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Editoriali

ESCLUSIVA – Matrice digitale intervista CISCO

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Tempo di lettura: 4 minuti.

La sicurezza informatica sta vivendo dei grossi cambiamenti negli ultimi anni per via di una trasformazione digitale nel mondo che non procede secondo uno standard internazionale. Sono tanti, troppi, gli attacchi hacker che mettono a rischio la sicurezza dei dispositivi tecnologici sempre più numerosi e sempre più connessi al world wide web.

Sono tanti i problemi che si evincono dalla cronaca, molte le truffe che scaturiscono da infezioni silenziose perché il “miglior modo per ascoltare è quello di restare in silenzio” recita il motto della distro Linux Kali sviluppata per il pentesting, ma in dotazione a molti Hacker che invece offendono quotidianamente reti informatiche alla ricerca di una opportunità per compiere reati con un fine prevalentemente economico.

Inutile aggiungere altro se non che questi attacchi minano non solo alla incolumità delle persone, bensì anche alla Sicurezza Nazionale degli Stati coinvolti. Ed è qui che nasce l’esigenza di capire come si muovono le multinazionali nel contrasto alle attività criminali sempre più sofisticate ed in piena attività di implementazione di Malware software spia che hanno un unico scopo: delinquere.

Abbiamo avuto l’opportunità di intervistare Fabio PanadaConsulting Systems Engineer Security Cisco Italia, azienda leader nel settore della produzione di apparati tecnologici per la gestione e la tutela delle infrastrutture di rete. Perché è proprio nelle reti che si annidano i software malevoli di ogni genere che poi generano grossi problemi nel breve termine, ma soprattutto nel lungo quando tracciano le informazioni sensibili, e le modificano, creando problemi di grossa entità che possono letteralmente distruggere le aziende che li affrontano.

Prima di iniziare la conversazione, si deve precisare che Cisco è davvero all’avanguardia nel settore della prevenzione degli attacchi informatici ed è per questo motivo che ha fondato Talos: dipartimento di Intelligence sulle minacce informatiche e laboratorio di ricerca sulla sicurezza informatica che ha al suo attivo dei Media Alert sui gruppi illegali di Facebook dove si vendono prodotti vietati dietro pagamento di criptovaluta, Alert Sea Turtle nel contrasto al famoso malware che intercetta le informazioni sensibili delle reti per potervi accedere senza autorizzazione e del malware loader Jasper Loader che consente lo sniffing dei dati bancari di utenti ignari colpiti direttamente nei loro portafogli virtuali.

Altra nota di merito è la fondazione della Cisco Academy nell’innovativo complesso di San Giovanni, Napoli, in accordo con la Facoltà di Ingegneria della Federico Secondo Napoli, contribuendo a formare un centro di formazione d’eccellenza insieme a Deloitte ed Apple.

“collaborare con le università, scommettendo su di loro, ci aiuta a formare intere generazioni di tecnici specializzati nel nostro campo che attualmente mancano nel settore di nostra competenza”.

Quali sono gli obiettivi della vostra società nel campo della Cybersecurity?

“Implementare soluzioni e progetti che possono essere utili a contrastare le minacce provenienti da qualsiasi direzione. Siamo in italia da molti anni e offriamo soluzioni in ambito pubblico e privato per aziende di ogni dimensione e siamo di supporto non solo per il privato, ma anche per il pubblico.”

In questo momento in Europa c’è l’ingresso di nuove entità vostre competitor di altre nazioni che si prefiggono di essere di supporto agli Stati nel settore della Cybersecurity, qual è la vostra posizione?

“Il mercato libero sicuramente prevede ed i nostri rapporti con le pubbliche amministrazioni sono sia a livello locale, nazionale ed internazionale. Quello che portiamo a nostro vantaggio sono i gruppi di ricerca che abbiamo dislocati nel mondo che comunque rappresentano un unico soggetto nella ricerca di nuove minacce. Vantiamo una rete di informazioni basata sui nostri clienti, sui nostri apparati e su una moltitudine di sensori”

In virtù di un concetto di sicurezza, se la Sicurezza nazionale viene spacchettata tra la competenza di una società e di un’altra, non si rischia di indebolire la Sicurezza del paese stesso?

