Editoriali
Dazn perde la sfida contro il “Pezzotto”, vittoria dell’Antistato nell’IT
Il calcio è la passione di tutti nel Bel Paese. Una passione talmente grande che abbiamo sempre immaginato come sarebbe stata la vita senza i social, tralasciando quelle piattaforme che ci forniscono dosi non quotidiane, ma cadenzate da calendari sportivi.
E quel momento è arrivato e la psicosi collettiva è sfociata in rabbia verso il gestore dei servizi internazionale DAZN che non riesce a garantire continuità di servizio e come denunciato dal sottoscritto qualche settimana fa sui social quando ho ricevuto l’offerta commerciale di Dazn via mail che alla fine del messaggio promozionale avvisava dei buchi territoriali nella copertura del servizio.
Già il fatto che in Italia abbiamo sempre preso le distanze dai conflitti di interesse mediatici di Silvio Berlusconi, legittimi anche solo dal punto di vista di opportunità politica, ci troviamo con il calcio nazionale, quello dei campioni d’Europa per intenderci, affidato a un gestore innovativo perchè trasmette su dati e non su etere o satellite. Peccato che l’innovazione tecnologica è diventata involuzione tecnologica. Dal finto Hd di qualità di Sky, siamo passati alle risoluzioni dei video su Youtube e in casi fortunati a quelli degli standard passati. Guai a parlare di 4k, perchè qui la conditio sine qua non è più l’alta definizione.
Questa del calcio, come da sempre per altri ambiti, è la parabola dell’Italia. Tifosi ostaggio di una compagnia che offre in cambio rimborsi, ma non comprende che un goal non vissuto in diretta non può essere rimborsato nemmeno da un replay ed è qui che il peccato di Dazn diventa mortale e a discapito di un settore che macina miliardi di euro ed è già colpito dalla crisi del Covid come tutti.
Ancora più una parabola italiana è quella che i cittadini onesti pagano un canone di 20 euro al mese per godere dei disservizi di DAZN mentre c’è un tessuto di persone sommerso che invece paga 8 euro al mese per vedere DAZN e tutto il resto. L’antistato, in un momento di crisi come questo dove anche 12 euro risparmiati al mese fanno gola, riesce a proliferare e a fare seguaci.
Legittimato non solo da una offerta commerciale di ottimo spessore, illegittima, ma anche da una qualità di servizio (QoS) nettamente migliore e questa rappresenta l’alibi migliore per chi compra dalla criminalità e la migliore pubblicità per chi vende servizi lesivi del copyright altrui.
Lo stato Italiano dovrebbe chiedere i danni a DAZN, ma invece ci fa affari e la foto scelta per questo editoriale è un meme opportuno:
NZVD = NZVAD = SPORCO = SUDICIO
Adesso vai a capire chi… se Dazn o chi gli ha permesso tutto ciò.
Editoriali
Ferragni pagliaccio: l’indignazione della rete alla prima dell’Espresso
Tempo di lettura: 2 minuti. La copertina de L’Espresso su Chiara Ferragni vestita da pagliaccio ha scatenato diverse reazioni, ma chi ha letto l’inchiesta?
Chiara Ferragni compare truccata da pagliaccio in prima pagina de L’Espresso che ne descrive la scarsa trasparenza nella gestione societaria e si fa riferimento a scatole cinesi, manager indagati e dipendenti pagati poco.
Tutto legale fino ad oggi, sia chiaro, ma se questo è il modello di Business da studiare ad Harvard, si può ampiamente pensare che negli USA siano arrivati tardi. Ritornando con i piedi per terra e conscendo molte realtà statunitensi, sarebbe da stupidi mettere Chiara Ferragni al primo posto di come si gestisce un’azienda: non è la prima e nemmeno l’ultima.
Matrice Digitale è la testata che ha denunciato per prima l’affaire di Sanremo, che ha giudicato la Ferragni per quello che si è mostrata da Fazio: un’utile manichino senz’anima al servizio delle case di moda.
Non solo lo scandalo nella gestione della beneficenza, ma la delusione nelle risposte in una trasmissione accondiscendente come quella di Fazio stanno facendo cadere definitivamente l’alone di divinità di colei che ha saputo nascondersi dietro di post su delle pagine social creandosi un’icona immacolata.
