L'Altra Bolla
Fascismo? No, la vera sfida di Meloni sono i diritti civili e la rete può aiutarla
Tempo di lettura: 3 minuti. La Russa pentito, Draghi e Mattarella che la tutelano con endorsment pubblici, la Premier italiana per stare tranquilla deve riconciliarsi con il mondo giovanile sempre più fluido e le rappresentanze LGBTQ+

Giorgia Meloni è la prima premier donna della Repubblica Italiana e non sono mancate le polemiche a causa della sua appartenenza con Fratelli D’Italia. L’asse con Lega e Forza Italia ha creato alla leader diversi problemi già insiti anche nella sua appartenenza ad un partito che storicamente ha avuto posizioni vicine anche all’estrema Destra di memoria fascista.
Quale impatto ha avuto sull’opinione pubblica Meloni e quali saranno le prove da superare con chi non l’ha votata?
L’armistizio sulla questione fascista
Secondo Matrice Digitale, che ricordiamo ai lettori essere da tempo una testata specializzata nell’analisi dei contenuti dei social media, Giorgia Meloni ha tre questioni spinose da affrontare: il fascismo, i diritti civili e la gestione ordinaria. Sul tema del fascismo “la prova è stata superata abbondantemente con il passaggio di consegne tra La Russa e Liliana Segre tradotto come un atto di pacificazione grazie all’assist fornitole da Mattarella e dal draghiano Giuliano Amato che ha definito i tempi attuali maturi per una pacificazione tra fascismo ed antifascismo. Quanto durerà questa calma sul tema? Dipende soprattutto dagli esponenti politici di Fratelli d’Italia che si divertono in giro ad esporre il saluto romano anche sotto forma di goliardia. Se per l’opinione pubblica la questione fascista è diventata secondaria ed irrilevante in confronto ai problemi attuali sull’incertezza economica, la Meloni avrà sempre un fronte politicizzato di giornalisti ed opinionisti d’area che proveranno a minarne la credibilità sul tema utilizzando anche voci di informazioni straniere. Non è un caso che, facendo un’analisi nel post vittoria della Meloni il suo tweet ha avuto grande riscontro, così come ha avuto grande interesse l’Italia, sia in Francia sia Stati Uniti”.
Vecchie e nuove alleanze: da Salvini e Berlusconi a Draghi e Terzo Polo
Sulla questione amministrativa e del nuovo Governo scotta l’alleanza con Salvini e Berlusconi perchè ambigui sulla posizione russa, seppur già deneutralizzati da alleati non troppo nascosti che ne stanno delegittimando l’immagine senza colpire una Meloni sodale con il leader ucraino Zelensky, e sulla questione Atlantica anche se il silenzio del leader della Lega sul tema e le precisazioni applaudite con successo in Senato da Berlusconi hanno già abbassato di molto i toni. Visti gli accordi per le nomine delle presidenze di Senato e Camera, il disegno di mostrare una destra debole e di un centro predisposto ad appoggiare la leader di Fratelli d’Italia non solo è un avviso agli alleati, ma un monito anche per l’opposizione più intransigente di PD e 5 Stelle al bivio sul se unirsi o meno dopo il congresso dei Democrats italiani lanciato a breve. Se Salvini è stato individuato dagli addetti ai lavori come nemico del paese da arginare, allarme rientrato con la nomina al dicastero più importante del Governo in favore del leghista proDraghi Giorgetti, Berlusconi è stato massacrato dai social sulla questione Ronzulli che hanno prestato il fianco alle opposizioni di Mattarella spuntandola alla fine con altri nomi ed altre nomine. La continuità con Draghi, che c’è sempre stata da quando è scoppiata la guerra in Ucraina, porterà i due a collaborare sia sull’aspetto economico sia sulla collocazione di Draghi con una nomina strategica nel contesto Atlantico: seggio ONU in quota EU o addirittura Segretariato Generale NATO a cui ambiva Renzi. Ad oggi ci sono meno probabilità su una nomina Europea con l’attuale dirigenza e con la delusione di Draghi per come è stato trattato sulle emergenze correnti come quella del gas.
Sui Diritti Civili la vera battaglia per arginare un ritorno della questione fascista
La vera sfida della Meloni nei confronti dell’opinione pubblica sarà quella sui diritti civili: è questo il fronte numeroso e popoloso che ad oggi rappresenta il vero muro da superare senza abbatterlo. La campagna elettorale fallimentare di Letta dal punto di vista della comunicazione ha avuto successo solo nel caso della polemica su Peppa Pig che riguardava appunto i diritti civili, così come il tweet più importante del post elezioni, tra quelli che hanno avuto grande considerazione in questi mesi, è stato pubblicato da Greg Price, giornalista americano della MSNBC, e si riferisce al convegno di Vox dove la Meloni prese a suo tempo posizioni nette sui diritti della Famiglia in forte contrapposizione alla linea LGBTQ+. Proprio su questo ultimo fronte, potrebbe vanificarsi la pacificazione avuta sul fascismo nelle sedi istituzionali perché, eventuali azioni squilibrate in sfavore di aborto e contro la normalizzazione normativa dei sostenitori, sempre più numerosi, della società fluida, ripresenterà il conto sullo spettro fascista in chiave moderna alla prima donna leader del paese a cui non basterà rivolgersi solo al pubblico social consuetudinario, ma il campo di battaglia si sposterà sulle piattaforme più giovanili come Instagram e TikTok già in allerta sulle questioni LGBTQ+ ed ancora più preoccupate per le nomine di Roccella come Ministro alla Famiglia e Fontana alla presidenza della Camera.
L'Altra Bolla
In questa foto della Ferragni c’è una donna che ha bisogno di aiuto dalla società moderna che auguriamo ai nostri figli
Tempo di lettura: 2 minuti. Trucco errato, vestiti che mettono in evidenza un corpo insano, proposto come modello da chi crea donne manichino portandole sui palchi. L’influencer ha bisogno di aiuto?

