Editoriali
Perchè il Wall Street Journal più che esclusiva, ha raccontato fuffa
Ancora scoops dagli Stati Uniti d’America che vengono annunciati in pompa magna dalla stampa italiana. La notizia del giorno è che Facebook ha una piattaforma, denominata Xcheck, che assolverebbe una elite di 5,2 milioni di utenti circa dall’osservanza delle proprie policy sempre più restrittive sulla pubblicazione dei contenuti.
LA NOTIZIA
Secondo il Wall Street Journal, testata autrice dell’inchiesta, un documento tratto da una fonte anonima dimostra l’esistenza della piattaforma elitaria e porta come esempio quello di Neymar che pubblicò la foto di una donna nuda, colpevole di averlo denunciato per stupro, ed il social non avrebbe rimosso il contenuto in tempi brevi. Questo l’esempio per dimostrare che sulla piattaforma di Zuck c’è chi gode di impunità.
SIAMO TUTTI UGUALI
Facebook, attraverso il suo proprietario Zuckerberg, aveva dichiarato poco tempo fa che dinanzi all’algoritmo delle policy ed alla verifica degli utenti umani, chiamati in un secondo momento a valutare quelle che possono essere delle “storture” del sistema, la legge è uguale per tutti.
La legge è da sempre “non uguale per tutti” nel mondo reale e non può esserlo in quello virtuale, soprattutto quando si parla di società private che svolgono funzioni pubbliche e di emendamenti che li tutelano da qualsiasi azione criminale, ma una lancia a favore degli “immuni” la si deve spezzare per un motivo in particolare. L’algoritmo di Facebook, comprese tutte le multinazionali social, è incapace di reagire alle segnalazioni di massa che imperversano quando ci si viene beccati dalla corrente non proprio abituata a tollerare determinati contenuti e che sfrutta in massa lo strumento di segnalazione del contenuto sgradito e questa attività porta al ban del contenuto indipendentemente dalle policy del social.
Quindi l’immunità ha una sua funzione.
QUALI SONO I REQUISITI PER AVERLA?
I requisiti non sono sempre chiari, alcuni social hanno le liste di attesa, altri invece hanno sospeso l’approvazione dei profili “vip”, ma è palese che la piattaforma richiede molte documentazioni che attestano l’attività di chi richiede l’ingresso nell’elite, che sia tra l’altro esclusiva.
PERCHÉ L’INCHIESTA È UNA FINTA INCHIESTA?
Perché si tratta del segreto di Pulcinella, perché tutti sanno che esistono i favoriti dei social, e non è la prova dell’esistenza di Xcheck a rendere pubblico un fenomeno che fino ad oggi ha favorito carriere rispetto ad altre. Già oggi, produttori, editori, influencer di ogni tipo, hanno la possibilità di contattare il signor Facebook e chiedere spiegazioni. Questa opportunità non è collegata invece alle povere anime che ogni giorno sono vittime di segnalazioni di massa, che se ingiustificate rende la piattaforma social connivente con atti di cyber bullismo che incidono non solo sulla psiche degli utenti, sempre più affetti da patologie collegati al mondo virtuale, ma generano anche un mancato guadagno. Per non parlare di chi ha avuto il canale YouTube chiuso ed è andato in quel di Mountain View a fare strage di dipendenti perché non ha ottenuto chiarimenti.
Esistono già dei precedenti che interessano questioni torbide nei social e l’ultima ha riguardato Twitter quando è stata hackerata e i profili esclusivi di gente come Musk, Bill Gates e Bezos pubblicarono dei tweets dove promettevano di restituire il doppio della somma di bitcoin che gli venivano versati. Questo tipo di attacco fu possibile proprio grazie al fatto che il sistema di gestione degli utenti di Twitter aveva la possibilità di fare questo ed altro, dimostrando che un qualsiasi dipendente, che aveva accesso a questa funzione, poteva decidere vita e morte “sociale” di chiunque.
QUALE SAREBBE STATA LA VERA INCHIESTA ?
La vera inchiesta sarebbe potuta esistere già da tempo e da quando emergevano le prime strategie dei giganti tech che incontravano, con il favore delle tenebre, molti autori escludendo di fatto la politica. A testimoniare questo “Bildeberg” dei contenuti web c’è un video di Jovanotti che spiega per bene la strategia che avrebbe in futuro dettato l’agenda politica del mondo negli anni seguenti.
