Editoriali
Il NY Times piange Draghi e attacca la “fascista” Meloni. Draghi Asocial l’ha predetto
Tempo di lettura: 2 minuti. Gli USA piangono il “fedele alleato” e passano all’attacco della potenziale Trump in salsa italica
Eccovi tre foto: la prima Meloni fascista (foto fake, sia chiaro, ma rende l’idea del tenore dello scontro politico in Italia in vista delle nuove elezioni). Lo dice il NY Times indicato nella foto 2 sotto forma del diktat americano e non sorprende perché se avete consultato Draghi Asocial (foto 3), è parte della comunicazione asservita all’ex premier Draghi durante il suo periodo di governance del paese.
Draghi, come esplicato nella ricerca, ha avuto un addetto alla stampa estera, Ferdinando Giugliano, che aveva l’incarico di tessere le lodi del Premier nella stampa economica finanziaria che conta.
Nella ricerca, infatti, NyTimes, Bloomberg e Financial Times sono stati i giornali più attivi nel dare spazio a Draghi nel fargli crescere quel posizionamento internazionale di spessore.
Parliamo proprio dell’attività dei profili istituzionali di Ferdinando Giugliano e di Palazzo Chigi che hanno goduto di gloria internazionale grazie alle menzioni dei tre quotidiani considerati soprattutto nel settore politico ed economico.
Oggi gli americani, caduto il loro punto di riferimento tanto già da proporlo alla NATO, ci parlano di fascismo e del terrore di Meloni e del populismo.
Non penso voterò Meloni, mai votata, ma forse sarebbe il caso di evidenziare anche i metodi fascisti di Draghi e dei suoi amici illuminati.
Greenpass, unico paese in Europa, finanza speculativa, aumento degli strumenti di sorveglianza, patente sociale per accedere alle risorse di Stato.
Per non trascurare poi tutto l’aspetto ucraino dove Draghi è stato l’unico premier della vecchia guardia UE ad avallare le scelte statunitensi e le azioni belligeranti, facendosi portatore degli armamenti ai gruppi estremisti di destra, ufficiali e non, e alla consegna dei curdi per far entrare nella NATO la Finlandia di occhi belli e mani sporche di sangue Sanna Marin.
C’è un altro dato da non trascurare e lo hanno riferito le agenzie italiane il giorno dopo le dimissioni di Draghi. Mentre il Corriere ha provato a contenere i danni dell’irrilevanza che ha avuto la caduta di Draghi su molti giornali, citando le pagine web, AGI ha fatto una puntuale rassegna stampa delle prime pagine dei quotidiani internazionali e nella prima pagina sono in pochi i quotidiani che hanno riservato richiami alla notizia italiana, invece affrontata all’interno delle pagine interne.
Mi raccomando, quando vi diranno che con Meloni salirà il fascismo al governo, fatevi una risata, e soprattutto pensate al fatto che la sinistra voleva rimandare le elezioni ed ha più volte implorato l’uomo forte di governare il paese con la fiducia cieca.
Se non è nostalgia del fascismo questa …
Scarica Draghi Asocial per comprendere anche le dinamiche che muoveranno l’informazione nei prossimi mesi
Editoriali
Ferragni pagliaccio: l’indignazione della rete alla prima dell’Espresso
Tempo di lettura: 2 minuti. La copertina de L’Espresso su Chiara Ferragni vestita da pagliaccio ha scatenato diverse reazioni, ma chi ha letto l’inchiesta?
Chiara Ferragni compare truccata da pagliaccio in prima pagina de L’Espresso che ne descrive la scarsa trasparenza nella gestione societaria e si fa riferimento a scatole cinesi, manager indagati e dipendenti pagati poco.
Tutto legale fino ad oggi, sia chiaro, ma se questo è il modello di Business da studiare ad Harvard, si può ampiamente pensare che negli USA siano arrivati tardi. Ritornando con i piedi per terra e conscendo molte realtà statunitensi, sarebbe da stupidi mettere Chiara Ferragni al primo posto di come si gestisce un’azienda: non è la prima e nemmeno l’ultima.
Matrice Digitale è la testata che ha denunciato per prima l’affaire di Sanremo, che ha giudicato la Ferragni per quello che si è mostrata da Fazio: un’utile manichino senz’anima al servizio delle case di moda.
