L'Altra Bolla
Un Posto al Sole e l’antisemitismo che non c’è: Repubblica non verifica la notizia
Tempo di lettura: 3 minuti. Cancella l’articolo senza rettificarlo, creandone uno nuovo. Confermate le analisi di Matrice Digitale sul tema.
Nella giornata del 23 marzo, il sito di Repubblica ha pubblicato un articolo “video” dai toni altisonanti come se il lettore si trovasse dinanzi ad uno scoop importante:
“Quelli sono due rabbini…”. L’invettiva antisemita in “Un posto …
Dopo il comunicato stampa della Redazione di Un Posto al Sole, programma RAI, il quotidiano diretto da Maurizio Molinari ha corretto il tiro dopo tre ore scusandosi pubblicamente con la Rai per la soffiata giunta dall’Osservatorio Antisemitismo del Centro di documentazione ebraica di Milano senza che la notizia fosse verificata dalla redazione politica.
E’ la seconda volta in pochi anni che il quotidiano casca in una notizia inesatta o inesistente in questo caso. Già in occasione della scorta alla Segre, il Centro di Documentazione Ebraica (non più presente) ha fornito un dato di duecento commenti quotidiani di odio contro la senatrice Segre, smentito dal fact checker David Puente che invitava a non “creare attenzione su un problema così serio ed attirare maggiori attenzioni“.
Questo ricalca un fenomeno su cui c’è un problema, esiste, ma continua ad essere “ridotto”, non irrilevante, nei paese occidentali e proviene dagli ambienti ridotti di estrema destra, che secondo l’attuale narrazione giornalistica si trova al governo sottoforma di fascismo, e soprattutto da popolazioni miste musulmane che vivono la questione palestinese in modo differenze dalla nostra.
Ovviamente l’errore ci può stare, e Matrice Digitale conferma che dare del rabbino ad un tirchio è un concetto che ricalca uno stereotipo antisemita.
Però il “pareva infatti definire” non è una scusa, ma un’ammissione di processo ad eventuali intenzioni.
Cancellare un link è possibile? Sì, ma solo se ti chiami Repubblica e … Corriere
Certamente è possibile, ma non se ti chiami Repubblica ed hai un direttore che ha collaborato in prima persona con la Commissione Europea per stabilire un principio di correttezza del giornalismo. Secondo i canoni moderni, le correzioni vanno fatte all’interno dell’articolo indicando eventuali cambi “strutturali” in calce all’articolo già pubblicato e modificato.
Questo metodo è anche parte dei sistemi di valutazione della società statunitense NewsGuard che offre bollini di qualità ai giornali, tra cui è compresa la correzione del testo. Nel board di NewsGuard c’è un grande “amico” di Repubblica, Gianni Riotta.
In virtù del Ministero della Verità voluto dal Commissario UE Gentiloni, che collabora costantemente con Riotta e la Luiss di cui l’Editorialista de La Stampa è il direttore della scuola di giornalismo che ha ricevuto fondi europei con il fine di insegnare ai giornalisti chi può essere degno giornalista, fa un pò paura a chi è indipendente sapere che nessuno controlla i controllori.
Mentre Repubblica non verifica la notizia, la pubblica, getta un sospetto nei confronti di una produzione napoletana di successo con un’accusa infamante come quella dell’antisemitismo, la stessa sollevata da Stefano Cappellini per la questione Schlein al Fatto Quotidiano, non rispettando i canoni giornalistici imposti dalle istituzioni presiedute dai suoi dipendenti.
Sempre a proposito di correzioni e questioni politiche, ricordiamo l’articolo pubblicato da Concita de Gregorio che faceva riferimento al sito Mokked che non aveva indicato la modifica del testo traendo molti in inganno, compresa la redazione di Matrice Digitale. Lasciare l’articolo online per la nostra testata è stato un obbligo morale, comprese le correzioni e le sentite scuse alla de Gregorio ed alle testate che riportavano la notizia, a differenza di Repubblica che ha il pallino verde della società che dispensa lezioni di giornalismo.