La presenza di Chiara Ferragni a Sanremo, può piacere o meno, ha stabilito la verità su un personaggio famoso, portato come modello italiano di successo in giro per il mondo dalla stampa, quella collegata soprattutto agli investitori pubblicitari, e che merita un breve approfondimento.
Bisogna avere compassione e aiutare l’influencer

In primo luogo, la differenza visiva tra social, vita reale e tv. La protagonista di successo del make up che si presenta con un trucco sbagliato che la rende irriconoscibile, con un vestito che mette in evidenza la debolezza del fisico. Inutile approfondire i dialoghi, l’immagine di una protagonista dei social che esce dai filtri delle foto nelle applicazioni e sbarca in tv è disastrosa. Non è body shaming, ma un dato di fatto. Perchè Chiara Ferragni non è bellissima, ma è portatrice di quel modello che lo sport, la medicina e la scienza combattono da tempo contro i canoni della stessa moda che l’ha messa lì sul palco a suon di sponsorizzazioni.
L’apoteosi dell’anoressia

Ai vostri figli direte di ricercare la felicità in loro stessi o nell’approvazione degli altri? La foto di profilo tratta dalla TV è eloquente. Soglia vicina all’anoressia, la TV ingrassa solitamente, fisico rachitico con gravi problemi posturali: segni di scarsa cura di sè e tanta sofferenza fisica. Un binomio perfetto per lanciare messaggi sociali da parte proprio di chi propone un corpo di donna nudo per rivendicare dei diritti. Non parlateci di messaggio positivo però, perchè c’è nulla di positivo nel ruolo di Ferragni come testimonial di una causa, soprattutto se viene proposta come donna che ce l’ha fatta. No, non è questa l’immagine di una donna che ce l’ha fatta, bensì di una donna schiacciata da canoni che l’hanno resa famosa in un mondo virtuale e che rappresenta il modello di una donna corrotta dalla società che l’ha cannibalizzata in cambio del successo.
Più parla, più è spenta e più è telecomandata … non proprio come la donna che dice di essere ed il modello che propone perchè, in fondo, la verità dei social è lo stesso paradosso che li comprende.
Quello che si vede in rete è l’opposto di come è realmente nella vita reale.
“figlio/a vedi quella signora? ha bisogno di aiuto”
L'Altra Bolla
Repubblica come Orsini: nominato Antony Sbatti Segretario di Stato USA
Tempo di lettura: 2 minuti. Chi di traduzione ferisce, di traduzione perisce.

La carriera universitaria di Orsini è stata massacrata dopo che il professore di sociologia della Luiss ha tradotto il cognome Broad in Ampio durante un video registrato.

L’articolo, firmato dalla Redazione politica di Repubblica, è stato parte di una giusta campagna irrisoria nei confronti dell’odiato professore considerato amico dei “russi”, narcisista e poco accademico da una buona parte della Stampa che gli ha dedicato un articolo su questo argomento perchè anche l’insulto è virale.

Secondo quanto evidenziato dagli occhi attenti della Rete nel cercare refusi ed imprecisioni, l’articolo pubblicato da Repubblica sul pallone spia cinese è frutto di un copia e incolla da un articolo estero. Nessuno se ne sarebbe accorto se ad essere stato modificato non fosse stato il Segretario di Stato USA Blinken, definito nell’articolo Sbatti, errore frutto di una traduzione non verificata.
Secondo i canoni di NewsGuard, a cui fanno riferimento tutte le testate del gruppo Gedi per avere il bollino verde pubblicitario, ogni modifica degli articoli dovrebbe essere riportata nel testo. In questo caso manca, come in molti altri casi su altre testate che vendono qualità dell’informazione su carta bollata.
Il trucco che viene riportato spesso per eludere i canoni di Newsguard è certamente quello di scrivere l’ora e la data dell’aggiornamento o utilizzare la dicitura “in aggiornamento”. Tutto questo mentre i piccoli editori, fessi, se sbagliano ottengono il bollino rosso senza passare per il VIA.
L'Altra Bolla
Il “Foglio” e la gogna mediatica per il libero cittadino Piersilvio Berlusconi
Tempo di lettura: 3 minuti. La differenza tra informazione e propaganda, dovrebbero spiegarla i giornalisti, nel caso dell’AD di Mediaset è il pubblico ad evidenziarla.

