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Sicurezza Informatica

La polizia israeliana sotto indagine per l’utilizzo del software spia Pegasus di NSO

Tempo di lettura: < 1 minuto. Il sottocomitato della Knesset indagherà sull’uso del software spia Pegasus da parte della polizia israeliana per intercettare le comunicazioni dei cittadini

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La Commissione Costituzione, Legge e Giustizia della Knesset ha annunciato domenica la creazione di un sottocomitato incaricato di indagare sull’uso da parte della polizia israeliana del software di intercettazione Pegasus, prodotto dall’azienda israeliana NSO Group, per spiare i cittadini israeliani hackerando i loro telefoni.

Accuse persistenti e l’uso del software Saifan

Sono emerse accuse persistenti riguardo all’accesso da parte della polizia a una versione depotenziata di Pegasus, conosciuta come Saifan, che consentirebbe alle forze dell’ordine di accedere ai telefoni degli israeliani, incluso ascoltare segretamente le conversazioni.

Il rapporto dell’Avvocato Generale aggiunto Amit Merari

Il sottocomitato discuterà i risultati di un rapporto prodotto lo scorso anno dall’Avvocato Generale aggiunto Amit Merari, che ha indagato sull’uso da parte della polizia del software invasivo. Il presidente del comitato, MK Simcha Rothman, ha dichiarato che il sottocomitato avrà pochi membri a causa della sensibilità delle informazioni che saranno condivise e che condurrà sessioni sia a porte chiuse che pubbliche, a partire dalla prossima settimana.

Rapporto Calcalist e conseguenze delle indagini

All’inizio del 2022, il quotidiano Calcalist aveva riferito, senza fornire prove o citare fonti, che decine di personalità israeliane di alto profilo, tra cui ex direttori di ministeri, figure di spicco nel mondo degli affari e familiari e associati dell’ex primo ministro Benjamin Netanyahu, fossero state spiate dalla polizia utilizzando il software spia Pegasus di NSO Group senza alcuna supervisione giudiziaria.

Le indagini della polizia e un rapporto preliminare di Merari hanno stabilito che le informazioni riportate da Calcalist fossero in gran parte errate, poiché nessuna delle 26 persone presumibilmente hackerate era stata effettivamente presa di mira dalla polizia. Tuttavia, il rapporto ha evidenziato che la polizia ha superato i limiti dei mandati ricevuti per hackerare i telefoni in quattro occasioni, avendo così la possibilità di ottenere informazioni non legalmente accessibili.

Di Livio Varriale

Giornalista e scrittore: le sue specializzazioni sono in Politica, Crimine Informatico, Comunicazione Istituzionale, Cultura e Trasformazione digitale. Autore del saggio sul Dark Web e il futuro della società digitale “La prigione dell’umanità” e di “Cultura digitale”. Appassionato di Osint e autore di diverse ricerche pubblicate da testate Nazionali. Attivista contro la pedopornografia online, il suo motto è “Coerenza, Costanza, CoScienza”.

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