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Social Media a un bivio: O vengono regolamentati oppure limitati

Tempo di lettura: 4 minuti. Il vaso è colmo, i danni sulle generazioni attuali sono irreversibili, ma è possibile invertire la tendenza se si mettono in atto le leggi che già ci sono e che devono essere rispettate.

Tempo di lettura: 4 minuti.

Dei giovani si schiantano contro una Smart con a bordo una mamma e due bambini piccoli e l’epilogo è tragico: un morto. A centrare in pieno la citycar è stata una Lamborghini Urus presa a noleggio da un gruppo di ragazzi titolari di un canale YouTube da 600.000 iscritti. Dalle indagini si apprende che i giovani stavano registrando un video, l’ennesimo, dove proponevano ai propri scritti una sfida al limite della legge, anzi, contro il codice della strada. Il caso ha fatto sì che esplodesse sui social un dibattito di visivo focalizzato sulla dichiarazione del leader di azione Calenda, che in questi giorni ha proposto una misura di regolamentazione alle piattaforme social.

Questa notizia non è altro che una proposta politica che sta diventando sempre più ricorrente in quella parte di mondo che nel bene e nel male descriviamo come il nostro faro: gli Stati Uniti d’America dove stanno iniziando a vietare l’utilizzo dei social network a minori di 18 anni estendendolo in alcuni casi ad Internet.

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Perché allora esiste un dibattito sociale dove la comunità informatica si oppone fermamente al divieto di utilizzo dei social da parte dei minori?

La logica può essere suddivisa in due ambiti: il primo è sicuramente quello che la generazione degli informatici di un tempo è cresciuta sulle piattaforme di pirateria e streaming guardando contenuti non solo legali, ma anche illegali di pubblicità che promuovevano contenuti sessuali di abuso sui minori e questo non ha scalfito le menti di molti e secondo questo ragionamento non dovrebbe incidere nemmeno sulle generazioni future.

Il secondo punto è che ci troviamo dinanzi ad un dibattito internazionale dove si vuole utilizzare una stretta sui social anche per creare dei sistemi di monitoraggio e controllo della popolazione, la cosiddetta sorveglianza di massa per intenderci. Concetto vero, rischio imminente se non presente, ma l’approccio ostativo in questi anni non ha portato ai cambiamenti programmati alcuna modifica e quindi sarebbe opportuno concentrarsi su come contenere la sorveglianza e non su come abbatterla.

Chi ha ragione e chi ha torto in questa vicenda è difficile stabilirlo, ma alla radice di tutto il nocciolo c’è una questione sociale dove viviamo un tempo in cui i modelli espressi dei social network sono spesso persone che hanno avuto successo grazie a comportamenti sociali errati non solo dal punto di vista delle cose che si fanno bensì anche da quelli che sono essenzialmente i valori che vengono trasmessi in continuazione. Auto di lusso, abiti di marca ed un facile circolo di contante in un’epoca sempre più depressa economicamente rappresentano il sogno dell’italiano medio, anche di quelli più piccini che si ritrovano sempre più stimolati dai messaggi pubblicitari che garantiscono la sussistenza di questo sistema e che propongono prodotti da acquistare spesso aldilà delle disponibilità economiche di una famiglia italiana media. Se gli USA procedono nel regolamentare in alcuni Stati l’utilizzo dei social network, è perché alla base ci sono delle ricerche e studi medici che sostengono quanto siano deleteri la forte esposizione ai social network e la visione di contenuti che scollano costantemente dalla realtà quotidiana, catapultando i giovani in un mondo diverso da quello con cui si trovano a fare i conti sia a scuola sia nei tempi futuri.

La proposta fatta da Calenda è quella di limitare l’algoritmo grazie alla verifica dell’età perché così facendo il social sarà costretto a proiettare determinati contenuti su misura agli utenti sulla base della loro età. Per onestà intellettuale bisogna dire che sarebbe i ragazzi che hanno fatto un incidente sono stati praticamente colpevoli sulla base di una loro responsabilità soggettiva, ma è anche vero che il canale dove sarebbero andati a finire i video dell’omicidio è visto da minori di 18 anni che prima ancora di prendere la patente vengono istruiti nel fare delle sfide contralegem.

Non è un caso che in questi mesi Matrice Digitale #️⃣ lanciò una campagna contro l’infodemia che coinvolgeva personaggi del gossip promossi a spada tratta da Facebook ogni giorno come se fossero bollettini di guerra o notizie fondamentali per l’essere umano. La stessa guerra, sanguinosa e determinante in questo periodo storico, che invece è bannata dagli algoritmi del social di Zuckerberg e che è regolamentata da una schiera di Fact Checker che bacchettano giornalisti indipendenti perchè raccontano anche un’altra parte dell’informazione.

La storia di Mark Zuckerberg che censura una parte dell’opinione pubblica mondiale è oramai acclamata anche dalle sue stesse parole pronunciate ultimamente al Mit di Boston. YouTube non è da meno, il canale di Matrice Digitale #️⃣ è stato bannato perché accusato di essere responsabile della vendita di farmaci da prescrizione. In poche parole, YouTube ha cancellato la storia di un giornale con 4000 iscritti ed 1 milione di visualizzazioni, consentendo invece sfide al di sopra della legge e pseudo giornalisti che intervistano personaggi che promuovono addirittura l’incesto.

Prima di regolamentare l’uso dei social, bisognerebbe regolamentare le piattaforme stesse e di questo non si parla mai forse anche perché alla base c’è un giro di soldi ufficiale ed ufficioso di lobby ed interessi commerciali nello sponsorizzare prodotti audiovisivi e contenuti ipertestuali che, indipendentemente dall’etica, attirano migliaia se non milioni di visualizzazioni. Se il governo non riesce a regolamentare i social e se non c’è una mobilitazione da parte dei detrattori di tutto ciò che mira alla risoluzione dei problemi, lasciando le cose al caso, vuol dire che l’unica strada è quella di negare l’accesso a chi non può permettersi per motivi anagrafici di frequentare le piazze virtuali con la speranza che possa dedicarsi ad altro e basta poco per essere migliori al giorno d’oggi.

Di Livio Varriale

Giornalista e scrittore: le sue specializzazioni sono in Politica, Crimine Informatico, Comunicazione Istituzionale, Cultura e Trasformazione digitale. Autore del saggio sul Dark Web e il futuro della società digitale “La prigione dell’umanità” e di “Cultura digitale”. Appassionato di Osint e autore di diverse ricerche pubblicate da testate Nazionali. Attivista contro l’abuso dei minori, il suo motto è “Coerenza, Costanza, CoScienza”.

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