Editoriali
Guerra e conflitti geopolitici: Il nuovo campo di battaglia degli attacchi DDoS
Tempo di lettura: 4 minuti. L’efficacia degli attacchi dipende in larga misura dalle difese delle organizzazioni contro i denial-of-service distribuiti.
Quando le truppe di terra russe si sono preparate a entrare in Ucraina nel febbraio 2021, i dipartimenti governativi ucraini, le organizzazioni di media online, le società finanziarie e i provider di hosting sono stati colpiti da un’ondata di attacchi DDoS (Distributed Denial of Service). Questi attacchi sono aumentati in frequenza e impatto solo quando i carri armati russi hanno attraversato il confine, aumentando la frenesia e il caos di quel periodo. Per reagire prontamente, l’esercito informatico ucraino ha preso vita nei primi giorni del conflitto. Proprio come l’esercito di volontari ucraino sul campo, le reclute sono affluite da tutto il mondo per prendere parte alla guerra online tra Russia e Ucraina, con un aumento del 236% degli attacchi DDoS osservati tra febbraio e marzo. Ciò che sembra chiaro è che, sia che vengano sferrati da hacktivisti o da Stati nazionali, gli attacchi DDoS sono spesso la salvezza iniziale tra le forze opposte negli attuali conflitti geopolitici. Rispetto ad altri tipi di minacce informatiche, gli attacchi DDoS possono essere lanciati in tempi relativamente brevi. Inoltre, se da un lato gli attacchi DDoS possono provocare di per sé un’interruzione significativa, dall’altro possono anche mascherare o distrarre l’attenzione da minacce più significative. E, come si è visto in Ucraina e altrove, l’uso degli attacchi DDoS sul campo di battaglia digitale sembra essere in aumento. Questo articolo esaminerà la storia degli attacchi DDoS per i conflitti geopolitici rispetto agli attacchi recenti, fornendo spunti che le organizzazioni possono utilizzare per proteggersi dai danni collaterali.In sintesi, gli eventi dell’ultimo anno hanno dimostrato che gli attacchi DDoS – siano essi lanciati da Stati nazionali, gruppi ideologici o individui disonesti – non diminuiranno presto. Gli attacchi DDoS rimangono uno strumento efficace per interrompere le reti e ridurre il morale dei Paesi coinvolti in sconvolgimenti sociopolitici, con nuovi attacchi che si verificano ogni giorno. Per rimanere protette in questo periodo di guerre e conflitti geopolitici, le organizzazioni devono rimanere vigili nella loro difesa.
2022: un anno da record per gli attacchi DDoS
L’uso di attacchi DDoS per ottenere vantaggi geopolitici non è una novità, ma la frequenza con cui questo tipo di attacchi sta crescendo è degna di nota. Nell’ultimo “DDoS Threat Intelligence Report”, Netscout ha riportato più di 6 milioni di attacchi nella prima metà del 2022. Di questi attacchi, la maggior parte corrispondeva a conflitti nazionali o regionali. Per continuare con l’esempio dell’Ucraina, la frequenza degli attacchi DDoS diretti all’Ucraina si è stabilizzata nell’aprile 2022, mentre i cyberattacchi sono aumentati contro gli alleati percepiti dell’Ucraina. Ciò è probabilmente attribuibile alla migrazione delle proprietà di Internet ucraine verso Paesi come l’Irlanda, poiché l’instabilità di Internet all’interno dell’Ucraina ha costretto molti segmenti di rete a fare affidamento sulla connettività di altri Paesi. Gli echi di questo conflitto continuano a risuonare nell’Internet globale. Nel marzo 2022, l’India ha registrato un aumento misurabile degli attacchi DDoS in seguito alle sue astensioni dalle votazioni del Consiglio di sicurezza e dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite che condannavano le azioni russe in Ucraina. Allo stesso modo, nella prima metà dell’anno, il Belize ha subito il numero più alto di attacchi DDoS nello stesso giorno in cui ha rilasciato dichiarazioni pubbliche a sostegno dell’Ucraina. Altrove, la Finlandia, paese vicino alla Russia, ha registrato un aumento del 258% degli attacchi DDoS rispetto all’anno precedente, in concomitanza con l’annuncio della richiesta di adesione alla NATO. Polonia, Romania, Lituania e Norvegia, invece, sono state bersaglio di attacchi DDoS da parte di avversari legati a Killnet, un gruppo di aggressori online allineati con la Russia. Ma questi esempi radicati nel conflitto tra Russia e Ucraina non sono gli unici campi di battaglia online in cui si consumano scontri geopolitici. Con l’acuirsi delle tensioni tra Taiwan e Cina e tra Hong Kong e Cina nella prima metà dell’anno, le campagne di attacchi DDoS hanno spesso coinciso con eventi pubblici. Ad esempio, in vista della storica visita di Nancy Pelosi a Taiwan quest’estate, il sito web dell’ufficio presidenziale di Taiwan e altri siti governativi sono stati oscurati a causa di attacchi DDoS. In America Latina, durante le controverse elezioni colombiane dello scorso anno, sono state lanciate ondate di attacchi DDoS successivi durante il voto iniziale e il contestato ballottaggio. Un filo conduttore è che molti di questi attacchi utilizzano vettori di attacco noti e servizi DDoS a pagamento, noti anche come servizi booter/stressor, disponibili sul Dark Web. Questi servizi illeciti offrono in genere un livello ristretto di attacchi DDoS dimostrativi gratuiti ai potenziali clienti, abbassando la soglia di accesso per gli aspiranti aggressori, che possono così mettere a punto rapidamente attacchi a costo zero o molto basso. Tuttavia, poiché questi vettori di attacco sono ben noti, possono essere facilmente mitigati nella maggior parte delle circostanze.
