Categorie
Editoriali

Don’t look up: analisi e analogie sulla parodia della società moderna firmata Netflix

Tempo di lettura: 7 minuti.

Sbanca su Netflix Dont look Up. Il film, con un cast stellare tra cui figurano Maryl Streep, Kate Blanchet e Leonardo di Caprio, tratta del rapporto tra il mondo moderno e l’informazione nella gestione di una crisi mondiale che porterà all’estinzione, causata da una cometa in discesa, se non si dovesse corre ai ripari nei modi giusti e nei tempi celeri.

Il Cast

Con questo editoriale cerchiamo di individuare le analogie tra l’attualità e le scene descritte nel film, ma vi anticipiamo due cose: la prima è che su internet c’è già lo sciacallaggio di una lettura politica che narra un chiaro riferimento polemico, ironico e sarcastico, riservato esclusivamente all’ala novax ed ai conservatori. La seconda, invece, è che prima di procedere bisogna

FARE ATTENZIONE PERCHE’ SEGUE SPOILER

Gli scienziati

Gli scienziati

Il film si basa sulla figura di due scienziati, un docente universitario e la sua dottoranda, che scoprono una cometa che in 6 mesi distruggerà la Terra. A questo punto contattano l’autorità statale preposta all’ingaggio in situazioni simili, e che aggiunge al duo un terzo protagonista, che li porta direttamente al cospetto del presidente degli Stati Uniti d’America.

Dopo aver illustrato i rischi a chi di dovere, che finge di recepire il problema nella sua gravità, gli scienziati si scontrano con la comunità scientifica sollecitata da pressioni politiche nel minimizzare il fenomeno naturale devastante in arrivo. Per riuscire nel suo intento, tramite la ramificazione nel mondo dei media, il Governo arruola uno dei due nel sistema mediatico televisivo, utilizzando anche la persuasione sessuale, applicando la strategia del dividi et impera che rompe gli equilibri tra i tre, ingaggiando lo scienziato protagonista nell’attività di far passare il messaggio rassicurante del Governo e lasciando conseguentemente campo all’avanzamento della cometa nell’atmosfera terrestre.

Altro aspetto scientifico da non trascurare è la gestione pubblica e privata che pervade nella scienza. Il pubblico ha l’interesse scientifico, ma il sistema influente di lobbying presente in modo tentacolare negli USA, trova una risorsa nella cometa e rimanda l’attenzione dalle questioni critiche e vitali che lo scenario prospetta.

La Politica

Una donna al posto di Trump

Essendo girato negli States con un cast da Oscar, il film racconta l’America in mano ai Conservatori che intendono macinare consensi, minimizzando il rischio della cometa, grazie all’esercizio di forti influenza sul sistema militare, giuridico e mediatico. Il regista dell’operazione di contrasto alla diffusione della verità è il capogabinetto del Presidente che si rivela esserne il figlio.

Un chiaro riferimento al familismo di Trump, che durante il suo mandato ha nominato molti componenti della sua famiglia nello staff di fiducia.

Il presidente degli USA è donna e conservatrice. Una copia di Sarah Palin per intenderci e già questo denota una provocazione all’incapacità dei democrat di mettere la bandierina rosa sulla presidenza nonostante l’ironia del film sia incentrata sul modus agendi dell’amministrazione dell’ala destra. Una frecciatina per il partito di Biden ed un chiaro riferimento alla già tramontata corsa di Kamala Harris nella corsa alla presidenza degli Stati Uniti d’America.

Oppure è un messaggio subliminale che vuole i conservatori essere autori di un disastro concreto con la loro gestione politica?

Inoltre, il presidente decide di sdoganare pubblicamente la corsa nello spazio per salvare il mondo solo dopo che è scoppiato l’ennesimo scandalo politico, di stampo sessuale, che obbliga a trovare un obiettivo comunicativo che distragga l’opinione pubblica da questioni ingloriose e lesive della propria reputazione dinanzi al proprio elettorato chiamato a breve a rieleggerlo.

Media

Media e Social Media fanno la parte che più gli si addice: generano consensi e dibattiti divisivi, rispondendo all’esigenza del Governo di non comunicare il rischio, con la strategia che è nota a tutti: dare spazio alle notizie di gossip, montando una campagna comunicativa rassicurante con l’aiuto dello scienziato “corrotto” dalla sensualità di una dei due conduttori del programma di punta e dalla sua vanità di essere protagonista.

Qui è chiaro il riferimento alle varie Covid Stars che si sono avvicendate sui social e in tv, con modi discutibili anche, nel corso di questa pandemia.  

Anche i social prendono dapprima sottogamba la notizia, colpevoli i cittadini digitali di un mondo oramai senza riferimenti culturali solidi, e mostrano il lato del bullismo e del body shaming nei confronti della scienziata che aveva annunciato in modo disperato la tragedia in dirittura di arrivo.

Le poche notizie scientifiche sul disastro che circolano sono oscurate dagli algoritmi, che già premiano contenuti divisivi e strutturati su argomenti come gossip e spettacolo.

I mezzi di comunicazione, quindi, si prestano nel monitorare eventuali fughe di notizie e garantiscono la censura governativa, che mette in punizione più volte gli scienziati con dei sequestri di persona orditi dallo staff presidenziale, con tanto di accuse giudiziarie annesse.

Il riferimento al Deep State in questo caso è chiaro e non è solo riferito ai casi statunitensi, con un po’ di fantasia si può trovare una analogia con i sistemi di mezzo mondo.

