quasi un miliardo di persone, ci siamo trovati delle campagne mirate sulle app di messaggistica dove venivano implementate tattiche di ingegneria sociale finalizzate ad ottenere ulteriori dati o pagamenti che hanno aumentato le statistiche delle truffe informatiche in rete. Andrea Lisi a Matrice Digitale ha parlato di circolazione del dato e non più del suo valore anche per questo motivo.

Il caso SynLab e la differenza tra prevenzione e risposta

Il recente attacco informatico che ha colpito la società Synlab Italia, rivendicato in queste ore dalla gang BlackBasta, e che ha messo giù per diverse settimane i laboratori di analisi e di diagnostica della multinazionale, esponendo dati personali sanitari e sensibili di una buona fetta del territorio italiano, ha certificato il disinteresse verso il ransomware in sè, ma ne ha amplificato un altro che sembrerebbe essere lo snodo cruciale dell’evoluzione mediatica degli attacchi informatici e che coinvolge la necessità di una maggiore capacità di risposta a questi ultimi. Il problema oggi sembrerebbe non essere più perdere il dato, che comunque comporta delle multe e delle sanzioni da parte del Garante, ma è per forza di cose il ripristinare quanto prima i servizi che incidono da subito sulle attività ricorrenti di aziende ed Enti vittime dei criminali. E’ proprio questo il problema che attanaglia attualmente la comunità informatica in Italia, forte anche dei primi contratti assicurativi che si stanno stipulando dinanzi all’insorgenza di attacchi informatici in copertura ai diversi disservizi che ne possono sorgere, e cioè la capacità di reazione quanto più tempestiva agli attacchi ransomware, malware o di negazione del servizio, che possa rendere minimi i disagi nei confronti degli utenti che non sono solo i consumatori della manifattura italiana o industriale, ma pazienti o correntisti che necessitano dei servizi di vitale importanza. Dalle righe di Matrice Digitale, Roberto Beneduci di CoreTech ha chiesto ad ACN ed a CSIRT di condividere metodi di reazione e soluzioni sulla base di casi già successi.

Che fine fanno i dati non venduti?

Quello che dovrebbe far discutere su questa vicenda è anche un aspetto che nasconde un teoria non confermata, ma che potrebbe rappresentare un’evenienza visto il periodo storico che la transizione digitale sta vivendo.

I dati che vengono trafugati dai criminali informatici e non pagati con i riscatti, da chi vengono acquistati?

Sapere da chi non è certo, ma si può immaginare che possano essere appetibili non solo ai call center criminali come abbiamo visto, ma anche ad agenzie governative che però hanno interesse più negli attacchi persistenti e non negli attacchi ransomware di cui l’Italia è piena. A maggior ragione che, pur essendoci un nesso tra criminalità informatica ed attività di Governo , il riscatto non è sicuramente l’attacco preferito da chi ha bisogno o di distruggere un sistema informatico, ed è qui che nasce ovviamente il malware di tipo wiper, oppure c’è chi, come la Corea del Nord, si è specializzato nell’hacking delle blockchain di criptovalute ottenendo con minor sforzo una maggiore resa che negli ultimi due anni si è quantificata in più di un miliardo di dollari. Resta ancora da scoprire invece se i dati trafugati siano venduti su altri mercati e possano essere utilizzati dagli acquirenti per addestrare dei motori di intelligenza artificiale non tracciati dal mercato oppure addirittura quelli ben più noti.

Quest’ultima considerazione potrebbe essere una congettura o forse no.

Chi ha coraggio e certezze per escluderla del tutto?

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Papa Francesco sarà al G7 e l’Italia festeggia il DDL AI

Tempo di lettura: 6 minuti. Papa Francesco partecipa al G7, focalizzato su etica e IA e il Parlamento discute il DDL AI con Meloni che promuove l’IA umanistica.

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Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, ha recentemente annunciato l’eccezionale partecipazione di Papa Francesco alla sessione del G7 dedicata all’intelligenza artificiale con in tasta il DDL sul tema. Questo evento sottolinea l’importanza crescente delle questioni etiche e umanistiche connesse allo sviluppo tecnologico.

