Editoriali
Baldoni: dimissioni da ACN. Spiazzato lo storytelling della propaganda cyber
Tempo di lettura: 3 minuti. Dimissionario o dimissionato? Si attende il riscontro del Governo a cui Baldoni ha dato una forte connotazione atlantista e che potrebbe far perdonare le brutte figure dei DDoS alle Istituzioni e del Procurato allarme al Paese
Roberto Baldoni ha consegnato le dimissioni nelle mani del Governo Italiano. Una notizia che è stata annunciata dalle agenzie con un tono funereo dove è stato riferito che “l’ex capo del DIS, docente della Sapienza e primo inventore del comitato di Cyber intelligence italiano lascia il posto più ambito da tutti gli informatici del paese”.
Dimissioni o dimissionato?
Le dimissioni sono solitamente uno strumento a doppia valenza. Il primo valore che gli si può dare è quello che Baldoni sia stato costretto a rinunciare all’incarico, in secondo luogo è lui stesso che ha presentato le dimissioni per una oggettiva incapacità di operare a causa del contesto dove si trova non consono ad affrontare un incarico pubblico. Proprio per quest’ultimo motivo, le dimissioni non rappresentano un atto di rinuncia, bensì un atto di sfida nei confronti della Pubblica Amministrazione che non riesce a garantire gli strumenti di cui un top manager ha bisogno per poter svolgere il suo compito.
Il migliore affondato dalle ombre cibernetiche
La rinuncia di Baldoni, il migliore, ricade dopo i numerosi attacchi hacker che il gruppo russo NoName057 ha sferrato all’Italia, colpendo ancora una volta il sito dei Carabinieri, del Ministero degli esteri, del Ministero del Lavoro e del Consiglio Superiore della Magistratura. Successivamente anche al procurato allarme della fake news sull’attacco hacker ai server VmWare dato a reti unificate. Nonostante questi fail ci sono altre operazioni che invece vanno in linea con l’attività atlantista del governo e che hanno dato in subappalto costante le attività informatiche del paese alle big tech statunitensi, non ultimo la presentazione del Piano Strategico Nazionale con un PDF monitorato firmato da una dipendente di Accenture.
Tutte le carte in regola
Eppure Baldoni aveva tutte le carte in regola per svolgere questo compito secondo quelle che sono le caratteristiche curriculari richieste in questo paese. Proprio in merito a questo, va notato che, proprio per il fatto di non rimanere senza un incarico pubblico, essendo un professore universitario, Baldoni ha avuto la forza di dimettersi partecipando ad un gioco di forza con il Governo Meloni subentrato a quello Draghi che l’aveva nominato a capo dell’agenzia partorita dalle volontà di Conte e Manfredi. Nonostante questo, se le dimissioni dovessero essere di natura irrevocabile, cosa che non ci risulta al momento, Baldoni ha dato un grande esempio alla politica e a tutti coloro che vedono la politica come un punto di arrivo per il proprio tornaconto personale, perché ha saputo rinunciare ad un incarico pubblico nel settore che nei prossimi anni sarà strategico non solo dal punto di vista della sicurezza nazionale, ma anche da quello imprenditoriale.
Giornalisti, giornalai e propagandisti Cyber
Grazia Baldoni abbiamo scoperto quello che già si sapeva: la comunicazione sontuosa ed altisonante non può essere lo strumento efficace per risolvere i problemi del paese. Quello che invece è passato in questi mesi, considerando il tenore degli articoli apparsi sui giornali mai critici e sempre indirizzati da una manina interna all’ACN ad una stampa troppo istituzionale e psicologicamente assoggettata al narrare solo le belle notizie, attaccando in alcuni casi chi ha spesso mostrato perplessità sull’operato del dell’agenzia partecipando attivamente a quella che potremmo definire la prima attività di propaganda Cyber del governo italiano.
Baldoni dalle spalle larghe. Per lui ci sono porte girevoli?