Altro aspetto è quello che dall’altra parte politica si agisce secondo uno schema inclusivo, ma vuoto nella qualità dei suoi testimonial se pensiamo che utilizza persone di successo per veicolare un messaggio su una tematica così critica, oscurata fino al giorno prima con la comunicazione in stile Ferragnez. C’è una scena dove in un concerto le stars invitano a fidarsi della scienza. Ma quale?

Quella dei luminari che rispondono al Governo oppure degli accademici che si trovano ostacolati nell’affrontare al meglio una vicenda così rischiosa?

In occasione della prima missione spaziale, l’America non bada molto alla sostanza, ma alla comunicazione scegliendo un martire “perché c’è sempre bisogno di un eroe”. Tra quelli selezionati c’è l’attore in pensione che ricorda il Bruce Willis del film Armaggedon, totalmente squattrinato e disponibile a rischiare la vita in cambio di qualche multa cancellata.  In questo caso il riferimento allo stile pacchiano americano ed alla strategia di individuare obiettivi impossibili per calmierare la popolazione con il sogno americano,

vedi la missione sulla luna voluta fortemente durante la guerra fredda dal repubblicano Kennedy.

Elon Musk descritto per quello che relamente è

Sì, c’è anche Elon Musk che propone una soluzione per ogni cosa. Ovviamente il riferimento del personaggio è a lui, ma nel film è sostituito dal magnate visionario che propone soluzioni tecnologiche per contrastare la cometa ma, nemmeno sull’evidenza della tragedia, si ferma dinanzi alla possibilità di racimolare metalli rari dalla cometa, mettendo in secondo piano la salvezza dell’intera umanità. Il personaggio di Elon Musk è descritto come un produttore di cellulari un po’ dissociato, ma che macina consensi in campo tecnologico e agisce con uno schema comportamentale disunito da quello che comune.

Nel finale, lo stesso Musk viene identificato come quello che invierà l’umanità nello spazio e non per salvarla. Dopo aver gestito l’operazione di salvataggio in modo strumentale alla sua attività economica, la sua missione si è rivelata un disastro ed ha fallito pur avvalendosi di un forte dispiegamento di mezzi economici e robot futuristici. Sarà lui a salpare insieme a pochi ricchi nello spazio grazie ad un’arca, lasciando gli umani al loro tragico destino.

Il campo militare

Il massimo dell’irriverenza nel film lo si raggiunge quando si descrive un generale militare come un semplice accattone che si fa pagare degli snack gratuiti messi a disposizione della Casa Bianca dagli scienziati. Un chiaro riferimento agli appalti militari che vivono di corruzione? Questa lettura non sembra essere così distante da quanto descritto nella sceneggiatura.

La natura della cometa e dei metalli rari porta ad una corsa spietata alle materie prime, nonostante siano allo stesso tempo responsabili di una imminente catastrofe. Arabi, Cina e Usa corrono non per deviare il flusso della cometa, salvando l’umanità, ma per estrarre quante più risorse dopo averla colonizzata per primi. Il riferimento alla mancanza delle materie estratte dalle terre rare che il mondo sta vivendo in questi giorni non è assolutamente una coincidenza, anzi, è lo specchio di una crisi attuale mai annunciata.

La fine dei tempi

Il film è un chiaro riferimento alla gestione di una crisi avvenuta in un modo eccellente se consideriamo l’evento catastrofico ed il fatto che sia stato metabolizzato dai cittadini del mondo a pochi giorni prima dell’impatto mortale con la cometa. Se dovesse succedere un qualcosa di simile nella vita reale, sarà questa la strategia messa in piedi dai governi del mondo? Come hanno narrato già diversi film e come sostenuto in molte teorie del complotto, la presenza di una elite mondiale che sfugge nello spazio o in bunker sotterranei non è solo argomentata da fatti pertinenti, come l’acquisto di un appartamento dal costo di 1 miliardo di euro in bunker sotterranei già edificati, ma è tecnicamente possibile se pensiamo al potere economico consolidato nel tre per cento della popolazione mondiale capace di provare e trovare tutte le soluzioni per salvarsi anche da un evento catastrofico.

Molto interessante la fine del film, dove è possibile notare la sobrietà dei due scienziati che scelgono di trascorrere l’ultimo giorno di vita terrestre in casa, a cena con la propria famiglia.

Conclusione

Il titolo del film ironicamente recita “non guardare in alto”, facendo riferimento ad una società che con l’infodemia è oramai distratta dalla liquefazione delle comunicazioni, ma è chiaro che ci invita a guardare le cose dall’alto delle bolle divisive che imperversano in tutti i settori della vita: dal condominio alla politica internazionale. Questi siamo noi, esseri umani, e molto probabilmente lo resteremo fino a quando arriverà l’evento tragico che metterà fine a tutto ed è qui che allora ci si pone la domanda delle domande: vale davvero la pena di guardare il mondo dall’alto?

Don’t look Up non è solo ironia, ma la vera risposta.

Di Livio Varriale

Giornalista e scrittore: le sue specializzazioni sono in Politica, Crimine Informatico, Comunicazione Istituzionale, Cultura e Trasformazione digitale. Autore del saggio sul Dark Web e il futuro della società digitale “La prigione dell’umanità” e di “Cultura digitale”. Appassionato di Osint e autore di diverse ricerche pubblicate da testate Nazionali. Attivista contro la pedopornografia online, il suo motto è “Coerenza, Costanza, CoScienza”.

Pronto a supportare l'informazione libera?

Iscriviti alla nostra newsletter // Seguici gratuitamente su Google News
Exit mobile version