Un impegno umanistico nell’era digitale

Durante la presidenza italiana del G7, si discuterà ampiamente su come l’intelligenza artificiale possa essere guidata da principi etici che pongono l’umanità al centro. Meloni ha enfatizzato che l’intelligenza artificiale rappresenta la più grande sfida antropologica dei nostri tempi, portando con sé notevoli opportunità ma anche rischi significativi.

La premier ha citato l’esempio della “Rome Call for AI Ethics” del 2022, una iniziativa avviata dalla Santa Sede per promuovere un approccio etico allo sviluppo degli algoritmi, un concetto noto come algoretica. L’obiettivo è sviluppare una governance dell’IA che rimanga sempre centrata sull’essere umano.

L’intervento di Papa Francesco al G7 sarà cruciale per rafforzare questa visione, offrendo una prospettiva che combina tradizione e innovazione nell’affrontare le sfide poste dall’IA alla società contemporanea.

Intelligenza Artificiale: innovazioni legislative in Italia con il DDL

L’Italia si posiziona all’avanguardia nel panorama europeo con l’approvazione di un nuovo disegno di legge sull’intelligenza artificiale. Questa legislazione pionieristica mira a promuovere un utilizzo etico e responsabile dell’IA, con un forte accento sulla protezione dei diritti fondamentali e sull’inclusione sociale.

Differenza tra Disegno di Legge e Decreto Legge

Prima di procedere, è doveroso spiegare la differenza tra un “DDL” (Disegno di Legge) e un “DL” (Decreto Legge) e che riguarda principalmente il processo legislativo e la loro natura giuridica all’interno del sistema legale italiano. Ecco i dettagli chiave:

Disegno di Legge (DDL)

  1. Definizione: Un DDL è una proposta legislativa elaborata e presentata al Parlamento per la discussione e l’approvazione. Può essere presentata da membri del Parlamento o dal Governo.
  2. Processo: Dopo essere presentato, il DDL segue un processo di esame approfondito che include discussioni, emendamenti e votazioni sia in commissione che in aula nelle due Camere del Parlamento (Camera dei Deputati e Senato della Repubblica). Questo processo può essere lungo e richiede l’approvazione finale di entrambe le Camere.
  3. Natura: Il DDL è di natura ordinaria, significando che non ha effetto immediato e deve seguire il normale iter parlamentare prima di diventare legge.

Decreto Legge (DL)

  1. Definizione: Un DL è uno strumento legislativo che il Governo può adottare in casi straordinari di necessità e urgenza. Questo decreto ha forza di legge dal momento della sua pubblicazione, ma è temporaneo.
  2. Processo: Un DL deve essere convertito in legge dal Parlamento entro 60 giorni dalla sua pubblicazione, attraverso un processo che può includere modifiche e approvazioni. Se non convertito, perde efficacia retroattivamente.
  3. Natura: Il DL ha un’immediata efficacia legale ma è temporaneo e condizionato alla sua conversione in legge ordinaria, che stabilizza le disposizioni contenute nel decreto.

Confronto e uso

  • Velocità ed Efficienza: Il DL è molto più rapido nel rispondere a situazioni di emergenza, dato che entra in vigore immediatamente. Tuttavia, questa rapidità viene bilanciata dalla necessità di una successiva conferma parlamentare.
  • Stabilità e Riflessione: Il DDL segue un processo più riflessivo e può essere soggetto a più ampie discussioni e revisioni, il che può contribuire a una legislazione più ponderata e dettagliata.

Il DL è utilizzato per situazioni urgenti che richiedono una risposta legislativa immediata, mentre il DDL è il mezzo standard per la creazione di nuove leggi, offrendo più opportunità per l’esame e la discussione parlamentare.

Focus sui Principi Generali e innovazioni

Il disegno di legge definisce norme precise per la ricerca, lo sviluppo, e l’implementazione dell’IA, assicurando che ogni applicazione tecnologica rispetti la dignità umana e le libertà fondamentali, come stabilito dalla Costituzione italiana e dal diritto dell’Unione Europea. Tra i principi chiave, spicca l’impegno verso la trasparenza, la sicurezza dei dati, e l’equità, evitando discriminazioni e promuovendo la parità di genere.

