Truffe online
Truffa su Kadena per 50.000 euro: donna vittima di relazione sentimentale
Tempo di lettura: 4 minuti. Dopo il caso dell’uomo raggiunto su Tinder, ecco un nuovo grave schema criminale che ha coinvolto una donna su una app che ha sfruttato per qualche mese il nome della criptovaluta.
Una lettrice ci ha contattato dopo aver letto un articolo di Matrice Digitale su Kadena, una criptovaluta, e ci ha chiesto un aiuto per poter riuscire a recuperare una somma di denaro che ha investito sull’omonima piattaforma di trading.
Da subito abbiamo svolto alcune verifiche e dopo aver notato che l’app Kadena era inesistente su piattaforma iPhone, e dopo che abbiamo verificato l’assenza di una piattaforma di scambio riconosciuta tra le 273 censite su Coinmarketcap, abbiamo dovuto comunicare alla signora di essere stata vittima di una truffa. L’ennesima truffa sulle criptovalute e sulle piattaforme di scambio che ci troviamo a trattare in prima persona e l’importo questa volta è maggiore rispetto al caso precedente.
Kadena è una cripto valuta con 300 milioni di capitalizzazione e questo la rende poco appetibile dal punto di vista del mercato, ma l’aggressore ha contattato la nostra vittima sulla piattaforma social Instagram ed ha utilizzato la strategia di chiederle un’informazione su i migliori ristoranti della città dove vive. Da questo punto è nata una conversazione sfociata in una sorta di relazione a distanza. La vittima, a domanda esplicita, ha confermato che non è mai stata su altre piattaforme come Tinder ed ha assicurato alla Redazione di non aver mai visto questa persona dal vivo, se non in foto. Una acquisita maggiore confidenza, l’aggressore ha chiesto alla vittima di installare l’app Kadena promettendogli la possibilità di effettuare dei buoni investimenti e, dopo aver piazzato 100 € per prova, i risultati non si sono fatti attendere ed il patrimonio è cresciuto talmente tanto da portarla a investire Ben 48.000 €.
Dallo screenshot dell’app, capiamo che non è così fornita rispetto a quelle più famose come Binance, Kraken, Cripto, ma è anche chiaro il riferimento grafico che utilizza il brand della nota criptovaluta Kadena. Altro aspetto abbastanza importante che, tra gli errori della vittima figura quello di non aver fatto una verifica sull’identità reale della persona, che tra l’altro aveva esposto nel suo profilo l’origine geografica dell’Iran come suo luogo di provenienza e questo già poteva destare diversi sospetti. Aggiungiamoci anche il fatto che la donna ha dichiarato di aver avuto una sorta di relazione sentimentale a distanza con il suo aguzzino.
Una volta arrivata ad un profitto di 70.000 € circa per una somma complessiva di 115.000 L’è stato chiesto di accedere alla piattaforma Premium e le hanno imposto di sborsare i soldi delle tasse, ma nessuna piattaforma legittima, seria, chiede di pagare i soldi delle tasse ai suoi utenti, bensì preleva l’importo necessario sotto forma di commissioni dall’importo del portafoglio. In caso di profitto, sarà lo stesso titolare del guadagno a versare poi successivamente le tasse dichiarate al fisco. Un altro aspetto singolare di questa App, è stato che, una volta aperta, proponeva una pubblicità di una start-up e questo già rappresenta una differenza tra una app professionale rispetto ad un altra che non lo è.
Altro meccanismo utilizzato dagli aggressori da non sottovalutare è quello di utilizzare il Play Store di Google come veicolo di attacco, essendo stata l’app scaricata nel mese di agosto, ad oggi non c’è traccia della stessa sullo Store di Google. Da tenere in considerazione anche il fatto che l’account le è stato chiuso con la scusa che, per accedere al programma Premium, la vittima si sarebbe fatta prestare soldi dal suo amico che le avrebbe versato l’importo necessario sotto forma di criptovaluta con un deposito effettuato stesso sull’app tramite un trasferimento tra i due profili. Il tipo di attacco effettuato è stato possibile grazie ad una scarsa verifica di Google su piattaforma Huawei nel fornire un assist, come tanti del resto che vengono a galla quotidianamente dove gli attori principali sono spregiudicati che mirano a far installare programmi malevoli o utili nel completare e mettere a segno le loro strategie di attacco. Rispetto al caso affrontato in precedenza dove il truffato era un uomo, il metodo è lo stesso, ma il luogo è diverso: se per l’uomo è stato Tinder, ai criminali che hanno colpito la donna è bastato Instagram. Al netto del gesto criminale, c’è da evidenziare due criteri fondamentali che responsabilizzano il truffato stesso:
- non ha verificato l’identità del suo nuovo amico
- la vittima era ignorante nel campo dell’investimento nel settore delle criptovalute
e quindi si è affidata non solo ad una persona sconosciuta, ma senza conoscere avere gli strumenti per poter galleggiare nel mondo della finanza decentralizzata conoscendo almeno le piattaforme che lo gestiscono. Una truffa possibile anche grazie anche all’impreparazione e all’ignoranza della vittima che è stata colpita da un’azione di ingegneria sociale che ha colpito molti utenti di Instagram con finalità diverse, ma con un comun denominatore: il mondo delle criptovalute.