Le reazioni alla copertina dell’Espresso
La copertina de L’Espresso è l’ultimo attacco a quel pezzo di credibilità rimasto alla Ferragni: la donna imprenditrice che vince perchè ha racimolato soldi. In pochi hanno letto le notizie diffuse sui media un pò di anni fa che vedevano il brand Ferragni essere messo in vendita sul mercato anche per una esposizione finanziaria dovuta da una situazione debitoria sulla carta di piccolo conto. Se però le cose stanno come dice L’Espresso, la realtà sullo stato di salute delle sue società potrebbe essere diversa.
Riflessioni alle reazioni
Molti hanno reagito alla copertina della Ferragni con stupore ed indignazione, ma fa riflettere in realtà il fatto che nessuno abbia letto l’articolo e soprattutto tutti, dinanzi ad una persona che si presenta in un modo e dimostra di essere diverso da come viene descritto, lo apostroferebbero come un pagliaccio.
E fa male essere presi per i fondelli da un pagliaccio … questo nessuno ha il coraggio di ammetterlo.
Editoriali
Solo ora si accorgono del problema televoto e giornalismo musicale
Leggo molte critiche al “cartello di giornalisti” che ha boicottato la vittoria di Geolier a Sanremo. Sono davvero convinto che sia andata così, ma sono certo della tanta “colleganza” che oggi predica bene, ma ha sempre razzolato male per quel che concerne il discorso di “cartello”.
E non riguarda solo la musica, ma anche il calcio, la politica … quindi di cosa parliamo?
Qualche settimana fa fui molto chiaro: chi tratta moda, spettacolo, musica e gossip non si può considerare giornalista.
Chi lo fa dal punto di vista della critica diversamente lo è e vi assicuro che assistiamo a tanti giornalisti sportivi, che hanno visto milioni di partite, e non capiscono di calcio. Vediamo chi dei nostri farà un esposto all’Ordine per quel collega che ha commentato di non far votare la Campania.
Altra cosa: il 90% dei giornalisti che la criticano, non avrebbe avuto il coraggio di fare quell’indegna domanda, ma fondata, a Geolier sul risultato ottenuto “più per i suoi ospiti che per la sua performance”.
Così come hanno fatto più danni dei ladri di polli sanremesi quelli che hanno applaudito Presidenti del Consiglio e Ministri della Sanità nefasti.
Editoriali
Geolier a Sanremo rutta in napoletano. Perchè è un problema per i nativi digitali
Parliamoci chiaramente, questo qui, Geolier, è diventato famoso per una canzone che descrive il livello di tamarraggine napoletana che si manifesta “rint a n’audi nera opaca” dove magari ci si sballa pure.
Nello stesso brano cita tutte marche di lusso … che rappresentano quello stile di vita a cui ambiscono le baby gang che ieri hanno occupato la prima del tg5 nonostante a Napoli siamo in un periodo d’oro rispetto al resto del paese.
Amadeus quest’anno farà come la De Filippi, punta sul lato più becero della napoletanità fatto di lusso a debito che poi si sposa con il mondo degli influencer e della moda. Conferma anche di sapersi nascondere bene dietro l’equazione “è seguito, quindi può anche essere pericoloso e di scarsa qualità, ma è forte“
Che poi è il modello che i genitori evitano di caldeggiare per i propri figli, ma puntualmente vengono smentiti da social e tv. E la risposta è “il ragazzo fa numeri”.
Tra l’altro, il monologo in napoletano dell’anno scorso al festival ha anticipato la sua presenza ed era davvero pessimo, tanto da farmi prendere le distanze da un mio compaesano.
Questa non è Napoli e soprattutto non è l’evoluzione della napoletanità da tramandare alle nuove generazioni.
Perchè qui non si discute Geolier l’artista, che merita di fare il suo percorso e di vincere Sanremo, ma di Geolier che parla a nome dei napoletani. Ognuno si sceglie gli ambasciatori che merita, di certo non è una casa di moda o un affarista come Amadeus che decidono chi debba rappresentare un’intera città.
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