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INCHIESTA ANONIMATO ONLINE: Il punto di vista di un legale. Sergio Pisani chiede Daspo e ergastolo digitale

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Abbiamo affrontato in questi giorni la proposta del deputato Marattin di Italia Viva, che ancora si sottrae alle nostre domande, e nel setore informatico composto da accademici ed hackers non c’è grande entusiasmo. Dopo aver ascoltato il parere del Prof. Zanero e di The Pirate,oggi passiamo al punto di vista legale e lo facciamo con un penalista di fama. L’avvocato Sergio Pisani, napoletano, ha seguito molti casi tremendi della cronaca nera come il caso della piccola Fortuna, omicidio e pedofilia, di Ciro Esposito, tifoso napoletano ammazzato durante la finale di Coppa Italia Napoli-Fiorentina, ed ha assistito Diego Armando Maradona nelle sue vicende sventurate con la Giustizia Italiana. Se il tavolo di confronto aperto in questo portale fino ad oggi ha bocciato del tutto la proposta di Marattin, ci accorgiamo come cambia la prospettiva del pensiero in merito all’anonimato in rete soprattutto se si tratta di un legale, che vive a stretto contatto con le vittime di casi legati reati derivanti da un cattivo uso dell’anonimato OnLine.

Avvocato Pisani come giudica la proposta di Marattin, lei che segue casi di rilevanza penale sulla materia?

La proposta di Marattin rappresenta solo l’inizio di un percorso obbligato . Il futuro dei social sarà questo, si andrà senza dubbio verso una identità on line.

Il professor Zanero sostiene che la proposta è impraticabile sia per la territorialità dove sarebbe possibile registrarsi con indirizzi stranieri sia perché gli strumenti esistono già e vanno rafforzati?

Il professore invece di criticare la proposta dovrebbe comprendere che si va verso quella direzione. è ovvio che prima di parlare di identità on line servono leggi ed accordi internazionali che non eludino una simile soluzione. Credo che anche contro il terrorismo questa sia una direzione obbligata.

E’ possibile mettere in piedi azioni efficaci contro l’odio social?

Azioni per scongiurare l’odio social non credo servano anzi potrebbero addirittura alimentarlo. Credo invece che si potrebbe fare molto per combattere tale fenomeno.

Molti esperti informatici considerano l’inserimento di una nuova legge inutile, ed insistono sul potenziamento delle rogatorie e su un investimento mirato a perfezionare gli strumenti giuridici già esistenti. Lei che lavora sul campo, come valuta questa proposta?

Non servono investimenti nuovi nella giustizia ma solo una nuova mentalità. Se è vero che in alcuni casi le autorità straniere non forniscono all’autorità giudiziaria elementi per identificare i reali intestatari di alcuni profili c’è anche da dire che grazie al codice IP sarebbe sufficiente sequestrare i dispositivi in uso a questi soggetti e le norme attuali lo consentirebbero senza alcun problema.

Per quel che riguarda la territorialità, come si potrebbe arginare questo problema?

Per quanto riguarda la territorialità io prenderei esempio da quei paesi che non hanno dato accesso a Facebook. Imporrei come condizione per operare nel nostro territorio quella di modificare i parametri di accesso con codici identificativi e non semplicemente utilizzando una mail.

Lei ha proposto un Daspo digitale che in caso di reterazione del reato si può elevare addirittura a un ergastolo. Non esagera? Non crede che poi subentrino i diritti umani con questi provvedimenti?

Daspo ed ergastolo on line sono proposte lanciate da me qualche giorno fa. Sono nient’altro che la trasposizione nel mondo virtuale delle sanzioni già esistenti del mondo reale. Si arriverà a ciò ne sono certo ma il primo passo è creare l’identità on line. Ciò non lederebbe i diritti umani anzi la situazione attuale li lede.

La proposta di Marattin parte dal disagio di alcuni personaggi famosi che se utilizzano la stesa moneta degli aggressori, vedi Selvaggia Lucarelli che pubblica online i loro dati, si riesce ad arginarli. Inoltre, pur essendo l’odio social una situazione di malessere che coinvolge più i VIP, che hanno addirittura il potere di invocare una legge, qual è la condizione di chi famoso non lo è?

