Editoriali
30.000 account chiusi da Facebook perché ritenuti artefici di fake news

30.000 account chiusi da Facebook perché ritenuti colpevoli della diffusione di notizie false o amplificate. Questo è quanto riferito dalla società statunitense ed è stato venduto sulla piazza mediatica come un’operazione di successo.
E’ incredibile quindi apprendere che il Social Media più influente del mondo abbia avuto cinismo e imparzialità nello giudicare quali contenuti fossero reali e quali no.
Zuck & Co. fanno particolare riferimento ovviamente alle elezioni Americane dove la Clinton era data per vincitrice dappertutto nelle piazze virtuali ospitate nella sua matrix sociale.
Quindi Facebook avrebbe dovuto rimuovere l’80 per cento dei profili ufficiali dei giornalisti mondiali che annunciavano notizie false di una vittoria schiacciante della Clinton?
Così non è stato, perché è chiaro ed evidente che l’interesse non è quello di tutelarci dalle cattive notizie, ma semplicemente quello di pilotarci con le informazioni gradite senza che ci siano voci fuori dal coro.
Ed ecco allora che ritorna alla mente un detto antico quanto attuale “chi controlla il controllore?”
Editoriali
Evacuati o arresi? La missione di riabilitare Azov e la simbologia nazista è riuscita in Italia

Un esercito che esce dal luogo asserragliato e finisce nelle mani del nemico, solitamente è considerato “arreso”. Non è accaduto nell’ultima novella occidentale che ha evidenziato la fine dell’operazione del battaglione più discusso quanto amato dai militari ad oggi in quota NATO.
L’operazione finita dovrebbe aver portato a un risultato che ovviamente ci è nascosto se militare, ma quello che emerge invece è che si è riabilitato quello che rappresenta il modello di esercito del futuro.
Secondo alcuni, dalle prime foto circolate sui corridoi umanitari non sono passati inosservati uomini con il berretto e la testa bassa, che non sembrano appartenere ai combattenti ucraini. Altro aspetto da non sottovalutare è l’ultima narrazione a cui abbiamo assistito in occasione della conferenza stampa di “Cyborg”, capo dell’intelligence del battaglione ucraino.
Un “cyborg” dentro Azovstal: la propaganda occidentale elogia Terminator Azov
Salvare Azov per Zelensky non è una buona notizia. Con l’estinzione di Azov sul campo di battaglia, si sarebbe accantonata una pagina colma di tensioni, lasciando una traccia patriottica e pulita degli 8 anni appena trascorsi dalla rivoluzione arancione dove il battaglione ha contribuito a fomentare un conflitto che ha portato 14.000 vittime.
Purtroppo per Zelensky non è stato così. Dopo aver silurato il ministro in quota Azov successivamente al primo a semestre al governo, si è ritrovato due anni più tardi un fronte suprematista e ultranazionalista ucraino che lo ha etichettato di essere addirittura un “filo Putin“.
Che Azov utilizzasse una simbologia nazista è cosa nota, che anche l’esercito ucraino la utilizzasse in altri commandi è cosa altrettanto risaputa. Quello che non torna invece è perchè c’è stato un cambio di narrazione da parte dell’occidente dichiaratosi sempre antifascista e soprattutto contro tutte le memorie distorte e strumentali sulla shoah.
Le ipotesi possono essere sintetizzate in queste brevi riflessioni:
- Azov è stato armato ed addestrato dall’esercito Nato con maggiore attenzione dagli inglesi
- Il finanziatore di Azov, diverso dal fondatore, è un cittadino ucraino con passaporto israeliano, così come lo stesso Zelensky è l’unico presidente al mondo al di fuori di Israele ad avere origini simili. Anche il capo dell’intelligence di Azov ha le stesse origini di Zelensky.
- Il consigliere economico di Zelensky ha smentito alla tv italiana la tesi del battaglione autodidatta, espressa nella conferenza stampa dal capo dell’intelligence Azov, esprimendo un gradimento per la loro preparazione, per il loro addestramento NATO e per il modello da seguire espresso da questi soldati come riferimento dell’esercito del futuro.
L’apologia del nazismo
Il nazismo è un culto che ha una identità ben precisa e più volte si è invitata l’opinione pubblica a riflettere sul tema. “Azov sono suprematisti o ultranazionalisti” e ci starebbe anche se non fosse per l’utilizzo della simbologia in alcuni loro schemi.
A rimarcare la tesi dell’utilizzo di una simbologia cara al terzo Reich, c’è stata una donna ucraina intervistata come esperta nella tv italiana che ha dichiarato “la svastica ha anche un significato buono“. Vero, ma solo se presente nei luoghi di culto e non sulle divise militari.