“Probabilmente sì, se immaginiamo che la testa non sia unica. Noi forniamo informazioni e rappresentiamo una parte di quella che può essere una strategia di monitoraggio e di difesa dello spazio cibernetico Nazionale. L’insieme delle collaborazioni va gestito e noi non siamo a conoscenza di tutto il piano.”

Questo sta avvenendo nel nostro paese secondo lei?

“Non metto in dubbio questo, ma ribadisco che non abbiamo una visione complessiva perché siamo partner.”

Oggi c’è un problema che riguarda internet. Tanti, troppi gli scandali che dimostrano molteplici falle nei sistemi informatici di ogni genere, sarebbe il caso a questo punto di riflettere su una limitazione della rete internet?

“Una domanda molto interessante quanto complicata se consideriamo che nessuno attualmente ha una risposta. Ci sono i presupposti giusti affinché si inizi una riflessione sul problema e posso comunque dire che la libertà di cui abbiamo goduto fino ad ora è stata gestita superficialmente. Però bisogna dire che è proprio grazie alla condizione attuale di internet, che nasce una maggiore consapevolezza dei rischi presenti e futuri su cui confermo che la problematica si trovi sospesa su diversi tavoli.”

Passando al livello inferiore di internet, il dark web, dove attualmente si risiedono tanti laboratori di prodotti malevoli che proprio su questo canale trovano una facile vendita e distribuzione. Che approccio avete nei confronti del lato più oscuro di internet?

Noi monitoriamo il dark web con l’obiettivo di monitorare costantemente qualsiasi rischio risiede lì con il fine di poter migliorare le difese dei nostri clienti. Siamo consci del fatto che monitorare la parte più oscura di internet. E’ certamente una esigenza per comprendere al meglio una delle molteplici origini degli attacchi che interessano i nostri clienti.

Editoriali

MITRE vittima di zero day Ivanti: anche i migliori le prendono

Tempo di lettura: 2 minuti. Anche le organizzazioni ben preparate come MITRE possono essere vulnerabili a minacce cibernetiche avanzate

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Mitre
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Nel contesto della sicurezza informatica, anche le organizzazioni più preparate possono trovarsi vulnerabili di fronte a minacce persistenti e avanzate, come dimostrato dagli attacchi recentemente subiti da MITRE. Questo caso sottolinea l’importanza di adottare un approccio informato sulle minacce per la difesa contro gli attacchi cyber sempre più sofisticati.

Cos’è MITRE?

MITRE è una corporazione senza scopo di lucro americana con sede principale a Bedford, Massachusetts, e una secondaria a McLean, Virginia. Fondata nel 1958, l’organizzazione opera centri federali di ricerca e sviluppo (FFRDCs) per conto del governo degli Stati Uniti. MITRE è dedicata all’interesse pubblico e lavora su una vasta gamma di questioni di sicurezza nazionale, aviazione, sanità, cybersecurity e innovazione del governo.

La missione principale di MITRE è quella di risolvere problemi complessi per un mondo più sicuro, fornendo ricerca, sviluppo e consulenza strategica ai vari enti governativi per aiutarli a prendere decisioni informate e implementare soluzioni tecnologiche avanzate. Uno degli aspetti notevoli del lavoro di MITRE è il suo impegno nella sicurezza informatica, attraverso lo sviluppo di framework e strumenti come il Common Vulnerabilities and Exposures (CVE) e l’ATT&CK framework, che sono largamente utilizzati a livello internazionale per la gestione delle minacce e la protezione delle infrastrutture critiche. Per ulteriori informazioni, puoi visitare il sito ufficiale.

Dettagli dell’attacco subito da MITRE

MITRE, un’organizzazione che si impegna a mantenere elevati standard di sicurezza cibernetica, ha recentemente rivelato di essere stata vittima di un attacco informatico significativo. Nonostante la solidità delle sue difese, MITRE ha scoperto vulnerabilità critiche che sono state sfruttate dagli attaccanti, segnalando un tema di sicurezza concentrato sulla compromissione di dispositivi di protezione perimetrale.