E le prove concrete ci sono state in questi anni dove i politici hanno fatto politica più colpi di tweets che di cose ocncrete, ma si sono trovati contro influencer o gruppi ed etnie canalizzate nel fare dura opposizione sfociata spesso con rivolte di piazza, che in alcuni casi hanno fatto cadere addirittura dei governi. Un po’ come chiedersi se il successo di alcune persone artisticamente mediocri sarebbe esistito senza le loro battaglie politiche, oppure con impostazioni di pensiero ideologiche opposte a quelle attuali. Quindi il problema non è sapere se esista o meno una censura a giorni alterni, due pesi e due misure per intenderci, ma comprendere questo sistema da chi viene manovrato e in favore di?
LA VERITÀ SCOMODA
Purtroppo la verità è un’altra e nemmeno il Wall Street Journal la può raccontare. Perché raccontare la verità può significare che gli sponsor vengono meno, che i post su Facebook abbiano meno visibilità organica rispetto alla massa, quindi meglio non entrare nel merito di quello scandalo globale che ogni giorno sta monopolizzando il mondo intero ed è forse consigliato ai giornalisti di prestarsi alle battaglie politiche che portano qualcosa in cambio agli editori e li favoriscono la strada nel paradiso degli influencer perché schierati dalla parte giusta. Nel caso di Facebook c’è qualcosa di diverso. La politica americana non vuole la morte del primo social media, ma vuole trattarlo alla stregua della RAI italiana e precisamente vorrebbe lottizzarlo per gestirne la linea editoriale.
Una linea che non è mai stata chiara secondo molti, ma è chiaro che nel tempo Facebook ha premiato gli algoritmi di alcune società schierate verso l’ala progressista e democratica del mondo e che hanno investito fior di quattrini sulla piattaforma con sponsorizzate dei propri contenuti. Sulla questione Trump, Zuckerberg è stato anche molto più serio di altri, vedi Dorsej che ha fatto campagna elettorale per Biden invece, perché ha bannato Trump dopo la sua sconfitta politica, nonostante l’ala arcobaleno e antirazzista dei suoi dipendenti esercitasse pressioni dall’interno.
Che Zuckerberg stia pagando lo scotto di non aver condiviso l’azione congiunta verso l’azione di Trump?
Che stia pagando il suo non aver ceduto ai ricatti degli sponsor sotto elezioni americane?
Oppure è semplicemente sotto attacco delle varie anime politiche che vogliono mettere mano ad un potere elitario come denuncia l’inchiesta del Wall Street Journal?
Appunto quel potere elitario di cui anche il Wall Street Journal fa parte ed è per questo che l’inchiesta è fuffa e non affronta il nodo essenziale della vicenda: a chi giova tutto questo?
Editoriali
Telegram e X si piegano alla giustizia. Vi abbiamo detto la verità
Tempo di lettura: 3 minuti. Telegram ora condivide i dati degli utenti su richiesta legale, mentre X si conforma alle richieste legali del Brasile riguardanti la disinformazione sulle elezioni.
Le piattaforme social Telegram e X (precedentemente conosciuto come Twitter) sono al centro di importanti controversie legali in merito alla privacy degli utenti e alla gestione delle normative locali sulla libertà di espressione. Entrambe le piattaforme hanno dovuto affrontare decisioni difficili per conformarsi alle leggi di diversi paesi, con potenziali impatti su milioni di utenti.
Telegram condivide i dati degli utenti su richiesta legale
Telegram ha aggiornato la sua politica sulla privacy, annunciando che ora condividerà i numeri di telefono e gli indirizzi IP degli utenti con le autorità, se vi è un mandato legale valido. Secondo l’ultimo aggiornamento, Telegram accetterà di rivelare queste informazioni solo dopo aver ricevuto un ordine del tribunale che confermi il coinvolgimento dell’utente in attività criminali che violano i Termini di Servizio della piattaforma.
Questa rappresenta una svolta significativa rispetto alla politica precedente, che limitava la condivisione dei dati agli utenti coinvolti in sospetti di terrorismo. L’aggiornamento si inserisce in un contesto di crescente attenzione alle pratiche di privacy delle piattaforme digitali, soprattutto dopo l’arresto del CEO di Telegram, Pavel Durov, in Francia, per un’indagine legata all’uso illecito della piattaforma per traffico di droga e altre attività illegali. Telegram ha anche migliorato il suo motore di ricerca per rimuovere contenuti illegali e incoraggia gli utenti a segnalare materiale sospetto.
X (ex-Twitter) si piega alle richieste della Corte Suprema del Brasile
Nel frattempo, X, sotto la guida di Elon Musk, si è trovato in una disputa legale con la Corte Suprema del Brasile. Il conflitto ha avuto origine ad aprile 2024, quando la corte ha ordinato la rimozione di oltre 100 account social accusati di diffondere disinformazione sulle elezioni presidenziali del 2022. Inizialmente, Musk ha rifiutato di obbedire all’ordine, invocando la libertà di espressione, portando a una breve sospensione della piattaforma in Brasile.
