Editoriali
Facebook censura i meme: l’ironia e la satira censurate dai fact checker
Tempo di lettura: 2 minuti. Dopo i bollini Covid, frutto di un accorto tra piattaforma e intelligence, è il momento della satira. Piccoli nuovi Luttazzi saranno censurati a breve
Attenzione a come parliamo, a dire quello che pensiamo e a come ridiamo. Questa è l’ultima novità in casa Meta dove si passano al setaccio tantissimi meme che vengono proposti al pubblico per far scambiare qualche risata. Dopo la stretta sui gattini che inondavano i social network viziando gli algoritmi viste le troppe preferenze espresse dagli utenti nei confronti di quel tipo di contenuti, Facebook ha iniziato un percorso di censura di quei meme che sono politicamente scorretti e questa volta è il caso dell’arresto del noto boss Matteo Messina Denaro su cui ci sono state tantissime polemiche, anche ingiustificate secondo la redazione di Matrice Digitale, per quello che riguarda il mancato utilizzo delle manette quando è stato accompagnato dalla coppia di carabinieri sul furgone che lo ha poi scortato in carcere. Quanto accaduto sui social network accende un campanello d’allarme perché rende preoccupante il modo con cui si condividono dei contenuti che sono essenzialmente divertenti.
Il meme incriminato effettivamente rappresenta il momento dell’arresto di Matteo Messina Denaro messo a confronto con un’immagine della polizia che blocca un arrestato. La contestazione, che inaugura anche il bollino di Facebook sui meme, su cui ci sono stati tantissimi risvolti unitamente a tantissime inchieste che ne hanno illustrato una linea non solo politica, propagandistica, ed anche collegata all’intelligence del governo USA, e che quella foto non riguarda effettivamente l’arresto di una persona che si è rifiutata di indossare la mascherina, ma un fermo avvenuto a Como per altri motivi. Questa decisione è frutto da parte del social di un accordo che intercorre tra la piattaforma stessa ed alcune agenzie di fact checking che si dichiarano indipendenti da Meta, ma facilmente riconducibili ad aree di pensiero politico come nel caso di Open che ha dedicato un articolo in questione al meme definendolo “vergognoso”. Facendo sorprendere il fatto che oggi bisogna fare attenzione anche a come si ride sul social di Mark Zuckerberg, è doveroso suggerire a chi realizza i meme, il cui scopo è quello di divertire le persone e non di istigarle, di utilizzare foto pertinenti all’argomento di cui si parla in quel momento.
Proprio per questo motivo la Redazione consiglia l’utilizzo di alcune immagini facilmente reperibili su Internet che rappresentano azioni della pubblica autorità nel periodo del lockdown per fermare gli aggressori. In questo fermo immagine, ad esempio, è possibile osservare come da un elicottero della Pubblica Autorità sulla spiaggia di Pesaro è ripreso l’inseguimento di un agente nei confronti di un runner che ha evaso il divieto di lockdown.
Editoriali
Ferragni pagliaccio: l’indignazione della rete alla prima dell’Espresso
Tempo di lettura: 2 minuti. La copertina de L’Espresso su Chiara Ferragni vestita da pagliaccio ha scatenato diverse reazioni, ma chi ha letto l’inchiesta?
Chiara Ferragni compare truccata da pagliaccio in prima pagina de L’Espresso che ne descrive la scarsa trasparenza nella gestione societaria e si fa riferimento a scatole cinesi, manager indagati e dipendenti pagati poco.
Tutto legale fino ad oggi, sia chiaro, ma se questo è il modello di Business da studiare ad Harvard, si può ampiamente pensare che negli USA siano arrivati tardi. Ritornando con i piedi per terra e conscendo molte realtà statunitensi, sarebbe da stupidi mettere Chiara Ferragni al primo posto di come si gestisce un’azienda: non è la prima e nemmeno l’ultima.
Matrice Digitale è la testata che ha denunciato per prima l’affaire di Sanremo, che ha giudicato la Ferragni per quello che si è mostrata da Fazio: un’utile manichino senz’anima al servizio delle case di moda.
