Editoriali
FacciamoRete, Alex Orlowski risponde: non siamo come Anonymous e non abbiamo capi
Chi segue questo portale ha certamente letto l’articolo sull’hashtag FacciamoRete. L’articolo nasceva da una ricerca di dati su Twitter, come è accaduto per tanti altri scritti in precedenza, con l’intenzione di analizzarli insieme ad uno dei maggiori protagonisti ed ideatori di un movimento che, ricordiamolo, ha un certo peso nell’influenza dell’elettorato di sinistra.Avevamo provato a raggiungere Marco Skino, ma aveva risposto picche “non sapendo come rispondere alle ‘domande’ da noi poste”. Vi avevamo promesso anche di cercare chi potesse esaudire la nostra curiosità e l‘abbiamo trovato: Alex Orlowski, esperto di analisi della propaganda e marketing internet, che si è detto disponibile nel rispondere alle domande poste nell’articolo precedente, ma lasciate senza risposta.
Quindi iniziamo dal dire cosa è facciamorete e visto che mi hai concesso l’intervista, a differenza di Skino, approfitto per chiederti se sei tu il capo.
Skino ha avuto i suoi buoni motivi nel non rispondere perché siamo un movimento di attivisti che condividono un hashtag pro europeista e antirazzista. Ed il nostro movimento, essendo spontaneo,ha una linea di azione orizzontale perché non ci sono capi. Nasce tutto da una condivisione di valori ed io non sono il capo così come non lo è Skino ed è per questo che ti suggerisco di rivolgere le stesse domande alla base che ogni giorno utilizza l’hashtag facciamorete su Twitter
Mi ricorda il metodo organizzativo di Anonymous. Tutti partecipano, nessuno comanda.
No, non credo regga il paragone con gli hacktivisti per due motivi: noi ci mettiamo la faccia e non commettiamo azioni illegali per portare avanti le nostre idee. Detto ciò credo che sia necessario anche far comprendere che non esistono metodi o stratagemmi informatici, che altri invece utilizzano sotto forma di “bestia social”. E’ chiaro che ognuno si esprime per quello che meglio sa fare ed è naturale che spicchino figure più propense nell’emergere in virtù delle attitudini che si sanno esprimere.
Siete una bestia? Una setta? Visto che l’hashtag si espone anche nel nome dei profili Twitter che sposano la causa.
Assolutamente no, i gruppi patriottici, anche quelli più estremisti, inseriscono la bandierina dell’Italia, noi preferiamo associarla a quella Europea ad esempio, così come esistono altri hashtags che vengono utilizzati. Se vogliamo fare un paragone, posso citarti #FBPE utilizzato dagli Europeisti. E comunque noi non abbiamo, a differenza di Salvini, fondi oscuri o una macchina rodata per generare consensi.
Però Salvini risulta tra gli Hashtag ed i profili più citati dai #facciamorete, anche la Meloni, non vi sembra di utilizzare un sistema simile al suo?
Diciamo che non lo utilizziamo per fare una propaganda aggressiva finalizzata al consenso, visto che non abbiamo ambizioni politiche. Nessuno di noi immagina di candidarsi e nessuno sa cosa twitterà stasera. Se vuoi saperlo, con Skino non è che mi senta ogni giorno e se proprio devo confessarti quali sono le nostre attività settarie… ogni tanto ci facciamo una pizzata tutti insieme.
Si ma la sinistra si è divisa, adesso come fate?
Beh, si è divisa, ma non vuol dire che i valori che noi portiamo avanti siano diversi tra loro. Io personalmente reputo ogni politico di sinistra valido quando espone idee in linea con il mio pensiero e credo questo avvenga anche nella coscienza dei “facciamorete” che non badano alla figura, ma al pensiero espresso. Di certo non posso parlare a nome di una comunità, questa domanda dovresti porla alla base. Di certo non siamo Leghisti, né di Fratelli d’Italia e nemmeno contro l’Unità d’Europa.
Quindi se non siete Anonymous, se non siete bestia e nemmeno setta, cosa è facciamorete?Un movimento di persone riconoscibili, che compongono una rete composta prevalentemente dalla società civile che punta tutto sul dialogo senza diffondere odio.
Editoriali
Chip e smartphone cinesi ci avvisano del declino Occidentale
Tempo di lettura: < 1 minuto. Un declino quasi annunciato facendo un’analisi geopolitica degli ultimi eventi nel settore dei semiconduttori
Dopo mesi di sanzioni alla Russia si scopre che l’approvvigionamento di Mosca dei processori è ritornato al livello di normalità Questo vuol dire che su 140 paesi nel mondo, le sanzioni anglo-euro-nato non sono state efficaci a costringere i russi a “rubare le lavatrici per utilizzare i chip“.
La Russia, sta costruendo in casa sua i processori, ma non hanno molto successo se consideriamo il fatto che molti sono difettosi. Quindi li prende dalla Cina che attraverso Huawei è entrata silenziosamente nel Mercato Europeo con la sua ultima creatura: la Serie Pura 70 non solo è uno smartphone potente, ma allo stesso tempo è l’evoluzione in stile Apple di quella che un tempo era considerata una cinesata.
Oggi questa cinesata è prodotta al 90% in Cina con materiali cinesi e questo dovrebbe far comprendere a noi Europei che se non facciamo i bravi, saremmo costretti ad usare i chip delle friggitrici ad aria e le plastiche delle bici per produrre degli smartphone.
Chiudiamo l’analisi, che difficilmente leggerete altrove per tanti motivi, tra cui la lesa maestà. La chiusura della fabbrica di Intel in Russia coincide con risultati economici disastrosi del gigante tecnologico.
Indovinate chi sta sopperendo a questa perdita con fondi pubblici: l’Europa.