Non solo lo scandalo nella gestione della beneficenza, ma la delusione nelle risposte in una trasmissione accondiscendente come quella di Fazio stanno facendo cadere definitivamente l’alone di divinità di colei che ha saputo nascondersi dietro di post su delle pagine social creandosi un’icona immacolata.
Le reazioni alla copertina dell’Espresso
La copertina de L’Espresso è l’ultimo attacco a quel pezzo di credibilità rimasto alla Ferragni: la donna imprenditrice che vince perchè ha racimolato soldi. In pochi hanno letto le notizie diffuse sui media un pò di anni fa che vedevano il brand Ferragni essere messo in vendita sul mercato anche per una esposizione finanziaria dovuta da una situazione debitoria sulla carta di piccolo conto. Se però le cose stanno come dice L’Espresso, la realtà sullo stato di salute delle sue società potrebbe essere diversa.
Riflessioni alle reazioni
Molti hanno reagito alla copertina della Ferragni con stupore ed indignazione, ma fa riflettere in realtà il fatto che nessuno abbia letto l’articolo e soprattutto tutti, dinanzi ad una persona che si presenta in un modo e dimostra di essere diverso da come viene descritto, lo apostroferebbero come un pagliaccio.
E fa male essere presi per i fondelli da un pagliaccio … questo nessuno ha il coraggio di ammetterlo.
Editoriali
Solo ora si accorgono del problema televoto e giornalismo musicale
Leggo molte critiche al “cartello di giornalisti” che ha boicottato la vittoria di Geolier a Sanremo. Sono davvero convinto che sia andata così, ma sono certo della tanta “colleganza” che oggi predica bene, ma ha sempre razzolato male per quel che concerne il discorso di “cartello”.
E non riguarda solo la musica, ma anche il calcio, la politica … quindi di cosa parliamo?
Qualche settimana fa fui molto chiaro: chi tratta moda, spettacolo, musica e gossip non si può considerare giornalista.
Chi lo fa dal punto di vista della critica diversamente lo è e vi assicuro che assistiamo a tanti giornalisti sportivi, che hanno visto milioni di partite, e non capiscono di calcio. Vediamo chi dei nostri farà un esposto all’Ordine per quel collega che ha commentato di non far votare la Campania.
Altra cosa: il 90% dei giornalisti che la criticano, non avrebbe avuto il coraggio di fare quell’indegna domanda, ma fondata, a Geolier sul risultato ottenuto “più per i suoi ospiti che per la sua performance”.
Così come hanno fatto più danni dei ladri di polli sanremesi quelli che hanno applaudito Presidenti del Consiglio e Ministri della Sanità nefasti.
Editoriali
Geolier a Sanremo rutta in napoletano. Perchè è un problema per i nativi digitali
Parliamoci chiaramente, questo qui, Geolier, è diventato famoso per una canzone che descrive il livello di tamarraggine napoletana che si manifesta “rint a n’audi nera opaca” dove magari ci si sballa pure.
Nello stesso brano cita tutte marche di lusso … che rappresentano quello stile di vita a cui ambiscono le baby gang che ieri hanno occupato la prima del tg5 nonostante a Napoli siamo in un periodo d’oro rispetto al resto del paese.
Amadeus quest’anno farà come la De Filippi, punta sul lato più becero della napoletanità fatto di lusso a debito che poi si sposa con il mondo degli influencer e della moda. Conferma anche di sapersi nascondere bene dietro l’equazione “è seguito, quindi può anche essere pericoloso e di scarsa qualità, ma è forte“
Che poi è il modello che i genitori evitano di caldeggiare per i propri figli, ma puntualmente vengono smentiti da social e tv. E la risposta è “il ragazzo fa numeri”.
Tra l’altro, il monologo in napoletano dell’anno scorso al festival ha anticipato la sua presenza ed era davvero pessimo, tanto da farmi prendere le distanze da un mio compaesano.
Questa non è Napoli e soprattutto non è l’evoluzione della napoletanità da tramandare alle nuove generazioni.
Perchè qui non si discute Geolier l’artista, che merita di fare il suo percorso e di vincere Sanremo, ma di Geolier che parla a nome dei napoletani. Ognuno si sceglie gli ambasciatori che merita, di certo non è una casa di moda o un affarista come Amadeus che decidono chi debba rappresentare un’intera città.
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