Gli attacchi DDoS sono potenzialmente in grado di interrompere seriamente le operazioni su Internet per i loro obiettivi, ma possono anche provocare un impatto collaterale significativo per le organizzazioni e il traffico Internet circostanti. Questo rischio è particolarmente elevato quando l’hosting dei dati e i servizi fluiscono da regioni devastate dalla guerra come l’Ucraina verso località all’estero. In molti degli esempi sopra elencati, l’efficacia degli attacchi dipendeva in larga misura dal fatto che le organizzazioni bersaglio disponessero di difese DDoS organizzate. In Ucraina e in altri Paesi, le organizzazioni non protette sono state rapidamente messe al riparo grazie all’intervento delle società di difesa DDoS globali, che hanno aiutato le organizzazioni ucraine che ne avevano bisogno. Tuttavia, per la maggior parte delle organizzazioni sono ancora necessarie difese continue. In questo contesto, la linea d’azione più prudente per prevenire i danni collaterali è quella di valutare regolarmente i fattori di rischio DDoS, soprattutto per quanto riguarda gli elementi di erogazione diretta dei servizi, i partner della catena di fornitura e altre dipendenze. Le organizzazioni devono assicurarsi che i server, i servizi, le applicazioni, i contenuti e l’infrastruttura di supporto critici rivolti al pubblico siano adeguatamente protetti. Dovrebbero inoltre verificare che i piani di difesa DDoS riflettano le configurazioni e le condizioni operative ideali attuali e che i piani siano testati periodicamente per verificare che possano essere implementati con successo come richiesto.
In sintesi, gli eventi dell’ultimo anno hanno dimostrato che gli attacchi DDoS – siano essi lanciati da Stati nazionali, gruppi ideologici o individui disonesti – non diminuiranno presto. Gli attacchi DDoS rimangono uno strumento efficace per interrompere le reti e ridurre il morale dei Paesi coinvolti in sconvolgimenti sociopolitici, con nuovi attacchi che si verificano ogni giorno. Per rimanere protette in questo periodo di guerra e conflitti geopolitici, le organizzazioni devono rimanere vigili nella loro difesa.
Editoriali
MITRE vittima di zero day Ivanti: anche i migliori le prendono
Tempo di lettura: 2 minuti. Anche le organizzazioni ben preparate come MITRE possono essere vulnerabili a minacce cibernetiche avanzate
Nel contesto della sicurezza informatica, anche le organizzazioni più preparate possono trovarsi vulnerabili di fronte a minacce persistenti e avanzate, come dimostrato dagli attacchi recentemente subiti da MITRE. Questo caso sottolinea l’importanza di adottare un approccio informato sulle minacce per la difesa contro gli attacchi cyber sempre più sofisticati.
Cos’è MITRE?
MITRE è una corporazione senza scopo di lucro americana con sede principale a Bedford, Massachusetts, e una secondaria a McLean, Virginia. Fondata nel 1958, l’organizzazione opera centri federali di ricerca e sviluppo (FFRDCs) per conto del governo degli Stati Uniti. MITRE è dedicata all’interesse pubblico e lavora su una vasta gamma di questioni di sicurezza nazionale, aviazione, sanità, cybersecurity e innovazione del governo.