Corriere copia Repubblica? Sbagliando
Per correttezza delle informazioni, anche il Corriere ha rimosso il link, ma non ha i difensori del giornalismo ed i portatori del perfetto codice dell’informazione all’interno delle istituzioni politiche ed accademiche. Certo è anche che nemmeno la pezza a colori delle scuse ha fornito ai suoi lettori, confermando la regola del web che vede i giornali copiarsi a vicenda sugli scandali per fare click e conversioni. Anche quando c’è di mezzo un tema come quello dell’antisemitismo.
C’è anche chi se n’è accorto senza essere giornalista, nemmeno direttore, tantomeno esperto europeo sulla disinformazione.
Siamo sicuri che il pubblico sia sempre composto da analfabeti funzionali?
L'Altra Bolla
X sotto indagine dell’Unione Europea
Tempo di lettura: 2 minuti. L’Unione Europea sta intensificando l’indagine su X per la moderazione dei contenuti e rischi legati ai deepfake
L’Unione Europea ha intensificato la sua indagine sulla rete sociale X, di proprietà di Elon Musk, che era stata aperta a dicembre sotto il regime di regolamentazione e moderazione dei contenuti online, il Digital Services Act (DSA). Le violazioni confermate potrebbero essere costose per Musk, poiché gli enti regolatori hanno il potere di imporre multe fino al 6% del fatturato annuo globale dell’azienda.
Dettagli dell’indagine
Mercoledì, la Commissione ha inviato a X una richiesta formale di informazioni (RFI) sotto il DSA, cercando ulteriori dettagli riguardo agli aspetti dell’indagine in corso. L’indagine riguarda i rischi di contenuto illegale, il design manipolativo, le carenze nella trasparenza degli annunci e l’accesso ai dati della piattaforma da parte dei ricercatori.
Preoccupazioni specifiche
L’RFI mira anche ad alcune preoccupazioni emergenti, e l’UE sta interrogando X sulla sua attività di moderazione dei contenuti e sulle risorse a seguito del suo ultimo rapporto di trasparenza. Il rapporto ha rivelato che X ha ridotto del quasi un quinto (20%) il personale del suo team di moderazione dei contenuti rispetto al rapporto precedente di ottobre 2023. Inoltre, la copertura linguistica della moderazione dei contenuti all’interno dell’UE è stata ridotta da 11 lingue ufficiali a sette.
Preoccupazioni sull’IA Generativa
Un’altra preoccupazione recente riguarda l’approccio di X all’IA generativa. La Commissione ha dichiarato di cercare ulteriori dettagli su “valutazioni dei rischi e misure di mitigazione legate all’impatto degli strumenti IA generativi sui processi elettorali, sulla diffusione di contenuti illegali e sulla protezione dei diritti fondamentali.”
Scadenze e reazioni
L’ultima RFI a X concede alla piattaforma fino al 17 maggio per rispondere alle sue domande sulla moderazione dei contenuti e l’IA generativa. Deve fornire le altre informazioni richieste alla Commissione entro il 27 maggio. X non ha risposto alle richieste di commento.
Implicazioni
Questa intensificazione dell’indagine su X sottolinea la crescente attenzione dell’Unione Europea sui rischi associati alla moderazione dei contenuti e l’uso dell’IA, specialmente in vista delle prossime elezioni al Parlamento Europeo come anticipato da Matrice Digitale. L’intensificazione di questa indagine potrebbe portare a cambiamenti significativi nelle operazioni di X e influenzare come le piattaforme sociali gestiscono la moderazione dei contenuti e l’implementazione dell’intelligenza artificiale.
L'Altra Bolla
Meta testa la condivisione incrociata da Instagram a Threads
Tempo di lettura: < 1 minuto. Scopri la nuova funzionalità di Meta che permette di condividere post da Instagram a Threads, attualmente in fase di test globale.
Meta sta testando la nuova funzionalità “condivisione incrociata” che consente agli utenti di Instagram di condividere i propri post direttamente su Threads, la più recente rete sociale dell’azienda. Questa opzione, attualmente disponibile in una fase di test globale, mira a incrementare l’engagement su Threads.
