La segnalazione anonima arrivata alla redazione di Matrice Digitale ha portato alla scoperta di un presunto schema fraudolento legato a jzmore.com, portale che si presenta come un normale exchange di bitcoin. Una nostra verifica diretta evidenzia l’obbligo di inserire un codice d’invito prima ancora di poter accedere all’area riservata: il sistema, di fatto, filtra gli ingressi e collega ogni nuovo utente a chi lo ha reclutato. Questo dettaglio, unito alla recente registrazione del dominio nel Regno Unito ad aprile 2024 su server Amazon AWS protetti da Cloudflare, costituisce il primo indizio di una struttura pensata per rastrellare fondi e scomparire. L’assenza di licenze finanziarie, di un indirizzo fisico verificabile e di un prospetto sui rischi fa suonare tutti gli allarmi di sicurezza.
Perché jzmore.com è un rischio per gli investitori

L’esperienza di iscrizione compiuta da Matrice Digitale mostra che senza codice sponsor la piattaforma rifiuta ogni registrazione. Il meccanismo ricorda gli schemi multilivello in cui la ricompensa dipende dalla quantità di nuove vittime portate dentro. Dopo il tentativo di login, il sito chiederebbe un deposito in Tether anziché in euro o in dollari, scelta che complica la tracciabilità del denaro e che va contro la normativa europea MiCa che regolamenta le criptovalute in Europa.

Una volta effettuato il versamento, non esiste garanzia di poter prelevare perché le condizioni d’uso non citano procedure di rimborso, arbitrato o conto segregato. Ricerche open-source confermano la totale assenza di recensioni neutre, di controlli antiriciclaggio e di riferimenti a entità di vigilanza come la Financial Conduct Authority.
Senza alcun vero KYC, il portale invita gli utenti a caricare capitali in criptovaluta promettendo guadagni rapidi e grafici in tempo reale clonati dalle piattaforme regolamentate. In realtà mostra solo immagini statiche e testimonianze non verificabili. L’HTTPS di facciata non basta a garantire l’affidabilità di un sito che manipola dati sensibili e potrebbe sparire semplicemente cambiando DNS. La strategia è chiara: sfruttare l’aumento degli abbonamenti ai servizi di streaming e la ricerca di rendimenti facili per convincere i risparmiatori a rischiare il proprio patrimonio.

Le implicazioni legali e i rischi di censura sono concreti. Nonostante il sito dichiari di essere operativo dal 2017, la Wayback Machine non registra copie anteriori alla primavera 2024. Inoltre l’utente non riceve alcuna tutela in caso di furto di identità o di fondi. Se la piattaforma dovesse essere oscurata da un ordine giudiziario, i truffatori potrebbero rialzarsi sotto un nuovo nome. Il fenomeno ricorda gli schemi già affrontati dalla Guardia di Finanza con la chiusura di siti pirata per la trasmissione IPTV, ma stavolta il bersaglio è la finanza personale.

Il caso jzmore.com dimostra che la cura dell’immagine e la presenza di un certificato di sicurezza non bastano a rendere legittimo un exchange. Codice d’invito, dominio giovane e anonimato societario sono segnali univoci di pericolo. I risparmiatori dovrebbero affidarsi solo a piattaforme storiche e regolamentate, diffidando di promesse di profitto garantito e facendo sempre controlli incrociati su fonte, licenze e reputazione online. L’inchiesta di Matrice Digitale ribadisce che l’informazione indipendente resta l’unico scudo efficace contro le frodi digitali.