Economia
Che cos’è Zcash (ZEC)?
Zcash è una criptovaluta decentralizzata incentrata sulla privacy e sull’anonimato. Utilizza la tecnologia a prova di conoscenza zero zk-SNARK che consente ai nodi della rete di verificare le transazioni senza rivelare alcuna informazione sensibile su tali transazioni. Contrariamente a un comune malinteso, la maggior parte delle criptovalute sul mercato, compreso Bitcoin (BTC), non sono anonime, ma piuttosto pseudonime; sebbene non rivelino esplicitamente l’identità dei propri utenti, ogni utente ha il proprio indirizzo pubblico o indirizzi che possono essere ricondotti a loro tramite i metodi della scienza dei dati e della blockchain forensics. Le transazioni Zcash, d’altra parte, devono ancora essere inoltrate tramite una blockchain pubblica, ma a differenza delle criptovalute pseudonime, le transazioni ZEC per impostazione predefinita non rivelano gli indirizzi di invio e ricezione o l’importo inviato. Esiste un’opzione, tuttavia, per rivelare questi dati ai fini della verifica o della conformità normativa. Zcash è stato rilasciato per la prima volta il 28 ottobre 2016 ed era originariamente basato sul codice di Bitcoin.
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Chi sono i fondatori di Zcash?
Zcash è stata fondata nel 2016 da cypherpunk, esperta di sicurezza informatica e imprenditrice Zooko Wilcox-O’Hearn. È anche il fondatore della società a scopo di lucro Electronic Coin Company (ECC), che gestisce lo sviluppo di Zcash. Wilcox-O’Hearn ha trascorso più di 25 anni nel settore della crittografia e della sicurezza delle informazioni e ha contribuito a numerosi progetti, tra cui l’azienda di moneta elettronica DigiCash, il software di archiviazione dati peer-to-peer Mojo Nation e il File system Tahoe Least-Authority File Store. Ha anche fondato Least Authority Enterprises, una società tecnologica focalizzata sul miglioramento della sicurezza digitale e sulla tutela del diritto fondamentale alla privacy, e ha co-inventato la funzione di hash crittografico BLAKE3.
Cosa rende unico Zcash?
Il principale vantaggio di Zcash risiede nel suo anonimato opzionale, che consente un livello di privacy irraggiungibile con criptovalute regolari e pseudonime come Bitcoin o Ethereum.
Le transazioni ZEC possono essere inviate in due modi: trasparente e schermata. Le transazioni trasparenti funzionano più o meno allo stesso modo di Bitcoin, la cui base di codice Zcash era originariamente basata su: vengono inviate tra indirizzi pubblici e sono registrate su un registro pubblico immutabile (la blockchain). Tutte le informazioni essenziali su queste transazioni sono disponibili online affinché chiunque possa vederle, inclusi gli indirizzi di invio e ricezione e l’importo inviato. Queste transazioni pubbliche non rivelano le identità degli utenti in modo palese: gli unici identificatori a cui un osservatore esterno può accedere dalla blockchain sono gli indirizzi pubblici. Tuttavia, attraverso gli sforzi dei data scientist e delle forze dell’ordine negli ultimi anni, i metodi di analisi blockchain sono stati sviluppati al punto in cui una parte interessata può collegare in modo abbastanza affidabile un indirizzo pubblico su una blockchain all’identità del mondo reale del suo proprietario, essenzialmente rendendo impossibili le transazioni private.
Le transazioni ZEC schermate, d’altra parte, sfruttano la tecnologia degli argomenti di conoscenza succinti non interattivi a conoscenza zero, o zk-SNARK, al fine di consentire l’invio di transazioni completamente anonime su una blockchain pubblica immutabile. Il fatto che la transazione sia avvenuta viene registrato sul libro mastro, ma gli indirizzi di invio e di ricezione e l’importo inviato non vengono rivelati al pubblico.
Ciò consente a Zcash di offrire ai propri utenti il diritto alla privacy pur godendo dei vantaggi di una valuta digitale decentralizzata e senza autorizzazione.
Quante monete Zcash (ZEC) ci sono in circolazione?
