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Editoriali

App spione: vecchia storia su cui il Garante vuole fare luce in barba a luminari e negazionisti

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Le App ruba dati sono la nuova frontiera dell’inchiesta giornalistica tech firmata Striscia la Notizia e adottata dal componente del Garante della Privacy, Guido Scorza, che ha guadagnato visibilità su una verità che per anni è stata spesso taciuta e sempre sminuita.

Un segreto di pulcinella già ampiamente trattato da chi come chi vi scrive è stato addirittura definito complottista per aver espresso dei concetti molto chiari nel suo libro del 2017 “la Prigione dell’Umanità“. Eppure la scienza in questo caso non ha dato dimostrazione dell’evento se non per delle applicazioni che acquisiscono i dati del microfono, dichiarando questo tipo di attività nelle policy fiume che solitamente nessuno legge, nemmeno un appassionato di Privacy come il Garante ed i suoi componenti.

Guido Scorza

Eppure la lezione di Shazam doveva essere utile a far capire che il GDPR non sarebbe bastato a contenere i vari data breachs di dati. Nessuno proprio è mai arrivato a ragionare sull’eventualità di indagare nel merito dell’acquisizione dei dati ambientali tramite il canale audio degli smartphone e questo ha consentito alle multinazionali di sviluppare tecnologie sempre più sofisticate che hanno consentito ai propri assistenti vocali, inclusi apparati hardware e software di acquisizione audio, di riconoscere la voce anche a bassissime frequenze.

Da dove nasce questa credenza popolare che i computer ed i cellulari ci spiano?

Dalla logica di più persone che parlano di un argomento e si ritrovano dopo poche ore o pochi giorni le pubblicità sui cellulari ed i pc. Non era possibile ci hanno detto: uno su tutti il professor Carroll che insieme alla giornalista Caldwaller ha dichiarato guerra a Cambridge Analytica scoprendo l’acqua calda delle profilazioni social, ribaltandola a strumentalizzazione politica in favore dell’ala liberista globale contro la bestia social di Bannon e company.

Tra i vari sostenitori della bufala dei dispositivi perennemente spioni c’è stato in questi anni il debunker Paolo Attivissimo che, non avendo riscontri scientifici e non svolge attività di inchiesta, ma di copia e incolla da fonti, non ha saputo anticipare e tradurre l’evidenza di una situazione se non palese, frequente, sotto gli occhi e le orecchie di molti. Bastava un umile silenzio, perché invece negarlo?

Il blog di Disinformatico che Nega il fenomeno dell’ascolto.

Come lui, tanti altri che oggi saliranno sul carro dei vincitori, senza smentirsi, ma c’è dell’altro purtroppo che andrebbe approfondito. Mentre il buon Marco Camisani Calzolai si sta concentrando sul settore dell’abbigliamento, il Garante ha sguinzagliato il nucleo della Guardia di Finanza specializzato e a supporto della struttura presenziata dal prof. Pasquale Stanzione con il fine di svolgere ulteriori approfondimenti. Proprio per dare un contributo fattivo alle varie ipotesi di tracciamento non autorizzato, si forniscono in questo editoriale degli spunti che vedremo possono assolvere addirittura altre app ed individuare altri nemici da tempo intoccabili, che quotidianamente tracciano senza che nessuno dica e faccia niente solo perché non lo dice “la scienza” dei luminari politicizzati come il Prof. Carroll.

In primo luogo c’è Facebook che supera tutti per invadenza della nostra vita su cui ho da riferirvi degli aneddoti particolari.

Il primo è che sotto il periodo di Natale, con cellulare in standby ed app chiusa, mi trovo a discutere con una collega del miglior tonno presente sul mercato individuandolo nella marca Callipo. Finita la conversazione, accendo il cellulare e indovinate quale offerta di cesto natalizio mi viene fuori sul social di Zuck? Quello della Callipo. Dimenticavo, il pc era acceso, ma sostenere che sia partito tutto da lì quando non erano presenti né mic né webcam, sarebbe un paradosso.

Altro particolare lampante con cellulare spento e app Facebook chiusa. Entro in un negozio di casalinghi, chiedo di un braciere da tavolo, esco dal negozio faccio 20 metri, apro Facebook e indovina indovinello quale pubblicità esce? Quella dei bracieri da tavolo. Avendo impostato la localizzazione solo ad app funzionanti, come è possibile che Facebook abbia saputo che ero in quel negozio? Chi mi ha ascoltato allora? Vuoi vedere che è stata Apple che l’ha trasferito a Facebook? Anche perché la sola localizzazione sarebbe stata insufficiente visto che in quel negozio vendevano di tutto e non solo i bracieri da tavolo. Qualcuno ha ascoltato direttamente o indirettamente la conversazione con il negoziante e l’indirettamente è riferito alla mia compagna che ha un Iphone come me.

Visto che stai andando a Bologna, vota la Manca. Anche se non la puoi votare.

Veniamo adesso all’ultimo caso ancora più lampante. Biglietto di Trenitalia da Napoli a Milano con sosta a Bologna. Appena mi siedo nel treno, compare una bellissima pubblicità elettorale di una candidata al consiglio comunale. Di Napoli? No di Bologna che non posso nemmeno votare. Più prosegue il viaggio e mi avvicino alla meta, ecco che mi arriva una sponsorizzata di Marinella che mi invita andare al negozio. Quale? Quello della sede storica di Napoli a via Chiaia? Macchè quello di Milano. Adesso non è chiaro come Facebook sapesse che la mia tratta fosse Napoli – Bologna – Milano, ma è certo che qualcuno ha avuto accesso all’App di Trenitalia.

Sei Napoletano e vai a Milano? Fatti un giro nella sede di Marinella per comprare una bella cravatta Napoletana.

E se fosse stato il wallet della Apple, dove avevo salvato il biglietto, a trasferire queste informazioni a Facebook come nel caso del braciere da tavolo?

Questo non è dato saperlo, ma una cosa è certa: chi vi dice che i cellulari non spiano e ascoltano, vi sta mentendo anche se non lo dice la scienza e questo mentire, delegittimando il lavoro di ricerca di molti, non ha fatto altro che dare tempo alle multinazionali di avere il giusto tempo per affinare le proprie tecnologie di tracciamento senza che nessuno le disturbasse.

Ovviamente queste tecniche non sono ancora perfette, perché mai un napoletano debba comprare le cravatte di Marinella a Milano?

Di Livio Varriale

Giornalista e scrittore: le sue specializzazioni sono in Politica, Crimine Informatico, Comunicazione Istituzionale, Cultura e Trasformazione digitale. Autore del saggio sul Dark Web e il futuro della società digitale “La prigione dell’umanità” e di “Cultura digitale”. Appassionato di Osint e autore di diverse ricerche pubblicate da testate Nazionali. Attivista contro la pedopornografia online, il suo motto è “Coerenza, Costanza, CoScienza”.

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