Alla fine, X ha ceduto alle richieste della corte, accettando di nominare un rappresentante legale in Brasile, pagare le multe pendenti e riattivare gli account chiusi. Tuttavia, la situazione legale rimane incerta, con X che ha ancora cinque giorni per presentare la documentazione completa.
Questa vicenda ha suscitato critiche nei confronti di Musk, il quale sostiene di essere un difensore della libertà di parola, ma ha accettato di rispettare le leggi locali in diversi paesi, sollevando dubbi sulla coerenza delle sue posizioni. La compliance di X in Brasile rappresenta un passo verso la risoluzione del conflitto, ma la piattaforma dovrà affrontare ulteriori sfide per bilanciare la libertà di espressione con le normative nazionali e stessa sorte spetta a Telegram.
Matrice Digitale vi ha detto la verità scomoda
Capita che quando si tratta di dare le notizie e di fare le analisi secondo una logica fattuale che i lettori si indignino. E’ quello che è accaduto alla nostra redazione quando si è giustificato dal punto di vista giuridico l’arresto di Durov e si è evidenziata la forzatura di Elon Musk in Brasile nonostante ci fossero altre pressioni politiche sulla piattaforma social che derivano dai tempi di Bolsonaro.
Editoriali
Perchè l’arresto di Durov è giusto e perchè dobbiamo avere paura?
Pavel Durov, fondatore di Telegram, è in stato di arresto in una prigione francese dopo essere stato bloccato all’aeroporto di Parigi. Le motivazioni dell’arresto riguardano la responsabilità oggettiva del proprietario di una piattaforma di messaggistica “che fino ad oggi ha consentito una marea di reati indeterminata” e Telegram ha da tempo un grande problema con i principi basilari dei codici internazionali.
Perchè l’arresto è tecnicamente giusto?
Telegram è un programma di messaggistica che si è evoluto nel tempo con più servizi che l’hanno proiettato in una dimensione fittizia di piattaforma di Social Media. Telegram è l’evoluzione del Dark Web che si annida nella rete Tor, anzi, lo ha sostituito. La rete nascosta di Internet è famosa per ospitare tutto ciò che non è consentito ed è di conseguenza filtrato dai motori di ricerca e Telegram ad oggi è il luogo preferito dalla massa per accedere a contenuti vietati e servizi illegali.
E’ su Telegram che Matrice Digitale ha scoperto in esclusiva nazionale i Greenpass distribuiti gratuitamente ed è su Telegram che si articolano quotidianamente i canali che vendono droga, sottoscrizioni al pezzotto per non pagare abbonamenti salati legittimi e questo può essere anche un male minore.
E’ su Telegram che si è massimizzata la distribuzione dei Contenuti di Abuso su Minore e se prima questi contenuti erano relegati alle riservate community del Dark Web, è dalla piattaforma di Durov che sono stati diffusi contenuti di questo tipo su una scala maggiore di utenti. Quando si parla di armi e CSAM, si passa su un livello di attenzione superiore e Durov mai si è mostrato disponibile come tutti gli altri suoi colleghi che sulla moderazione dei contenuti sono stati sempre attenti a garantire il minimo essenziale ed è per questo motivo che difendere Durov dall’arresto risulta difficile mentre Musk si è protetto sulla moderazione dei contenuti illegali ed ha orientato la difesa della sua piattaforma sul dibattito della libertà di espressione. Proprio qui che iniziano le paure su un arresto che poteva essere evitato.
L’arresto di Durov mina la libertà di espressione?
L’arresto di Durov è un colpo alla libertà di espressione che dai tempi della rete combatte con la sicurezza OnLine e la domanda ricorre costantemente:
Più libertà di espressione o più sicurezza e meno free speech?
Il caso di Durov va analizzato in un contesto più ampio che parte dal Covid ed arriva fino alla guerra in Ucraina: banco di prova del mondo dell’informazione e delle prime censure ufficiali da parte dei governi e delle istituzioni. Durov è il titolare di una piattaforma che ha ospitato tutti coloro che costantemente venivano censurati dagli algoritmi di Facebook e Instagram oppure che venivano messi in shadow ban da Twitter prima dell’arrivo di Musk ed allo stesso tempo Telegram è stato il ponte tra l’informazione Russia e quella occidentale dopo che l’Europa ha comminato il primo pacchetto di sanzioni a Mosca che prevedeva l’oscuramento delle fonti vicine al Cremlino. Grazie a Telegram sono girate notizie false e propagandistiche, ma anche informazioni che si sono dimostrate corrette a differenza di quanto raccontato dai media ordinari.
