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Sicurezza Informatica

Pegasus, giornalisti arabi contro la campagna del europea sul Marocco

Tempo di lettura: 2 minuti. A guidare la protesta l’esperto statunitense Scott

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L’Unione dei giornalisti arabi ha denunciato la campagna politicamente motivata orchestrata dal Parlamento europeo contro il Marocco, affermando che le accuse di spionaggio rivolte al Regno nordafricano sono “accuse senza fondamento”.

Gli eurodeputati non hanno fornito prove scientifiche a sostegno delle loro false accuse, ha dichiarato l’Unione, esprimendo stupore per il sistema giudiziario francese che ha negato al Marocco il diritto di contestare le ONG che lo accusano di spionaggio con il software spia Pegasus, mentre ha accettato le denunce presentate contro il Paese da alcuni giornalisti francesi che hanno affermato che i loro telefoni sono stati violati, senza presentare alcuna perizia tecnica indipendente a sostegno di queste accuse.

L’Unione dei giornalisti arabi ha inoltre condannatato la parzialità del Parlamento europeo che si è rifiutato di esaminare gli studi scientifici e indipendenti condotti da esperti, che dimostrano l’infondatezza delle accuse mosse al Marocco. Tra questi studi, ce n’è uno di Jonathan Scott, un esperto americano di spyware e malware forense. La sua ricerca ha dimostrato “l’assenza di prove scientificamente riproducibili per i crimini digitali”, il che mina le basi della giustizia.

Per quanto riguarda le indagini condotte da Amnesty International e The Citizen Lab, l’esperto ha espresso preoccupazione per la loro reputazione nella comunità scientifica e della sicurezza informatica. Ha affermato che “le loro ricerche spesso non sono state verificate o riprodotte in modo indipendente da nessuno al di fuori della loro rete di fiducia, e il loro disprezzo per le politiche e le procedure forensi internazionali è allarmante”.

Nonostante queste carenze, hanno stretto collaborazioni con diversi media globali, tra cui la coalizione di giornalisti di Forbidden Stories che fanno parte del “Progetto Pegasus”.

Secondo Scott, è importante affrontare queste collaborazioni con “un maggiore controllo e convalida per garantire l’accuratezza e l’imparzialità delle indagini condotte”.

Ha affermato che le indagini condotte da queste organizzazioni mancano significativamente di rigore, affermando che i risultati della mobile forensics utilizzati per sostenere le accuse di presenza di spyware Pegasus sui telefoni di Omar Radi, Claude Mangin e altri “sono stati manomessi e falsificati”, attraverso diversi risultati falsi positivi che non sono stati rivelati dai ricercatori.

Da un punto di vista scientifico, è fondamentale sottolineare l’importanza di metodi di indagine trasparenti e rigorosi nei casi che coinvolgono la tecnologia spyware, ha affermato l’esperto americano, osservando che i falsi positivi nelle analisi forensi portano a conclusioni errate, che possono avere implicazioni significative per le persone coinvolte e per il panorama politico più ampio.

Inoltre, una commissione d’inchiesta del Parlamento europeo sullo spyware Pegasus ha rivelato che la società israeliana NSO, che ha sviluppato lo spyware, aveva contratti con 22 clienti in 12 Paesi dell’Unione Europea a 27 membri.

“Dobbiamo riconoscere che tutti i Paesi membri dell’UE utilizzano spyware, anche se non lo ammettono”, ha dichiarato l’eurodeputata olandese Sophie in’t Veld, capo della commissione d’inchiesta del PE che indaga su Pegasus.

Di Livio Varriale

Giornalista e scrittore: le sue specializzazioni sono in Politica, Crimine Informatico, Comunicazione Istituzionale, Cultura e Trasformazione digitale. Autore del saggio sul Dark Web e il futuro della società digitale “La prigione dell’umanità” e di “Cultura digitale”. Appassionato di Osint e autore di diverse ricerche pubblicate da testate Nazionali. Attivista contro l’abuso dei minori, il suo motto è “Coerenza, Costanza, CoScienza”.

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