Sommario
Lo scandalo Graphite, esploso attorno all’ipotesi di una sorveglianza illegittima ai danni dei giornalisti di Fanpage, sembra essersi affievolito nel dibattito pubblico, nonostante la gravità delle accuse. Il tutto dopo le dichiarazioni del sottosegretario Alfredo Mantovano, che ha escluso categoricamente qualsiasi coinvolgimento dei servizi italiani nella presunta attività di spionaggio ai danni dei giornalisti Pellegrino e D’Agostino. Eppure, il lavoro del Copasir, come anticipato in esclusiva nazionale da Matrice Digitale, aveva individuato elementi di attenzione. Un’indagine che, pur discussa, non è mai stata trattata come una verità acquisita, come dimostra la replica ufficiale della Paragon Solutions, la società che ha sviluppato il controverso spyware Graphite, il cui contratto è stato interrotto dal governo italiano.
Il nodo delle procure e le intercettazioni 0-click
Secondo Mantovano, i giornalisti di Fanpage non sarebbero stati oggetto di attività di intelligence nazionale, ma restano ancora diversi interrogativi aperti in virtù anche dell’intercettazione di alcuni individui di Potere al Popolo che hanno rapporti giornalistici con la Redazione di Fanpage che farebbero sorgere dei sospetti sulla base di una coincidenza. Sarebbe ora compito delle procure italiane accertare cosa sia accaduto realmente sui dispositivi di Ciro Pellegrino e Roberto D’Agostino, i due giornalisti che, secondo alcune fonti, sarebbero stati infettati con spyware 0-click, una delle tecnologie di sorveglianza più temute a livello globale. La parte più inquietante di questa vicenda riguarda proprio la reazione di Fanpage, che da giorni denuncia pubblicamente un atto gravissimo contro la stampa libera, pur senza avere ancora prove formali che riconducano la vicenda a una responsabilità istituzionale italiana e questo rende ancora più opprimente per gli intercettati la situazione vista l’assenza di un autore che potrebbe trovarsi altrove.
Fanpage e la zona grigia della narrativa
Nel sistema democratico italiano, l’intercettazione di giornalisti è possibile, ma solo attraverso un’autorizzazione giudiziaria, come ha spiegato anche il procuratore Nicola Gratteri, oggi a capo della Procura di Napoli. Uno dei dispositivi analizzati sarebbe sotto la sua giurisdizione. Il problema, come evidenziato, è che Fanpage tende a sovrapporre la propria vicenda a quella di soggetti effettivamente intercettati nell’ambito di indagini regolari, come il caso che ha coinvolto attivisti legati alla ONG Mediterranea Saving Humans, fondata da Luca Casarini e frequentata da don Mattia Ferrari.
L’errore di associazione tra casi differenti
Questa confusione narrativa rischia di rappresentare un “peccato originale” nella comunicazione di Fanpage. Graphite, se davvero utilizzato contro giornalisti senza motivazione, è uno scandalo internazionale. Ma associarlo a intercettazioni condotte regolarmente su soggetti potenzialmente legati a reti di traffico di esseri umani, come nel caso della Mediterranea, è un errore metodologico grave. Le attività delle ONG, per quanto animate da fini umanitari, si muovono spesso in territori giuridicamente sensibili, soprattutto quando si entra in contatto con le reti criminali che gestiscono i flussi migratori nel Mediterraneo. Questo implica, talvolta, anche rapporti ambigui o rischiosi con i trafficanti.
L’effetto boomerang e i rischi per la libertà di stampa
Il principio è chiaro: una cosa è lo spionaggio abusivo contro giornalisti, un’altra è l’attività di intercettazione autorizzata da una procura nei confronti di soggetti coinvolti in dinamiche che possono configurare reati, come l’associazione con reti illegali di immigrazione. L’eccessiva protesta pubblica rischia di minare la credibilità stessa della denuncia. L’impressione, in questo momento, è che si cerchi di rivendicare un diritto in base alla sola visibilità mediatica, invece di attendere gli esiti ufficiali delle indagini.
Il ruolo della Santa Sede e la posizione di don Ferrari
Particolarmente delicato è il coinvolgimento di don Mattia Ferrari, sacerdote noto per le sue posizioni progressiste e per la sua presenza nel programma “Che Tempo Che Fa”. Ma, come chiarito, non è stato intercettato in quanto prete, bensì perché avrebbe prestato il proprio dispositivo a una persona sottoposta a indagini, sospettata di essere in contatto con realtà vicine al traffico di migranti. Il Vaticano, che negli ultimi anni ha cercato di difendere la reputazione della Santa Sede in ambito internazionale, si trova oggi in una posizione difficile, proprio per l’ambiguità della linea tra attività pastorale e coinvolgimento operativo in missioni che possono sfociare in collaborazioni controverse.