Editoriali
Il monopattino elettrico fa male alla salute. Almeno a Napoli
Tempo di lettura: 3 minuti. Mobilità del futuro? Oppure strumento impraticabile?
Utilizzare il monopattino per accorciare le distanze e permettermi tempi più rapidi di spostamento. E’ questa la motivazione che mi ha spinto a percorrere diversi km con il monopattino elettrico nella mia città: Napoli. Indipendentemente dal servizio offerto ho scelto HelBiz perchè si presenta con dei monopattini nuovi e con ruote anche più larghe.
Credevo che questo mi avesse garantito maggiore confort e invece è iniziato un vero e proprio travaglio che mi ha costretto ad alzare bandiera bianca.
Il percorso quotidiano da affrontare è stato Via Roma – Lungomare di Napoli andata e ritorno
Il lungomare di Napoli è il luogo perfetto per poter utilizzare il monopattino grazie alla sua corsia ciclabile che arriva fino a Santa Lucia. A differenza di città come Roma dove i monopattini sembrano scarseggiare per via dell’estensione territoriale, Napoli è ben servita da Helbiz e non è difficile reperire un monopattino. Una volta salito a bordo e partito dal Lungomare, tramite la pista ciclabile sono giunto all’inizio di Santa Lucia dove, dall’asfalto della pista riservata alle bici, sono passato ai sanpietrini che mi hanno condotto fino a piazza del Plebiscito.
Qui è iniziato il vero dramma
La principale piazza di Napoli è pavimentata con gradoni grandi su un fondo altamente sconnesso. Il monopattino è stato costantemente sollecitato nell’esercitare una forza di trazione mostruosa ed è stato sottoposto a delle vibrazioni fortissime, che a volte sembravano non muoverlo di un centrimetro.
Come se si cavalcasse un martello pneumatico impazzito
Uscito dal Plebiscito, ho percorso via Roma sui sanpietrini e sono arrivato a destinazione. Il percorso è stato riprovato al contrario, passando da Piazza Municipio, ma le vibrazioni sono state sempre notevoli.
Per evitare le vibrazioni di Piazza del Plesbiscito, ho rischiato la vita provando a passare dal lungomare di Napoli fino a Piazza dei Martiri per poi prendere la zona pedonale di Chiaia. A parte le solite vibrazioni costanti lungo il tragitto, intrapresa la zona pedonale il monopattino è andato in blocco e non superava i 4 kmh a causa di qualche restrizione imposta dal comune.
Essendo il tratto in salita, ho dovuto addirittura spingere il monopattino fino a piazza del Plebiscito perché non potevo nemmeno parcheggiarlo in quel tratto, altrimenti avrei pagato all’infinito.
In poche parole: sarebbe stato meglio se avessi fatto il tragitto a piedi
Problemi di Salute
Dopo 15 giorni di andata e ritorno, ho iniziato ad avvertire dolori alla schiena, alle caviglie, ginocchia ed alle braccia. Dolori improvvisi che sollecitavano anche la cervicale. Sì, ho fatto tutte le considerazioni del caso ed ho deciso di interrompere la mia esperienza “green”. Giusto il tempo di una settimana, è sparito tutto il malessere.
Il monopattino elettrico non è provvisto di ammortizzatori, almeno adeguati ai fondi cittadini e quindi ogni fosso si avverte e le vibrazioni incidono sul nostro scheletro. Basta osservare il fenomeno dall’esterno e notare come le persone vibrino con lo stesso effetto di martello pneumatico.
Inoltre, è successa una cosa apparentemente innocua, ma che invece mi ha portato diversi problemi alle ginocchia. Alcuni monopattini, mentre li guidavo, perdevano improvvisamente velocità come se frenassero da soli. Questa decelerazione improvvisa, causava una sollecitazione alle ginocchia notevole e fastidiosa.
Conclusioni
Aldilà di tutti questi effetti collaterali che rendono il monopattino uno strumento poco salutare e confinato allo sfizio di una corsa in allegria, ci sono problemi di strade non idonee, nemmeno i marciapiedi, dove sembrerebbe vietato viaggiare in monopattino. Se così fosse, in strada un mezzo che arriva massimo a 20kmh non è sicuro per sé e nemmeno per gli altri. Un monopattino sulla destra in una strada ristretta o a lunga velocità, espone le auto ad effettuare sorpassi oltre ad essere un intralcio alla circolazione.
