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Iran, accusate di spionaggio per la CIA le giornaliste della notizia di Mahsa Amini

Tempo di lettura: 2 minuti. Niloofar Hamedi ed Elahe Mohammadi sono stati accusati di essere “fonti primarie di notizie per i media stranieri” e sarebbero attualmente detenuti nella famigerata prigione di Evin, dove all’inizio del mese sono scoppiati incendi

Tempo di lettura: 2 minuti.

Niloofar Hamedi ed Elahe Mohammadi, le due giornaliste che per prime hanno dato la notizia della morte di Mahsa Amini per mano della polizia morale iraniana, sono state etichettate come agenti della CIA in una dichiarazione rilasciata dal Ministero dell’Intelligence iraniano e dall’organizzazione di intelligence del Corpo delle Guardie rivoluzionarie islamiche. Il comunicato accusa le due donne di essere “fonti primarie di notizie per i media stranieri” e sostiene che le proteste a livello nazionale sono state lanciate dalla CIA e dall’organizzazione di intelligence israeliana Mossad come un’operazione pre-pianificata. Hamedi e Mohammadi sarebbero attualmente detenute nella famigerata prigione di Evin, dove all’inizio del mese sono scoppiati incendi che hanno causato quattro morti e diversi feriti. Il primo, che è stato il primo giornalista a riferire dell’uccisione di Amini, è stato accusato di essersi finto giornalista e di aver spinto la famiglia della 22enne a rivelare informazioni sulla sua morte. Mohammadi è stata accusata di aver ricevuto una formazione come agente straniero all’estero in seguito al suo reportage sul funerale di Amini. I giornalisti di tutto il Paese sono rimasti scioccati dalla dichiarazione, mentre il regime cerca di reprimere le rivolte soffocando i media. “Ci stanno monitorando da vicino e mi è stato consigliato di tagliare tutti i legami con i corrispondenti stranieri. Ho ricevuto chiamate dall’estero sul mio cellulare e se controllassero i miei tabulati telefonici e scoprissero che qualcuno dall’Occidente ha chiamato, anche se si tratta di un amico, sarebbe un rischio enorme”, ha dichiarato un giornalista iraniano al Guardian. Un altro ha affermato che il regime “non perderà tempo a punire i giornalisti. Sanno che all’interno dell’Iran ci sono persone, come me, che sono in contatto con amici o media all’estero. Useranno questa dichiarazione e questa conclusione per fare altri arresti o, peggio, per giustiziare i loro stessi cittadini per spionaggio”. Le proteste popolari, iniziate oltre 40 giorni fa, hanno visto decine di manifestanti uccisi per mano dell’IRGC. Ciononostante, il movimento non ha mostrato segni di cedimento.

Di Livio Varriale

Giornalista e scrittore: le sue specializzazioni sono in Politica, Crimine Informatico, Comunicazione Istituzionale, Cultura e Trasformazione digitale. Autore del saggio sul Dark Web e il futuro della società digitale “La prigione dell’umanità” e di “Cultura digitale”. Appassionato di Osint e autore di diverse ricerche pubblicate da testate Nazionali. Attivista contro la pedopornografia online, il suo motto è “Coerenza, Costanza, CoScienza”.

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