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Garante Privacy: tutti gli errori del caso Open AI e le scuse che non reggono

Tempo di lettura: 4 minuti. Coincidenze, errori, scuse e dietro front, dietro il caso ChatGPT troppe cose che hanno viziato un nobile intervento dell’Autority che dovrebbe imparare molto nello stile da Agcom e AGCM.

Tempo di lettura: 4 minuti.

Il Garante della Privacy in questi giorni ha emesso un provvedimento straordinario a firma del presidente Stanzione dove ha intimato il blocco a ChatGPT in tutela del trattamento dei dati degli utenti con particolare riferimento ai minori. L’azione del Governo ha dato il via al blocco da parte di OpenAI nei confronti dei cittadini italiani sia quelli iscritti al servizio dietro abbonamento sia verso coloro che hanno usufruito della versione 3.5 in modo gratuito.

La decisione del Garante coincide in modo temporale con con la lettera di un’associazione, composta da scienziati, amministratori delegati e consulenti di società competitor della stessa OpenAI in palese difficoltà nel restare indietro sul mercato delle AI generali, dove è stato chiesto uno stop di sei mesi ai modelli uguali o superiori alla versione quattro di ChatGpt.

Galeotta fu quella firma alla lettera della scienza

In esclusiva, Matrice Digitale #️⃣ ha scoperto il nervo di una firma alla lettera di Future Of Life sigillata uno dei componenti del collegio del Garante che si è pavoneggiato in pubblico taggando la Premier Meloni ed il Sottosegretario Butti, arrivando a citare lo stesso Musk, ed ha approfittato del momento per rimarcare la necessità di uno stop al settore.

“Abbiamo bloccato chat GPT” Dietrofront compagni

La figura più imbarazzante dal punto di vista della comunicazione l’ha fatta un altro componente del Garante Privacy, Guido Scorza, che dapprima ha rilasciato interviste e scritto articoli in qualità di professionista del settore e componente del Collegio dove ha promosso il concetto di stop a Chat Gpt, rimarcato dalla comunicazione ufficiale dell’ufficio stampa dell’Ente, e quando si è trovato non solo persone in favore dell’iniziativa promossa contro Open AI, bensì anche una pletora di tecnici ed imprenditori che hanno contestato il modus agendi, l’esponente più esposto ha provato ad addossare le colpe del blocco alla società OpenAI nonostante provvedimenti dell’ente dicono altro. A conferma di questa tesi vi sono i titoli di tutta la stampa internazionale che recitano “Garante italiano blocca GPT”.

Fini giuristi o azzeccagarbugli?

A questo cavillo comunicativo, ne è sorto uno giuridico dove un legale del settore, intervistato da Repubblica, ha posto l’opportunità di una illegittimità del provvedimento perchè “secondo il regolamento a cui fa riferimento l’attività del Garante non è possibile effettuare provvedimenti di emergenza a firma del presidente su tematiche inerenti il trattamento dei dati personali“.

Questa azione ha fatto traballare le certezze dei sostenitori delle posizioni del Garante, minandone la credibilità pubblica e anche i “buoni fini” con cui si è mosso contro Open AI che in realtà secondo alcuni nascondono tanta politica e lobbismo e non diritto e difesa della res pubblica. L’ipotesi che un ricorso della controparte possa giudicare negativamente un provvedimento di fini giuristi, perchè illegittimo, rappresenterebbe una sconfitta di credibilità, che fa leva sulle capacità per cui vengono scelti gli elementi del Collegio.

Tutto il mondo è l’Italia?