Uno degli aspetti più rilevanti è l’introduzione di un quadro normativo per garantire che l’IA non sostituisca ma supporti il processo decisionale umano, mantenendo l’uomo al centro dell’innovazione tecnologica. In particolare, il disegno di legge enfatizza l’importanza della cybersicurezza e impone rigidi controlli di sicurezza per proteggere l’integrità dei sistemi di IA.

La legge stabilisce principi chiave per l’adozione e l’applicazione dell’IA in Italia, focalizzandosi su trasparenza, proporzionalità, sicurezza e non discriminazione. Viene data particolare attenzione al rispetto dei diritti umani e alla promozione di una IA “antropocentrica”, ossia che metta al centro le esigenze e il benessere dell’individuo.

Settori di impatto e disposizioni specifiche

La legislazione tocca vari settori, dalla sanità al lavoro, dalla difesa alla sicurezza nazionale, delineando norme specifiche per ciascuno:

Sanità

L’IA dovrebbe migliorare il sistema sanitario senza discriminare l’accesso alle cure. Si promuove l’uso dell’IA per assistere la decisione medica, ma la responsabilità finale rimane sempre nelle mani dei professionisti. L’impiego dell’intelligenza artificiale nel settore sanitario, come delineato nella nuova legislazione italiana, è concepito per migliorare l’efficacia e l’efficienza dei servizi sanitari, pur salvaguardando i diritti e la dignità dei pazienti. La legge impone che l’introduzione di sistemi di IA nel sistema sanitario avvenga senza discriminare l’accesso alle cure e che le decisioni mediche rimangano prerogativa del personale medico, sebbene assistito dalla tecnologia. È previsto inoltre che i pazienti siano adeguatamente informati sull’uso delle tecnologie di intelligenza artificiale, ricevendo dettagli sui benefici diagnostici e terapeutici previsti e sulla logica decisionale impiegata.

Implicazioni della Legge sulla Sicurezza e Difesa Nazionale:

Le applicazioni di IA per scopi di sicurezza nazionale devono avvenire nel rispetto dei diritti costituzionali, con una regolamentazione specifica che esclude queste attività dall’ambito di applicazione della legge generale. La legge tratta specificamente l’applicazione dell’intelligenza artificiale per scopi di sicurezza e difesa nazionale, stabilendo che queste attività siano escluse dall’ambito di applicazione delle norme generali sulla regolamentazione dell’IA. Tuttavia, è chiaro che tali attività devono comunque svolgersi nel rispetto dei diritti fondamentali e delle libertà costituzionali. Si prevede che l’uso dell’IA per la sicurezza nazionale sia regolato da normative specifiche, garantendo la conformità ai principi di correttezza, sicurezza e trasparenza, e imponendo controlli rigorosi per prevenire abusi.

Lavoro

Viene regolato l’utilizzo dell’IA per migliorare le condizioni lavorative e la produttività, garantendo trasparenza e sicurezza nell’uso dei dati dei lavoratori. L’adozione dell’intelligenza artificiale nel settore lavorativo, secondo la nuova normativa italiana, mira a migliorare le condizioni di lavoro e accrescere la produttività mantenendo al centro la sicurezza e la trasparenza. Gli impieghi di sistemi di IA devono avvenire nel rispetto della dignità umana e della riservatezza dei dati personali. I datori di lavoro sono obbligati a informare i lavoratori sull’utilizzo dell’IA, delineando chiaramente gli scopi e le modalità di impiego. La legge pone un’enfasi particolare sulla non discriminazione, assicurando che l’IA non crei disparità tra i lavoratori basate su sesso, età, origine etnica, orientamento sessuale, o qualsiasi altra condizione personale.

