Editoriali
Intervista a Antonio Sanso: “il signore delle Password” ci spiega la crittografia delle multinazionali

Oggi parliamo di autenticazione. Ogni volta che accediamo ai nostri profili social, cosa accade? Le nostre password sono accessibili dalle multinazionali con cui ogni giorno condividiamo informazioni e servizi?
Abbiamo raccolto tanti pareri in giro per il web, ma abbiamo ritenuto necessario ascoltare chi lavora ogni giorno con sistemi di crittografia per analizzare il futuro dell’autenticazione e quindi abbiamo raggiunto Antonio Sanso per intraprendere una conversazione piacevole. Lavora come ricercatore di sicurezza presso Adobe Research Switzerland. I suoi interessi lavorativi spaziano dalla crittografia alla sicurezza delle applicazioni web. È coautore del libro “OAuth 2 in Action”. Antonio ha riscontrato vulnerabilità in software popolari come OpenSSL, Google Chrome ed è incluso nella hall of fame di Google, Facebook,Github, etc. È anche autore di più di una dozzina di brevetti per la sicurezza informatica e paper accademici applicati alla crittografia. Attualmente è dottorando in crittografia presso la Ruhr-University.
Password alfanumeriche oppure biometriche? La risposta è nell’intervista che segue
La proposta del ministro Pisano di usare un account unico statale come la giudica dal punto di vista teorico e come valuta l’eventualità di unire una password di servizi statali con quelle di servizi commerciali?
Non credo sia una cosa fattibile
Perchè non è fattibile?
Ovviamente uno Stato puo’ assegnare un’username a tutti i cittadini e far si che questo account venga usato per loggarsi ai servizi statali ma non credo si possa andare oltre a questo in maniera coercitiva. Lo Stato non può imporre una cosa del genere. Il problema non è tecnico, seppur si possa fare.
Perchè non si può imporre legalmente? cosa lo vieta?
A che pro?
Tutti hanno l’obbligo di una carta di identità quindi sarebbe utile ad associare lo spazio digitale a quello reale ovviamente.
Qual e’ il problema che si sta cercando di risolvere?
Semplificazione burocratica immagino e promozione dell’identità digitale
Infatti da quel punto di vista si può e si deve fare ma non sostituire tutti gli account privati con uno pubblico. Se mi connetto in un sito di proprietà dello Stato ho bisogno di un “account statale”, ma tutto qui, non vedo fattibile che io acceda su Twitter usando il mio account pubblico. Sono cose diverse e tali devono restare.
A proposito di questo, la domanda da un milione di dollari è: possono Facebook, Amazon e questi grandi siti che oramai monopolizzano lo spazio digitale mondiale avere accesso alle nostre password in chiaro?
Le password non le salvano in chiaro, ma le hanno in chiaro, nel senso le ricevono in chiaro ma poi le salvano come hash.
Cosa è un hash?
Una funzione univoca: dato un input (che e’ password in chiaro) genera un output che sembra una stringa random. però fare il contrario e’ impossibile e quindi dall’output non si risale all’input.
Quindi se chiamo Facebook, o se l’autorità chiama Facebook, e vuole sapere la password del mio profilo non può farlo?
Ripeto le password non le conservano in chiaro, ma per qualche frazione di secondo ce l’hanno in chiaro. E’ una loro scelta quella di non salvarla in chiaro per evitare guai.
Guai che si sono già verificati in passato dove db di password in chiaro sono stati violati. Giusto?
Si, molte volte, ma sempre meno per grossi providers.
E una volta che le nostre password diventano degli hash, come avviene il processo di autenticazione sui portali che la utilizzano?
Si confrontano gli hash (quello memorizzato e l’altro in arrivo)
Quindi possiamo sostenere che le multinazionali non hanno accesso alle nostre password? ma il futuro dell’autenticazione quale sarà secondo te? sotituite definitivamente dai dati biometrici oppure bisogna trovare un’altra strada?
Non credo nell’autenticazione biometrica, pensi un attimo, si può cambiare una password, ma non una retina o un dito: il futuro e’ la crittografia.