Editoriali
MITRE vittima di zero day Ivanti: anche i migliori le prendono
Tempo di lettura: 2 minuti. Anche le organizzazioni ben preparate come MITRE possono essere vulnerabili a minacce cibernetiche avanzate
Nel contesto della sicurezza informatica, anche le organizzazioni più preparate possono trovarsi vulnerabili di fronte a minacce persistenti e avanzate, come dimostrato dagli attacchi recentemente subiti da MITRE. Questo caso sottolinea l’importanza di adottare un approccio informato sulle minacce per la difesa contro gli attacchi cyber sempre più sofisticati.
Cos’è MITRE?
MITRE è una corporazione senza scopo di lucro americana con sede principale a Bedford, Massachusetts, e una secondaria a McLean, Virginia. Fondata nel 1958, l’organizzazione opera centri federali di ricerca e sviluppo (FFRDCs) per conto del governo degli Stati Uniti. MITRE è dedicata all’interesse pubblico e lavora su una vasta gamma di questioni di sicurezza nazionale, aviazione, sanità, cybersecurity e innovazione del governo.
La missione principale di MITRE è quella di risolvere problemi complessi per un mondo più sicuro, fornendo ricerca, sviluppo e consulenza strategica ai vari enti governativi per aiutarli a prendere decisioni informate e implementare soluzioni tecnologiche avanzate. Uno degli aspetti notevoli del lavoro di MITRE è il suo impegno nella sicurezza informatica, attraverso lo sviluppo di framework e strumenti come il Common Vulnerabilities and Exposures (CVE) e l’ATT&CK framework, che sono largamente utilizzati a livello internazionale per la gestione delle minacce e la protezione delle infrastrutture critiche. Per ulteriori informazioni, puoi visitare il sito ufficiale.
Dettagli dell’attacco subito da MITRE
MITRE, un’organizzazione che si impegna a mantenere elevati standard di sicurezza cibernetica, ha recentemente rivelato di essere stata vittima di un attacco informatico significativo. Nonostante la solidità delle sue difese, MITRE ha scoperto vulnerabilità critiche che sono state sfruttate dagli attaccanti, segnalando un tema di sicurezza concentrato sulla compromissione di dispositivi di protezione perimetrale.
L’incidente e le sue conseguenze
L’attacco ha avuto inizio con un’intensa attività di ricognizione da parte degli attaccanti nei primi mesi del 2024, culminata nell’uso di due vulnerabilità zero-day nel VPN di Ivanti Connect Secure, bypassando l’autenticazione multifattore tramite session hijacking. Questo ha permesso agli attaccanti di muoversi lateralmente e infiltrarsi profondamente nell’infrastruttura VMware di MITRE, utilizzando account amministrativi compromessi e un mix di backdoor sofisticate e web shell per mantenere la persistenza e raccogliere credenziali.
Risposta di MITRE all’incidente
La risposta all’incidente ha incluso l’isolamento dei sistemi colpiti, la revisione completa della rete per impedire ulteriori diffusione dell’attacco, e l’introduzione di nuove suite di sensori per monitorare e analizzare i sistemi compromessi. Inoltre, l’organizzazione ha avviato una serie di analisi forensi per determinare l’entità del compromesso e le tecniche utilizzate dagli avversari.
Lezioni apprese e miglioramenti futuri
Questo incidente ha rafforzato per MITRE l’importanza di comprendere i comportamenti degli hacker come mezzo per sconfiggerli, spingendo l’organizzazione a creare tassonomie comportamentali che catalogano le TTP (tattiche, tecniche e procedure) degli avversari, che hanno portato alla creazione di MITRE ATT&CK®. Questo evento ha anche stimolato l’adozione del concetto di difesa informata dalle minacce, culminando nella creazione del Center for Threat-Informed Defense. L’incidente di sicurezza subito serve da monito per tutte le organizzazioni sulla necessità di mantenere sistemi di difesa aggiornati e proattivi, utilizzando le risorse come il MITRE ATT&CK, costantemente monitorato anche da CISA i cui bollettini sono riportati puntualmente da Matrice Digitale, per rimanere informati sulle ultime strategie degli avversari e su come contrastarle efficacemente.
Editoriali
Università, Israele e licenziamenti BigTech
Tempo di lettura: < 1 minuto. Una riflessione sull’eventualità di sospendere gli accordi nelle università italiane con progetti di ricerca israeliani
A distanza di un mese, l’Italia scopre il progetto Nimbus, di cui Matrice Digitale ne parla da più di un anno, dove Google fornisce un cloud ad Israele per il riconoscimento facciale di tutta la striscia di Gaza.
Essendo #Google una multinazionale, come tante altre #bigtech, si vanta di avere dipendenti maschi, femmine, gender fluid, cristiani, buddisti e pure musulmani.
Poi però licenzia i musulmani ed i bianchi pacifisti perchè partecipano a manifestazioni contro i progetti militari dell’azienda.
Vi sorprenderò: è giusto che lo faccia perchè sono interessi privati e se uno vuole vendere armi, anche quelle non convenzionali, può farlo.
Qui però entriamo nel merito delle Università che protestano per non sviluppare progetti di ricerca militari con l’una e l’altra nazione: questo dovrebbe sollecitare i rettorati ad aprire una riflessione sui progetti militari e l’art. 11 della ns Costituzione che tanto ripudia la guerra.
Quindi se sospendiamo i progetti militari dalle università, si risolve il problema?
NO, e sapete perchè?
E la cosa vera l’ha detta Bersani in questi giorni ad Otto e Mezzo: esistono tanti progetti accademici di secondo livello che propongono buoni propositi, ma in realtà chi li gestisce ha già presente il fine e l’impiego militare.
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