La possibilità di recuperare i soldi è pressoché minima anche perché l’app non esiste più sullo store e non è facile risalire a chi l’ha pubblicata visto che, non trattandosi di una organizzazione riconosciuta, stiamo parlando di persone che hanno utilizzato tutte le lacune di sicurezza individuale ed allo stesso tempo delle piattaforme che forniscono il servizio di app, e nonostante quanto accaduto dal fronte economico, abbiamo consigliato alla signora di cancellare le foto compromettenti sul proprio smartphone perchè non sappiamo se questa app contenga anche un malware e le abbiamo consigliato di consegnare il telefono alla Polizia Postale per effettuare eventuali verifiche. In seguito alla denuncia ed alla elaborazione delle prove utili ad argomentarla, in caso di restituzione immediata, abbiamo suggerito di fare un reset di fabbrica.
Truffe online
CERT-AgID scopre campagna di Phishing mirata alle PA tramite Email di Outlook
Tempo di lettura: 2 minuti. Il CERT-AgID avverte di una campagna di phishing che prende di mira le PA italiane, cercando di rubare credenziali di Outlook tramite email ingannevoli.
Il CERT-AgID (Centro di Certificazione dell’Agenzia per l’Italia Digitale) ha rivelato dettagli su una campagna di phishing attualmente in corso, mirata specificamente alle Pubbliche Amministrazioni italiane. L’obiettivo degli aggressori è di sottrarre credenziali di accesso agli account di posta elettronica MS Outlook, camuffando le loro email fraudolente da comunicazioni ufficiali di reparti HR o contabilità.
Metodologia dell’attacco
Le email di phishing inviate fingono di informare i destinatari su presunti aggiustamenti salariali o accessi a buste paga elettroniche. Questo approccio è calcolato per attrarre l’attenzione dei destinatari e convincerli ad agire, aprendo gli allegati o seguendo link dannosi.
Oggetto dell’email: “Avviso di adeguamento delle buste paga di marzo” Allegato: presenta una doppia estensione .pdf.html, indicando un tentativo di mascherare un file HTML come un innocuo PDF.
Indicatori di Phishing
Per riconoscere questi tentativi fraudolenti, il CERT-AgID mette in evidenza alcuni campanelli d’allarme:
- Sollecitazioni all’azione urgente.
- Allegati sospetti con doppie estensioni.
- Richieste di inserimento credenziali.
- Uso di un linguaggio generico e presenza di errori grammaticali.
Meccanismo dell’Allegato
Una volta aperto l’allegato, l’utente viene indirizzato a una pagina di phishing che simula l’aspetto di una legittima richiesta di login, tentando di catturare le credenziali inserite.
Tecniche di Abuso
Gli aggressori hanno abusato dei servizi di Form builder online, come il sito gratuito formester.com, per creare e gestire le pagine di phishing, rendendo più semplice la raccolta delle informazioni inserite dalle vittime.
Indicatori di Compromissione (IoC)
Per assistere le Pubbliche Amministrazioni nella difesa contro queste minacce, il CERT-AgID ha condiviso gli Indicatori di Compromissione rilevati, facilitando l’identificazione e il blocco di ulteriori tentativi di phishing.
Raccomandazioni
Il CERT-AgID sottolinea l’importanza della vigilanza e dell’adozione di buone pratiche di sicurezza, come il controllo accurato di email e allegati, la verifica dell’attendibilità delle richieste di login e l’uso di soluzioni anti-phishing, per proteggere le infrastrutture delle Pubbliche Amministrazioni da questi attacchi.
Notizie
Quattro persone denunciate per Truffa Online di una macchina agricola
Tempo di lettura: < 1 minuto. La Polizia Postale di Isernia denuncia quattro individui per truffa online e falsità documentale, sottolineando i rischi degli acquisti su Internet.