Il cittadino medio è meno soggetto ad attacchi on line rispetto ai personaggi famosi, ma non è detto che non possa subirli. Per tutti allo stato l’unico unico modo per tutelarsi prima che le cose cambino nella direzione che auspico è far comprendere ai magistrati che il fenomeno non va sottovalutato. Devono iniziare a sequestrare i dispositivi elettronici in uso a chi fomenta odio e commette reati sui social.

Si potevano evitare i casi come quello di Tiziana Cantone o della madre e della sua figlia minorenne assalite dal padre stalker, che ha annunciato sui social “di essere disposto a farsi 30 anni” pur di avere ragione?

I casi come quello della povera Cantone non si potevano evitare, ma dovevano rappresentare la spia e l’allarme per capire che bisognava stravolgere l’attuale sistema e finora dobbiamo constatare che nulla sia stato fatto di concreto. Il professor Zanero e gli esperti informatici, invece di criticare, ci aiutino a cambiare rotta prima che si verifichino nuovi episodi.

Inchieste

Google licenzia 28 dipendenti in protesta per il Cloud con Israele

Tempo di lettura: 3 minuti. Google ha licenziato 28 dipendenti dopo proteste riguardanti un contratto cloud con Israele: una scelta che farà discutere

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Google licenzia 28 dipendenti in protesta per il Cloud con Israele
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Google ha recentemente licenziato 28 dipendenti in seguito alla protesta legata al suo contratto cloud con Israele del progetto Nimbus. Queste proteste, avvenute negli uffici di New York e Sunnyvale, hanno portato a comportamenti giudicati inaccettabili dalla compagnia, inclusa la presa di controllo di spazi ufficio, danneggiamenti della proprietà, e ostacoli fisici all’attività lavorativa di altri dipendenti.

Dettagli del licenziamento

Le proteste hanno portato alla defenestrazione e al danneggiamento della proprietà di Google, comportamenti che l’azienda ha categoricamente condannato. I dipendenti coinvolti sono stati immediatamente messi sotto indagine e i loro accessi ai sistemi di Google sono stati revocati. Alcuni di questi, che si sono rifiutati di lasciare gli uffici, sono stati arrestati dalle forze dell’ordine. Dopo un’indagine approfondita, Google ha deciso di terminare il rapporto lavorativo con 28 dei dipendenti coinvolti.

Politiche e standards di Comportamento

Google ha ribadito che il comportamento manifestato viola molteplici politiche aziendali, tra cui il Codice di Condotta e le politiche su Molestie, Discriminazione, Ritorsioni, Standard di Condotta e Preoccupazioni sul Posto di Lavoro. L’azienda ha sottolineato che tali azioni non trovano spazio all’interno del suo ambiente lavorativo e che qualsiasi violazione delle politiche interne è soggetta a severe sanzioni, inclusa la possibile terminazione del contratto di lavoro.

Implicazioni per il Futuro

Questo episodio segnala un chiaro messaggio agli impiegati di Google: l’azienda prende molto sul serio le politiche interne e non tollererà comportamenti che le violino. È atteso che i leader aziendali comunichino ulteriormente sui standard di comportamento e discorso ammissibili in ambito lavorativo, riaffermando l’impegno di Google nel mantenere un ambiente professionale e rispettoso.

Dichiarazione dei Lavoratori Google sulla Campagna No Tech for Apartheid e i Licenziamenti di Massa

Una recente dichiarazione rilasciata dai lavoratori di Google associati alla campagna “No Tech for Apartheid” solleva preoccupazioni serie riguardo alle azioni dell’azienda. I lavoratori denunciano licenziamenti di massa come atto di ritorsione per le loro proteste contro il contratto Project Nimbus di Google con il governo israeliano, che considerano supporto a operazioni militari contro i Palestinesi.

Dettagli dei licenziamenti

La dichiarazione specifica che Google ha licenziato indiscriminatamente più di due dozzine di lavoratori, inclusi alcuni che non hanno partecipato direttamente alle proteste di 10 ore che hanno avuto luogo nelle sedi di New York e Sunnyvale. I lavoratori descrivono questi licenziamenti come una chiara dimostrazione che Google dà priorità ai suoi contratti da miliardi con il governo israeliano rispetto al benessere dei suoi dipendenti.

