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Intelligenza Artificiale: Google vorrebbe tornare a lavorare con il Pentagono

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Tempo di lettura: 3 minuti. Sono passati tre anni da quando Google ha abbandonato un progetto, basato su intelligenza artificiale, con il Dipartimento della Difesa U.S. a causa di una sommossa dei dipendenti. Ora l’azienda sta lavorando ad una nuova proposta per il Pentagono.

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Sono passati tre anni da quando Google ha abbandonato un progetto, basato su intelligenza artificiale, con il Dipartimento della Difesa U.S. a causa di una sommossa dei dipendenti. Ora l’azienda sta lavorando ad una nuova proposta per il Pentagono.

Nel 2018 Google partecipava al Project Maven, un programma militare che utilizza l’intelligenza artificiale per interpretare le immagini video provenienti dai droni ed utilizzato forse per migliorare il targeting degli attacchi con i droni stessi. In quel caso migliaia di dipendenti di Google, circa 4.000, hanno firmato una lettera per protestare contro il coinvolgimento dell’azienda nel progetto. Dal New York Times apprendiamo che ora Google vorrebbe ottenere un nuovo contratto nell’ambito del Joint Warfighting Cloud Capability.

Intelligenza Artificiale e codice etico Google

La protesta interna ha portato Google da un lato a creare linee guida per l’uso etico dell’intelligenza artificiale, vietandone l’uso per armi o sorveglianza, e dall’altro ha accelerato una riorganizzazione della sua attività di cloud computing.

A questo punto però, considerando che Google posiziona il cloud computing come una parte fondamentale del suo futuro, l’offerta per il nuovo contratto del Pentagono potrebbe scontrarsi con i confini di quei principi etici legati proprio all’uso dell’intelligenza artificiale. Il problema di Google sta proprio in questo, essersi distinto tra i colossi tech per aver stabilito dei confini ma al tempo stesso scontrarsi con i competitori che invece cercano abitualmente lavoro nel settore militare e di Intelligence.

L’iniziativa dell’esercito, che mira a modernizzare la tecnologia cloud del Pentagono e supportare l’uso dell’intelligenza artificiale per ottenere un vantaggio sul campo di battaglia, sostituisce JEDI, un contratto con Microsoft annullato la scorsa estate dopo una lunga battaglia legale con Amazon. In quel caso Google non aveva partecipato per i motivi suddetti. Il riavvio da parte del Pentagono del suo progetto di cloud computing ha dato quindi a Google la possibilità di tornare in campo. Secondo alcune fonti del NYT la società si è affrettata a preparare una proposta da presentare ai funzionari della Difesa, dedicando a questa attività diversi tecnici specializzati presi anche da altri ambiti ed assegnando una alta priorità al progetto.

Le stesse fonti riferiscono che, ad inizio novembre, l’amministratore delegato dell’unità cloud di Google, Thomas Kurian, ha incontrato Charles Q. Brown Jr., capo dello staff dell’Air Force, e altri alti funzionari del Pentagono per sostenere la sua azienda.

In via ufficiale Google ha affermato di essere “fermamente impegnata a servire i nostri clienti del settore pubblico”, incluso il Dipartimento della Difesa, e che “valuterà di conseguenza eventuali future opportunità di offerta”.

Il nuovo contratto andrebbe appunto a sostituire la Joint Enterprise Defense Infrastructure (JEDI), cioè quel contratto di cloud computing del Pentagono del valore stimato di 10 miliardi di dollari in 10 anni. Non è noto il valore di questo nuovo contratto, ma si sa che la durata sarà di 5 anni e non sarà assegnato ad unico fornitore come il precedente ma si cercheranno aziende in una rosa ristretta di candidati, come ha affermato il Dipartimento della Difesa e riportato del NYT.

Come è facile immaginare, al momento non è chiaro se l’oggetto dell’appalto, che fornirebbe al Dipartimento della Difesa l’accesso ai prodotti cloud di Google, viola i principi etici sull’uso dell’AI stabiliti da Google. E’ però noto, scrive il NYT, che la tecnologia dovrebbe supportare i militari in combattimento. Si potrebbe addirittura configurare una situazione per la quale, a causa delle regole del Pentagono sull’accesso esterno a dati sensibili o classificati, sarebbe impedito a Google di vedere esattamente come viene utilizzata la sua tecnologia.

Le architetture cloud di Google hanno recentemente svolto altri lavori per l’esercito. Nel 2020 Google ha firmato contratti con la US Air Force per l’utilizzo del cloud computing per la manutenzione degli aerei e l’addestramento dei piloti, nonché un contratto con la US Navy per l’utilizzo dell’intelligenza artificiale per rilevare e prevedere le esigenze di manutenzione di strutture e navi.

Negli anni Google ha faticato a colmare il divario con Amazon e Microsoft nel cloud computing e, anche per attirare grandi clienti, Google ha assunto Kurian, un dirigente di lunga data presso la società di software Oracle. Ha anche potenziato le dimensioni del reparto vendita nell’ottica di competere in modo aggressivo per nuovi contratti, compresi gli accordi militari.

Questi nuovi sforzi di Google nel settore militare arrivano comunque quando i suoi dipendenti stanno già spingendo l’azienda a cancellare un contratto di cloud computing con l’esercito israeliano, chiamato Project Nimbus che fornisce i servizi di Google a enti governativi in ​​tutto Israele. In una lettera aperta pubblicata su The Guardian i dipendenti di Google hanno invitato il loro datore di lavoro a rescindere il contratto.

Di certo la questione non è semplice da risolvere per Google, da un lato la voglia e la capacità di competere in un settore ambito dai suoi competitor e dall’altro i principi etici che ha sposato e che anche i suoi dipendenti intendono rispettare.