In seguito alla denuncia presentata da un cittadino della provincia di Isernia, vittima di una truffa online legata all’acquisto di una macchina agricola, la Polizia Postale ha condotto un’indagine che ha portato alla denuncia di quattro individui. Due di essi sono accusati di truffa, ricettazione e riciclaggio, mentre gli altri due di falsità in registri e notificazioni.
Il caso
La truffa è stata messa in atto tramite un falso annuncio su una piattaforma di acquisti online, pubblicato sul profilo social di un individuo che si spacciava per un militare, dichiarando di vendere la macchina agricola a nome del suocero. La vittima è stata indotta a credere nella legittimità dell’offerta anche a causa di un link, inviato tramite WhatsApp da un presunto corriere, che garantiva l’avvio della spedizione e la sua imminente consegna.
Dopo aver effettuato il bonifico richiesto, il denunciante non ha ricevuto la merce e si è reso conto di essere stato truffato.
Indagine e risultati
Nonostante le difficoltà investigative, aggravate dall’uso da parte dei criminali di un conto corrente attivato online con un documento d’identità rubato e numeri di telefono registrati a nome di persone inesistenti, gli investigatori della Sezione operativa sicurezza cibernetica di Isernia sono riusciti a risalire all’identità di due dei truffatori, scoprendo che questi erano già noti per fatti analoghi.
L’operazione ha inoltre portato alla denuncia di due responsabili di un punto vendita che avevano attivato le schede telefoniche utilizzate dai truffatori a nome di soggetti inesistenti.
Questo episodio sottolinea l’importanza della vigilanza quando si effettuano acquisti online e l’efficacia delle forze dell’ordine nel perseguire i responsabili di truffe su Internet, nonostante le sfide poste dall’anonimato e dalla complessità delle tecnologie digitali.
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Notizie
Campagna spam SubdoMailing sfrutta sottodomini di grandi marchi
Tempo di lettura: 2 minuti. La campagna “SubdoMailing” sfrutta sottodomini di grandi marchi per inviare milioni di email di spam al giorno
Una campagna di frode pubblicitaria di vasta portata, denominata “SubdoMailing”, sta utilizzando oltre 8.000 domini internet legittimi e 13.000 sottodomini per inviare fino a cinque milioni di email al giorno, generando entrate tramite truffe e malvertising. Questa operazione sfrutta sottodomini e domini abbandonati di aziende note per inviare email malevole come scoperto dai ricercatori Guardio Labs.
Poiché questi domini appartengono a società affidabili, riescono a bypassare i filtri antispam e, in alcuni casi, a sfruttare le politiche email SPF e DKIM configurate che indicano agli gateway email sicuri che le email sono legittime e non spam.
Tra i noti brand vittime di questo hi-jacking di domini si trovano MSN, VMware, McAfee, The Economist, Cornell University, CBS, NYC.gov, PWC, Pearson, Better Business Bureau, Unicef, ACLU, Symantec, Java.net, Marvel e eBay. Cliccando sui pulsanti incorporati nelle email, gli utenti vengono indirizzati attraverso una serie di reindirizzamenti, generando entrate per gli attori della minaccia tramite visualizzazioni pubblicitarie fraudolente, per poi arrivare a falsi giveaway, scansioni di sicurezza, sondaggi o truffe di affiliazione.
La campagna SubdoMailing mira a domini e sottodomini di organizzazioni rispettabili, tentando di dirottare principalmente tramite hi-jacking CNAME e sfruttamento dei record SPF. Negli attacchi CNAME, gli attori della minaccia cercano sottodomini di marchi rispettabili con record CNAME che puntano a domini esterni non più registrati, per poi registrarli a loro nome tramite il servizio NameCheap.
Il metodo SPF prevede l’esame dei record SPF dei domini target che utilizzano l’opzione di configurazione “include:” puntando a domini esterni non più registrati. L’opzione include di SPF viene utilizzata per importare i mittenti email consentiti dal dominio esterno, ora sotto il controllo dell’attore della minaccia.
Questa operazione sfrutta generalmente i domini dirottati per inviare email spam e di phishing, ospitare pagine di phishing o contenuti pubblicitari ingannevoli.
Guardio Labs attribuisce la campagna a un attore della minaccia chiamato “ResurrecAds”, che scandaglia sistematicamente il web alla ricerca di domini che possono essere dirottati, assicurando nuovi host e indirizzi IP e effettuando acquisti di domini mirati.
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