Accuse di Comportamenti Inaccettabili

Secondo la dichiarazione, durante le proteste, Google avrebbe chiamato la polizia sugli stessi lavoratori, portando all’arresto di nove persone. I licenziamenti sono stati giustificati dall’azienda con accuse di “bullismo” e “molestie”, che i lavoratori ritengono infondate, sottolineando che anche i colleghi palestinesi, arabi e musulmani hanno subito discriminazioni e molestie supportate dalla tecnologia Google.

Reazioni e Supporto Interno

Nonostante la pressione e le azioni legali, i lavoratori affermano di aver ricevuto un supporto massiccio e positivo durante le proteste, smentendo le affermazioni di Google su danni alla proprietà o impedimenti al lavoro di altri. La dichiarazione evidenzia l’importanza del sostegno collettivo e la determinazione dei lavoratori di continuare a organizzarsi fino a che Google non abbandonerà Project Nimbus.

I lavoratori di Google chiamano in causa la leadership dell’azienda, in particolare Sundar Pichai e Thomas Kurian, accusandoli di trarre profitto da azioni considerate genocidi. La dichiarazione termina con una nota di sfida, promettendo di intensificare gli sforzi organizzativi nonostante i licenziamenti, mirando a porre fine al supporto di Google a ciò che percepiscono come azioni di genocidio.

Il licenziamento di questi 28 dipendenti da parte di Google evidenzia la tensione tra libertà di espressione dei lavoratori e le necessità di mantenere un ambiente di lavoro ordinato e conforme alle politiche aziendali. Questo evento è destinato a influenzare il dialogo interno sulla gestione delle proteste e delle espressioni di dissenso all’interno dell’azienda.

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Banca Sella: il problema che i detrattori del Piracy Shield non dicono

Tempo di lettura: 3 minuti. Banca Sella ha terminato il suo periodo più buio della storia dopo 5 giorni di disagi che hanno lasciato i suoi dipendenti senza soldi

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Banca Sella - Logo
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Banca Sella ha subito un blocco delle sue operazioni insieme al circuito Hype per quattro giorni abbondanti nella scorsa settimana. Quello che resta di questa storia è il clamore di un fail epico della migliore banca italiana nel campo dell’innovazione dell’Internet Banking proprio nei suoi sistemi informatici che l’anno resa da sempre un’eccellenza italiana.

I disagi sono stati enormi se consideriamo che tutte le carte di credito appoggiate a Banca Sella sono state escluse dai circuiti internazionali, così come i bancomat del Gruppo e le movimentazioni online sui conti correnti, impossibili attraverso Internet. La banca è stata costretta ad aprire per più ore nei giorni del blocco per ritornare al contante. Alla Redazione di Matrice Digitale sono arrivate diverse segnalazioni di preoccupazione anche dell’eventuale mancato accredito di rate che avrebbero esposto i clienti dell’Istituto alla centrale di rischio.

Ma cosa è successo?

Banca Sella e Hype hanno subito gravi disagi tecnologici che Matteo Flora descrive come una delle più serie catastrofi tecnologiche mai avvenute in una banca italiana. Questi problemi sono stati associati a un malfunzionamento dopo un aggiornamento dei sistemi gestiti da Oracle, precisamente riguardanti l’hardware Exadata. La piattaforma interna che gestisce i servizi bancari sembra essere stata al centro dell’interruzione, influenzando servizi cruciali come il Personal Finance Management (PFM), i gateway PSD2, il Corporate Banking, i Payment Hub per bonifici, , Fabrick Platform, i Virtual IBAN e le operazioni di E-commerce.

Nonostante le significative interruzioni, le informazioni rilasciate finora assicurano che l’integrità dei dati non è stata compromessa. Tuttavia, la portata completa dell’incidente e delle sue ripercussioni rimane sotto osservazione, con la comunità che attende ulteriori aggiornamenti su cosa sia avvenuto attraverso un Post Mortem del reparto informatico e sulle misure di mitigazione al problema. Data la gravità dell’incidente, è probabile che entità regolatorie come l’ABI, la CONSOB e il Garante per la Privacy possano intervenire o richiedere dettagli aggiuntivi riguardo alla gestione dell’evento e alle strategie adottate per prevenire futuri incidenti.

