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Greenpass “falso originale”: nuovo rischio per il certificato verde

Il green pass è stato per mesi il fiore all’occhiello del Governo Italiano. Più vaccinati sono presenti nel paese, più vengono erogati i certificati verdi e l’Italia aumenta credibilità economica agli occhi di quell’estero che vorrebbe investire fondi privati sul territorio di Mario Draghi. Da quando è entrato in vigore, ci sono state diverse polemiche che con il tempo sono diventate sempre meno per via del raggiungimento della soglia dell’ 80 per cento della popolazione. Le proteste di questi giorni portano ad uno scontro ideologico tra chi, non è vaccinato, ma anche tra chi è vaccinato e non è convinto dello strumento come deterrente, e le persone che possono definirsi “adulte e vaccinate“. In questi giorni però, molti campanelli d’allarme hanno suonato su questioni prettamente informatiche, che hanno generato diversi intoppi al sistema di rilascio dei certificati verdi che non sono stati duplicati, ma rilasciati in diverse occasioni e, a differenza dei business promessi nel dark web e su Telegram già trattati in questo articolo
La nuova criticità
Nell’articolo pubblicato da Open, l’avvocato Enrico Ferraris, l’ingegnere Federico Fuga ed il ricercatore conosciuto come “sonoclaudio” hanno parlato di un rilascio di 62 chiavi private per generare nuovi Certificati Verdi a persone vaccinate e qui andiamo oltre quella che viene proposta come vendita, ma è in realtà una truffa perché i codici digitali o sono falsi o sono semplicemente duplicati. A seguito della segnalazione riportata nelle righe più in alto, il Garante della Privacy ha consigliato ai cittadinidi non scaricare app di verifica diverse da VerificaC19, quella rilasciata dal Governo Italiano e lo ha fatto con la nota dove avverte che:
Diversi produttori e sviluppatori, anche di altri Paesi, hanno messo a disposizione sugli store on line app per la verifica del green pass che consentono a chi le scarica, inquadrando il QR Code, di leggere dati personali come nome, cognome, data di nascita, ma perfino dosi o tamponi effettuati. In alcuni casi le app richiedono anche una registrazione per il download e trasferiscono i dati a terzi. Il Garante per la protezione dei dati mette in guardia tutti gli utenti dallo scaricare queste app, che trattano dati in violazione delle disposizioni di legge, le quali stabiliscono che è l’App VerificaC19, rilasciata del Ministero della Salute, l’unico strumento di verifica delle certificazioni verdi utilizzabile per garantire la privacy delle persone. L’Autorità ha deciso inoltre di avviare un’indagine sulle app per green pass non in regola, riservandosi gli opportuni interventi a tutela degli utenti.
Il parere dell’esperto
L’ingegnere Federico Fuga fa il punto della situazione assicurando che “al momento risultano confermati alcuni incidenti che non erano del tutto imprevisti, ossia la compromissione di alcuni accessi ai sistemi di firma senza la compromissione delle firme stesse, e la raccolta di un certo numero di Green Pass di utenti ignari, forse collezionati dai social o, più probabilmente, tramite app non ufficiali che sfruttano la disponibilità in modo aperto di tutte i dati del certificato”.
Nonostante le chiavi trovate siano state messe in sicurezza ed escluse dal sistema di generazione del Greenpass secondo Fuga “questo però ha di fatto sollevato un importante limite del sistema. Dato che non è possibile per costruzione e per ovvie esigenze organizzative criptare o in qualche modo rendere i GP non aperti e non copiabili, è inevitabile considerare che qualunque scadenza dei certificati vaccinali superiore a qualche giorno espone a un rischio di copia ed abuso degli stessi; le stesse linee guida eHealth suggeriscono infatti di rinnovare periodicamente sia i certificati stessi sia le chiavi, essendo il meccanismo di revoca complesso da gestire. Ed inoltre, diventa a questo punto assai importante che sia verificata la rispondenza dei certificati con un documento di identità dell’utente. Tutti punti noti, ma che fino ad ora sono stati gestiti in modo piuttosto grossolano“.
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Attacco ransomware ad Acea: tornano online i sistemi
Tempo di lettura: < 1 minuto. Panico durato 24 ore circa, ma sembrerebbe che il peggio è passato

Il gruppo Acea è stato colpito da un attacco ransomware della gang Black Basta che non ha risparmiato la società dal pretendere un riscatto. Il gruppo è stato colpito nei suoi sistemi ed il sito Internet risulta essere offline.
Sembrerebbero esserci buone notizie secondo quanto riferito da una fonte interna alla società interpellata da Matrice Digitale:
da ieri sera (3 febbraio ndr) funzionano di nuovo i sistemi. è stato un problema serio lavorare senza sistemi per gestire l’operatività tuttavia, non sono riusciti ad acquisire i dati degli utenti.
Il sito Internet è ancora offline, ma l’attacco ha portato un disservizio tecnico a dipendenti e clienti senza intaccare i dati con una violazione.
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PlugX, il malware si diffonde via USB. A rischio anche PC air gapped
Tempo di lettura: 3 minuti. Una volta caricato e decrittografato in memoria, il malware infetta l’host e tutti i dispositivi USB rimovibili collegati