L’arresto di Durov in Francia evidenzia la particolare attenzione che Macron e soci hanno nei confronti delle multinazionali tecnologiche, in virtù anche del fatto che quando ci fu l’incidente di Marsiglia, dove un giovane fu sparato dalla polizia, il presidente francese riuscì a limitare la diffusione del filmato su tutte le piattaforme social, tranne che su Telegram tanto da invocare il Digital Services act prima che entrasse in vigore.
Nel conflitto russo ucraino, Durov non si è schierato, così come non si è voluto assumere la responsabilità dei contenuti che vengono diffusi sulla sua piattaforma, ma in questo momento Telegram è la piattaforma più vicina alle fonti russe che diventano sempre più nemiche visto il coinvolgimento diretto dell’Europa nella guerra e questa può essere la causa ufficiale dell’arresto, ma c’è il forte sospetto che il motivo sia quello di ospitare le diverse propagande che si articolano quotidianamente sulla piattaforma dando vita ad una guerra simmetrica.
Durov è russo anche se ha studiato a Torino. Prima di Telegram aveva creato VK, il social russo. Nel 2011 e nel 2014 ha rifiutato di dare alle autorità russe i dati dei contestatori e di bloccare la pagina di Navalny. Putin non gli ha fatto nulla, anche se lui ha cambiato la sede dei suoi affari nel Medio Oriente, Macron, invece, l’ha sbattuto in carcere confermando la propensione ai metodi fascisti del presidente francese. In virtù delle ultime voci sugli investitori russi di X vicini al Cremlino, matura il sospetto che il prossimo ad essere colpito sia Elon Musk, già allontanato da brasile e Venezuela, perchè considerabile tecnicamente raggiungibile dalle sanzioni europee comminate alla Russia.
Editoriali
Robot viventi: interveniamo prima che sia troppo tardi
Tempo di lettura: 2 minuti. Lo sviluppo dei robot viventi richiede regolamentazione e dibattito pubblico per garantirne un uso etico e sicuro: potenzialità e sfide di questa tecnologia.
Lo sviluppo di robot viventi, una fusione tra biotecnologia e robotica, rappresenta una delle frontiere più avanzate e controverse della scienza moderna. Questi “xenobot”, come vengono spesso chiamati, sono organismi programmabili creati a partire da cellule viventi. Mentre le potenzialità di questa tecnologia sono immense, sollevano anche numerose questioni etiche e legali che necessitano di un dibattito pubblico e di una regolamentazione adeguata.
Il potenziale dei Robot Viventi
I robot viventi hanno il potenziale di rivoluzionare diversi settori, dalla medicina all’ambiente. Possono essere programmati per svolgere compiti specifici, come riparare tessuti danneggiati, rimuovere microplastiche dagli oceani o trasportare farmaci all’interno del corpo umano. Questi organismi biologici possono auto-ripararsi e adattarsi a diversi ambienti, offrendo soluzioni innovative a problemi complessi.
Questioni Etiche e Legali
Nonostante le loro promettenti applicazioni, i robot viventi sollevano importanti questioni etiche. La capacità di creare e programmare esseri viventi introduce dilemmi morali su cosa significhi “vivente” e fino a che punto possiamo spingerci nel controllo della vita biologica. La mancanza di una regolamentazione chiara potrebbe portare a usi impropri o pericolosi di questa tecnologia.
La regolamentazione è fondamentale per garantire che lo sviluppo e l’uso dei robot viventi avvengano in modo etico e sicuro. Ciò include la definizione di linee guida su come devono essere creati, utilizzati e smaltiti. Inoltre, è essenziale stabilire chi è responsabile in caso di malfunzionamenti o danni causati da questi organismi.
La necessità di un dibattito pubblico
Oltre alla regolamentazione, è cruciale coinvolgere il pubblico nel dibattito su questa tecnologia. La trasparenza e l’educazione sono chiavi per garantire che la società comprenda i benefici e i rischi associati ai robot viventi. Un dibattito pubblico inclusivo può aiutare a formare un consenso sulle direzioni etiche e pratiche per l’uso di questa tecnologia.
Lo sviluppo nel campo rappresenta una straordinaria opportunità scientifica, ma richiede un approccio attento e responsabile. La regolamentazione e il dibattito pubblico sono essenziali per assicurare che questa tecnologia venga utilizzata in modo sicuro ed etico, proteggendo sia gli individui che l’ambiente. Solo attraverso un impegno collettivo possiamo sfruttare pienamente il potenziale dei robot viventi, minimizzando al contempo i rischi.
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