Sommario
Matrice Digitale, come molte altre testate, non è riuscita a prevedere il nome del nuovo Pontefice. A pochi giorni dall’apertura – e dalla rapidissima chiusura, in meno di ventiquattro ore – del Conclave, la nostra inchiesta, plagiata in modo grossolano da fonti citate dal TG5, aveva individuato due candidati italiani, Pietro Parolin e Matteo Zuppi. La redazione ha condotto – in esclusiva nazionale – un esperimento d’intelligenza artificiale: interpellando Gemini Pro 2.5 di Google e ChatGPT-o3 (con la funzione Deep Research attiva e filtrando le fonti italiane), entrambe le piattaforme avevano puntato sul filippino Luis Antonio Tagle a fonti italiane escluse dalla ricerca che ha restituito poi altri 10 papabili outsider. Le urne cardinalizie hanno invece consacrato l’americano Robert Francis Prevost, da oggi Leone XIV presente nella lista degli outsider fornita da Gemini.
Il segnale (incompreso) di Donald Trump
Nel frattempo sono successe almeno due cose degne di nota. Poco prima dei funerali di Papa Francesco, Donald Trump è atterrato a Roma – e, giorni dopo, ha postato un ritratto generato con IA che lo mostrava in abiti papali, scatenando polemiche globali anche perché il suo ritratto teocratico è stato condiviso dal profilo ufficiale della Casa Bianca.
L’ex presidente, assicurano fonti vicine alla sua corrente, rivendica ora di aver “fiutato” il risultato mettendosi la stelletta al petto per il “primo papa americano”, ma il suo entourage è rimasto freddo: Leone XIV è sì tradizionalista sui temi woke, ma proviene da un lungo ministero in America Latina, area che Trump collega a immigrazione e narcotraffico – Perù in testa, oggi primo produttore di cocaina.
Profilo alto, ma divisivo
Il nuovo Papa – nato a Chicago, origini francesi e italiane – è agostiniano, filosofo e organizzatore stimato della pastorale sociale. La sua elezione appare come contrappeso allo strapotere della galassia evangelica nel Nord America e come risposta all’emorragia di fedeli (e di fondi) verso chiese pentecostali. Continuerà la linea di Francesco sull’accoglienza dei migranti, ma con toni dottrinali più “romani” e meno aperti su eutanasia e identità di genere, cercando al contempo di arginare le spinte progressiste interne.
L’impatto su X nelle prime ventiquattr’ore
Dal momento in cui la fumata bianca ha annunciato Leone XIV – le 18.00 dell’8 maggio – fino alle 18.00 del giorno successivo, Matrice Digitale ha monitorato il flusso di reazioni su X. In quel lasso di tempo sono apparsi 82.038 tweet, capaci di generare 25.629.055 “mi piace”, 2.429.833 condivisioni, 346.853 citazioni e 502.369 commenti. Volumi di questa portata confermano il risalto internazionale di un conclave lampo, ma rivelano anche come la figura del nuovo Pontefice catalizzi – e polarizzi – conversazioni che travalicano i confini vaticani.
Il sentiment complessivo

L’analisi semantica condotta da Matrice Digitale su messaggi contenenti le espressioni “Leone XIV”, “Papa” o “Prevost” fotografa un equilibrio sottile: circa il 51 % dei commenti risulta favorevole, mentre il restante 49 % si divide tra neutralità e critica. In altre parole, l’entusiasmo supera di un soffio le perplessità.
Le lingue che applaudono

A sorprendere è la provenienza di molti giudizi positivi. Nelle tracce in tailandese, cinese, svedese e perfino in greco ecclesiale prevale il sostegno. Spicca anche l’approvazione di Ungheria, Vietnam, Repubblica Ceca e Romania: nazioni che, pur lontane dal palcoscenico del conclave, sembrano salutare con favore il profilo di un Papa cresciuto tra Stati Uniti e America Latina.
Le aree linguistiche divise

Lo scenario muta se si passa all’inglese: qui la platea appare spaccata, con un netto aumento dei rilievi critici. Analoga polarizzazione caratterizza lo spazio ispanofono, storicamente vicino a Roma ma ora diviso fra aspettative e scetticismo. Nei commenti in russo la frattura è ancora più evidente, con elogi e stroncature che si bilanciano quasi perfettamente.
Italia e Francia, tra delusione e attesa
In Italia – dove in molti davano per favoriti Parolin esponendosi anticipando addirittura la notizia in prossimità della presentazione ufficiale o Zuppi spinto dai sorosiani dell’informazione e promosso dall’onnipresente Riccardi di Comunione e Liberazione e dai media italiani a matrice europeista e progressista – il sentimento dominante è la delusione, temperata solo in parte dal richiamo alle radici in parte italiane di Leone XIV e dal rimando mariano alla Madonna di Pompei pronunciato subito dopo l’elezione. Nel complesso i commenti si distribuiscono in modo quasi simmetrico tra positivi, neutri e negativi. Neppure la Francia brinda: chi sperava in un candidato legato all’orbita di Macron, su cui i soliti media hanno chiuso un occhio rispetto alle “indegne” ingerenze Trumpiane, registra un tasso di neutralità-ostilità superiore alla media, segno che l’Eliseo rimane senza un interlocutore privilegiato oltretevere.
Uno specchio della Chiesa globale
Il quadro che emerge è quello di un Pontefice accolto con curiosità e cauto ottimismo in molte periferie del cattolicesimo, ma già al centro di letture divergenti nelle grandi culture politiche occidentali. Leone XIV si troverà quindi a gestire un consenso iniziale frammentato, frutto di attese contrastanti su temi che vanno dall’immigrazione alla “guerra culturale” sui diritti civili. La sua sfida inizia qui, in un mondo digitale che misura il polso del Vaticano in tempo reale – e non concede lunghi periodi di luna di miele.
Le sfide che attendono Leone XIV
Il Vaticano deve colmare un disavanzo di 70 milioni di euro – cifra modesta rispetto al patrimonio stimato di 2.000 miliardi – ma, soprattutto, riconquistare fedeli e donatori. Leone XIV dovrà dialogare con Washington senza alienarsi l’America Latina, consolidare l’evangelizzazione in Asia-Pacifico e contenere l’emorragia verso movimenti pentecostali. Sul tavolo resta l’ambizioso progetto di algoretica inaugurato da Francesco: allineare l’intelligenza artificiale a un umanesimo cattolico in un mondo dove Cina, Russia e Big Tech impongono regole proprie.
Il Conclave ha sorpreso gli algoritmi – e non solo. Ora tocca al nuovo Pontefice dimostrare se la scelta “americana” saprà forgiare un cattolicesimo capace di parlare a Nord e Sud del mondo, senza scontentare né la Casa Bianca né le periferie dove la Chiesa cresce ancora.