Nucleare per l’AI: si muovono “gli squali” delle Big Tech in Italia

da Livio Varriale
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Tutte le notizie sull’uso di impianti nucleari, anche “tascabili”, che si stanno susseguendo in questi giorni ci confermano quello che già sapevamo: il mondo, per poter crescere, ha bisogno di energia, e tanta. Bisogna andare incontro alle tendenze ambientali, sostituendo l’energia “sporca” con quella “pulita” anche in Italia dove abbiamo abbandonato il nucleare da protagonisti nel settore. Tuttavia, non esiste energia pulita in senso assoluto, o meglio, non esiste energia a impatto zero. Ci sono modi di produrre energia che inquinano immediatamente, ma ce ne sono altri che, pur sembrando più puliti, generano rifiuti e scarti che, se non trattati adeguatamente, possono inquinare nel tempo.

Bisogna anche essere fortunati nel trovare modi per trattare i rifiuti industriali, soprattutto nel campo energetico. Molta di quella che noi consideriamo energia pulita, come il solare e l’eolico, sta già iniziando a produrre rifiuti che non potranno essere smaltiti facilmente. Il discorso del nucleare, soprattutto in Italia, è abbastanza sentito, considerando che il Paese ha rifiutato l’energia nucleare attraverso un referendum popolare nei tempi addietro. Una scelta che a distanza di anni ha mostrato un cortocircuito immane, visto che in caso di uno scoppio di una centrale nucleare situata in una nazione, i danni si estenderebbero anche alle nazioni limitrofe e non solo.

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Come nel caso di Chernobyl, a migliaia di chilometri di distanza in Ucraina, che destò fortissima preoccupazione quando esplose la pioggia radioattiva, e si consigliò all’epoca ai cittadini italiani di restare chiusi in casa per evitare l’esposizione a quella che venne descritta come pioggia radioattiva. Il discorso del nucleare nel nostro Paese è sicuramente un argomento che viene proposto da questo ultimo governo e viene definito come nucleare di nuova generazione, ancora più pulito.

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Lista siti di smaltimento rifiuti nucleari in Italiafonte

C’è un dato di fatto che non possiamo trascurare: il nucleare attraverso una singola centrale produce più energia di quanto ne producano, messi insieme, numerosi impianti eolici e fotovoltaici. C’è il problema delle scorie radioattive, ma questo sembrerebbe essere un problema minore perché già esistono zone utilizzate per stoccare le scorie radioattive prodotte dalle centrali nucleari aperte nel passato e poi chiuse.

Le multinazionali faranno arrivare il nucleare in Italia?

Il problema ci porta a riflettere su una natura molto più complessa, politica, e ci apre su due elementi molto importanti. Il primo è che le multinazionali hanno sempre cercato di vendere, secondo quella che è la logica del bollino verde, l’eventuale produzione di prodotti e servizi a impatto ambientale zero. Premesso che, come già scritto, non esiste l’impatto zero, è possibile calarsi in un’analisi molto più importante.

Google ogni anno sostiene di essere a impatto zero, impegnandosi a produrre energia fotovoltaica o pulita e questa è una grande bugia. Innanzitutto, Google ed altri preferiscono sempre luoghi freddi del pianeta dove installare i data center e questa scelta ha una logica in ottica di risparmio energetico perché i costi di raffreddamento risultano meno elevati e si può impiegare meno energia per tenere a temperatura di sicurezza i data center.

Pochi abbiamo sentito dire però che nessun data center di Google sembrerebbe essere a impatto zero o autosufficiente in termini di energia elettrica.

E allora qual è il problema?

Essenzialmente, l’energia prodotta da Google non è sufficiente per essere carbon neutral e viene acquistata dai Paesi ospitanti, come nel caso della Finlandia tanto da stipulare un accordo per la costruzione di impianti nucleari dopo che tale strategia sia stata annunciata da Microsoft. In pratica viene acquistata tutta l’energia pulita di interi Paesi per ottenere quel certificato di garanzia sui propri data center, cioè carbon neutral, ma in realtà, così si costringono gli altri Paesi ad acquistare energia altrove, che pulita non è.

Mentre oggi abbiamo bisogno di un elevato consumo di energia, i pannelli solari prodotti dalle multinazionali non è dato sapere come verranno smaltiti, così come non è dato sapere come verranno smaltite le migliaia di batterie elettriche, nonostante ci siano validi progetti che vedono un riutilizzo di alcuni dei materiali impiegati, che ricordiamo essere parte delle terre rare e in grande scarsità e fuori dalle disponibilità geopolitiche dell’Occidente salvo cambi di regime a noi favorevoli in Cina e in Russia dove è in atto un conflitto proprio nell’est dell’Ucraina per ottenere una buona riserva di giacimenti necessari ad attuare in autonomia la produzione delle infrastrutture Green.

Perchè nessuno parla dell’acqua?