L’incidente e le sue conseguenze

L’attacco ha avuto inizio con un’intensa attività di ricognizione da parte degli attaccanti nei primi mesi del 2024, culminata nell’uso di due vulnerabilità zero-day nel VPN di Ivanti Connect Secure, bypassando l’autenticazione multifattore tramite session hijacking. Questo ha permesso agli attaccanti di muoversi lateralmente e infiltrarsi profondamente nell’infrastruttura VMware di MITRE, utilizzando account amministrativi compromessi e un mix di backdoor sofisticate e web shell per mantenere la persistenza e raccogliere credenziali.

Risposta di MITRE all’incidente

La risposta all’incidente ha incluso l’isolamento dei sistemi colpiti, la revisione completa della rete per impedire ulteriori diffusione dell’attacco, e l’introduzione di nuove suite di sensori per monitorare e analizzare i sistemi compromessi. Inoltre, l’organizzazione ha avviato una serie di analisi forensi per determinare l’entità del compromesso e le tecniche utilizzate dagli avversari.

Lezioni apprese e miglioramenti futuri

Questo incidente ha rafforzato per MITRE l’importanza di comprendere i comportamenti degli hacker come mezzo per sconfiggerli, spingendo l’organizzazione a creare tassonomie comportamentali che catalogano le TTP (tattiche, tecniche e procedure) degli avversari, che hanno portato alla creazione di MITRE ATT&CK®. Questo evento ha anche stimolato l’adozione del concetto di difesa informata dalle minacce, culminando nella creazione del Center for Threat-Informed Defense. L’incidente di sicurezza subito serve da monito per tutte le organizzazioni sulla necessità di mantenere sistemi di difesa aggiornati e proattivi, utilizzando le risorse come il MITRE ATT&CK, costantemente monitorato anche da CISA i cui bollettini sono riportati puntualmente da Matrice Digitale, per rimanere informati sulle ultime strategie degli avversari e su come contrastarle efficacemente.

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Editoriali

Università, Israele e licenziamenti BigTech

Tempo di lettura: < 1 minuto. Una riflessione sull’eventualità di sospendere gli accordi nelle università italiane con progetti di ricerca israeliani

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A distanza di un mese, l’Italia scopre il progetto Nimbus, di cui Matrice Digitale ne parla da più di un anno, dove Google fornisce un cloud ad Israele per il riconoscimento facciale di tutta la striscia di Gaza.

Essendo #Google una multinazionale, come tante altre #bigtech, si vanta di avere dipendenti maschi, femmine, gender fluid, cristiani, buddisti e pure musulmani.

Poi però licenzia i musulmani ed i bianchi pacifisti perchè partecipano a manifestazioni contro i progetti militari dell’azienda.

Vi sorprenderò: è giusto che lo faccia perchè sono interessi privati e se uno vuole vendere armi, anche quelle non convenzionali, può farlo.

Qui però entriamo nel merito delle Università che protestano per non sviluppare progetti di ricerca militari con l’una e l’altra nazione: questo dovrebbe sollecitare i rettorati ad aprire una riflessione sui progetti militari e l’art. 11 della ns Costituzione che tanto ripudia la guerra.

Quindi se sospendiamo i progetti militari dalle università, si risolve il problema?

NO, e sapete perchè?

Esempio: l’algoritmo del progetto Nimbus sfrutta anche la tecnologia di Google Lens e Photos che sono prodotti di uso civile e quotidiani.

E la cosa vera l’ha detta Bersani in questi giorni ad Otto e Mezzo: esistono tanti progetti accademici di secondo livello che propongono buoni propositi, ma in realtà chi li gestisce ha già presente il fine e l’impiego militare.

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Editoriali

Apple vuole fregarti con lo spot dei 128GB di spazio iPhone: aspetta il 16

Tempo di lettura: 3 minuti. Scopri se 128GB di spazio su iPhone sono sufficienti per le tue esigenze e considera le alternative di iCloud per una gestione ottimale dell’archiviazione.

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Apple iPhone Spot
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L’iPhone 15 promette “molto spazio per molte foto”, come evidenziato nell’ultimo spot di Apple. Tuttavia, la sufficienza dello spazio di archiviazione dipende dall’utilizzo specifico che ciascuno fa del proprio iPhone e dall’opzione di memoria scelta. La capacità di archiviazione base dell’iPhone 15 è di 128GB, un notevole aumento rispetto ai 64GB degli anni precedenti, riflettendo l’esigenza crescente di più spazio dovuta all’ampliamento delle abitudini digitali.