Nel complesso, la tokenomics di Zcash è simile a quella di Bitcoin: si tratta di un token estraibile scarsamente con un limite di offerta totale di 21 milioni di monete. Le nuove ZEC vengono create sotto forma di “block sussidi”: ogni volta che un nuovo blocco viene estratto e aggiunto alla fine della blockchain, viene coniata una certa quantità di monete e suddivisa in “miner sussidio” e “founders’ reward” ad un rapporto rispettivamente dell’80 e del 20%. La sovvenzione del blocco viene dimezzata a intervalli regolari per rallentare il tasso di emissione man mano che l’offerta totale di ZEC si avvicina al limite di 21 milioni. Il sussidio per i minatori va al miner che ha estratto l’ultimo blocco e la ricompensa dei fondatori viene distribuita tra i fondatori di Electronic Coin Company (ECC), Zcash Foundation e la stessa ECC, nonché i suoi dipendenti. Il 18 novembre 2020, il sussidio per blocco è stato dimezzato da 6,25 ZEC a 3,125 ZEC, che è stato attivato al blocco 1.046.400. Questo è stato introdotto con l’aggiornamento Zcash Canopy, che ha anche rimosso il Founders Reward. Il restante 20% sarà invece suddiviso tra Major Grants Fund, ECC e Zcash Foundation, rispettivamente all’8%, 7% e 5%. Si stima che il prossimo e quinto aggiornamento della rete Zcash, Zcash NU5, sarà disponibile sul testnet il 30 settembre 2021. Dal lancio c’è stato un notevole interesse per le coppie di prezzi ZEC in AUD e ZEC in EUR.
Come è protetta la rete Zcash?
La rete Zcash è protetta dalla funzione hash SHA-256 proof-of-work che appartiene al set di algoritmi SHA-2, come Bitcoin.
Economia
Rapporto Draghi: impulso per l’innovazione e la ricerca in Europa?
Tempo di lettura: 3 minuti. Mario Draghi propone un’agenzia ARPA per l’innovazione in Europa e un aumento dei fondi per l’FP10, con l’obiettivo di migliorare la competitività dell’UE.
L’Unione Europea si trova di fronte a una sfida cruciale per migliorare la propria competitività globale, specialmente nel settore della ricerca e innovazione. Il recente rapporto di Mario Draghi, ex primo ministro italiano, offre una serie di raccomandazioni fondamentali per superare le attuali difficoltà create dallo stesso ex premier italiano, ex presidente della BCE, e dall’establishment che oggi lo invoca per un salvataggio di un Europa che rischia di soccombere. Tra le proposte più rilevanti, Draghi sottolinea l’importanza di investire in un’agenzia di innovazione in stile ARPA, simile al modello americano della DARPA, e di aumentare il budget per il prossimo programma quadro di ricerca e innovazione, l’FP10. Queste proposte mirano a colmare il divario tecnologico che separa l’Europa da altre potenze mondiali, incoraggiando lo sviluppo di tecnologie dirompenti e un miglior coordinamento a livello europeo.
La proposta di un’agenzia ARPA per l’UE: innovazione radicale e autonomia
Il rapporto di Draghi suggerisce la creazione di un’agenzia ARPA europea, modellata sull’americana DARPA, per promuovere l’innovazione radicale e tecnologica. L’attuale struttura dell’European Innovation Council (EIC), secondo Draghi, non è sufficientemente indipendente né ben finanziata per sostenere adeguatamente progetti di innovazione dirompente. La creazione di un’agenzia ARPA porterebbe maggiore flessibilità, permettendo di concentrare gli sforzi su obiettivi specifici con la libertà di sperimentare tecnologie che, attualmente, faticano a trovare spazio nei programmi dell’Unione.
Un esempio positivo a cui Draghi fa riferimento è l’agenzia tedesca Sprin-D, che utilizza un modello di sfide competitive per finanziare progetti innovativi. Questo sistema potrebbe essere replicato a livello europeo, garantendo maggiore efficienza e risultati concreti nel campo della ricerca avanzata. Tuttavia, la proposta potrebbe incontrare resistenze da parte degli Stati membri, preoccupati per una possibile concorrenza con le loro agenzie nazionali.
Inoltre, il rapporto mette in luce che uno dei principali problemi attuali dell’EIC è la sua lentezza burocratica e la mancanza di potere decisionale da parte dei manager di programma, figure fondamentali nel modello ARPA. Draghi auspica una riforma radicale dell’EIC, con l’obiettivo di renderlo più agile e orientato ai risultati, specialmente nel campo della tecnologia di frontiera.
Aumento dei fondi per la ricerca e l’innovazione: la visione per l’FP10
Oltre alla creazione di un’agenzia ARPA, il rapporto di Draghi propone un significativo aumento del budget destinato al prossimo programma quadro di ricerca e innovazione, l’FP10, che dovrebbe prendere il posto di Horizon Europe a partire dal 2028. Draghi suggerisce uno stanziamento di 200 miliardi di euro per il nuovo programma, con l’obiettivo di supportare sia la ricerca di base che quella applicata, assicurando che l’Europa rimanga competitiva a livello globale.
Le università e le istituzioni di ricerca europee hanno accolto favorevolmente questa proposta. La European University Association (EUA) ha espresso il proprio sostegno, sottolineando come l’aumento dei finanziamenti permetterebbe di migliorare l’accesso ai fondi per i ricercatori e semplificare le procedure di applicazione. Tuttavia, alcune preoccupazioni riguardano l’eventualità che l’FP10 si concentri troppo su priorità politiche del momento, a scapito di progetti scientifici di lungo termine.
