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Linux e macchine virtuali VMware: i nuovi obiettivi della Hive ransomware gang

La ransomware gang Hive ha convertito il suo crittografo VMware ESXi Linux al linguaggio di programmazione Rust e ha aggiunto nuove caratteristiche per rendere più difficile per i ricercatori di sicurezza spiare le negoziazioni dei riscatti delle vittime.
Poiché l’impresa diventa sempre più dipendente dalle macchine virtuali per risparmiare risorse informatiche, consolidare i server e per facilitare i backup, le bande di ransomware stanno creando encryptor dedicati che si concentrano su questi servizi.
I crittografi Linux delle bande di ransomware in genere prendono di mira le piattaforme di virtualizzazione VMware ESXI, in quanto sono le più comunemente utilizzate in azienda.
Mentre Hive ha utilizzato un encryptor Linux per colpire i server VMware ESXi per qualche tempo, un recente campione mostra che hanno aggiornato il loro encryptor con caratteristiche introdotte per la prima volta dall’operazione BlackCat/ALPHV ransomware.
Hive prende in prestito caratteristiche da BlackCat
Quando le operazioni ransomware attaccano una vittima, cercano di condurre le loro trattative in privato, dicendo alle vittime che se il riscatto non viene pagato i loro dati saranno pubblicati e subiranno un colpo alla reputazione.
Tuttavia, quando i campioni di ransomware vengono caricati su servizi pubblici di analisi del malware, vengono comunemente trovati dai ricercatori di sicurezza che possono estrarre la nota di riscatto e curiosare sulle negoziazioni.
In molti casi, queste trattative vengono poi pubblicizzate su Twitter e altrove, facendo fallire i negoziati.
La banda del ransomware BlackCat ha rimosso gli URL di negoziazione di Tor dal suo crittografo per evitare che questo accada. Invece, ha richiesto che l’URL sia passato come argomento della linea di comando quando il crittografo viene eseguito.
Questa caratteristica impedisce ai ricercatori che trovano il campione di recuperare l’URL in quanto non è incluso nell’eseguibile e solo passato all’eseguibile in fase di esecuzione.
Mentre l’Hive Ransomware richiede già un nome di login e una password per accedere alla pagina di negoziazione Tor di una vittima, queste credenziali sono state precedentemente memorizzate nell’eseguibile dell’encryptor, rendendole facili da recuperare come visto nell’attacco a Trenitalia.
In un nuovo encryptor Hive Linux trovato dal ricercatore di sicurezza Group-IB rivitna, Hive ora richiede all’attaccante di fornire il nome utente e la password di accesso come argomento della riga di comando quando si lancia il malware.
Copiando le tattiche di BlackCat, l’operazione di ransomware Hive ha reso impossibile recuperare le credenziali di login di negoziazione dai campioni di malware Linux, con le credenziali ora disponibili solo nelle note di riscatto create durante l’attacco.
Non è noto se i crittografi di Hive Windows utilizzano anche questo nuovo argomento della linea di comando in questo momento, ma se non è così, probabilmente lo vedremo aggiunto a breve.
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Attacco ransomware ad Acea: tornano online i sistemi
Tempo di lettura: < 1 minuto. Panico durato 24 ore circa, ma sembrerebbe che il peggio è passato

Il gruppo Acea è stato colpito da un attacco ransomware della gang Black Basta che non ha risparmiato la società dal pretendere un riscatto. Il gruppo è stato colpito nei suoi sistemi ed il sito Internet risulta essere offline.
Sembrerebbero esserci buone notizie secondo quanto riferito da una fonte interna alla società interpellata da Matrice Digitale:
da ieri sera (3 febbraio ndr) funzionano di nuovo i sistemi. è stato un problema serio lavorare senza sistemi per gestire l’operatività tuttavia, non sono riusciti ad acquisire i dati degli utenti.
Il sito Internet è ancora offline, ma l’attacco ha portato un disservizio tecnico a dipendenti e clienti senza intaccare i dati con una violazione.
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PlugX, il malware si diffonde via USB. A rischio anche PC air gapped
Tempo di lettura: 3 minuti. Una volta caricato e decrittografato in memoria, il malware infetta l’host e tutti i dispositivi USB rimovibili collegati