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Cina pubblica “Libro Bianco” di Internet e lo consiglia ai paesi per il controllo delle informazioni

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Tempo di lettura: 2 minuti. E’ arrivato il modello cinese da esportare in altre democrazie?

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Il regime comunista cinese ha recentemente pubblicato un Libro Bianco riguardante la “regola del diritto” per Internet, dichiarando apertamente le sue intenzioni di esportare la sua “esperienza” nel totalitarismo digitale ad altri paesi. Esperti sottolineano che il Libro Bianco del Partito Comunista Cinese (PCC) indica che le autorità cinesi sono in grado di controllare completamente Internet utilizzando la tecnologia moderna e che il suo modello di controllo si è effettivamente già diffuso nel resto del mondo.

Il 16 marzo, l’Ufficio di Informazione del Consiglio di Stato del regime ha emesso il Libro Bianco intitolato “La costruzione della regola del diritto di Internet della Cina nella nuova era”. Il documento, lungo quasi 18.000 parole e pubblicato in otto lingue, afferma che il regime intende “rafforzare gli scambi internazionali e la cooperazione sulla regola del diritto di Internet” e “condividere esperienze e pratiche” con altri paesi.

Il portavoce dell’Ufficio di Informazione del Consiglio di Stato ha dichiarato che la “regola del diritto di Internet” del regime include la “promozione integrata della legislazione online, dell’applicazione della legge online, della giurisdizione online, della divulgazione del diritto online e dell’educazione legale online”.

Lai Chung-chiang, convocatore del think tank Economic and Democratic United di Taiwan e avvocato in esercizio, ha affermato che l’impero digitale totalitario del PCC incorpora ogni mossa delle persone nell’ambito della supervisione del governo su Internet.

Le autorità cinesi monitorano ogni mossa dei cittadini attraverso vari sistemi di monitoraggio, riconoscimento facciale, codici di salute digitali e codici di sicurezza. Il Libro Bianco del PCC sottolinea che la gestione di Internet coinvolge la partecipazione di più parti, tra cui il governo, le imprese, le organizzazioni sociali e gli utenti di Internet.

Il documento afferma inoltre che il PCC è disposto a lavorare con la comunità internazionale per “promuovere congiuntamente il processo di regola del diritto nella governance globale di Internet”. Nel frattempo, l’agenzia di stampa statale Xinhua News ha diffuso un discorso del leader del PCC, Xi Jinping, intitolato “Esplorare la costruzione di un dialogo globale sulla civiltà e la cooperazione su Internet” durante l’incontro ad alto livello del PCC in dialogo con i partiti politici mondiali il 15 marzo.

Wang He, osservatore della Cina e collaboratore di Epoch Times, ha affermato che il PCC ha sempre esportato il totalitarismo su Internet ad altri paesi. La strategia prevede l’esportazione della dittatura cibernetica attraverso il progetto economico-politico dell’Iniziativa Belt and Road

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Bard, l’intelligenza artificiale di Google, disponibile in anteprima in alcuni paesi

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Tempo di lettura: < 1 minuto. Google cerca feedback dagli utenti

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Bard, l’assistente virtuale basato sull’intelligenza artificiale di Google, è ora disponibile per i primi test negli Stati Uniti e nel Regno Unito tramite bard.google.com. Google spera di raccogliere preziosi feedback dagli utenti per migliorare il suo chatbot in fase di sviluppo.

L’intelligenza artificiale di Google si basa su un “grande modello linguistico di ricerca (LLM)”, una versione ottimizzata e più leggera di LaMDA. A differenza di ChatGPT di OpenAI, che utilizza un database proprietario, Bard sfrutta le risorse estratte direttamente dal web.

Google prevede di sostituire la versione leggera di LaMDA con modelli più avanzati per ridurre gli errori attualmente presenti nelle risposte dell’IA. Nel frattempo, Google ha anche chiesto ai suoi dipendenti di correggere le risposte sbagliate fornite da Bard.

L’obiettivo di Google è proporre l’intelligenza artificiale in due modalità: integrando gli LLM in Search e come esperienza complementare a Search. Durante questa fase sperimentale, Bard offrirà agli utenti la possibilità di scegliere la risposta migliore da sottoporre all’IA per ulteriori domande.

Google afferma di aver integrato misure di protezione per garantire qualità e sicurezza nelle interazioni con l’IA, come limitare il numero di scambi in un dialogo per mantenere le conversazioni pertinenti e utili.

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Ferrari colpita da attacco hacker. Orlowski “avvisa” Barilla e Lamborghini

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Ferrari S.p.A. è stata recentemente contattata da cybercriminali che chiedevano un riscatto per alcuni dati dei clienti. La casa automobilistica ha avviato un’indagine con una società di cybersicurezza e informato le autorità. Ferrari ha deciso di non pagare il riscatto, in quanto finanzierebbe attività criminali e perpetuerebbe gli attacchi. L’azienda ha preferito informare i clienti sull’incidente e sulla possibile esposizione dei loro dati. Ferrari sta lavorando con esperti esterni per rafforzare ulteriormente i propri sistemi e conferma che l’attacco non ha influenzato le operazioni aziendali.

Le previsioni di Orlowski su chi sarà il prossimo

Se oggi è capitato a Ferrari, nei prossimi mesi c’è il rischio dalle analisi svolte da Metatron, applicativo sviluppato da Orlowski, che Automobili Lamborghini S.p.A., Ducati Motor Holding, Parmalat Italia S.p.A., Barilla Group, Impresa Pizzarotti & C. S.p.A., Max Mara Fashion Group, Coccinelle, Lactalis Group possono essere coinvolte in diversi data breach da esporre clienti, fornitori e catena di montaggio.

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