Per uscire dall’empasse dei 1000 imbarazzi creatisi intorno a questa vicenda, il Garante della Privacy ha provato a giocarsi la carta che nel mondo stanno provvedendo tutti a sollevare dubbi accendendo diversi riflettori nei confronti di Chat GPT. Molte di queste posizioni sono state aperte dopo la lettera degli scienziati di Future of Life, collegati ad aziende e Think tank foraggiati da tutto il comparto big tech tranne che da OpenAi. La differenza tra noi italiani e “loro” è che nessuna nazione democratica e cosiddetta “civile” fino ad oggi ha fatto in modo che si creassero le condizioni affinchè ChatGpt sia bloccata aprendo un confronto tra la linea di azione del Garante e quella di suoi simili che sembra essere stata troppo frettolosa generando confusione sulla capacità giuridica di un ente essenzialmente giuridico. Ottima invece la comunicazione, se si voleva essere i primi al mondo, l’Italia è stata la prima. Bravi.

Garante, ma di chi? Contro chi?

Quando si parla di Garante Privacy emergono come al solito interrogativi e lati oscuri su mancanze che l’ente ha avuto nei confronti dei Competior di ChatGPT. Seppur il documento di blocco faccia riferimento anche ai “simili” di Openai, ancora non ci sono provvedimenti diretti nei confronti di Microsoft che attraverso Bing continua a fornire il servizio senza che nessuno si sia posto ancora il dubbio che il motore di ricerca made in Redmond ha da poco lanciato l’integrazione con ChatGpt. Tanti complimenti per la grande capacità di trarre pubblicità attorno a sé sfruttando il momento di riflessione internazionale con un atto che però assume dei toni censori se consideriamo che gli unici paesi ad aver bloccato la piattaforma sono Cina, Iran, Corea del Nord e realtà simili.

Il Garante “buono”

A dimostrazione di quest’ultima tesi c’è in questi ultimi mesi stata un’azione rivolta nei confronti della società Meta da parte di due enti come l’autorità Agcom che ha in pochi giorni stabilito, dando successivamente mandato di esprimere una sanzione pecuniaria, che la società padrona di Instagram ha goduto di una pubblicità occulta in quel di Sanremo. Ed è proprio di ieri, nel silenzio più assoluto di megafoni della lobby Meta, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha avviato una istruttoria per un presunto comportamento poco sindacale nei confronti della società di Mark Zuckerberg avviando un’istruttoria. L’Iter scelto dall’AGCM è stato quello giusto, mostrando all’Italia intera che il Garante Privacy è andato troppo di fretta nelle iniziative intraprese nei confronti di Chat GPT ed OpenAi.

Alcune domande al lettore

Credere alla favola che Chat GPT abbia bloccato spontaneamente la sua piattaforma travisando il mandato del Garante?

A seguito della firma della lettera di uno dei suoi membri che impone lo stop a Chat GPT da parte della comunità scientifica, siamo ancora convinti che il Garante sia parziale sulla vicenda?

Visto che in questi anni più volte è stata osservata una particolare sudditanza psicologica del Garante nei confronti della società Meta, non possiamo non evidenziare che anche nei confronti di Microsoft qualcosa non si è mosso nonostante ChatGPT sia ancora disponibile in Italia attraverso il suo motore di ricerca.

Essendo stata la comunicazione non coerente con la linea di azione e gli atti ufficiali, il Garante ha perso di credibilità e creare il caso è servito ad accontentare le big tech con cui intrattiene già rapporti e per far sedere al una multinazionale che da subito si è detta disponibile nel collaborare. Speriamo che la collaborazione non si traduca in qualche progetto finanziato da Open AI per il bene dei bambini?

Anche a questo siamo già pronti.

Di Livio Varriale

Giornalista e scrittore: le sue specializzazioni sono in Politica, Crimine Informatico, Comunicazione Istituzionale, Cultura e Trasformazione digitale. Autore del saggio sul Dark Web e il futuro della società digitale “La prigione dell’umanità” e di “Cultura digitale”. Appassionato di Osint e autore di diverse ricerche pubblicate da testate Nazionali. Attivista contro la pedopornografia online, il suo motto è “Coerenza, Costanza, CoScienza”.

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