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Mark Zuckerberg esce allo scoperto e accusa il Partito Democratico usa con cui ha collaborato a stretto contatto almeno negli ultimi 5 anni ed il CEO di Meta ha ribadito ancora una volta cose trite e ritrite due anni fa, guarda caso, quando ha dichiarato di aver subito pressioni dalle agenzie governative in occasione delle elezioni Midterm statunitensi.

Mark Zuckerberg è “un imprenditore senza scrupoli” che piace al Vaticano che ha definito Musk con queste parole. È colui che in questi anni ha consentito la proliferazione di sistemi di fact-checking imposti da alcune società apparentemente innocue, ma ben infiltrate dal settore dell’intelligence, come ad esempio Newsguard. È anche colui che ha cercato di chiudere il mercato editoriale favorendo determinati soggetti rispetto ad altri con accordi privati e non per una questione di autorevolezza, ma per ragioni lobbistiche. In un paese civile e sovrano, Mr. Facebook sarebbe messo alla gogna per ingerenze sulla vita e sull’opinione pubblica compresa la libertà di stampa fino ad arrivare alla concorrenza sleale in un mercato oramai drogato dall’influenza di entità oscure che impongono logiche torbide ai social. In un’Italia attenta alle ingerenze straniere, sarebbe stato bannato già da diversi anni e precisamente da quando ha iniziato a denigrare i giornalisti con le accuse più infamanti, gratuite e tollerate dalle associazioni di categoria del settore, per poi darli in pasto all’oblio regolamentato dai suoi algoritmi di intelligenza artificiale senza nemmeno degnarsi a rispondere a coloro che facevano appello per le decisioni prese.

Mark Zuckerberg ha dichiarato di aver subito pressioni sull’argomento COVID-19 da parte dell’amministrazione Biden affinché venissero cancellate determinate notizie sulla pandemia. Queste notizie, guarda caso, hanno interessato non solo la politica, ma anche gli affari di aziende private, che stanno emergendo in questi giorni come inopportuni e incapaci di risolvere effettivamente la pandemia passata, unitamente ad azioni che hanno inciso sulla spesa pubblica di interi continenti ed in danno ai cittadini. Questo ha significato che il silenzio di Facebook e Instagram non ha fatto altro che premiare scienziati finanziati dalle case farmaceutiche, ricerche farlocche, e poi ritirate, relegando colleghi indipendenti nell’oblio dei social attraverso ban di profili oppure shadow banning. Ed è proprio lo shadow banning lo strumento che Facebook ha sempre negato di utilizzare ma che, in realtà, ha applicato su larga scala dichiarandolo negli ultimi mesi quando ha imposto che per vedere contenuti socialmente rilevanti dal punto di vista delle tematiche trattate, bisognava abilitarli, altrimenti venivano relegati nell’oblio dei post visti nemmeno dai contatti più stretti. Elon Musk ha pubblicamente dichiarato che l’Europa ce l’ha a morte con lui proprio perché si è rifiutato di mettere in shadowban gli utenti su indicazione di Bruxelles.
Biden ha un figlio tossicodipendente che fa affari in Ucraina
Un’altra missione portata a termine da Zuckerberg, sempre nel 2020 e iniziata prima delle elezioni, è stata quella relativa alla storia del figlio del presidente Biden, noto tossicodipendente in affari condivisi col padre. Zuckerberg ha dichiarato di essere stato avvicinato dalle agenzie investigative di intelligence per mettere a tacere questa notizia, poiché considerata fonte di propaganda e disinformazione russa. La realtà è un’altra: Facebook è stata essenzialmente connivente con una situazione che, se mostrata al mondo intero a suo tempo, avrebbe sicuramente cambiato la percezione di ciò che Biden pensava dei russi e della scelta di criminalizzare Putin all’improvviso con un fulmine a ciel sereno appena eletto. La strategia di gettare ombre sul Cremlino, quando queste erano nella casa presidenziale, ha facilitato lo scoppio della guerra in Ucraina in virtù delle tensioni diplomatiche americane che tendevano ad accusare Mosca per ogni problema interno ed estero.
Zuckerberg ha paura del voto elettronico?
Zuckerberg ha anche dichiarato che in queste elezioni manterrà una maggiore neutralità evitando di finanziare attività con la fondazione della moglie di supporto al voto come avvenuto nelle precedenti elezioni. Questo per evitare che qualcuno possa travisare un suo personale coinvolgimento nelle operazioni di suffragio che hanno creato non poche polemiche sul voto postale lasciando l’amaro in bocca e qualche dubbio al popolo americano.
Qualcuno potrebbe pensare che la distanza di Zuckerberg intrapresa nei confronti di Biden sia una consapevolezza di un’altra vittoria di Trump, ma la realtà è ben diversa, basta avere la memoria lunga e notare la posizione di distacco che mr. Meta ha nei confronti delle elezioni pur avendo la maggioranza delle sue figure apicali aziendali schierate a favore dei Dem tra cui molti in quota LGBTQ e pro Obama.
La situazione italiana
Meta continuerà a censurare l’Italia e l’Europa sulla base delle disposizioni interne e lo farà preventivamente mentre negli USA eventuali ban alle notizie verranno effettuati non prima, bensì dopo l’eventuale intervento dei fact-checkers. Questo dimostra che l’Europa su alcune piattaforme ha un potere di censura preventiva e lascia eventuali decisioni ad associazioni che non sempre hanno una composizione giuridica interamente europea.
Giorgia Meloni è rimasta in silenzio nonostante abbia dichiarato in campagna elettorale di prendere provvedimenti verso la piattaforma, ma si sta consolando con l’assenza sulle polemiche che quest’estato hanno coinvolto Musk a botta di fake news.
Per quanto riguarda i fact-checkers, la dichiarazione sotto elezioni di Zuckerberg non solo ha definitivamente demolito la credibilità nei confronti dei lettori di chi fino a ieri censurava secondo una logica di governo straniero, ma mette in difficoltà anche il presidente Mattarella che più volte è intervenuto contro la disinformazione additando quella parte ritenuta coinvolta nelle ingerenze straniere e che, in alcuni casi ha avuto anche ragione per come si sono evolute le notizie.
Chi oggi esulta per aver detto la verità, non ricorda di averlo fatto qualche anno fa, sempre il CEO di Meta e sempre sotto Elezioni USA, ed oltre al successo personale, dovrebbe incanalare la discussione su un livello meno populista e più professionale come l’aula di un parlamento e magari qualche politico dovrebbe convocare una Commissione, ma il sospetto che sia tutto un unico sistema a godere dei lati positivi, pochi, e oscuri, tanti, dei social non è del tutto infondato.
Un cortocircuito che mette il lettore, il professionista e la casalinga verso una scelta:
continuare a credere nelle certificazioni delle notizie oppure sforzarsi nel verificare le notizie autonomamente?