La missione principale di MITRE è quella di risolvere problemi complessi per un mondo più sicuro, fornendo ricerca, sviluppo e consulenza strategica ai vari enti governativi per aiutarli a prendere decisioni informate e implementare soluzioni tecnologiche avanzate. Uno degli aspetti notevoli del lavoro di MITRE è il suo impegno nella sicurezza informatica, attraverso lo sviluppo di framework e strumenti come il Common Vulnerabilities and Exposures (CVE) e l’ATT&CK framework, che sono largamente utilizzati a livello internazionale per la gestione delle minacce e la protezione delle infrastrutture critiche. Per ulteriori informazioni, puoi visitare il sito ufficiale.
Dettagli dell’attacco subito da MITRE
MITRE, un’organizzazione che si impegna a mantenere elevati standard di sicurezza cibernetica, ha recentemente rivelato di essere stata vittima di un attacco informatico significativo. Nonostante la solidità delle sue difese, MITRE ha scoperto vulnerabilità critiche che sono state sfruttate dagli attaccanti, segnalando un tema di sicurezza concentrato sulla compromissione di dispositivi di protezione perimetrale.
L’incidente e le sue conseguenze
L’attacco ha avuto inizio con un’intensa attività di ricognizione da parte degli attaccanti nei primi mesi del 2024, culminata nell’uso di due vulnerabilità zero-day nel VPN di Ivanti Connect Secure, bypassando l’autenticazione multifattore tramite session hijacking. Questo ha permesso agli attaccanti di muoversi lateralmente e infiltrarsi profondamente nell’infrastruttura VMware di MITRE, utilizzando account amministrativi compromessi e un mix di backdoor sofisticate e web shell per mantenere la persistenza e raccogliere credenziali.
Risposta di MITRE all’incidente
La risposta all’incidente ha incluso l’isolamento dei sistemi colpiti, la revisione completa della rete per impedire ulteriori diffusione dell’attacco, e l’introduzione di nuove suite di sensori per monitorare e analizzare i sistemi compromessi. Inoltre, l’organizzazione ha avviato una serie di analisi forensi per determinare l’entità del compromesso e le tecniche utilizzate dagli avversari.
Lezioni apprese e miglioramenti futuri
Questo incidente ha rafforzato per MITRE l’importanza di comprendere i comportamenti degli hacker come mezzo per sconfiggerli, spingendo l’organizzazione a creare tassonomie comportamentali che catalogano le TTP (tattiche, tecniche e procedure) degli avversari, che hanno portato alla creazione di MITRE ATT&CK®. Questo evento ha anche stimolato l’adozione del concetto di difesa informata dalle minacce, culminando nella creazione del Center for Threat-Informed Defense. L’incidente di sicurezza subito serve da monito per tutte le organizzazioni sulla necessità di mantenere sistemi di difesa aggiornati e proattivi, utilizzando le risorse come il MITRE ATT&CK, costantemente monitorato anche da CISA i cui bollettini sono riportati puntualmente da Matrice Digitale, per rimanere informati sulle ultime strategie degli avversari e su come contrastarle efficacemente.
Editoriali
Università, Israele e licenziamenti BigTech
Tempo di lettura: < 1 minuto. Una riflessione sull’eventualità di sospendere gli accordi nelle università italiane con progetti di ricerca israeliani
A distanza di un mese, l’Italia scopre il progetto Nimbus, di cui Matrice Digitale ne parla da più di un anno, dove Google fornisce un cloud ad Israele per il riconoscimento facciale di tutta la striscia di Gaza.
Essendo #Google una multinazionale, come tante altre #bigtech, si vanta di avere dipendenti maschi, femmine, gender fluid, cristiani, buddisti e pure musulmani.
Poi però licenzia i musulmani ed i bianchi pacifisti perchè partecipano a manifestazioni contro i progetti militari dell’azienda.
Vi sorprenderò: è giusto che lo faccia perchè sono interessi privati e se uno vuole vendere armi, anche quelle non convenzionali, può farlo.
Qui però entriamo nel merito delle Università che protestano per non sviluppare progetti di ricerca militari con l’una e l’altra nazione: questo dovrebbe sollecitare i rettorati ad aprire una riflessione sui progetti militari e l’art. 11 della ns Costituzione che tanto ripudia la guerra.
Quindi se sospendiamo i progetti militari dalle università, si risolve il problema?
NO, e sapete perchè?
E la cosa vera l’ha detta Bersani in questi giorni ad Otto e Mezzo: esistono tanti progetti accademici di secondo livello che propongono buoni propositi, ma in realtà chi li gestisce ha già presente il fine e l’impiego militare.
Editoriali
Apple vuole fregarti con lo spot dei 128GB di spazio iPhone: aspetta il 16
Tempo di lettura: 3 minuti. Scopri se 128GB di spazio su iPhone sono sufficienti per le tue esigenze e considera le alternative di iCloud per una gestione ottimale dell’archiviazione.
