L’Europa alla prova della sovranità tecnologica nell’era dell’intelligenza artificiale

L'Europa affronta la sfida della sovranità tecnologica nell'era IA: governance, dati e regolamentazione per un futuro digitale sicuro oggi.

da Giuseppe De Vitis matricedigitale.it
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In un’epoca in cui la trasformazione digitale investe ogni aspetto della vita economica e sociale, l’Europa si trova a dover affrontare una sfida cruciale: la sovranità tecnologica. Il rapido sviluppo dell’intelligenza artificiale (IA) e la sua crescente integrazione nei processi produttivi e decisionali hanno sollevato interrogativi sulla governance, sulla protezione dei dati e sull’equità nell’accesso alle tecnologie avanzate. Come afferma Dario Denni nel suo approfondito studio, “essere capaci di rischio crea la fiducia dei mercati solo se possono contare su regole certe e giudici in grado di farle rispettare”. Questa riflessione apre la strada a una serie di tematiche fondamentali, che vanno dall’errata impostazione strategica nella gestione dell’IA, fino alla necessità di ripensare l’intero ecosistema normativo e giuridico per garantire la sicurezza e la trasparenza in un contesto globale sempre più complesso.

La governance dell’intelligenza artificiale: errori, strategie e prospettive

La governance dell’intelligenza artificiale è un tema che ha preso piede a livello globale, portando alla luce numerosi errori strategici e a proposte innovative per il futuro. Non basta, infatti, investire risorse economiche o adottare modelli pubblici: è necessario imparare dagli errori del passato e definire un quadro normativo che si focalizzi non solo sui sistemi di IA, ma soprattutto sulla gestione e protezione dei dati.

Una delle criticità principali riguarda la mancanza di una definizione univoca di intelligenza artificiale. L’IA è un concetto che abbraccia una molteplicità di componenti: dalla componente hardware (data center, chip, dispositivi smart e IoT), al software (agent AI, modelli linguistici di grandi dimensioni, applicazioni) fino al networking, fondamentale per il cloud computing. Questa molteplicità rende estremamente complesso replicare modelli di successo adottati in altre realtà, come quella di Taiwan, dove le condizioni di mercato, il ruolo dei sindacati e le normative del lavoro creano un ecosistema unico, difficile da trasporre in contesti occidentali.

La sfida della componente hardware, software e networking

Le tecnologie più avanzate non sono distribuite equamente a livello globale. Mentre alcune aree del mondo concentrano risorse e investimenti in infrastrutture tecnologiche all’avanguardia, altre rimangono indietro a causa di limitazioni economiche e strutturali.

La componente hardware non si limita ai classici data center e chip: include anche server, PC, dispositivi indossabili e ogni tipo di apparecchiatura smart, come smartphone e oggetti IoT. Allo stesso modo, il software, sebbene rappresenti la parte più visibile e con il maggiore ritorno economico, è solo uno degli elementi di un complesso sistema che richiede un’integrazione efficace con le reti di comunicazione. Quest’ultimo aspetto, il networking, spesso trascurato, è oggi al centro dell’attenzione dei decisori europei, soprattutto in un periodo in cui la crisi delle grandi compagnie di telecomunicazioni evidenzia la necessità di sostenere anche le piccole telco e i provider locali (MSP), capaci di garantire un’efficace interconnessione territoriale.

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Il ruolo centrale dei dati nella sovranità tecnologica

Un altro aspetto cruciale evidenziato nell’analisi riguarda il ruolo dei dati. In un sistema data-driven, i dati rappresentano l’asset più prezioso e strategico. L’Europa ha impiegato decenni per riconoscere l’importanza dei dati personali; tuttavia, spesso si trascura il valore dei dati non personali, in particolare quelli aziendali.

I dati, infatti, non sono elementi naturali, ma vengono prodotti in maniera artificiale da esseri umani e dalle macchine. Questo solleva questioni di responsabilità e di protezione che devono essere affrontate con rigore. La governance tradizionale tende a focalizzarsi sui sistemi di intelligenza artificiale, dimenticando che la base di ogni sistema efficace è costituita dalla gestione accurata dei dati. In questo contesto, l’errore di indirizzare l’attenzione esclusivamente sulle tecnologie di IA anziché sui dati può compromettere l’intero ecosistema, rendendo vulnerabili sia le imprese sia i cittadini.

Le difficoltà normative e il dibattito globale

La regolamentazione dell’intelligenza artificiale rappresenta una delle sfide più complesse dell’era digitale. A livello globale, i decisori cercano di replicare modelli di successo adottati in contesti diversi, spesso senza tener conto delle specificità locali.

Il digital package europeo e l’AI Act, insieme alle linee guida sull’articolo 5, sono esempi di tentativi di definire un quadro normativo che possa essere efficace. Tuttavia, il livello di dettaglio e la limitata prevedibilità dei casi concreti rappresentano ostacoli significativi. Le norme, infatti, sono spesso troppo astratte o, al contrario, eccessivamente specifiche, rischiando di diventare inapplicabili in scenari futuri.