C’è bisogno di riconoscere però che lavoro Baldoni alla fine avuto il coraggio di giocarsi di tutto e di più e nei prossimi giorni si attende il riscontro del Governo e, suggeriamo al pubblico di osservare eventuali incarichi futuri presso società private nei prossimi mesi perché questo potrà essere un problema già riscontrato in altri paesi come Israele dove ex uomini dell’intelligence degli apparati statali hanno garantito delle porte girevoli nel mondo dell’imprenditoria favorita dal loro operato negli incarichi pubblici.
Matrice Digitale #️⃣ vi ha raccontato puntualmente fatti, indiscrezioni e notizie senza filtri che hanno portato il direttore Baldoni alle dimissioni, siamo un portale indipendente oltre alla bolla tech e questa è la garanzia che forniamo ai nostri lettori.
Editoriali
Chip e smartphone cinesi ci avvisano del declino Occidentale
Tempo di lettura: < 1 minuto. Un declino quasi annunciato facendo un’analisi geopolitica degli ultimi eventi nel settore dei semiconduttori
Dopo mesi di sanzioni alla Russia si scopre che l’approvvigionamento di Mosca dei processori è ritornato al livello di normalità Questo vuol dire che su 140 paesi nel mondo, le sanzioni anglo-euro-nato non sono state efficaci a costringere i russi a “rubare le lavatrici per utilizzare i chip“.
La Russia, sta costruendo in casa sua i processori, ma non hanno molto successo se consideriamo il fatto che molti sono difettosi. Quindi li prende dalla Cina che attraverso Huawei è entrata silenziosamente nel Mercato Europeo con la sua ultima creatura: la Serie Pura 70 non solo è uno smartphone potente, ma allo stesso tempo è l’evoluzione in stile Apple di quella che un tempo era considerata una cinesata.
Oggi questa cinesata è prodotta al 90% in Cina con materiali cinesi e questo dovrebbe far comprendere a noi Europei che se non facciamo i bravi, saremmo costretti ad usare i chip delle friggitrici ad aria e le plastiche delle bici per produrre degli smartphone.
Chiudiamo l’analisi, che difficilmente leggerete altrove per tanti motivi, tra cui la lesa maestà. La chiusura della fabbrica di Intel in Russia coincide con risultati economici disastrosi del gigante tecnologico.
Indovinate chi sta sopperendo a questa perdita con fondi pubblici: l’Europa.
Editoriali
MITRE vittima di zero day Ivanti: anche i migliori le prendono
Tempo di lettura: 2 minuti. Anche le organizzazioni ben preparate come MITRE possono essere vulnerabili a minacce cibernetiche avanzate
Nel contesto della sicurezza informatica, anche le organizzazioni più preparate possono trovarsi vulnerabili di fronte a minacce persistenti e avanzate, come dimostrato dagli attacchi recentemente subiti da MITRE. Questo caso sottolinea l’importanza di adottare un approccio informato sulle minacce per la difesa contro gli attacchi cyber sempre più sofisticati.
Cos’è MITRE?
MITRE è una corporazione senza scopo di lucro americana con sede principale a Bedford, Massachusetts, e una secondaria a McLean, Virginia. Fondata nel 1958, l’organizzazione opera centri federali di ricerca e sviluppo (FFRDCs) per conto del governo degli Stati Uniti. MITRE è dedicata all’interesse pubblico e lavora su una vasta gamma di questioni di sicurezza nazionale, aviazione, sanità, cybersecurity e innovazione del governo.
La missione principale di MITRE è quella di risolvere problemi complessi per un mondo più sicuro, fornendo ricerca, sviluppo e consulenza strategica ai vari enti governativi per aiutarli a prendere decisioni informate e implementare soluzioni tecnologiche avanzate. Uno degli aspetti notevoli del lavoro di MITRE è il suo impegno nella sicurezza informatica, attraverso lo sviluppo di framework e strumenti come il Common Vulnerabilities and Exposures (CVE) e l’ATT&CK framework, che sono largamente utilizzati a livello internazionale per la gestione delle minacce e la protezione delle infrastrutture critiche. Per ulteriori informazioni, puoi visitare il sito ufficiale.