Questa esperienza che doveva durare un mese ed è stata interrotta per motivi fisici sopravvenuti mi ha portato a diverse considerazioni sui monopattini a noleggio:
- I monopattini a noleggio sono mezzi di scarsa qualità
- Poco salutari per la struttura ossea del corpo sollecitato a vibrazioni innaturali
- Rallentano i tempi sulle lunghe distanze se di mezzo c’è una zona pedonale
- Creano disagi in strada per la loro lentezza
- Vengono visti in malo modo se guidati sui marciapiedi dove c’è più fondo pianeggiante
- Non sono confortevoli
C’è poi l’aspetto più importante che riguarda la questione ambientale: visto che parliamo di prodotti di serie z in termini di qualità,
tutti questi ammassi di plastica, ferro e batterie a litio come verranno smaltite?
Altro che green… !
Editoriali
Chip e smartphone cinesi ci avvisano del declino Occidentale
Tempo di lettura: < 1 minuto. Un declino quasi annunciato facendo un’analisi geopolitica degli ultimi eventi nel settore dei semiconduttori
Dopo mesi di sanzioni alla Russia si scopre che l’approvvigionamento di Mosca dei processori è ritornato al livello di normalità Questo vuol dire che su 140 paesi nel mondo, le sanzioni anglo-euro-nato non sono state efficaci a costringere i russi a “rubare le lavatrici per utilizzare i chip“.
La Russia, sta costruendo in casa sua i processori, ma non hanno molto successo se consideriamo il fatto che molti sono difettosi. Quindi li prende dalla Cina che attraverso Huawei è entrata silenziosamente nel Mercato Europeo con la sua ultima creatura: la Serie Pura 70 non solo è uno smartphone potente, ma allo stesso tempo è l’evoluzione in stile Apple di quella che un tempo era considerata una cinesata.
Oggi questa cinesata è prodotta al 90% in Cina con materiali cinesi e questo dovrebbe far comprendere a noi Europei che se non facciamo i bravi, saremmo costretti ad usare i chip delle friggitrici ad aria e le plastiche delle bici per produrre degli smartphone.
Chiudiamo l’analisi, che difficilmente leggerete altrove per tanti motivi, tra cui la lesa maestà. La chiusura della fabbrica di Intel in Russia coincide con risultati economici disastrosi del gigante tecnologico.
Indovinate chi sta sopperendo a questa perdita con fondi pubblici: l’Europa.
Editoriali
MITRE vittima di zero day Ivanti: anche i migliori le prendono
Tempo di lettura: 2 minuti. Anche le organizzazioni ben preparate come MITRE possono essere vulnerabili a minacce cibernetiche avanzate
Nel contesto della sicurezza informatica, anche le organizzazioni più preparate possono trovarsi vulnerabili di fronte a minacce persistenti e avanzate, come dimostrato dagli attacchi recentemente subiti da MITRE. Questo caso sottolinea l’importanza di adottare un approccio informato sulle minacce per la difesa contro gli attacchi cyber sempre più sofisticati.
Cos’è MITRE?
MITRE è una corporazione senza scopo di lucro americana con sede principale a Bedford, Massachusetts, e una secondaria a McLean, Virginia. Fondata nel 1958, l’organizzazione opera centri federali di ricerca e sviluppo (FFRDCs) per conto del governo degli Stati Uniti. MITRE è dedicata all’interesse pubblico e lavora su una vasta gamma di questioni di sicurezza nazionale, aviazione, sanità, cybersecurity e innovazione del governo.
La missione principale di MITRE è quella di risolvere problemi complessi per un mondo più sicuro, fornendo ricerca, sviluppo e consulenza strategica ai vari enti governativi per aiutarli a prendere decisioni informate e implementare soluzioni tecnologiche avanzate. Uno degli aspetti notevoli del lavoro di MITRE è il suo impegno nella sicurezza informatica, attraverso lo sviluppo di framework e strumenti come il Common Vulnerabilities and Exposures (CVE) e l’ATT&CK framework, che sono largamente utilizzati a livello internazionale per la gestione delle minacce e la protezione delle infrastrutture critiche. Per ulteriori informazioni, puoi visitare il sito ufficiale.