Fotografia e video in Alta Risoluzione

Con le capacità fotografiche dell‘iPhone 15 che includono foto da 48 megapixel e registrazione video in 4K, lo spazio richiesto per questi file ad alta risoluzione è sostanziale. Questi miglioramenti, sebbene accrescano la qualità dei contenuti catturati, consumano rapidamente la capacità di archiviazione locale, rendendo quello che una volta sembrava ampio spazio, ora insufficiente per le esigenze di molti utenti.

iCloud come soluzione?

iCloud di Apple offre una soluzione alle limitazioni di spazio dei dispositivi, con piani che vanno oltre i 5GB gratuiti – quantità decisamente insufficiente per la maggior parte degli utenti. I piani di abbonamento a pagamento di iCloud+ offrono 50GB, 200GB e 2TB di spazio cloud, arricchiti da funzionalità aggiuntive. Di recente, Apple ha introdotto opzioni per 6TB e 12TB di spazio, pensate per utenti con esigenze di archiviazione estese, sebbene queste opzioni comportino costi significativi e la dipendenza da una connessione internet per accedere ai file e ad un aumento di prezzi con contratti unilaterali.

iPhone storage vs iCloud

Mentre i modelli standard di iPhone 15 e iPhone 15 Pro partono da 128GB di spazio di archiviazione, Apple offre opzioni di upgrade a 256GB e 512GB, con un’ulteriore opzione da 1TB per l’iPhone 15 Pro, verificare su Amazon i prezzi e le diverse caratteristiche. Optare per un modello con capacità inferiore e integrarlo con spazio iCloud aggiuntivo potrebbe rivelarsi una scelta più economica e pratica, considerando il costo e la durata potenziale del dispositivo rispetto all’investimento in un iPhone da 1TB.

Il futuro dello spazio di Archiviazione su iPhone

Data l’attuale traiettoria, sembra ragionevole che Apple aumenti la capacità di base di tutti i suoi modelli di iPhone a 256GB nelle generazioni future, e si auspica anche una revisione dell’aliquota gratuita di 5GB di iCloud, per riflettere meglio le realtà del consumo digitale moderno.

Chi vi scrive non casca nella fregatura salvo rottura

Apple invita gli utenti a fare l’upgrade di cellulare un motivo chiaro: cambiarlo e fare cassa. Il messaggio è rivolto agli utenti di iPhone 12 e 13 con le versioni base da 128GB. Chi vi scrive ha un iPhone 12 Pro Max che ha cambiato dopo un 7 plus da pochi GB. L’iPhone non si cambia ogni anno, ma si cambia quando arriva la tecnologia di discontinuità. Nel caso del 7 plus e della versione 12, oltre allo spazio, ad una durata sempre inferiore della batteria, il motivo che mi ha portato al cambio di dispositivo è stato il 5G che ha modificato i tempi di consultazione del Web. Anche la fotocamera è stata gradita al passaggio, ma, dalla versione 12 in poi fino alla 15, c’è poco da aggiungere se non appunto questioni di spazio, qualche avanzamento tecnologico nella fotografia e magari un 5g più veloce per via dei modem nuovi.

Se Apple fa questa proposta ansiolitica, mettendo in mezzo il fatto che possiate perdere la memoria della vostra defunta madre, è perchè le vendite vanno molto male ed il mondo sta sfornando cellulari nettamente superiori con l’Intelligenza Artificiale integrata dove Apple sta scopiazzando per il prossimo modello perchè rimasta indietro.

Sappiate che potete sempre trasferire le foto di mammà sul vostro PC e poi valutare se spostarle nel cloud Apple dove comunque potreste essere costretti nel fare l’upgrade del cloud se ovviamente vorrete fare il backup del dispositivo online. Se avete un iPhone 12 o anche un 14, attendete il primo iPhone AI, il iPhone 16, che arriverà verso settembre. Varrà ancor di più la pena di spostarci anche i propri ricordi.

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