La crittrografia non rende tutto più complesso per l’utente che già oggi fatica con l’autenticazione a due fattori?
La crittografia si puo’ rendere semplice basti pensare che viene usata dalle persone tutti i giorni in whatsapp
Quindi anche sotto questo punto di vista da fiducia totale ad applicazioni come whatsapp nonostante il rischio di essere spiati e le notizie, sporadiche, di gravi violazioni?
e come si e’ spiati con Whatsapp ? ha un encryption end to end e in quel caso Facebook anche se volesse non riuscirebbe ad avere il contenuto delle conversazioni.
O con un bug del telefono oppure con un bug dell’applicazione, non trova?
Beh in quel caso e’ game over in ogni caso, se si ha un telefono od un computre compromesso tutto e’ possibile.
Facebook Amazon e co, possono accedere nei nostri profili senza conoscere le nostre password?
Facebook non ha bisogno della mia password di Facebook per avere accesso al mio account di Facebook.
Editoriali
Robot e Diritti: il Confucianesimo Come Alternativa?”
Tempo di lettura: 2 minuti. Mentre i robot assumono ruoli sempre più importanti nel mondo, una nuova analisi propone una prospettiva diversa sui diritti dei robot, suggerendo un approccio confuciano.

La crescente presenza di robot nella nostra società ha aperto dibattiti significativi sulla loro condizione morale e legale. Tuttavia, concedere diritti ai robot potrebbe non essere l’idea più corretta. Un’analisi recente propone invece una prospettiva diversa, basata sul Confucianesimo.
Perché concedere Diritti ai Robot potrebbe non essere la soluzione
La ricerca, condotta da Tae Wan Kim, professore associato di Etica Aziendale alla Tepper School of Business dell’Università Carnegie Mellon (CMU), è stata pubblicata su Communications of the ACM, una rivista dell’Association for Computing Machinery. “Le persone sono preoccupate per i rischi legati alla concessione di diritti ai robot”, osserva Kim. “Ma riconoscere diritti non è l’unico modo per affrontare la questione morale dei robot. Potrebbe essere più efficace considerare i robot come portatori di riti, non di diritti.”
Confucianesimo come alternativa
Nonostante molti ritengano che rispettare i robot debba portare alla concessione di diritti, Kim sostiene un approccio diverso. Il Confucianesimo, un antico sistema di credenze cinese, si concentra sul valore sociale dell’armonia; gli individui diventano distintamente umani attraverso la capacità di concepire gli interessi non solo in termini di interesse personale, ma includendo anche una dimensione relazionale e comunitaria.
Considerando i robot, Kim suggerisce che l’alternativa confuciana di assegnare riti – o ciò che lui chiama “obblighi di ruolo” – ai robot sia più appropriata rispetto alla concessione di diritti. Il concetto di diritti è spesso avverso e competitivo, e un potenziale conflitto tra esseri umani e robot è preoccupante.
“Attribuire obblighi di ruolo ai robot favorisce il lavoro di squadra, stimolando la comprensione che questi obblighi debbano essere adempiuti in modo armonioso”, spiega Kim. “L’intelligenza artificiale (IA) imita l’intelligenza umana, quindi, perché i robot si sviluppino come portatori di riti, devono essere alimentati da un tipo di IA che può imitare la capacità umana di riconoscere ed eseguire attività di squadra. E una macchina può apprendere questa abilità in vari modi.”
Editoriali
Facebook multata per 1,3 miliardi. L’Italia esce sconfitta … ancora una volta
Tempo di lettura: 2 minuti. Il Garante Irlandese multa Meta per la gestione allegra del suo primo social. Finisce l’impunità di una piattaforma che in Italia ha invece trovato solo tappeti rossi, proprio dall’ultimo Garante.

Facebook è stata multata dal garante irlandese dopo tanti anni che è riuscito a prelevare i dati dei cittadini europei spostandoli negli Stati Uniti d’America con il fine di potenziare i suoi sistemi di profilaazione pubblicitaria in barba alle regole stabilite dal GDPR.