Iniziative per l’inclusione e la formazione

Significative sono le disposizioni per garantire l’accesso all’IA da parte delle persone con disabilità, assicurando pari opportunità e piena partecipazione. Viene inoltre data importanza alla formazione e all’alfabetizzazione digitale in tutti i livelli educativi per preparare i cittadini a interagire con le nuove tecnologie.

Il disegno di legge promuove attivamente la formazione e l’alfabetizzazione digitale come componenti fondamentali per l’integrazione dell’intelligenza artificiale nella società. Questo include l’implementazione di programmi di formazione sia nei curricoli scolastici che nei contesti professionali, al fine di preparare studenti e lavoratori a interagire efficacemente e eticamente con le tecnologie avanzate. Si prevede inoltre che gli ordini professionali introducano percorsi specifici per i propri iscritti, affinché possano acquisire le competenze necessarie per utilizzare l’IA in modo sicuro e responsabile nel rispetto delle normative vigenti.

Tutela della Privacy e della Proprietà Intellettuale

La legge enfatizza la protezione dei dati personali e introduce regole per garantire che i contenuti generati o manipolati tramite IA siano chiaramente identificati, proteggendo così l’integrità informativa e i diritti d’autore. La nuova legislazione italiana stabilisce criteri rigorosi per la protezione della privacy degli individui nell’ambito dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale. Si impone che ogni applicazione di IA che tratti dati personali debba avvenire in modo lecito, corretto e trasparente, conformemente alle normative dell’Unione Europea. La legge richiede inoltre che le informazioni relative al trattamento dei dati personali siano comunicate agli utenti in un linguaggio chiaro e accessibile, garantendo loro la possibilità di comprendere e, se necessario, opporsi al trattamento dei propri dati. Viene enfatizzata la necessità di una cybersicurezza efficace in tutte le fasi del ciclo di vita dei sistemi di IA, per prevenire abusi o manipolazioni.

Per quanto riguarda la proprietà intellettuale, il disegno di legge introduce misure specifiche per assicurare che le opere generate attraverso l’intelligenza artificiale siano correttamente attribuite e tutelate sotto il diritto d’autore. Viene riconosciuto il diritto d’autore per le opere create con l’ausilio dell’IA, purché vi sia un significativo contributo umano che sia creativo, rilevante e dimostrabile. Inoltre, la legge prevede che ogni contenuto generato o modificato significativamente da sistemi di IA debba essere chiaramente identificato come tale, per mantenere la trasparenza e prevenire la diffusione di informazioni ingannevoli o falsificate.

Libertà di Informazione e dati personali

L’articolo 4 del DDL stabilisce che l’uso dell’IA nel settore dell’informazione deve avvenire senza compromettere la libertà e il pluralismo dei media, mantenendo l’obiettività e l’imparzialità delle informazioni. È essenziale che l’intelligenza artificiale non distorca la veridicità e la completezza dell’informazione a causa di pregiudizi intrinseci nei modelli di apprendimento automatico.

Trasparenza e correttezza nel Trattamento dei Dati

Viene enfatizzato il trattamento lecito, corretto e trasparente dei dati personali, in linea con il GDPR. Il DDL richiede che le informazioni sul trattamento dei dati siano fornite in modo chiaro e comprensibile, consentendo agli utenti di avere pieno controllo sulla gestione dei propri dati.

Consapevolezza e controllo per i minori

Una specifica attenzione è rivolta alla protezione dei minori nell’accesso alle tecnologie AI. I minori di quattordici anni necessitano del consenso dei genitori per l’utilizzo di tali tecnologie, mentre quelli tra i quattordici e i diciotto anni possono dare il consenso autonomamente, purché le informazioni siano chiare e accessibili.

Governance e collaborazione tra Agenzie

Il DDL promuove un approccio di governance “duale”, coinvolgendo l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (ACN) e l’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) per assicurare che l’applicazione delle tecnologie AI sia conforme sia alle normative nazionali che a quelle dell’Unione Europea. Queste agenzie lavoreranno insieme per stabilire un quadro regolatorio solido che promuova la sicurezza senza soffocare l’innovazione.

Leggi il DDL sull’Intelligenza Artificiale

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