Piersilvio Berlusconi intervistato dal Corriere esprime dubbi da cittadino sulla presenza di Zelensky a Sanremo ed è subito polemica.
A sorprendere è il tweet de Il Foglio che prende le distanze dal numero uno di Mediaset stupendosi “dello stupore su Zelensky a Sanremo, ma non di Lavrov nella sua emittente”. Qui è doveroso fare una considerazione di natura giornalistica.
Lavrov, Ministro degli Esteri russo, ha rilasciato un’intervista con il contraddittorio di un giornalista. Seppur non sia stato secondo molti un episodio di grande giornalismo, perchè troppo assecondato alle tempistiche del volto di Putin all’estero, la trasmissione che lo ha ospitato è Zona Bianca: un approfondimento giornalistico e quindi di informazione.
Inoltre, Lavrov era in collegamento dalla Russia ed il ritardo tecnico, che molti ignorano perchè abituati ad accendere la tv senza conoscere il lavoro che c’è dietro, ne ha impedito il botta e risposta. Sorprende che si colpevolizzi Berlusconi di aver fatto fuori Biagi dalla Rai, quando lo stesso ha intervistato mafiosi senza che nessuno lo giudicasse sul personale.
La presenza di Zelensky a Sanremo è invece uno spazio riservato al capo di un governo in guerra, ad oggi pare tramite un video registrato e senza contraddittorio, che chiede armi all’Italia che di fatto è in guerra con la Russia non solo dal punto di vista bellico, ma anche commerciale con i danni per i suoi cittadini quantificati in almeno 45 miliardi di euro tra spese, forniture, costo delle materie energetiche ed inflazione.
Sanremo non è una trasmissione di informazione, ma l’evento canoro più importante del nostro paese che è quello più distante nell’opinione pubblica dalle posizioni in favore della guerra “per ottenere la pace”.
Se si ospita un leader, aggredito, è chiaro che si sta prendendo le sue posizioni e quindi non si sta optando per un dialogo di pace, a maggior ragione che allo stesso tempo lo si rifornisca di armi. In effetti Sanremo e la musica dovrebbero lanciare messaggi diversi dal reclutamento dell’opinione pubblica sullo scontro bellico ed ideologico.
In sintesi :
se A ha intervistato con contraddittorio B in una trasmissione giornalistica è informazione
se A ospita un premontato senza contraddittorio in una trasmissione canora, spiace dirlo, è propaganda.
La strategia giustizialista del garantista Il Foglio
La cosa che sorprende è il linguaggio utilizzato dal quotidiano, noto per essere garantista ed attento alle problematiche della giustizia, nel segnalare al pubblico l’editoriale, legittimo sia chiaro, di critica al vice presidente di Mediaset.
In primo luogo descrive Piersilvio Berlusconi dirigente Mediaset, ma facendo una ricerca veloce su Google il suo ruolo è: Dall’aprile 2000 è vicepresidente del Gruppo Mediaset e presidente e amministratore delegato di R.T.I. Dal maggio 2015, oltre a conservare l’incarico di vicepresidente, è amministratore delegato e membro del Comitato Esecutivo del Gruppo Mediaset.
Forse è un pò di più di un dirigente, quindi perchè svilire quello che in altri articoli l’americanista Foglio dedica ad altre persone l’appellativo di CEO o Amministratore Delegato?
Cosa ancora più allarmante è il fatto che venga descritto al pubblico come “figlio di” Silvio Berlusconi. E’ un fatto innegabile anche questo, ma non è rilevante ai fini di una sua considerazione personale che non esprime il pensiero del padre. Anzi, sorprende invece come si stuzzichi il pubblico dei detrattori del padre per transitare critiche personali anche al figlio. Nemmeno ai figli dei mafiosi, il Foglio ha riservato questo trattamento.
Guai a mettere le opinioni sulla guerra

Il messaggio è chiaro, per chiunque sia dubbioso sul conflitto ucraino e la strategia occidentale per risolverlo, è nemico del popolo, più di un mafioso e la macchina del fango è pronta a partire non dal basso, ma dall’alto delle redazioni. La notizia si è divisa in condivisioni di offese personali a Piersilvio Berlusconi “figlio di”, ma nei contenuti sono intervenuti in molti a difendere quello che dovrebbe essere difeso in primis dai giornalisti: il concetto di informazione ed il diritto all’informazione.
Quando invece si attacca chi rivendica una posizione netta in favore del ruolo dell’informazione e lo si mette alla gogna umiliandolo pubblicamente come ha fatto il Foglio, c’è da preoccuparsi. Perchè fa intendere che si respira aria di guerra e vige una legge marziale, Zelensky in primis lo ha insegnato, dove non c’è spazio per l’informazione, bensì per la propaganda.
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