A queste osservazioni si aggiunge una di Matrice Digitale che ha notato una ricostruzione attendibile sia di Flora sia dello stesso Istituto di Credito sulla base del famoso collo di bottiglia che generavano gli aggiornamenti. Negli ultimi giorni del guasto, l’applicativo di internet banking di banca Sella funzionava bene, ma con l’aumentare del picco di utilizzo, ancor di più maggiore perchè veniva da giorni di inutilizzo forzato, faceva ritornare l’app ai suoi messaggi di errore.

Analsi a freddo di Roberto Beneduci

Roberto Beneduci, CEO di CoreTech s.r.l, Milano, attraverso il suo profilo LinkedIn ha avviato una riflessione sull’incidente che ha interessato Banca Sella, sottolineando un punto fondamentale: “i sistemi informatici, per quanto robusti, non sono immuni da rischi e le loro conseguenze non possono essere completamente annullate”.

Analisi dell’incidente

L’incidente in questione è stato causato da operazioni sul database Oracle, specificatamente aggiornamenti software. Questo esemplifica una realtà comune nel settore IT, dove anche routine di manutenzione programmata possono portare a disfunzioni impreviste, sottolineando la vulnerabilità intrinseca dei sistemi informatici.

Reazione e Resilienza

Secondo Beneduci “Post incidente, è probabile che Banca Sella elabori nuove procedure per gestire meglio simili situazioni in futuro. Questo solleva una riflessione critica: spesso si pensa a misure preventive solo dopo aver sperimentato una crisi“. Beneduci fa un parallelo ironico con i controlli di sicurezza aeroportuali, notando come, nonostante le misure severe, ci sono ancora limiti a ciò che si può prevenire.

Gestione delle aspettative e comunicazione

Durante un’interruzione, la domanda più frequente da parte degli utenti e dei clienti è: “Quando torneremo operativi?Beneduci sottolinea che, in situazioni di crisi, anche le stime più informate possono diventare obsolete in un istante a causa di nuovi problemi imprevisti, rendendo la comunicazione durante gli incidenti una sfida delicata.

Critiche e considerazioni sulla Ridondanza

La frustrazione degli utenti impossibilitati a effettuare operazioni bancarie durante l’interruzione solleva un punto valido: l’importanza di avere sistemi di backup. Beneduci critica la tendenza comune di affidarsi a un unico sistema o soluzione, suggerendo che mantenere un approccio più diversificato e resiliente potrebbe mitigare i danni in situazioni critiche.

Verità scomoda per i puristi della moneta virtuale e per i detrattori di Privacy Shield

Chissà cosa hanno pensato i puristi della moneta virtuale quando i clienti di Banca Sella sono dovuti correre nelle banche per prelevare denaro per fare la spesa senza che ci fosse la possibilità di fare la spesa perché le carte digitali erano fuori uso. Una considerazione che la comunità informatica non ha discusso, concentrandosi sull’aspetto tecnico, ma resta singolare il fatto che ci si preoccupa che Piracy Shield possa rompere Internet e non si è mai posto il problema che i sistemi di pagamento elettronici potessero saltare, compresi i sistemi bancari. Un caso impossibile? Da oggi, secondo un ragionamento empirico visto il precedente di Banca Sella possiamo dire che è possibile. Chissà perché nessuno, tecnico informatico o accademico, si sia mai accorto di questo rischio sponsorizzando indistintamente il contante e relegando al complottismo e all’antiscientifico ragionamenti sui rischi derivanti da eventuali blocchi. L’unica spiegazione è che produrre carta, seppur abbia un valore, non da lavoro ad informatici o accademici, come potrebbe invece fornire una Banca.

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Inchieste

Piracy Shield: Capitanio (AGCom) risponde alla nostra inchiesta

Tempo di lettura: 5 minuti. Piracy Shield: alla seconda inchiesta di Matrice Digitale segue un editoriale di Massimiliano Capitanio dell’AGCom: analizziamo le differenze

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Il dibattito su Piracy Shield, la piattaforma antipirateria promossa dall’Agcom, si è arricchito di prospettive diverse, riflesse nell’editoriale di Massimiliano Capitanio dell’AGCOM su AgendaDigitale.eu poche ore dopo la pubblicazione della seconda inchiesta di Matrice Digitale. E’ opportuno fare un’analisi che intende evidenziare le differenze ed i punti di incontro tra le due narrazioni, considerando la sequenza temporale delle pubblicazioni e le divergenze nei toni, nei contenuti, ma anche principi comuni.