Dettagli del Test
La funzione di condivisione incrociata è al momento limitata alle foto. Gli utenti di Instagram, sia su dispositivi iOS che Android, hanno segnalato di aver notato questa opzione nelle loro app. Un utente Android ha condiviso, “Sul mio account privato, posso vedere che è possibile postare da Instagram a Threads!” Anche gli utenti iOS hanno riscontrato questa possibilità.
Funzionalità della Condivisione
Quando gli utenti optano per la condivisione incrociata, il testo del post di Instagram diventa il testo del post su Threads, mentre gli hashtag vengono convertiti in testo normale. Questa è un’esperienza su base volontaria, con la possibilità di disattivare la funzione in qualsiasi momento.
Contesto e implicazioni
Questa mossa da parte di Meta potrebbe essere una strategia per migliorare la visibilità di Threads, considerando la crescente enfasi di Instagram verso il contenuto video. Tuttavia, attualmente, non è possibile condividere automaticamente i Reels su Threads.
Risposta e futuro della Funzione
Meta ha già testato in passato la condivisione incrociata da Facebook a Threads. Non ci sono ancora dettagli su quando questa funzionalità sarà disponibile più ampiamente, dipenderà dal successo del test attuale. Questa innovazione potrebbe rappresentare un significativo sviluppo per Threads, attrarre nuovi utenti e aumentare l’interazione tra le piattaforme di Meta.
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TikTok: azione legale contro Stati Uniti per bloccare il divieto
Tempo di lettura: 2 minuti. TikTok sfida una nuova legge degli Stati Uniti che minaccia di vietare l’app, sostenendo che viola la Costituzione e i diritti fondamentali alla libertà di espressione.
TikTok ha intrapreso un’azione legale contro il governo degli Stati Uniti per opporsi a una nuova legge che imporrebbe il divieto dell’app se la sua azienda madre, ByteDance, non la vendesse entro un anno. La legge, chiamata “Protecting Americans From Foreign Adversary Controlled Applications Act,” è stata firmata dal Presidente Biden due settimane fa come parte di un pacchetto legislativo che includeva anche aiuti per Ucraina e Israele.
Dettagli della causa
La causa presentata da TikTok sostiene che la legge violi la Costituzione degli Stati Uniti, in particolare il diritto alla libertà di espressione e alla libertà individuale. TikTok descrive la legge come un’azione senza precedenti contro una singola piattaforma di espressione, argomentando che essa impone un divieto permanente e nazionale, impedendo agli americani di partecipare a una comunità online unica che conta più di un miliardo di persone globalmente.
Argomentazioni di TikTok
TikTok contesta le affermazioni del governo statunitense riguardo ai rischi per la sicurezza nazionale, affermando che non ci sono prove concrete che sostengano tali preoccupazioni. La società afferma che il processo legislativo è stato affrettato e segreto, basato su speculazioni piuttosto che su prove concrete come richiederebbe il Primo Emendamento.
Sfide tecniche e politiche
La legge impone a ByteDance di vendere TikTok entro il 19 gennaio 2025, ma TikTok sostiene che tale vendita sia praticamente impossibile sia tecnicamente sia politicamente. Dal punto di vista tecnico, il trasferimento degli “algoritmi di TikTok” richiederebbe l’approvazione del governo cinese, che potrebbe bloccare la vendita. Inoltre, la migrazione di “milioni di linee di codice software” a un nuovo proprietario presenterebbe enormi sfide tecniche.
Implicazioni
Questa causa segna l’ultimo capitolo di una lunga disputa tra il governo degli USA e TikTok, che ha iniziato durante l’amministrazione Trump con tentativi falliti di vendere le operazioni americane dell’app a aziende statunitensi come Oracle, Microsoft e Walmart. ByteDance ha indicato che potrebbe preferire chiudere TikTok piuttosto che venderlo, sottolineando la complessità delle sfide che l’app affronta.
Questa battaglia legale non solo è cruciale per il futuro di TikTok negli Stati Uniti, ma solleva anche questioni significative su privacy, sicurezza e la regolamentazione di internet e delle tecnologie globali. Questo caso potrebbe avere implicazioni di vasta portata non solo per TikTok ma per l’intero settore tecnologico, influenzando come le applicazioni globali operano negli Stati Uniti sotto la supervisione di leggi e regolamenti nazionali.
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