Dettagli dell’attacco subito da MITRE
MITRE, un’organizzazione che si impegna a mantenere elevati standard di sicurezza cibernetica, ha recentemente rivelato di essere stata vittima di un attacco informatico significativo. Nonostante la solidità delle sue difese, MITRE ha scoperto vulnerabilità critiche che sono state sfruttate dagli attaccanti, segnalando un tema di sicurezza concentrato sulla compromissione di dispositivi di protezione perimetrale.
L’incidente e le sue conseguenze
L’attacco ha avuto inizio con un’intensa attività di ricognizione da parte degli attaccanti nei primi mesi del 2024, culminata nell’uso di due vulnerabilità zero-day nel VPN di Ivanti Connect Secure, bypassando l’autenticazione multifattore tramite session hijacking. Questo ha permesso agli attaccanti di muoversi lateralmente e infiltrarsi profondamente nell’infrastruttura VMware di MITRE, utilizzando account amministrativi compromessi e un mix di backdoor sofisticate e web shell per mantenere la persistenza e raccogliere credenziali.
Risposta di MITRE all’incidente
La risposta all’incidente ha incluso l’isolamento dei sistemi colpiti, la revisione completa della rete per impedire ulteriori diffusione dell’attacco, e l’introduzione di nuove suite di sensori per monitorare e analizzare i sistemi compromessi. Inoltre, l’organizzazione ha avviato una serie di analisi forensi per determinare l’entità del compromesso e le tecniche utilizzate dagli avversari.
Lezioni apprese e miglioramenti futuri
Questo incidente ha rafforzato per MITRE l’importanza di comprendere i comportamenti degli hacker come mezzo per sconfiggerli, spingendo l’organizzazione a creare tassonomie comportamentali che catalogano le TTP (tattiche, tecniche e procedure) degli avversari, che hanno portato alla creazione di MITRE ATT&CK®. Questo evento ha anche stimolato l’adozione del concetto di difesa informata dalle minacce, culminando nella creazione del Center for Threat-Informed Defense. L’incidente di sicurezza subito serve da monito per tutte le organizzazioni sulla necessità di mantenere sistemi di difesa aggiornati e proattivi, utilizzando le risorse come il MITRE ATT&CK, costantemente monitorato anche da CISA i cui bollettini sono riportati puntualmente da Matrice Digitale, per rimanere informati sulle ultime strategie degli avversari e su come contrastarle efficacemente.
Editoriali
Università, Israele e licenziamenti BigTech
Tempo di lettura: < 1 minuto. Una riflessione sull’eventualità di sospendere gli accordi nelle università italiane con progetti di ricerca israeliani
A distanza di un mese, l’Italia scopre il progetto Nimbus, di cui Matrice Digitale ne parla da più di un anno, dove Google fornisce un cloud ad Israele per il riconoscimento facciale di tutta la striscia di Gaza.
Essendo #Google una multinazionale, come tante altre #bigtech, si vanta di avere dipendenti maschi, femmine, gender fluid, cristiani, buddisti e pure musulmani.
Poi però licenzia i musulmani ed i bianchi pacifisti perchè partecipano a manifestazioni contro i progetti militari dell’azienda.
Vi sorprenderò: è giusto che lo faccia perchè sono interessi privati e se uno vuole vendere armi, anche quelle non convenzionali, può farlo.
Qui però entriamo nel merito delle Università che protestano per non sviluppare progetti di ricerca militari con l’una e l’altra nazione: questo dovrebbe sollecitare i rettorati ad aprire una riflessione sui progetti militari e l’art. 11 della ns Costituzione che tanto ripudia la guerra.
Quindi se sospendiamo i progetti militari dalle università, si risolve il problema?
NO, e sapete perchè?
E la cosa vera l’ha detta Bersani in questi giorni ad Otto e Mezzo: esistono tanti progetti accademici di secondo livello che propongono buoni propositi, ma in realtà chi li gestisce ha già presente il fine e l’impiego militare.
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