Piracy Shield secondo l’AGCOM: una misura efficace

Prospettiva tecnologica e risultati

Massimo Capitanio - AgCom
Massimo Capitanio – AgCom

Nell’articolo di Capitanio, Piracy Shield è descritta come un’innovazione tecnologica di rilievo, con un bilancio iniziale di successo dimostrato dalla chiusura di migliaia di indirizzi IP e FQDN illegali. Questo approccio sottolinea l’efficacia operativa della piattaforma e la sua importanza nella lotta contro la pirateria che Matrice Digitale ha accolto, paventando il rischio che più IP si bloccano per un periodo di 6 – 12 mesi e più c’è il rischio che si restringa il campo della disponibilità sull’intera rete Internet con il rischio che qualche criminale possa iniziare ad utilizzare indirizzi condivisi da servizi essenziali.

Difesa dalle critiche e integrità della Piattaforma

Capitanio respinge le accuse di vulnerabilità di Piracy Shield, negando qualsiasi compromissione dovuta a presunti attacchi hacker. Nell’editoriale enfatizza la robustezza della piattaforma, validata da processi di verifica tecnica condotti da enti competenti. Un fatto che Matrice Digitale non ha citato, ma che ha intuito ponendo al lettore la domanda finale sull’eventuale utilizzo da parte del perimetro cibernetico nazionale di indirizzi IP commerciali e che dovrebbe, il condizionale è sempre un obbligo in questi casi, scongiurare un’ecatombe come invece sostengono alcuni megafoni della comunità informatica. Il coinvolgimento di ACN, sbandierato da Capitanio, in questo caso può essere una garanzia che il rischio blocco incontrollato sia minimo.

Approccio legale e collaborazione istituzionale

L’enfasi è posta sulla legittimità dell’iniziativa di Piracy Shield, sottolineando il sostegno unanime del Parlamento e la stretta collaborazione con l’industria, calcistica per lo più, e le autorità per la cybersicurezza. Viene inoltre difesa l’azione di Agcom nella chiusura temporanea di siti legali condivisi con indirizzi IP che difatti diventano illegali, sottolineando la rapidità del ripristino e la necessità di una maggiore consapevolezza e collaborazione da parte dei fornitori di servizi a cui Capitanio e l’AGCom non vogliono togliere spazio commerciale, ma responsabilizzarli sull’eventuale hosting di attività illecite. Questo punto è stato anticipato da Matrice Digitale nella sua seconda inchiesta ed è stato posto come prossima discussione in Europa tanto da far temere gli operatori di servizi qualche provvedimento impossibile da sostenere per l’attuale mercato. Sul ripristino degli IP innocenti, Capitanio dovrebbe spendersi ancora di più di quanto fatto per rodare al meglio il sistema di riattivazione. 3-5 giorni per vedersi online il proprio servizio bloccato ingiustamente sono troppi nell’era di Internet che viaggia in nano secondi.

La visione di Matrice Digitale: non solo buoni propositi, ma critiche e preoccupazioni

Focalizzazione su controversie e percezioni negative

Matrice Digitale ha presentato Piracy Shield in una luce più critica, evidenziando la diffusione del codice su GitHub che secondo alcune fonti dell’underground insistono sul fatto che “sia quello e scritto anche male” ed ha evidenziato le preoccupazioni relative alla censura e alla libertà digitale dinanzi a questo provvedimento che si prefigge di curare la malattia della pirateria. Questa prospettiva pone maggiore attenzione sulle potenziali implicazioni negative della piattaforma per gli utenti e sulla percezione di un attacco alla privacy e all’anonimato online.

Questioni di trasparenza e responsabilità

L’inchiesta di Matrice Digitale solleva dubbi sulla trasparenza delle operazioni di Piracy Shield e sull’efficacia delle politiche di Agcom, mettendo in discussione allo stesso tempo le istanze effettuate da soggetti interessati nei confronti dell’Autorità in occasione dei ricorsi legali. Il caso di Assoprovider è stato lampante.

Diffuso come scandalo il fatto che all’associazione sia stata respinta un’istanza e che AGCom abbia comminato sanzione di mille euro, la realtà risulta comunque diversa, leggendo l’ordinanza d’ingiunzione, peraltro definita ed emessa da AGCOM prima del rigetto dell’istanza.

