Editoriali
Condannato per materiale pedopornografico scaricato da Clearnet e Darknet
Il 13 dicembre, un tribunale lussemburghese ha condannato un uomo di 33 anni di possesso di materiale pedopornografico e per la distribuzione di materiale pedopornografico. Aveva scaricato le immagini e i video illegali da fonti sia su clearnet che su darknet mentre attraversava una fase cosiddetta “depressiva”. Gli investigatori si sono concentrati sugli episodi nel 2012, 2013 e 2015.
In un’udienza precedente, il detective principale che aveva lavorato al caso ha spiegato che le autorità tedesche hanno fatto la scoperta iniziale che ha portato all’arresto del 33enne. La polizia tedesca ha contattato e ha informato le autorità lussemburghesi che un indirizzo IP a Lamadeleine aveva avuto accesso e scaricato un video contenente materiale pedopornografico. L’indirizzo aveva avuto accesso al video ad un certo punto nel settembre 2014. L’investigatore non ha rivelato quando la polizia tedesca aveva allertato la polizia lussemburghese sull’indirizzo IP.
La polizia di Lussemburgo ha rintracciato l’indirizzo IP in una casa a Lamadeleine. La casa apparteneva al convenuto. Durante e dopo la perquisizione, l’allora sospetto ha collaborato pienamente con la polizia. Ha persino ammesso di aver scaricato il video che la polizia tedesca aveva identificato. Ha ammesso di avere un’ulteriore pornografia infantile sul suo computer. Ha detto che non poteva smettere di guardarlo e che “agiva su di lui come una droga”.
Gli investigatori hanno determinato che l’uomo aveva scaricato 3.900 immagini da siti e forum sia su darknet che su clearnet. Le foto descrivevano gli abusi sessuali su minori di età compresa tra i nove ei sedici anni. Aveva scaricato solo quattro video illegali. Le vittime in ciascun video avevano un’età compresa tra 13 e 14 anni. Ha detto che sapeva di aver scaricato e guardato materiale illegale e che aveva soppresso gli impulsi a farlo per molto tempo prima di scaricare il suo primo video. Ha detto di aver guardato il video e di aver guardato le immagini per circa mezz’ora alla volta e per tre o quattro giorni della settimana.
Secondo uno psichiatra che aveva visitato nel giugno 2016, l’imputato ha mostrato interesse per la pedopornografia a causa dell’innocenza dei bambini. Non ha avuto disturbi mentali immediatamente evidenti, ha detto. Tuttavia, ha aggiunto che “mostrava i segni” di essere un pedofilo. L’imputato concordò con la sua opinione e disse che aveva bisogno di aiuto e sapeva che aveva bisogno di aiuto sin dall’inizio. Nell’opinione di un esperto, i suoi stessi suggerimenti che aveva bisogno di cure indicavano che era, in realtà, un pedofilo.
Editoriali
Ferragni pagliaccio: l’indignazione della rete alla prima dell’Espresso
Tempo di lettura: 2 minuti. La copertina de L’Espresso su Chiara Ferragni vestita da pagliaccio ha scatenato diverse reazioni, ma chi ha letto l’inchiesta?
Chiara Ferragni compare truccata da pagliaccio in prima pagina de L’Espresso che ne descrive la scarsa trasparenza nella gestione societaria e si fa riferimento a scatole cinesi, manager indagati e dipendenti pagati poco.
Tutto legale fino ad oggi, sia chiaro, ma se questo è il modello di Business da studiare ad Harvard, si può ampiamente pensare che negli USA siano arrivati tardi. Ritornando con i piedi per terra e conscendo molte realtà statunitensi, sarebbe da stupidi mettere Chiara Ferragni al primo posto di come si gestisce un’azienda: non è la prima e nemmeno l’ultima.
Matrice Digitale è la testata che ha denunciato per prima l’affaire di Sanremo, che ha giudicato la Ferragni per quello che si è mostrata da Fazio: un’utile manichino senz’anima al servizio delle case di moda.
Non solo lo scandalo nella gestione della beneficenza, ma la delusione nelle risposte in una trasmissione accondiscendente come quella di Fazio stanno facendo cadere definitivamente l’alone di divinità di colei che ha saputo nascondersi dietro di post su delle pagine social creandosi un’icona immacolata.
