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Tor sotto attacco, ancora una volta l’anonimato online non è una garanzia

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Tempi duri per la rete Tor. Ancora una volta, il servizio di rete che garantisce l’anonimato agli utenti di mezzo mondo, è stato colto in fallo con l’ennesimo bug che ha messo a rischio non solo i pedofili, ma anche coloro che hanno esigenze di navigazione per tutelare i propri diritti umani essenziali. Una diatriba etica, questa di scegliere se l’anonimato vale anche la tutela dei criminali, che va in essere oramai da tanto tempo, su cui la Russia ha deciso di effettuare una stretta definita da tutto il mondo come una attività di censura.

La Russia ha censurato Tor

Considerando che il servizio di anonimizzazione della navigazione TOR consente di accedere anche al dark web più noto ed affollato tra quelli esistenti, la Russia ha chiesto ed ottenuto di offuscare tutti i nodi di accesso al servizio per via della presenza di contenuti illegali. La terra di Putin è effettivamente fulcro di produzione dozzinale di pedopornografia con i suoi studios siberiani ed è un noto focolaio di produzione dei software malevoli che creano disagi in giro per il mondo, ma è pur vero, però, che risulta nota per esercitare il controllo del pensiero democratico su tutta la popolazione. Non è un caso che il 15% del traffico quotidiano sulla rete Tor appartenga ad utenti provenienti dalla Russia e questo dato riflette l’esigenza di sfuggire all’oppressione messo in atto dal modello di società della sorveglianza applicato da Putin e soci.

Le contromisure della rete Tor

Molti danno la notizia come nuova, ma i responsabili del progetto Tor hanno consentito ai censurati di navigare sulla rete anonima tramite i bridges a differenza dei soliti nodi. I gestori di Tor hanno creato un sito mirror ed hanno chiesto ai volontari di creare “ponti Tor”, che sono nodi privati ​​che consentono alle persone di aggirare la censura e che utilizzano un sistema di trasporto noto come obfs4, che nasconde il traffico in modo che non appaia correlato allo stesso servizio Tor. A partire dal mese scorso, c’erano circa 900 di questi ponti. Pochini se consideriamo il numero di 300.000 utilizzatori russi, a cui si aggiungono anche quelli di altri paesi dove c’è un interesse nel reprimere il concetto di navigazione anonima.

I russi hanno attaccato TOR

Sempre quelli brutti sporchi e cattivi. La storia si ripete quando c’è da trovare il colpevole di lacune informatiche conclamate. Prima di iniziare il racconto dell’ultimo attacco subito dai paladini dell’anonimato, è doverosa fare una precisazione.

  • Gli ip dei server Tor sono noti in tutto il mondo ed è per questo che vengono bloccati facilmente dagli stati che realmente vogliono contenerne l’utilizzo.
  • Se non si applica un livello di sicurezza aggiuntivo, il Provider sa che l’utente sta navigando con il servizio Tor e quindi è facile essere attenzionati.
  • La rete Tor funziona tramite lo smistamento del proprio “segnale” su tre nodi: ingresso, medio, uscita. Il nodo di ingresso conosce l’indirizzo di rete del pc che naviga, l’ultimo solo la destinazione. Quello medio invece fa da tramite tra i due.

Dopo questi appunti, arriviamo allo scandalo dell’attacco sibillino degli ultimi giorni. Secondo una segnalazione giunta a Tor, sono stati compromessi 900 nodi sui 9000 disponibili. Per compromissione si intende che il 10 per cento  delle connessioni è stato potenzialmente rintracciato grazie al fatto che tutti e tre nodi erano controllati dallo stesso attore. Il primo pensiero è andato ai russi, vuoi perchè in questi giorni stanno facendo notizia per la pressione sulla rete interna, ma si sospetta possano essere anche i cinesi che non sono da meno per quel che riguarda la censura e meno chiacchierati a livello internazionale.

I precedenti sulla stabilità di Tor

In passato è accaduto che la rete Tor sia stata messa sotto attacco per via dell’interesse che Governi e Agenzie di sicurezza nazionali ed internazionali hanno nel controllare traffici illeciti, prevenendo anche aspetti terroristici. La società Zerodium, esperta di sviluppo e vendita dei malware, ha fissato tempo addietro una taglia di 1,5 milioni di euro per uno 0-day che interessasse Tor. La redazione di Matrice Digitale ha invece denunciato per prima una falla nel no script, estensione del browser che disabilita di default il javascript, che ha esposto diversi utenti, senza sapere per quanto tempo, a rischi di sicurezza severi.

Già in passato è stata trovata una violazione degli exit node, esponendo addirittura il 40% del traffico globale, nonostante ci fossero state diverse segnalazioni da parte di un ricercatore, che aveva denunciato l’inottemperanza della fondazione nel pagare le taglie promesse ai volontari che segnalavano i bug.

In questo caso il sistema di Tor ha fallito per un concetto di logica:

se la rete X ha 9000 pc che si prestano in giro per il mondo ad offrire uno dei tre livelli di nodi, è possibile che non ci sia il rischio che una agenzia governativa possa detenere finanche il 100%?

C’è il rischio, ovviamente, e questo è uno dei motivi per cui la rete Tor non può e non deve essere considerata sicura, anzi, sarebbe utile capire come si sia arrivati alla conclusione in questo caso che l’ultimo attacco sia stato messo in piedi dai russi, cinesi e non dagli americani?

Di Livio Varriale

Giornalista e scrittore: le sue specializzazioni sono in Politica, Crimine Informatico, Comunicazione Istituzionale, Cultura e Trasformazione digitale. Autore del saggio sul Dark Web e il futuro della società digitale “La prigione dell’umanità” e di “Cultura digitale”. Appassionato di Osint e autore di diverse ricerche pubblicate da testate Nazionali. Attivista contro la pedopornografia online, il suo motto è “Coerenza, Costanza, CoScienza”.

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