L’iPhone 15 promette “molto spazio per molte foto”, come evidenziato nell’ultimo spot di Apple. Tuttavia, la sufficienza dello spazio di archiviazione dipende dall’utilizzo specifico che ciascuno fa del proprio iPhone e dall’opzione di memoria scelta. La capacità di archiviazione base dell’iPhone 15 è di 128GB, un notevole aumento rispetto ai 64GB degli anni precedenti, riflettendo l’esigenza crescente di più spazio dovuta all’ampliamento delle abitudini digitali.
Fotografia e video in Alta Risoluzione
Con le capacità fotografiche dell‘iPhone 15 che includono foto da 48 megapixel e registrazione video in 4K, lo spazio richiesto per questi file ad alta risoluzione è sostanziale. Questi miglioramenti, sebbene accrescano la qualità dei contenuti catturati, consumano rapidamente la capacità di archiviazione locale, rendendo quello che una volta sembrava ampio spazio, ora insufficiente per le esigenze di molti utenti.
iCloud come soluzione?
iCloud di Apple offre una soluzione alle limitazioni di spazio dei dispositivi, con piani che vanno oltre i 5GB gratuiti – quantità decisamente insufficiente per la maggior parte degli utenti. I piani di abbonamento a pagamento di iCloud+ offrono 50GB, 200GB e 2TB di spazio cloud, arricchiti da funzionalità aggiuntive. Di recente, Apple ha introdotto opzioni per 6TB e 12TB di spazio, pensate per utenti con esigenze di archiviazione estese, sebbene queste opzioni comportino costi significativi e la dipendenza da una connessione internet per accedere ai file e ad un aumento di prezzi con contratti unilaterali.
iPhone storage vs iCloud
Mentre i modelli standard di iPhone 15 e iPhone 15 Pro partono da 128GB di spazio di archiviazione, Apple offre opzioni di upgrade a 256GB e 512GB, con un’ulteriore opzione da 1TB per l’iPhone 15 Pro, verificare su Amazon i prezzi e le diverse caratteristiche. Optare per un modello con capacità inferiore e integrarlo con spazio iCloud aggiuntivo potrebbe rivelarsi una scelta più economica e pratica, considerando il costo e la durata potenziale del dispositivo rispetto all’investimento in un iPhone da 1TB.
Il futuro dello spazio di Archiviazione su iPhone
Data l’attuale traiettoria, sembra ragionevole che Apple aumenti la capacità di base di tutti i suoi modelli di iPhone a 256GB nelle generazioni future, e si auspica anche una revisione dell’aliquota gratuita di 5GB di iCloud, per riflettere meglio le realtà del consumo digitale moderno.
Chi vi scrive non casca nella fregatura salvo rottura
Apple invita gli utenti a fare l’upgrade di cellulare un motivo chiaro: cambiarlo e fare cassa. Il messaggio è rivolto agli utenti di iPhone 12 e 13 con le versioni base da 128GB. Chi vi scrive ha un iPhone 12 Pro Max che ha cambiato dopo un 7 plus da pochi GB. L’iPhone non si cambia ogni anno, ma si cambia quando arriva la tecnologia di discontinuità. Nel caso del 7 plus e della versione 12, oltre allo spazio, ad una durata sempre inferiore della batteria, il motivo che mi ha portato al cambio di dispositivo è stato il 5G che ha modificato i tempi di consultazione del Web. Anche la fotocamera è stata gradita al passaggio, ma, dalla versione 12 in poi fino alla 15, c’è poco da aggiungere se non appunto questioni di spazio, qualche avanzamento tecnologico nella fotografia e magari un 5g più veloce per via dei modem nuovi.
Se Apple fa questa proposta ansiolitica, mettendo in mezzo il fatto che possiate perdere la memoria della vostra defunta madre, è perchè le vendite vanno molto male ed il mondo sta sfornando cellulari nettamente superiori con l’Intelligenza Artificiale integrata dove Apple sta scopiazzando per il prossimo modello perchè rimasta indietro.
Sappiate che potete sempre trasferire le foto di mammà sul vostro PC e poi valutare se spostarle nel cloud Apple dove comunque potreste essere costretti nel fare l’upgrade del cloud se ovviamente vorrete fare il backup del dispositivo online. Se avete un iPhone 12 o anche un 14, attendete il primo iPhone AI, il iPhone 16, che arriverà verso settembre. Varrà ancor di più la pena di spostarci anche i propri ricordi.
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