Le reazioni alla copertina dell’Espresso
La copertina de L’Espresso è l’ultimo attacco a quel pezzo di credibilità rimasto alla Ferragni: la donna imprenditrice che vince perchè ha racimolato soldi. In pochi hanno letto le notizie diffuse sui media un pò di anni fa che vedevano il brand Ferragni essere messo in vendita sul mercato anche per una esposizione finanziaria dovuta da una situazione debitoria sulla carta di piccolo conto. Se però le cose stanno come dice L’Espresso, la realtà sullo stato di salute delle sue società potrebbe essere diversa.
Riflessioni alle reazioni
Molti hanno reagito alla copertina della Ferragni con stupore ed indignazione, ma fa riflettere in realtà il fatto che nessuno abbia letto l’articolo e soprattutto tutti, dinanzi ad una persona che si presenta in un modo e dimostra di essere diverso da come viene descritto, lo apostroferebbero come un pagliaccio.
E fa male essere presi per i fondelli da un pagliaccio … questo nessuno ha il coraggio di ammetterlo.
Editoriali
Solo ora si accorgono del problema televoto e giornalismo musicale
Leggo molte critiche al “cartello di giornalisti” che ha boicottato la vittoria di Geolier a Sanremo. Sono davvero convinto che sia andata così, ma sono certo della tanta “colleganza” che oggi predica bene, ma ha sempre razzolato male per quel che concerne il discorso di “cartello”.
E non riguarda solo la musica, ma anche il calcio, la politica … quindi di cosa parliamo?
Qualche settimana fa fui molto chiaro: chi tratta moda, spettacolo, musica e gossip non si può considerare giornalista.
Chi lo fa dal punto di vista della critica diversamente lo è e vi assicuro che assistiamo a tanti giornalisti sportivi, che hanno visto milioni di partite, e non capiscono di calcio. Vediamo chi dei nostri farà un esposto all’Ordine per quel collega che ha commentato di non far votare la Campania.
Altra cosa: il 90% dei giornalisti che la criticano, non avrebbe avuto il coraggio di fare quell’indegna domanda, ma fondata, a Geolier sul risultato ottenuto “più per i suoi ospiti che per la sua performance”.
Così come hanno fatto più danni dei ladri di polli sanremesi quelli che hanno applaudito Presidenti del Consiglio e Ministri della Sanità nefasti.
Editoriali
Geolier a Sanremo rutta in napoletano. Perchè è un problema per i nativi digitali
Parliamoci chiaramente, questo qui, Geolier, è diventato famoso per una canzone che descrive il livello di tamarraggine napoletana che si manifesta “rint a n’audi nera opaca” dove magari ci si sballa pure.
Nello stesso brano cita tutte marche di lusso … che rappresentano quello stile di vita a cui ambiscono le baby gang che ieri hanno occupato la prima del tg5 nonostante a Napoli siamo in un periodo d’oro rispetto al resto del paese.
Amadeus quest’anno farà come la De Filippi, punta sul lato più becero della napoletanità fatto di lusso a debito che poi si sposa con il mondo degli influencer e della moda. Conferma anche di sapersi nascondere bene dietro l’equazione “è seguito, quindi può anche essere pericoloso e di scarsa qualità, ma è forte“
Che poi è il modello che i genitori evitano di caldeggiare per i propri figli, ma puntualmente vengono smentiti da social e tv. E la risposta è “il ragazzo fa numeri”.
Tra l’altro, il monologo in napoletano dell’anno scorso al festival ha anticipato la sua presenza ed era davvero pessimo, tanto da farmi prendere le distanze da un mio compaesano.
Questa non è Napoli e soprattutto non è l’evoluzione della napoletanità da tramandare alle nuove generazioni.
Perchè qui non si discute Geolier l’artista, che merita di fare il suo percorso e di vincere Sanremo, ma di Geolier che parla a nome dei napoletani. Ognuno si sceglie gli ambasciatori che merita, di certo non è una casa di moda o un affarista come Amadeus che decidono chi debba rappresentare un’intera città.
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