L’altra faccia più oscura di questa riabilitazione storica è sicuramente rappresentata dalla stampa che, dapprima ha nascosto la storia di Azov, una volta emersa ha provato a sminuirla e poi è passata al contrattacco descrivendo il battaglione come avanzato, solo ultranazionalista, e modello eroico di resistenza.
Come può un battaglione militare essere paragonato alla resistenza che in Italia è stata condotta dai partigiani da una stampa sempre molto attenta nell’evitare una strumentalizzazione su tutto ciò che si riconduce al nazi-fascismo?
Oltre all’intervista analizzata, c’è chi come Gramellini, autore di offese personali a Orsini sul Corriere, ha definito il capo del battaglione Azov come “giusto”, citando un detto ebraico addirittura, perchè si era proposto di consegnarsi al nemico per facilitare i corridoi umanitari dei bambini intrappolati nell’acciaieria. Il tempo ha scoperto un’altra faccia del comandante eroico e lo hanno fatto trasmissioni televisive come Otto e Mezzo e Piazza Pulita che hanno dato spazio a versioni di “ostaggi” del battaglione utilizzati come scudi umani.
La Stampa di Massimo Giannini ha invece cancellato un vecchio articolo dove si raccontavano le malefatte del battaglione Azov ai tempi delle inchieste internazionali sulle loro affiliazioni naziste.
Il Foglio nei giorni precedenti ha dedicato approfondimenti sul nazismo in Ucraina, facendo un lavoro di revisionismo sulle fonti circolate in rete ed in tv grazie alle opinioni espresse dai “filoputin” bullizzati quotidianamente dai giornalisti Capone e Rodriguez con tweets al vetriolo. Dopo la strage di Buffalo è però emerso che il suprematista bianco americano, autore dell’assassinio di 10 persone innocenti, oltre alla nota strage italiana, si è ispirato proprio al battaglione Azov ed alla sua ideologia. Solo FanPage ha riportato questo dettaglio.
Perchè ci piace così tanto il nazismo?
Perchè i nazisti hanno vivono l’ideologia del senso di stato in modo forte e per questo sono disposte ad uccidere. Molto probabilmente sono un modello perfetto di servitori degli eserciti pubblici o privati che nel conflitto ucraino hanno avuto anch’essi una narrazione diversa: per Zelensky erano volontari, per Putin invece mercenari.
Il nazismo ucraino, leggasi nazionalismo, è stato necessario a portare avanti una guerra iniziata nel 2014, con il fine di creare tensioni in quelle zone stabilite dai patti di Minsk mai rispettati e che a distanza di otto anni Macron e Scholz hanno provato a riabilitare per impedire a Putin di non invadere l’Ucraina.
Se la Nato oggi riabilita le azioni di Azov è perchè il battaglione speciale dell’Esercito Ucraino è un modello per il sorgere dell’esercito europeo ipotetico e concreto invece per quello NATO. Dopo aver scoperto i “dittatori utili“, possiamo sostenere che i “nazisti utili” sono stati sdoganati e bisogna fare attenzione che non riprendano potere come accaduto in passato.
La storia si ripete ciclicamente, meglio iniziare a prendere le distanze oggi ed è strano che chi ha costruito carriere sul fascismo ed il nazismo strisciante, ad oggi resta in silenzio o ne è complice.
Editoriali
Killnet e Legion: la nostra intervista ha scoperchiato la cyberpropaganda occidentale

“Giancà e notizie so rotture e cazz” questa è la famosa frase che fu rivolta a Giancarlo Siani da un ignavo superiore all’interno di un giornale prestigioso per il quale lavorava. Chi vive nella terra napoletana sa che fare il giornalista non è solo riportare le veline delle fonti istituzionali, ma ascoltare tutte le fonti per coprire una notizia quanto più possibile con il fine di fornire al lettore una valutazione.
L’intervista a KillNet e Legion ha scoperto un contesto composto da “istituzionalismo” nel mondo della cybersecurity dove le fonti sono i comunicati di agenzia.
D’altronde, non ci siamo mai tirati indietro nell’intervistare LulZSec, Anonymous, perchè anche loro sono stati autori di attacchi informatici al nostro paese. Oggi Anonymous è il battaglione prediletto della stampa occidentale seppur fino a ieri era considerato come un manipolo di criminali, inesperti dal punto di vista informatico e autori di attacchi “fuffa”.
INTERVISTA ESCLUSIVA – ANONYMOUS E LULZSEC RACCONTANO L’ATTACCO HACKER ALLE MAIL DI 30000 AVVOCATI
Non sorprende, visto il tenore eolico delle linee editoriali di molte testate del nostro paese, che la fuffa di ieri sia diventata oggi la più grande arma informatica dell’occidente, ma per noi, tranquilli, è sempre fuffa.