L’Unit 42 incident response team di Palo Alto Networks avrebbe scoperto di recente una nuova variante del malware PlugX distribuita tramite dispositivi USB rimovibili e prendendo di mira i PC Windows.
La scoperta sarebbe avvenuta durante l’analisi di un attacco ransomware Black Basta rilevando diversi campioni e strumenti malware sui dispositivi delle vittime: il Tool ted-teaming Brute Ratel C4, il malware GootLoader e un vecchio campione PlugX.
Il malware PlugX
Come precisato dai ricercatori, il malware PlugX esiste da più di un decennio ed è stato utilizzato da molti gruppi di criminalità informatica nation-state. In particolare PlugX è stato osservato in molti attacchi informatici di alto profilo, come quello del 2015 responsabile della violazione dell’Office of Personnel Management (OPM) del governo degli Stati Uniti.
La specialità di PlugX è il DLL side loading ovvero lo sfruttamento di file legittimi per ottenere l’esecuzione di codice arbitrario.
In questo caso, gli attori delle minacce hanno deciso di dirottare un popolare e gratuito strumento di debug open source per Windows chiamato x64dbg utilizzato per analisi e reverse engineering.
In questo caso, gli attori hanno utilizzato il debugger a 32 bit di x64dbg. All’esecuzione di x32dbg.exe, Microsoft Windows cercherà tutti i file necessari per eseguire l’applicazione. In questo attacco DLL side loading è una copia non firmata della DLL X32bridge.dll legittima ad essere caricata per cercare localmente il file payload crittografato x32bridge.dat ovvero il malware PlugX.

https://unit42.paloaltonetworks.com/plugx-variants-in-usbs/
Una volta caricato e decrittografato in memoria, il malware infetta l’host e tutti i dispositivi USB rimovibili collegati.
La tecnica utilizzata per nascondere file nelle USB
Una volta che un dispositivo USB viene infettato, tutti i nuovi file scritti nella cartella principale del dispositivo USB dopo l’infezione vengono spostati in una cartella nascosta all’interno del dispositivo stesso.
La tecnica utilizzata dal malware PlugX per nascondere tali file prevede l’utilizzo di un determinato carattere Unicode. Ciò impedisce a Windows Explorer e ai comandi shell di visualizzare la struttura della directory USB e qualsiasi file, nascondendoli alla vittima.
Il carattere Unicode utilizzato per le directory sarebbe “00A0″(un carattere chiamato no-break space). Tale carattere impedisce al sistema operativo Windows di eseguire il rendering del nome della directory, nascondendolo.
“Per ottenere l’esecuzione del codice del malware dalla directory nascosta, viene creato un file di collegamento di Windows .lnk nella cartella principale del dispositivo USB“, si legge nel rapporto.
In pratica il malware crea un file “desktop.ini” nella directory nascosta per specificare l’icona del file .lnk nella cartella principale, facendolo apparire come un’unità USB per ingannare la vittima. Nel frattempo, una sottodirectory chiamata “RECYCLER.BIN” ospita copie del malware sul dispositivo USB.

Conclusioni
“Grazie a questa capacità di eludere il rilevamento, il malware PlugX può continuare a diffondersi e potenzialmente passare a reti con air gapped.“, commentano i ricercatori Unità 42 Mike Harbison e Jen Miller-Osborn e concludono, “La scoperta di questi campioni indica che lo sviluppo di PlugX è ancora vivo e vegeto tra almeno alcuni aggressori tecnicamente esperti e rimane una minaccia attiva.”
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Cybertech Global, il Vice Direttore di ACN è speaker a Tel Aviv

Il Vice Direttore Generale, dott.ssa Nunzia Ciardi, partecipa come speaker al Cybertech Global di Tel Aviv, evento di portata mondiale che raggruppa le industrie del settore e al contempo i decision-maker pubblici e privati. L’intervento della dott.ssa Ciardi ha avuto come tema “Leadership e coordinamento: due ingredienti per una buona cooperazione internazionale in materia di cybersicurezza”.
“Gli attacchi informatici si stanno evolvendo, diventando sempre più pervasivi e insidiosi in tutti i settori della società. In termini di cooperazione internazionale dobbiamo agire sulla base della consapevolezza condivisa che queste minacce informatiche necessitano di una risposta coordinata perché mettono in pericolo istituzioni, organizzazioni e individui in ogni paese – ha detto nel corso del suo intervento – In questa prospettiva, cerchiamo di affrontare le minacce e gli attacchi informatici adottando un approccio globale alla sicurezza informatica che preveda il coinvolgimento, e il contributo attivo, di tutte le parti interessate. Ciò implica una maggiore cooperazione a livello internazionale perché il Cyber è una dimensione senza confini e altamente interconnessa che richiede di superare una visione miope, concentrata sulle sole realtà nazionali”.
Il Cybertech Global è un momento di confronto sulle ultime novità tecnologiche, le sfide e le soluzioni per combattere le minacce cyber.
Il Piano di Implementazione della Strategia Nazionale di Cybersicurezza contiene delle misure (dalla 75 all’81) dedicate alla cooperazione internazionale. L’Agenzia mira a creare un solido ecosistema cyber con i partner mondiali e a rafforzare il partenariato pubblico-privato nell’ottica della prevenzione e gestione degli incidenti cyber.
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