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Irpi svela la società che pulisce la fedina web dei “potenti”

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L’autore dell’inchiesta riceve un’email dalla redazione di Osservatorio Diritti che contesta l’opportunità di un’inchiesta scritta l’anno precedente e pubblicata quasi un anno fa. L’email sostiene che la permanenza online della notizia danneggia il protagonista dell’articolo secondo il GDPR, senza contestare la verità dei fatti. Vengono offerte tre opzioni: rimozione completa dell’articolo, deindicizzazione o sostituzione delle generalità dell’assistito con le iniziali.

Il pezzo descrive la vicenda di Piero Amara, ex legale esterno di Eni, sospettato dalla procura di Milano di aver ordito una trama con complici per far deragliare il processo Opl 245. Amara è stato anche la fonte che nel 2018 ha cominciato a rivelare i contorni di una presunta Loggia Ungheria, un sistema di potere che avrebbe avuto una grande capacità di influenzare la vita politica e giudiziaria del Paese. Nonostante il suo primo arresto nel febbraio 2018 come depistatore reo confesso, le deposizioni di Amara continuano ad avere conseguenze giudiziarie nel 2023, poiché è ancora indagato o imputato in diversi procedimenti per calunnia, corruzione e frode fiscale. Inoltre, l’articolo menziona una mail ricevuta da Marco Ratti, il direttore di Osservatorio Diritti, che ha destato preoccupazione e scetticismo a causa della firma in calce ritenuta posticcia.

L’articolo descrive come i giornalisti ricevano regolarmente messaggi via e-mail che chiedono la rimozione di articoli che si ritengono lesivi. Gli autori si concentrano su una particolare e-mail che avevano ricevuto in passato, che sembrava provenire da un dipartimento legato alla Commissione europea ma che, dopo un’indagine, si è rivelata inesistente. Nonostante il sospetto iniziale, la richiesta sembrava legittima e attuale, quindi è stata presa una decisione in merito senza ulteriori indagini. Gli autori sottolineano l’importanza di valutare attentamente ogni richiesta di rimozione di un articolo, poiché contestare gli articoli è un diritto, ma correggerli in caso di errore è un dovere dei giornalisti. Inoltre, gli autori consigliano di trattare con attenzione i dati personali e di non pubblicare informazioni ritenute non rilevanti per l’opinione pubblica.

L’articolo parla del lavoro sotterraneo che alcune agenzie di “web reputation” svolgono per manipolare l’indicizzazione dei siti web e far scendere nella classifica dei risultati forniti dai motori di ricerca le notizie contestate, al fine di “screditare” tali notizie agli occhi di Google. Tuttavia, alcune di queste agenzie, come quella dell’avatar Raùl Soto, adottano tecniche fraudolente per raggiungere i loro obiettivi. L’articolo evidenzia come, grazie a un database di 50.000 documenti messo a disposizione da Forbidden Stories, sia emerso che l’azienda per cui lavora Soto ha cercato in silenzio di acquisire una fetta del mondo dell’informazione e di gestire clienti “in subappalto”, senza che questi ultimi ne fossero al corrente.

Qurium – The media foundation, un’organizzazione non profit registrata in Svezia che si occupa di proteggere media indipendenti e attivisti nel campo dei diritti umani, ha scoperto che un’organizzazione chiamata Eliminalia (ora iData Protection) ha utilizzato tecniche fraudolente per manipolare i risultati dei motori di ricerca, con l’obiettivo di far sparire ciò che non è gradito ai propri clienti. Eliminalia ha sede principale in Spagna e uffici in diversi paesi in tutto il mondo. La società è stata fondata nel 2013 da Diego Sanchez Jimenez e controlla una galassia di oltre 50 società impegnate in vari settori. La missione di Eliminalia è far sparire ciò che non è gradito ai propri clienti, spesso manipolando l’indicizzazione dei siti web per far scendere nella classifica dei risultati forniti dai motori di ricerca le notizie contestate.

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