Twitter sotto attacco delle Elite che sfruttano l’isteria collettiva dei bipolari della libertà di pensiero

da Livio Varriale
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Dopo la riammissione di Donald Trump sulla piattaforma Twitter, sbuca anche il suo profilo Instagram cristallizzato al 25 gennaio quando il gruppo meta lo ha buttato fuori dai suoi social network. In questi giorni vi sono state molte proteste da parte di una bolla che, inconsapevolmente e non, si è prestata al gioco degli avversari politici dell’ex presidente degli Stati Uniti d’America divisa tra voci di chiusura, rivolte interne, pericolo per la democrazia statunitense e per i valori democratici. La realtà sembrerebbe essere diversa e lo si è notato quando l’elezione popolare indetta dal proprietario della piattaforma sulla riabilitazione di Trump ha fornito un risultato inaspettato per tutti coloro che si sentivano preoccupati. Una forbice del 2% in favore del sì ha messo una pietra tombale sulla narrazione dell’ampio spazio guadagnato nella nuova gestione dai profili repubblicani, complottisti, ultraconservatori ed armaioli.

Donald Trump ritorna su Twitter

Un altro aspetto significativo in questa vicenda è l’atteggiamento intrapreso da coloro che da sempre hanno esercitato azioni di influenza collettiva in favore di una propagandata libertà di espressione. Oltre ad avere avallato notizie false sulla piattaforma facendo il gioco degli speculatori di borsa collegati al mondo Democratico, dopo aver creduto a letture sulla vicenda ideologicamente strumentali, dopo il reintegro di Trump si ode l’estrema ratio della rivolta: l’intolleranza nei confronti di coloro che sono stati a favore del ritorno dell’ex presidente USA.

https://twitter.com/disinformatico/status/1594313275314909184

C’è da evidenziare un fenomeno che in Italia, vuoi per la ridotta rappresentanza della Twitter Inc. non è mai stato emrso energicamente, e precisamente l’assenza di garanzie per gli utenti. Sembrerebbe che negli Stati Uniti d’America invece ci fosse un malcontento da parte di molte persone che hanno visto i propri beniamini essere bannati dal social in passato rendendo la piattaforma simile a Facebook. Il primo obiettivo di Elon Musk per riacquisire la credibilità persa è quello tralasciato dalle vecchie amministrazioni del social del cinguettio: ban dei contenuti riguardanti lo sfruttamento sessuale dei minori.

Una promessa, un impegno, difficile da arginare , ma il fatto che Elon Musk abbia espresso una forte volontà nel debellarlo già comprende una differenza onorevole rispetto ai suoi predecessori che ricordiamo essere stati richiamati dagli investitori pubblicitari proprio su questa vicenda, raccontata in modo truffaldino come indignazione sulle nuove posizioni aziendali. Ci troviamo di fronte un bipolarismo della democrazia dove non si tratta di due parti che si affrontano sul campo di guerra delle piazze virtuali, ma è riconducibile ad un atteggiamento riconducibile ad una patologia medica che prevede nella stessa persona due approcci diversi sul concetto di libertà di espressione mostrando in sè due individui distinti. Non solo è è importante dal punto di vista sociologico, ma anche dal punto di vista politico dove sembrerebbe appunto che le uniche opinioni tollerate e anche legali siano quelle espresse da un’unica parte senza rispettare le idee altrui ed in questo caso vengono messe in contraddizione proprio le figure di quel sistema che si professa democratico e che, dinanzi a quello che può essere un nuovo corso del confronto sulle piattaforme social, si è defilato su altre piattaforme come ad esempio Mastodon.

Sul nuovo social del fediverso, dove si sono spostati molti dal pensiero liberal democratico ed ultraliberista, sono iniziate le scaramucce tra coloro che si sentono portatori di una verità assoluta dalle connotazioni di giustizia sociale e già ci sono i presupposti per un esperimento interessante dal punto di vista sociologico che vede gruppi di persone composte dallo stesso approccio ideologico bannarsi ed escludersi a vicenda. L’isteria collettiva generatasi nei confronti di Elon Musk e della trattativa, su cui noi stessi abbiamo ampiamente trattato in precedenza, trova riscontro anche nelle parole dell’americanista del Corriere della Sera Federico Rampini: non solo un mercato pubblicitario che risponde a delle logiche politiche, ma un’intenzione da parte di coloro che negli anni avevano soggiogato e ricattato politicamente le piattaforme social nel boicottare l’attuale proprietario di Twitter servendosi di un pubblico che si crede libero e dalla parte dei giusti, ma che in realtà è utile quanto le pecore di un gregge.  

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