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Minori e pedopornografia: dal dark web una ricerca che deve far preoccupare i genitori

Tempo di lettura: 3 minuti.

L’associazione finlandese “Protect Children” per avere riscontri sul consumo di filmati vietati in rete lancia una pietra nello stagno e la risposta è agghiacciante. L’idea di pubblicare un sondaggio nel dark web ha avuto un riscontro positivo in termini di partecipazione degli utenti. Cinquemila frequentatori della parte oscura di internet, famigerata più per i traffici illeciti che per la diffusione di Internet libero e anonimo, hanno risposto al sondaggio pubblicato su una pagina .onion nel circuito Tor, scelto proprio perché garanzia di anonimato.

I dati che emergono dalla ricerca non sono dei migliori ed il numero di persone che vi ha partecipato non è poi così ridotto per delineare un fenomeno sempre crescente ed i motivi risultano essere ancora più chiari da questa ricerca.

Il questionario è stato presentato in lingua inglese e spagnola, ma gli attivisti di Protect Children riferiscono che sono arrivate anche risposte in lingua araba cinese e russa.

I dati dell’orrore

Il 70% degli intervistati ha dichiarato di aver visto per la prima volta i filmati pedopornografici quando era ancora minorenne.

Il 40% di questi quando era al di sotto dei 13 anni

Il 45% degli intervistati ha ammesso di essere in cerca di video con protagoniste femminili di età compresa tra i 4 ed i 13 anni

Il 18% vuole protagonisti maschili

Il resto invece è in cerca di contenuti con protagonisti sotto i 4 anni

La richiesta d’aiuto nelle risposte

L’anonimato potenzialmente garantito dalla rete Tor ha messo in moto, secondo gli ideatori del sondaggio, una sorta di richiesta di aiuto da parte degli intervistati. Una buona fetta di quelli che hanno partecipato al sondaggio ha fatto intendere che hanno provato più volte a smettere di guardare i video illegali e di aver cercato di porre fine a questo desiderio anche tramite atti di autolesionismo con istinti suicidi.

Considerazioni sulla ricerca

Quanto espresso nell’inchiesta denota già due profili diversi di consumatori della pedopornografia. Il primo è quello di coloro che cercano contenuti sessualmente espliciti con minori, mentre un altro è quello di coloro che sono alla ricerca di contenuti forti come sevizie e torture inflitte su una fetta di bambini appena nati o in età prescolare.

Questo ci fa intendere che nel secondo caso il bambino non è meramente un oggetto del desiderio sessuale, ma una vittima di crimini atroci il cui contorno sessuale spesso è marginale. Una tendenza questa che ovviamente fa riferimento a video presenti in rete, spesso anche facilmente consultabili, di torture e omicidi con adulti protagonisti di contenuti snuff e gore.

La richiesta di aiuto che emerge dal risultato è invece dovuta al fatto che chi guarda il filmato pedopornografico, sa di commettere un qualcosa di sbagliato, ma consumandone sempre di più, entra in quella fase di Burn Out dove il processo di valutazione della psiche tende a normalizzare un fenomeno nella maggior parte dei casi “consapevolmente sbagliato”. Non è un caso che gli operatori di sicurezza internazionale siano sotto costante terapia psicologica proprio per non raggiungere questa soglia di tolleranza a dei veri atti di orrore, essendo costretti a consumare migliaia di video proibiti per cercare di individuare i colpevoli e salvare i poveri bambini malcapitati.

Il primo video pedopornografico osservato ad una età inferiore di 13 anni, ma anche meno di 18, può dirci molto dell’identità anagrafica del partecipante al sondaggio anonimo. Nei primi anni di internet, prima che nascesse Google per intenderci, la visione di questi contenuti era facilmente raggiungibile grazie ad una mancanza di filtro da parte dei motori di ricerca dell’epoca e quindi qualsiasi bambino lasciato solo dinanzi ad un pc poteva accedere a contenuti porno che poi rimandavano a siti proibiti che mostravano sesso tra minori e adulti.

C’è però un altro dettaglio che non va sottovalutato e viene affrontato minuziosamente già dalla prima edizione di Cultura Digitale (manuale di sopravvivenza per genitori, docenti e figli) è che con l’avvento dei social di messagistica come Whats App e Telegram, l’accesso dei minori a contenuti forti è potenzialmente più alto ed è per questo che il rischio di avere una generazione di millennials consumatori di video pedopornografici è non solo concreto, ma anche reale se analizziamo alcuni casi che la cronaca ci riporta.

Inoltre, sempre spiegato nel libro, la normalizzazione negli under 18 del sesso tra adulti e minori è la strategia più diffusa dai pedofili per approcciare prima nel virtuale per poi entrare in contatto nel reale.

Di Livio Varriale

Giornalista e scrittore: le sue specializzazioni sono in Politica, Crimine Informatico, Comunicazione Istituzionale, Cultura e Trasformazione digitale. Autore del saggio sul Dark Web e il futuro della società digitale “La prigione dell’umanità” e di “Cultura digitale”. Appassionato di Osint e autore di diverse ricerche pubblicate da testate Nazionali. Attivista contro la pedopornografia online, il suo motto è “Coerenza, Costanza, CoScienza”.

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