Dettagli dell’attacco subito da MITRE
MITRE, un’organizzazione che si impegna a mantenere elevati standard di sicurezza cibernetica, ha recentemente rivelato di essere stata vittima di un attacco informatico significativo. Nonostante la solidità delle sue difese, MITRE ha scoperto vulnerabilità critiche che sono state sfruttate dagli attaccanti, segnalando un tema di sicurezza concentrato sulla compromissione di dispositivi di protezione perimetrale.
L’incidente e le sue conseguenze
L’attacco ha avuto inizio con un’intensa attività di ricognizione da parte degli attaccanti nei primi mesi del 2024, culminata nell’uso di due vulnerabilità zero-day nel VPN di Ivanti Connect Secure, bypassando l’autenticazione multifattore tramite session hijacking. Questo ha permesso agli attaccanti di muoversi lateralmente e infiltrarsi profondamente nell’infrastruttura VMware di MITRE, utilizzando account amministrativi compromessi e un mix di backdoor sofisticate e web shell per mantenere la persistenza e raccogliere credenziali.
Risposta di MITRE all’incidente
La risposta all’incidente ha incluso l’isolamento dei sistemi colpiti, la revisione completa della rete per impedire ulteriori diffusione dell’attacco, e l’introduzione di nuove suite di sensori per monitorare e analizzare i sistemi compromessi. Inoltre, l’organizzazione ha avviato una serie di analisi forensi per determinare l’entità del compromesso e le tecniche utilizzate dagli avversari.
Lezioni apprese e miglioramenti futuri
Questo incidente ha rafforzato per MITRE l’importanza di comprendere i comportamenti degli hacker come mezzo per sconfiggerli, spingendo l’organizzazione a creare tassonomie comportamentali che catalogano le TTP (tattiche, tecniche e procedure) degli avversari, che hanno portato alla creazione di MITRE ATT&CK®. Questo evento ha anche stimolato l’adozione del concetto di difesa informata dalle minacce, culminando nella creazione del Center for Threat-Informed Defense. L’incidente di sicurezza subito serve da monito per tutte le organizzazioni sulla necessità di mantenere sistemi di difesa aggiornati e proattivi, utilizzando le risorse come il MITRE ATT&CK, costantemente monitorato anche da CISA i cui bollettini sono riportati puntualmente da Matrice Digitale, per rimanere informati sulle ultime strategie degli avversari e su come contrastarle efficacemente.
Editoriali
Università, Israele e licenziamenti BigTech
Tempo di lettura: < 1 minuto. Una riflessione sull’eventualità di sospendere gli accordi nelle università italiane con progetti di ricerca israeliani
A distanza di un mese, l’Italia scopre il progetto Nimbus, di cui Matrice Digitale ne parla da più di un anno, dove Google fornisce un cloud ad Israele per il riconoscimento facciale di tutta la striscia di Gaza.
Essendo #Google una multinazionale, come tante altre #bigtech, si vanta di avere dipendenti maschi, femmine, gender fluid, cristiani, buddisti e pure musulmani.
Poi però licenzia i musulmani ed i bianchi pacifisti perchè partecipano a manifestazioni contro i progetti militari dell’azienda.
Vi sorprenderò: è giusto che lo faccia perchè sono interessi privati e se uno vuole vendere armi, anche quelle non convenzionali, può farlo.
Qui però entriamo nel merito delle Università che protestano per non sviluppare progetti di ricerca militari con l’una e l’altra nazione: questo dovrebbe sollecitare i rettorati ad aprire una riflessione sui progetti militari e l’art. 11 della ns Costituzione che tanto ripudia la guerra.
Quindi se sospendiamo i progetti militari dalle università, si risolve il problema?
NO, e sapete perchè?
E la cosa vera l’ha detta Bersani in questi giorni ad Otto e Mezzo: esistono tanti progetti accademici di secondo livello che propongono buoni propositi, ma in realtà chi li gestisce ha già presente il fine e l’impiego militare.
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