Questo dibattito si inserisce in un contesto globale in cui anche altre potenze, come gli Stati Uniti e la Cina, adottano approcci differenti. Negli USA, misure come il Chip Act e l’Executive Order di Biden (ora modificato) cercano di proteggere la produzione interna di tecnologie avanzate, mentre in Cina il Partito Comunista impone un forte controllo attraverso normative rigorose per la cybersicurezza e il controllo dell’informazione. Tali approcci evidenziano come la questione della governance dell’IA non sia esclusivamente europea, ma richieda una cooperazione internazionale che tenga conto delle diverse realtà politiche ed economiche.

L’approccio giuridico: anomia, autonomia e ortonomia

Un tema particolarmente interessante riguarda l’aspetto giuridico della governance dell’intelligenza artificiale. In assenza di regole chiare e di un sistema normativo condiviso, si possono configurare tre scenari:

  • Anomia: L’assenza di regole efficaci porta a un vuoto normativo in cui le forze del mercato e del potere prevalgono, generando conflitti e instabilità.
  • Autonomia: Un sistema in cui le parti regolano se stesse il proprio comportamento, rischiando però derive ingiuste e la mancanza di un controllo esterno imparziale.
  • Ortonomia: L’ideale di uno stack normativo in cui esista un equilibrio tra regole definite e il riconoscimento di un giudice terzo, imparziale e riconosciuto da tutte le parti coinvolte.

L’ortonomia rappresenta il modello più auspicabile, in quanto garantisce un sistema in cui le norme sono applicate in maniera equa, evitando sia l’arbitrio della regolazione privata sia il caos dell’assenza di regole. Il riconoscimento della terzietà del giudice, infatti, diventa il collante fondamentale per un sistema normativo efficace, capace di far fronte alle sfide poste dall’intelligenza artificiale e di assicurare la tutela dei diritti in un contesto altamente dinamico.

Le dinamiche geopolitiche e il “Brussels effect”

L’Unione europea, attraverso il cosiddetto “Brussels effect“, ha dimostrato la capacità di influenzare le politiche e le normative a livello globale. Le regole europee, infatti, spesso vengono adottate anche da altri paesi, contribuendo a creare un contesto normativo internazionale che riflette i principi europei di protezione dei dati e di sicurezza informatica.

Tuttavia, questa influenza non è esente da criticità. Le pressioni esterne, come quelle esercitate dal Congresso americano o dalle politiche di sanzioni verso le aziende statunitensi, evidenziano come la regolamentazione dell’intelligenza artificiale sia un campo di battaglia geopolitico, in cui interessi economici e strategici si intrecciano. In questo scenario, il PNRR italiano, pur essendo un importante strumento di investimento, si trova a dover far fronte a risorse frammentate e a una mancanza di coordinamento che rischia di compromettere la creazione di un “campione nazionale” in grado di competere a livello globale.

Verso un ecosistema di intelligenza artificiale sicuro

Per affrontare le sfide della sovranità tecnologica, è fondamentale adottare un approccio integrato che vada oltre il semplice investimento economico. La chiave del successo risiede nella capacità di definire regole chiare e condivise, che garantiscano la protezione dei dati e la sicurezza informatica in ogni ambito, dalla produzione hardware al software, fino alla gestione delle reti.

Un ecosistema di intelligenza artificiale sicuro deve basarsi su una governance efficace, in cui il rischio è valutato e gestito attraverso test approfonditi e analisi costanti. Solo così sarà possibile creare un ambiente in cui l’innovazione non comprometta la sicurezza e la trasparenza, ma diventi un motore di crescita e competitività per l’Europa.

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L’Europa è chiamata a confrontarsi con sfide straordinarie nell’era dell’intelligenza artificiale. La sovranità tecnologica non può essere garantita solo attraverso investimenti economici, ma richiede la definizione di un quadro normativo chiaro e condiviso, in cui la protezione dei dati, la sicurezza informatica e la giustizia siano al centro delle politiche pubbliche.

Il percorso verso un ecosistema di IA sicuro passa attraverso l’apprendimento dagli errori, la costruzione di un sistema normativo basato sull’ortonomia e il riconoscimento dell’importanza dei dati come asset strategico. Solo con regole certe e giudici imparziali sarà possibile creare un ambiente in cui il rischio venga gestito in modo responsabile, costruendo così la fiducia dei mercati e garantendo un futuro digitale sicuro e competitivo per l’Europa.

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La sfida è ambiziosa, ma essenziale: l’Europa deve trovare il giusto equilibrio tra innovazione e regolamentazione, per non perdere terreno in un contesto globale in continua evoluzione. Solo così potrà affermarsi come un modello di sovranità tecnologica, capace di proteggere i diritti dei cittadini e di promuovere uno sviluppo sostenibile e inclusivo nel mondo digitale.

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