Anonymous copre la fuffa occidentale nella Guerra Cibernetica
Anonymous e gli hacker pro Ucraina continuano con la fuffa cibernetica
Perchè la guerra cibernetica è fuffa, propaganda e nemmeno ibrida. Almeno per il momento
Anche quella di effettuare attacchi DDoS è fuffa in un ambito generale di operazioni militari dove i russi hanno implementato 6 wiper, malware altamente distruttivi, e bloccato addirittura le comunicazioni satellitari nel giorno dell’invasione.
Peccato per voi, cari lettori, che la maggior parte della narrazione odierna sostiene che le operazioni di Anonymous stiano portando l’Ucraina e l’occidente verso la vittoria della guerra cibernetica.
Le notizie si danno e chi non lo fa è perché vuole gestirle.
Ci hanno accusato di dare spazio alla propaganda russa
FALSO
Abbiamo intervistato gli autori di un attacco informatico, da noi in precedenza definiti “ragazzi“, che ha destabilizzato il nostro paese da tempo preoccupato di subire attacchi cibernetici ed abbiamo ricavato diverse notizie su cui la stessa stampa italiana ha aperto dibattiti in precedenza.
Esclusiva: Media Italiani sotto attacco dei “ragazzi” di Legion e KillNet
Primo: KillNet e Legion sono la stessa persona che ha strutturato in Legion un battaglione ad hoc per la guerra cibernetica motivata contro la Nato.
Secondo: se il titolare del gruppo non è solo un mitomane, KillNet ha una botnet di 500.000 computer e sta per colpire gli USA
Terzo: il passaggio su Anonymous è chiaro ed è quello che abbiamo pensato in molti vista la natura del collettivo. Dietro l’Anonymous “ucraino” non c’è solo il gruppo Antifa e antimperialista, nemmeno quello impegnato nella lotta alla pedofilia, zoofilia o a sensibilizzare sulle guerre palestinesi, yemenite o del Myammar.
Quarto: c’è la conferma alle indiscrezioni dell’intelligence USA sulla natura del gruppo, il quale ha dichiarato alla nostra redazione di essere stato fondato da poco e di essere scollegato alle attività di intelligence e che noi siamo stati gli unici a riportare.
Sito Ministero della Difesa italiano sotto attacco di Killnet. Non è stato Legion
Quinto: L’Italia non è un obiettivo sensibile, ma una esercitazione, che è servita a mettere in evidenza in quale condizione il nostro Paese sia dal punto di vista informatico al netto dei proclami di esperti e pubblici dipendenti a cui viene dato spesso risalto a differenza delle notizie.
Approfittiamo di questa occasione anche per contestare la risposta alla domanda formulata a Legion “perchè appoggiate la propaganda russa“.
Secondo il gruppo non esiste la propaganda russa, secondo noi invece esiste così come esiste la propaganda Occidentale ed il mondo della cybersecurity ne è oramai compromesso.
Le notizie sono davvero delle “rotture di cazzo” per i giornalisti, alcuni si sono anche complimentati con noi e li ringraziamo, ma la frase pronunciata al giornalista napoletano morto, a cui non ci paragoniamo sia chiaro, vale più per i propagandisti che quotidianamente si propongono al “sistema” come i gestori delle informazioni.
Anche su quest’ultimo passaggio abbiamo analizzato la comunicazione di guerra dei primi tre mesi e a confermarle è arrivato in questi giorni un servizio delle Iene che ha fornito dei dati:
La propaganda occidentale ha perso: ecco le armi “spuntate” messe in campo dai media
La propaganda occidentale ha fallito ed ora ha paura: il COPASIR monitora le tv italiane
Editoriali
Se vi dicessi che nei riguardi di Orsini è in essere uno stupro di gruppo?

Alessandro Orsini continua ad essere presente nelle tv incassando pareri feroci di una critica composta da detrattori per lo più elitari. Quello che non torna sul professore è perché e come mai si trovi in tv nonostante le pressioni, diverse, di relegarlo in un angolo.
Sembrerebbe non bastare la classica motivazione messa in ballo da Floris, l’audience, e nemmeno il fatto che Orsini possibilmente sia raccomandato dai Servizi e dal Papa, aggiungiamo noi. Orsini è ospite perché da l’impressione di aver portato avanti tesi solide seppur contrastanti rispetto alla massa di opinionisti che da mesi esprimono la stessa opinione su Putin, la guerra e la NATO.
Non è un caso che Lucio Caracciolo condivide con il professore della Luiss un percorso simile di tesi e analisi “alternative” ed in comune hanno condiviso insieme feroci accuse dagli esponenti del giornalismo italiano a stelle e strisce.