Draghi ha inoltre suggerito l’introduzione di un programma chiamato “ERC per Istituzioni”, che mirerebbe a finanziare direttamente le università europee di eccellenza. Questo piano, seppur ambizioso, ha suscitato alcune critiche, con esperti che lo considerano un approccio troppo incentrato su singoli enti, invece che promuovere una collaborazione transnazionale tra diverse istituzioni, come avviene attualmente nei programmi europei.
Necessità di riforme strutturali e nuovi finanziamenti
Il rapporto di Draghi rappresenta una visione scontata e tardiva da applicare al futuro dell’innovazione e della ricerca in Europa, proponendo riforme strutturali come la creazione di un’agenzia ARPA e un aumento significativo dei fondi per l’FP10. Entrambe le proposte puntano a rafforzare la competitività europea in un contesto globale sempre più dinamico, affrontando allo stesso tempo le sfide legate alla lentezza burocratica e alla frammentazione delle risorse a livello continentale. Tuttavia, la loro attuazione richiederà un forte impegno politico e finanziario da parte degli Stati membri e della Commissione europea.
Economia
iPhone 16: Vantaggi negli Stati Uniti e delusione in Cina
Tempo di lettura: 2 minuti. Gli iPhone 16 negli USA offrono velocità e sicurezza superiori con il 5G mmWave. In Cina, l’assenza di AI ha deluso gli utenti.
Il lancio dell’iPhone 16 ha portato a reazioni diverse in diverse parti del mondo: negli Stati Uniti, i modelli di iPhone 16 si distinguono per il supporto esclusivo al 5G mmWave e l’assenza di un vano SIM, offrendo così prestazioni avanzate e maggiore sicurezza mentre, in Cina, il nuovo iPhone ha generato critiche a causa della mancanza di funzionalità di intelligenza artificiale (AI) nella versione locale. Queste divergenze sottolineano l’importanza delle differenze regionali nelle caratteristiche tecnologiche e nel modo in cui i consumatori reagiscono alle novità.
iPhone 16 negli Stati Uniti supportano solo 5G mmWave e non hanno il vano SIM
Gli utenti dell’iPhone 16 negli Stati Uniti godono di un’esperienza esclusiva, poiché i modelli venduti sul mercato americano supportano solo il 5G mmWave e non dispongono di un vano per la SIM fisica. Invece, gli iPhone negli Stati Uniti utilizzano esclusivamente eSIM, attivata in modo remoto, aumentando la sicurezza del dispositivo. Questo elimina la preoccupazione che qualcuno possa rubare la scheda SIM e ottenere accesso ai codici di autenticazione a due fattori, mettendo a rischio la sicurezza dell’utente.
Il 5G mmWave, che garantisce velocità di connessione elevatissime fino a 3Gbps, è un’esclusiva per i modelli di iPhone venduti negli Stati Uniti. Tuttavia, a causa della limitata diffusione di questa tecnologia, utilizzata principalmente nelle grandi città come New York, è difficile trovarla fuori dai centri urbani principali. Questo rende i modelli di iPhone 16 negli Stati Uniti tra i più veloci e sicuri disponibili nel 2024.
Delusione in Cina per la mancanza di funzionalità AI sull’iPhone 16
In Cina, il lancio dell’iPhone 16 ha suscitato grande discussione, ma non nel modo che Apple sperava. Mentre il nuovo smartphone è stato lanciato con funzionalità di intelligenza artificiale (AI) avanzate, queste non sono ancora disponibili nella versione cinese del dispositivo. L’assenza di queste funzionalità ha generato frustrazione tra gli utenti cinesi, che si sono rivolti ai social media per esprimere il loro malcontento.
Il principale problema sollevato è la mancanza dell’integrazione dell’Apple Intelligence, la nuova funzione di AI che migliora Siri e la fotocamera. Gli utenti cinesi dovranno attendere fino al 2025 per poter accedere a queste funzionalità. Questa mancanza, unita alla crescente concorrenza di Huawei, ha messo Apple in una posizione di svantaggio nel mercato cinese.
In particolare, su Weibo, tre dei dieci argomenti più discussi riguardavano l’iPhone 16, con l’hashtag “iPhone 16 versione cinese non supporta ancora l’AI” che ha raggiunto oltre 11 milioni di visualizzazioni. Questo ritardo nell’implementazione dell’AI potrebbe influenzare ulteriormente le vendite di Apple in Cina, dove Huawei ha già superato Apple nella classifica dei principali venditori di smartphone pieghevoli.