Secondo il provvedimento AGCom in questione, cioè la Delibera 79/24/CONS del 19 Marzo, che vi invitiamo a leggere, Assoprovider non ha soddisfatto i requisiti previsti per la legittimazione del suo coinvolgimento nelle attività correlate alla piattaforma Piracy Shield.

L’atto ufficiale di contestazione AGCOM risale a Novembre 2023 ed è dovuto proprio al fatto che AssoProvider avesse iniziato a partecipare ai tavoli tecnici, senza però che AGCOM disponesse di evidenze o documentazioni di legittimazione per la sua partecipazione.

Non solo perché AssoProvider non ha un elenco pubblico di suoi soci, a differenza di altre associazioni rappresentative degli operatori. Soprattutto perché, sin dalle prime richieste informali ad Ottobre 2023 di fornire privatamente alla Direzione Servizi Digitali AGCOM perlomeno i riferimenti degli operatori, che stesse rappresentando ai tavoli, AssoProvider ha sempre opposto un netto rifiuto.

Potrà far storcere il naso a qualcuno, magari pure interessato perché fornitore o cliente dell’associazione anche dal punto di vista editoriale, ma le richieste AGCOM in merito erano e sono comunque fondate.

Lo erano infatti nell’autunno del 2023 per consentire la corretta partecipazione ai tavoli tecnici. Lo sono anche nel 2024 per valutare la legittimazione attiva, imprescindibile per poter sottoporre istanze conto terzi di accesso documentale ex L.241/90 (NON civico semplice o generalizzato/FOIA) ad atti relativi alla piattaforma Piracy Shield.

Implicazioni per i servizi Internet e la Libertà Digitale

Si evidenziano quindi le potenziali ripercussioni di Piracy Shield sui servizi di navigazione anonima, come le VPN, suggerendo una possibile conflittualità con la libertà di espressione e l’anonimato online. Questo punto di vista suggerisce che la lotta alla pirateria potrebbe trasformarsi in un pretesto per limitare servizi legittimi e fondamentali per la privacy degli utenti. “Per il bene dei bambini” ne abbiamo viste di “scorrettezze” in tal senso anche da parte del Garante Privacy Italiano sempre generoso con Meta nonostante le ripetute violazioni della privacy ed esposizione dei minori a contenuti vietati, ma soprattutto dalla Commissione Europea per quel che concerne il Chat Control.

Dibattito aperto fino all’ecatombe

Le differenze tra gli articoli di Capitanio e Matrice Digitale sono minime rispetto alle critiche giunte in questi giorni. Ci sono punti di incontro e sul fatto che qualcosa vada fatto e soprattutto fatto bene. Lo sa anche chi critica che, dinanzi ad un indirizzo politico di prospettiva europea, è meglio che le cose si facciano bene e non male con uno scontro istituzionale. Da qui nasce il sospetto che chi si agita stimolando un gregge di persone competenti, ma con scarsa visione e che casca sulla notizia falsa ed interessata di Assoprovider ad esempio, lo faccia per manipolare la massa per poi sedersi all’interno di una commissione politica o di un tavolo tecnico. Non solo il digitale è pieno di conflitti d’interesse editoriali, ma anche politici ed accademici come spesso proviamo a sensibilizzare i lettori. Mentre l’editoriale dell’AGCOM, attraverso la voce di Capitanio, presenta la piattaforma come una soluzione efficace e necessaria, supportata da dati e collaborazioni istituzionali, Matrice Digitale nella sua inchiesta pone l’accento sulle potenziali, non certe, conseguenze negative, sollevando questioni di trasparenza, etica ed impatto sui diritti digitali degli utenti coerentemente con il suo manifesto di trasparenza editoriale pur non disdegnando l’attività del Garante, il fine politico e sociale con tanto di proposta formulata nella prima inchiesta sul caso allo stesso Capitanio e all’Autorità su un eventuale accordo ufficiale tra AGCOM e multinazionali sui proventi delle tanto discusse multe agli utenti da destinare a bonus cultura finalizzati ad hoc e con l’impegno di abbassare le tariffe degli abbonamenti man mano che gli utenti legittimi aumentano.

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