Chi però ha teso più di un assalto ad Orsini è stata Nathalie Tocci, direttore dell’Istituto Affari Internazionali e membro del consiglio di amministrazione dell’ENI, pagato 180 mila lordi l’anno grazie alla segnalazione del PD nella lista del Ministero dell’Economia.
La Tocci è la prima che ha lanciato l’accusa al professore di non aver esperienza in campo ucraino, ma dando un’occhiata al suo curriculum, imponente giusto precisarlo, mancano riferimenti all’Ucraina e lei presenzia le trasmissioni televisive dispensando opinioni sul conflitto.
Il personaggio più in difficoltà in questo momento è Massimo Giannini. Il suo giornalista Gianni Riotta ha attaccato Lucio Caracciolo per essere un filoputin, difeso addirittura da Enrico Letta, e lui è andato in tv a sostenere di essere libero dopo aver fatto scrivere al napoletano un editoriale. Sempre Giannini, invece, ha portato avanti gli attacchi a Orsini caldeggiando la strategia della Tocci e montando anch’egli il caso sul fatto che non abbia titoli con i suoi giornalisti di assalto, andati in giro a chiedere del passato del professore della Luiss.
Dopo giorni, mesi, di aggressioni, Orsini ha scritto una lettera a Giannini chiedendo in poche parole:
Se io non ho i titoli, tu a che titolo parli?
In effetti, il direttore della Stampa va spesso in tv a parlare di Ucraina e di conflitto e questo lascia intendere che anche lui abbia i titoli per parlare di Ucraina e invece non ne ha. Sempre il quotidiano La Stampa ha ospitato alcuni pareri di professori universitari che hanno dato addosso a Orsini per la sua “scarsa” storia curriculare.
Una voce, questa, che ha preso piede nell’universo reale e quello social ed è stata utilizzata per colpire personalmente l’autorevolezza del professore universitario con post sui social ancora più violenti.
“Non sta bene”
“E’ un mitomane”
“Non vale niente”
Questa è la sintesi dei suoi detrattori che non sono utenti qualunque, ma giornalisti, conduttori e accademici trasformati improvvisamente in haters. Orsini è diventato quello che in gergo possiamo definire “il soggetto” da bullizzare, quello da circoscrivere per escluderlo non dalla classe, bensì dall’istituto.
Cosa ancora più grave è che l’attività de La Stampa ha volutamente tralasciato un caso risalente al 2010 circa, quando Orsini ha denunciato anomalie nel sistema universitario italiano delle cattedre di sociologia e questo accende un riflettore sul perché ci siano molti docenti, anche qualificati, a disprezzare Orsini.
Questa forma di “odio” deriva dal fatto che Orsini sia un “infame” perché ha diffamato i suoi colleghi oppure perché il sistema che ha denunciato è esso stesso infame?
A detta di Orsini, che cita la magistratura, sembrerebbe che il docente della Luiss abbia avuto ragione perché dalle sue denunce sono seguite delle azioni di invalidamento di alcuni concorsi universitari.
Nonostante queste ultime indiscrezioni, di cui oramai tutti sanno, continuano le polemiche sterili verso Orsini, che ha ribadito il suo concetto storico su “Hitler e sulla sua non volontà di scatenare una guerra mondiale“, che da sempre ha una narrazione storica più solida rispetto alle presunte origini ebraiche dello stesso dittatore tedesco proposta da Lavrov.
Il fatto che una persona si esponga in pubblico con delle tesi motivate da un approccio scientifico, non vuol dire autorizzare gli altri a delegittimarlo su un piano diverso da quello contenutistico e non personalistico, soprattutto quando si tratta di professionisti.
Adesso veniamo all’analogia dello stupro di gruppo proposta nell’articolo: Orsini viene diffamato ripetutamente per le sue idee, espresse da altri trattati con meno livore, viene tacciato di essere un cattivo professore universitario da professori che egli stesso ha denunciato per “anomalie“, avendo addirittura ragione per conto della magistratura, e chi fino a ieri non sapeva di questa storia, o faceva finta di non conoscere, adesso che è nota dovrebbe arretrare.
Come per ogni stupro di gruppo che si rispetti, la gente si gira dall’altra parte. Anzi, molte volte la colpa è della stessa vittima perché “ha provocato” o “è stata al gioco“.
Orsini ha provocato per le idee simili a quelle di Caracciolo o di Macron oppure perchè è stato al gioco dei media ed ha espresso pareri sull’antinazionalismo di Draghi e su eventuali strategie sbagliate della NATO?
Analogie retrograde che forniscono un’idea della dimensione del livello di democrazia in Italia e fortuna che Orsini ha vinto un concorso, altrimenti sarebbe stato disintegrato dalla scena politica e sociale del nostro paese democratico, ad oggi in guerra.
Fonti:
Lettera di Orsini sui brogli universitari
Biografia non autorizzata di Marianna Aprile per Oggi
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