L’attività di Facebook, considerata contro legge a differenza di Instagram e WhatsApp, ha messo in moto un sistema che acconsentito al gigante tecnologico di raccogliere dati utili al suo pannello di gestione di business utilizzato successivamente per vendere posizionamenti pubblicitari a tutti coloro che sono interessati alle attività di social media marketing. Gli stessi dati però sono stati utilizzati anche per attività riferite a campagne politiche ed in alcuni casi alla manipolazione del consenso attraverso operazioni discutibili come quella più famosa di Cambridge Analytica ed ultima quella sollevata dal Garante Italiano su un sondaggio tra gli elettori intervistati in occasione delle ultime elezioni italiane.
Si aggiunga anche che la piattaforma ha utilizzato una grande Mole di dati per veicolare sondaggi nel periodo di pandemia destinati alla popolazione con il fine di effettuare una mappatura sanitaria dello status dei suoi utenti, dati sensibili in pratica ceduti spontaneamente, riguardante le abitudini e le informazioni che spettavano, soprattutto nei paesi democratici come l’Italia, ad Istituzioni governative.
La questione Facebook dimostra ancora una volta che è stato sanzionato un gigante tecnologico per una cifra seppur sostanziosa, record secondo la storia, avvenuta in ritardo con la possibilità per la multinazionale guidata di generare un traffico economico, commerciale e di utenti almeno 10 volte più grande. La sanzione avviene dopo che gli accordi tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti si erano distesi grazie allo scudo permissivo sul trasferimento di alcuni dati oltre oceano.
Facebook nell’ultimo periodo ha più volte lamentato l’impossibilità di procedere secondo una logica commerciale utile al suo business in virtù del fatto che la sua prima fonte di guadagno si basa proprio sulla profilazione dei suoi utenti. Non è chiaro ancora quanto sia stata incidente l’Italia nei 1,3 miliardi di multa effettuata, ma è chiaro che la quota italiana comunque rappresenta un tardivo procedimento nei confronti di una multinazionale che nel corso di questi anni avviato una attività di lobbyin considerevole, penetrando appieno nelle Istituzioni attraverso attività “filantropiche”.
Come scritto in precedenza, tra i dati spostati negli Stati Uniti d’America figurano anche quelli di minori iscritti alla piattaforma che consente per legge l’accesso ai maggiori 13 anni in barba alle attività di sensibilizzazione rivolte ai più piccoli dove è parte il Garante della Privacy che avrebbe dovuto multare e vigilare, così come Facebook ha sposto i dati di 500 milioni di utenti nel mondo ed il Garante a suo tempo ha saputo dire solo “stiamo collaborando con Meta”.
Sudditanza psicologica direbbe qualcuno, ma per fortuna non in tutte le porte degli Organi di controllo. Quando ha provato a sottopagare i diritti degli artisti televisivi, si è trovata l’Autorità Garante per il Mercato della Concorrenza che l’ha costretta a trovare un accordo temporaneo.
La risposta dell’Europa seppur tardiva è comunque un segnale che arriva dopo molto tempo e che ha già coinvolto una società come Amazon con le stesse motivazioni e la metà dell’importo chiesto invece alla piattaforma di Mark Zuckerberg.
Editoriali
Il tempo è galantuomo: il Garante ha bloccato anche Google secondo i media
I giornali italiani che a breve riceveranno soldi per la campagna promozionale di #openAi voluta dal BLOCCO del Autorità Garante per la protezione dei dati personali
Scrivono che Google non ha immesso #bard nel mercato europeo sospettando addirittura che la causa sia il blocco a #chatgpt fatto nel mese precedente.
Il problema non è se sia giusto o sbagliato, ma che prima di regolare qualcosa, bisognerebbe conoscerla a fondo ed il ministro tedesco aveva avvisato su questo dettaglio.
Da paladino dell’Europa a censore: il passo è stato molto breve.
Facile prendersela con i deboli …
Detto ciò, c’è una cosa positiva: l’Europa, se davvero tiene ai dati dei suoi cittadini … adesso dovrebbe fornire un’alternativa compatibile con le nostre regole.
C’è?
Oppure restiamo senza intelligenza artificiale e ci resta solo quella del Garante Privacy e dei suoi componenti?
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