L’Unit 42 incident response team di Palo Alto Networks avrebbe scoperto di recente una nuova variante del malware PlugX distribuita tramite dispositivi USB rimovibili e prendendo di mira i PC Windows.
La scoperta sarebbe avvenuta durante l’analisi di un attacco ransomware Black Basta rilevando diversi campioni e strumenti malware sui dispositivi delle vittime: il Tool ted-teaming Brute Ratel C4, il malware GootLoader e un vecchio campione PlugX.
Il malware PlugX
Come precisato dai ricercatori, il malware PlugX esiste da più di un decennio ed è stato utilizzato da molti gruppi di criminalità informatica nation-state. In particolare PlugX è stato osservato in molti attacchi informatici di alto profilo, come quello del 2015 responsabile della violazione dell’Office of Personnel Management (OPM) del governo degli Stati Uniti.
La specialità di PlugX è il DLL side loading ovvero lo sfruttamento di file legittimi per ottenere l’esecuzione di codice arbitrario.
In questo caso, gli attori delle minacce hanno deciso di dirottare un popolare e gratuito strumento di debug open source per Windows chiamato x64dbg utilizzato per analisi e reverse engineering.
In questo caso, gli attori hanno utilizzato il debugger a 32 bit di x64dbg. All’esecuzione di x32dbg.exe, Microsoft Windows cercherà tutti i file necessari per eseguire l’applicazione. In questo attacco DLL side loading è una copia non firmata della DLL X32bridge.dll legittima ad essere caricata per cercare localmente il file payload crittografato x32bridge.dat ovvero il malware PlugX.

https://unit42.paloaltonetworks.com/plugx-variants-in-usbs/
Una volta caricato e decrittografato in memoria, il malware infetta l’host e tutti i dispositivi USB rimovibili collegati.
La tecnica utilizzata per nascondere file nelle USB
Una volta che un dispositivo USB viene infettato, tutti i nuovi file scritti nella cartella principale del dispositivo USB dopo l’infezione vengono spostati in una cartella nascosta all’interno del dispositivo stesso.
La tecnica utilizzata dal malware PlugX per nascondere tali file prevede l’utilizzo di un determinato carattere Unicode. Ciò impedisce a Windows Explorer e ai comandi shell di visualizzare la struttura della directory USB e qualsiasi file, nascondendoli alla vittima.
Il carattere Unicode utilizzato per le directory sarebbe “00A0″(un carattere chiamato no-break space). Tale carattere impedisce al sistema operativo Windows di eseguire il rendering del nome della directory, nascondendolo.
“Per ottenere l’esecuzione del codice del malware dalla directory nascosta, viene creato un file di collegamento di Windows .lnk nella cartella principale del dispositivo USB“, si legge nel rapporto.
In pratica il malware crea un file “desktop.ini” nella directory nascosta per specificare l’icona del file .lnk nella cartella principale, facendolo apparire come un’unità USB per ingannare la vittima. Nel frattempo, una sottodirectory chiamata “RECYCLER.BIN” ospita copie del malware sul dispositivo USB.

Conclusioni
“Grazie a questa capacità di eludere il rilevamento, il malware PlugX può continuare a diffondersi e potenzialmente passare a reti con air gapped.“, commentano i ricercatori Unità 42 Mike Harbison e Jen Miller-Osborn e concludono, “La scoperta di questi campioni indica che lo sviluppo di PlugX è ancora vivo e vegeto tra almeno alcuni aggressori tecnicamente esperti e rimane una minaccia attiva.”
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Cybertech Global, il Vice Direttore di ACN è speaker a Tel Aviv

Il Vice Direttore Generale, dott.ssa Nunzia Ciardi, partecipa come speaker al Cybertech Global di Tel Aviv, evento di portata mondiale che raggruppa le industrie del settore e al contempo i decision-maker pubblici e privati. L’intervento della dott.ssa Ciardi ha avuto come tema “Leadership e coordinamento: due ingredienti per una buona cooperazione internazionale in materia di cybersicurezza”.
“Gli attacchi informatici si stanno evolvendo, diventando sempre più pervasivi e insidiosi in tutti i settori della società. In termini di cooperazione internazionale dobbiamo agire sulla base della consapevolezza condivisa che queste minacce informatiche necessitano di una risposta coordinata perché mettono in pericolo istituzioni, organizzazioni e individui in ogni paese – ha detto nel corso del suo intervento – In questa prospettiva, cerchiamo di affrontare le minacce e gli attacchi informatici adottando un approccio globale alla sicurezza informatica che preveda il coinvolgimento, e il contributo attivo, di tutte le parti interessate. Ciò implica una maggiore cooperazione a livello internazionale perché il Cyber è una dimensione senza confini e altamente interconnessa che richiede di superare una visione miope, concentrata sulle sole realtà nazionali”.
Il Cybertech Global è un momento di confronto sulle ultime novità tecnologiche, le sfide e le soluzioni per combattere le minacce cyber.
Il Piano di Implementazione della Strategia Nazionale di Cybersicurezza contiene delle misure (dalla 75 all’81) dedicate alla cooperazione internazionale. L’Agenzia mira a creare un solido ecosistema cyber con i partner mondiali e a rafforzare il partenariato pubblico-privato nell’ottica della prevenzione e gestione degli incidenti cyber.
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