C’è un qualcosa che viene omesso nei discorsi che oggi si odono circa il nucleare come soluzione alle esigenze big tech e che apre uno scenario diverso a tratti anche angosciante: l’utilizzo dell’acqua. Con la costruzione di data center destinati ad ospitare supercomputer destinati all’intelligenza artificiale, emerge un uso spropositato di acqua e questa necessità emerge dalle ultime notizie che riportano l’utilizzo di un litro d’acqua per ogni risposta che fornisce ChatGPT o qualsiasi altro applicativo di intelligenza artificiale agli utenti. Nonostante sia diffusa oggi l’intelligenza artificiale, nei prossimi mesi con l’arrivo sui dispositivi mobili, aumenterà vertiginosamente la necessità di approvvigionarsi di grosse quantità di acqua commisurate alla sempre più crescente dimensione che oggi richiede impianti nucleari non più capaci di erogare megawatt, bensì gigawatt di energia elettrica.

Su questo problema molti latitano. Coloro che dovrebbero preoccuparsi del futuro dell’umanità sono in realtà presi dalla tecnologia come opportunità, addirittura come capacità di poter ottimizzare al meglio le risorse idriche, ma non fanno i conti con la risorsa e il bene più prezioso del nostro mondo per gli esseri umani: l’acqua. Acqua che non è un bene disponibile dappertutto, e quindi sarebbe opportuno che chi sta sensibilizzando sugli impianti di produzione elettrica nucleare, favorendo le società che producono data center, abbia allo stesso tempo la sensibilità di creare un punto di rottura e di non mostrarsi asservito al potere, imponendo determinati paletti sia dal punto di vista logico sia da quello politico.

La proposta in favore dell’umanità

Il paletto oggi, se si vuole allestire un data center all’interno di un Paese, dovrebbe essere per buon costume non solo quello di utilizzare l’energia nucleare autoprodotta per poter alimentare gli stessi data center, ma allo stesso tempo sarebbe moralmente obbligatorio che la politica imponga la costruzione di un desalinizzatore, o un impianto che abbia la stessa funzione, in modo tale da non prendere l’acqua dolce corrente che serve ad animali, piante ed esseri umani, ma bensì utilizzare quella che proviene dal mare e che potremmo definire pressoché infinita.

Questa è la visione che manca ad una proposta politica ed intellettuale che ad oggi manca.

Perché manca?

Manca perché ci sono tantissime persone che utilizzano l’allarmismo “energetico” e ambientale semplicemente per favorire l’ingresso, per esempio nel caso dell’Italia, dell’energia nucleare, nonostante sia stata bandita, preoccupandosi in realtà degli affari propri e delle società che magari rappresentano, né di quello che può essere il futuro della cittadinanza.

Ci sono tanti casi in cui è stato preferito costruire dei parchi eolici o dei parchi solari e dismettere addirittura terreni che potevano essere coltivati a causa della siccità. La Sicilia, restando sempre in Italia, è uno dei territori dove è avvenuto tutto ciò e la Sardegna seguirà dopo che le ultime proteste verranno “abbattute”.

Imporre a livello governativo che ad ogni insediamento di data center utilizzato per ospitare l’intelligenza artificiale, ci sia anche la quantità necessaria di acqua autoprodotta dalle stesse multinazionali che ne fanno richiesta. Questa sarebbe forse la più grande “tassa” emessa in termini di utilità nei confronti delle aziende e che dovrebbe essere una proposta a livello internazionale, magari attraverso l’ONU e recepita dai continenti e le rispettive nazioni.

Perché bisogna imporre adesso una sorta di regolamentazione dell’utilizzo delle risorse dell’acqua?

Bisogna farlo semplicemente per un motivo in particolare: l’energia nucleare che verrà prodotta da questi mini impianti, o giga, andrà ad alimentare solo ed esclusivamente le multinazionali, produrrà rifiuti industriali radioattivi che dovranno essere tracciati, e in Italia abbiamo tanti casi di “Terra dei Fuochi” che possono dimostrare che non sempre le grandi aziende preferiscono le vie legali.

In più, è oramai storicamente accertato che la costruzione di un impianto all’interno di un territorio venga puntualmente venduta al giardino della porta accanto con la promessa che si abbassi l’energia elettrica anche per i cittadini. Sarebbe il caso di iniziare a pensare un ragionamento analogo anche verso quella una parte in eccesso per il raffreddamento dei data center, prodotto da un desalinizzatore, alla cittadinanza che ne accoglierà la costruzione.

Invece di chiedere garanzie economiche che potrebbero disperdersi nei meandri della burocrazia, per non aggiungere altro, gli Stati, oramai senza soldi, potrebbero chiedere il contributo in impianti efficaci e realmente auto sostenibili alle multinazionali che hanno più soldi e capitalizzazione delle nazioni stesse.

La difficoltà sembrerebbe essere sempre la stessa: chi dovrebbe trattare con le multinazionali, oppure chi dovrebbe garantire i diritti che decanta per fini politici o ideologici, in realtà non fa il gioco di chi dovrebbe realmente rappresentare, bensì di chi gli ha dato modo di risiedere in quel posto ed ottenere il prestigio e incarichi che sono anche pagati lautamente soprattutto nell’Italia senza autorità nel digitale, ma con uno storico importante sulla ricerca nucleare.

Si può anche come

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