Gli iPhone 16 venduti negli Stati Uniti offrono la migliore combinazione di velocità di connessione e sicurezza grazie al supporto del 5G mmWave e all’uso dell’eSIM ed in Cina, il lancio non ha soddisfatto le aspettative degli utenti, a causa della mancanza di funzionalità AI e della crescente concorrenza di Huawei. Questo mette Apple in una posizione difficile nel mercato cinese, dove dovrà recuperare terreno nei confronti dei produttori locali.
Economia
Google e Apple: mazzate miliardarie in Europa
Tempo di lettura: 3 minuti. Google perde la causa antitrust da 2,7 miliardi di dollari in UE. Apple deve pagare 13 miliardi di euro in tasse arretrate all’Irlanda.
Google e Apple sono state entrambe coinvolte in due delle più grandi dispute legali in Europa, con decisioni recenti che hanno visto la conferma di sanzioni miliardarie contro entrambe le aziende. Mentre Google ha perso la sua battaglia contro una multa da 2,7 miliardi di dollari per pratiche anticoncorrenziali imposte dall’Unione Europea, Apple dovrà restituire 13 miliardi di euro in tasse arretrate al governo irlandese, dopo una lunga disputa fiscale. Questi eventi sottolineano l’impatto crescente della regolamentazione europea sulle grandi multinazionali tecnologiche, portando a sanzioni che potrebbero modificare il modo in cui operano in futuro.
Google perde una battaglia antitrust da 2,7 miliardi di dollari in UE dopo sette anni
Nel 2017, Google è stata colpita da una multa senza precedenti da parte delle autorità dell’Unione Europea per pratiche anticoncorrenziali. Dopo anni di battaglie legali, l’azienda ha ufficialmente perso l’appello.
La sentenza originaria del 2017 ha imposto a Google una multa di 2,42 miliardi di euro per aver favorito i propri strumenti di confronto prezzi nel servizio Google Shopping, a discapito delle opzioni di terze parti nei risultati di ricerca. Google ha cercato di ribaltare questa decisione presentando ricorso nel 2021, ma la recente sentenza conferma la validità della multa.
Secondo un rapporto di Reuters, il tribunale dell’UE ha rigettato l’appello di Google, confermando così la multa di 2,42 miliardi di euro (circa 2,7 miliardi di dollari). Questa decisione rappresenta una delle tre sanzioni significative imposte a Google dalle autorità europee per pratiche anticoncorrenziali.
Oltre a questa multa, Google è attualmente coinvolta in ulteriori controversie antitrust nell’Unione Europea. Tra queste ci sono le indagini riguardanti il sistema operativo Android e la gestione della pubblicità online tramite AdSense. In totale, l’azienda rischia ulteriori sanzioni per un totale potenziale di oltre 8 miliardi di euro, ma si attendono ancora sentenze definitive in questi casi.
Apple deve pagare 13 miliardi di euro in tasse arretrate al governo irlandese
Apple è stata condannata a pagare 13 miliardi di euro in tasse arretrate al governo irlandese, a seguito di una sentenza definitiva della Corte di giustizia dell’Unione Europea. Questa decisione segna la fine di una disputa legale durata otto anni tra Apple, il governo irlandese e l’Unione Europea.
Il nodo centrale della questione riguarda gli accordi fiscali di Apple in Irlanda, che sono stati giudicati come “aiuti di stato illegali” dall’UE. Apple ha indirizzato i propri ricavi europei attraverso la sede centrale irlandese, approfittando del basso tasso di imposta sulle società del Paese. Nel 2016, l’Unione Europea ha dichiarato questi accordi illegittimi, affermando che Apple doveva pagare le tasse dovute. Nonostante Apple e il governo irlandese avessero inizialmente vinto un ricorso, la Corte di giustizia dell’Unione Europea ha ribaltato la decisione.
Apple ha espresso delusione per la sentenza, ribadendo di aver sempre pagato le imposte dovute e di non aver mai ricevuto trattamenti fiscali di favore. L’azienda ha inoltre sostenuto che la Commissione Europea stesse tentando di cambiare retroattivamente le regole e ignorare le leggi fiscali internazionali.
Ora, il governo irlandese trasferirà i 13 miliardi di euro, attualmente bloccati in un conto escrow, nelle proprie casse. Si spera che, in futuro, l’introduzione di regole globali per la tassazione delle multinazionali possa evitare simili controversie.
Le recenti decisioni contro Google e Apple in Europa mostrano come le autorità stiano intensificando i loro sforzi per regolamentare le pratiche delle grandi aziende tecnologiche. Google ha visto confermata una sanzione antitrust da 2,7 miliardi di dollari, mentre Apple è stata obbligata a restituire 13 miliardi di euro in tasse arretrate al governo irlandese. Questi eventi potrebbero segnare un precedente per future azioni regolatorie e spingere le multinazionali a rivedere le loro strategie fiscali e commerciali all’interno del mercato europeo.
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