Non solo lo scandalo nella gestione della beneficenza, ma la delusione nelle risposte in una trasmissione accondiscendente come quella di Fazio stanno facendo cadere definitivamente l’alone di divinità di colei che ha saputo nascondersi dietro di post su delle pagine social creandosi un’icona immacolata.
Le reazioni alla copertina dell’Espresso
La copertina de L’Espresso è l’ultimo attacco a quel pezzo di credibilità rimasto alla Ferragni: la donna imprenditrice che vince perchè ha racimolato soldi. In pochi hanno letto le notizie diffuse sui media un pò di anni fa che vedevano il brand Ferragni essere messo in vendita sul mercato anche per una esposizione finanziaria dovuta da una situazione debitoria sulla carta di piccolo conto. Se però le cose stanno come dice L’Espresso, la realtà sullo stato di salute delle sue società potrebbe essere diversa.
Riflessioni alle reazioni
Molti hanno reagito alla copertina della Ferragni con stupore ed indignazione, ma fa riflettere in realtà il fatto che nessuno abbia letto l’articolo e soprattutto tutti, dinanzi ad una persona che si presenta in un modo e dimostra di essere diverso da come viene descritto, lo apostroferebbero come un pagliaccio.
E fa male essere presi per i fondelli da un pagliaccio … questo nessuno ha il coraggio di ammetterlo.
Editoriali
Solo ora si accorgono del problema televoto e giornalismo musicale
Leggo molte critiche al “cartello di giornalisti” che ha boicottato la vittoria di Geolier a Sanremo. Sono davvero convinto che sia andata così, ma sono certo della tanta “colleganza” che oggi predica bene, ma ha sempre razzolato male per quel che concerne il discorso di “cartello”.
E non riguarda solo la musica, ma anche il calcio, la politica … quindi di cosa parliamo?
Qualche settimana fa fui molto chiaro: chi tratta moda, spettacolo, musica e gossip non si può considerare giornalista.
Chi lo fa dal punto di vista della critica diversamente lo è e vi assicuro che assistiamo a tanti giornalisti sportivi, che hanno visto milioni di partite, e non capiscono di calcio. Vediamo chi dei nostri farà un esposto all’Ordine per quel collega che ha commentato di non far votare la Campania.
Altra cosa: il 90% dei giornalisti che la criticano, non avrebbe avuto il coraggio di fare quell’indegna domanda, ma fondata, a Geolier sul risultato ottenuto “più per i suoi ospiti che per la sua performance”.
Così come hanno fatto più danni dei ladri di polli sanremesi quelli che hanno applaudito Presidenti del Consiglio e Ministri della Sanità nefasti.
Editoriali
Geolier a Sanremo rutta in napoletano. Perchè è un problema per i nativi digitali
Parliamoci chiaramente, questo qui, Geolier, è diventato famoso per una canzone che descrive il livello di tamarraggine napoletana che si manifesta “rint a n’audi nera opaca” dove magari ci si sballa pure.
Nello stesso brano cita tutte marche di lusso … che rappresentano quello stile di vita a cui ambiscono le baby gang che ieri hanno occupato la prima del tg5 nonostante a Napoli siamo in un periodo d’oro rispetto al resto del paese.
Amadeus quest’anno farà come la De Filippi, punta sul lato più becero della napoletanità fatto di lusso a debito che poi si sposa con il mondo degli influencer e della moda. Conferma anche di sapersi nascondere bene dietro l’equazione “è seguito, quindi può anche essere pericoloso e di scarsa qualità, ma è forte“
Che poi è il modello che i genitori evitano di caldeggiare per i propri figli, ma puntualmente vengono smentiti da social e tv. E la risposta è “il ragazzo fa numeri”.
Tra l’altro, il monologo in napoletano dell’anno scorso al festival ha anticipato la sua presenza ed era davvero pessimo, tanto da farmi prendere le distanze da un mio compaesano.
Questa non è Napoli e soprattutto non è l’evoluzione della napoletanità da tramandare alle nuove generazioni.
Perchè qui non si discute Geolier l’artista, che merita di fare il suo percorso e di vincere Sanremo, ma di Geolier che parla a nome dei napoletani. Ognuno si sceglie gli ambasciatori che merita, di certo non è una casa di moda o un affarista come Amadeus che decidono chi debba rappresentare un’intera città.
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