Impianto fotovoltaico subretinale ripristina la visione in pazienti con atrofia geografica

di Lorenzo De Santis matricedigitale.it
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Un impianto fotovoltaico subretinale apre nuove prospettive per il trattamento della degenerazione maculare legata all’età (AMD) in fase avanzata, offrendo ai pazienti con atrofia geografica la possibilità di recuperare parzialmente la visione centrale. Lo studio clinico coordinato da Frank G. Holz e pubblicato il 20 ottobre 2025 sul New England Journal of Medicine presenta risultati rivoluzionari ottenuti con il sistema PRIMA, una combinazione tra impianto fotovoltaico subretinale e occhiali che proiettano luce nel vicino infrarosso. La ricerca coinvolge 38 partecipanti con acuità visiva fortemente compromessa, dimostrando un miglioramento clinicamente significativo nella maggior parte dei casi e segnando un traguardo epocale per la riabilitazione visiva.

Contesto e innovazione tecnologica

L’atrofia geografica rappresenta oggi una delle principali cause di cecità irreversibile nel mondo, con oltre cinque milioni di persone colpite. Derivante dalla progressione dell’AMD, provoca la perdita della visione centrale e l’impossibilità di svolgere attività quotidiane come leggere, guidare o riconoscere volti. Fino ad oggi, non esisteva alcuna terapia capace di ripristinare la funzione visiva nelle aree danneggiate della retina. Il sistema PRIMA nasce per colmare questo vuoto terapeutico. Si compone di un microarray fotovoltaico impiantato sotto la retina, capace di convertire la luce in impulsi elettrici, e di occhiali equipaggiati con un proiettore che emette luce infrarossa modulata. La luce attiva i micro-pixel dell’impianto, stimolando direttamente i neuroni retinici residui e ricreando una percezione visiva artificiale. In altre parole, la tecnologia bypassa le cellule fotorecettrici danneggiate, restituendo al cervello segnali visivi provenienti dalle zone atrofiche.

Disegno dello studio e metodologia clinica

Limpianto fotovoltaico subretinale PRIMA ripristina la visione centrale in pazienti con atrofia geografica da AMD
Impianto fotovoltaico subretinale ripristina la visione in pazienti con atrofia geografica 7

Lo studio è stato condotto in modalità open-label, multicentrica e prospettica, con un gruppo singolo di controllo basale. Tutti i partecipanti presentavano un’acuità visiva pari o superiore a 1,2 logMAR, corrispondente a una grave compromissione visiva. I ricercatori hanno valutato la visione con e senza l’uso degli occhiali PRIMA a sei e dodici mesi dall’intervento, definendo come miglioramento clinicamente significativo un guadagno di almeno 0,2 logMAR rispetto al valore iniziale. Dei 38 pazienti impiantati, 32 hanno completato il follow-up di un anno. Tra gli altri, tre sono deceduti per cause indipendenti dallo studio, uno si è ritirato e due non hanno potuto partecipare ai test finali. Per garantire l’accuratezza statistica, gli autori hanno utilizzato un metodo di imputazione multipla per i dati mancanti, ottenendo stime affidabili sul tasso di successo complessivo.

Risultati sull’acuità visiva e significatività statistica

I risultati mostrano un miglioramento nell’acuità visiva in 26 partecipanti su 32, pari all’81% dei casi. L’intervallo di confidenza al 95% varia tra 64 e 93, mentre il valore P inferiore a 0,001 conferma la significatività statistica. Applicando l’imputazione multipla ai partecipanti non valutabili, la stima complessiva di miglioramento si attesta all’80%, con un intervallo di confidenza compreso tra 66 e 94. Il miglioramento riguarda principalmente la visione centrale nelle aree di atrofia retinica, mentre la visione periferica naturale è rimasta invariata rispetto ai valori basali. Ciò conferma che l’impianto agisce selettivamente sulle zone colpite senza compromettere le parti sane della retina. Gli autori sottolineano come i progressi siano stati osservati già a sei mesi e mantenuti nel tempo fino al dodicesimo mese.

Profilo di sicurezza e gestione degli eventi avversi

Nel corso dello studio sono stati registrati ventisei eventi avversi seri in 19 partecipanti, equivalenti al 50% dei soggetti impiantati. Tuttavia, ventuno di questi eventi si sono verificati entro due mesi dalla procedura chirurgica e venti si sono risolti completamente entro lo stesso periodo. Gli episodi erano principalmente legati al processo di guarigione postoperatoria, senza danni permanenti alla retina. Il comitato indipendente di monitoraggio dei dati e della sicurezza, composto da Sophie J. Bakri, Sebastian Wolf e Thomas J. Wolfensberger, ha valutato tutti gli eventi e confermato la sicurezza generale del dispositivo. L’acuità visiva periferica è rimasta stabile e nessun partecipante ha riportato effetti avversi di lungo termine correlati al funzionamento dell’impianto. Questi risultati supportano la tollerabilità chirurgica e la biocompatibilità del sistema PRIMA, elementi fondamentali per l’adozione clinica su larga scala.

Implicazioni per la qualità della vita

Il recupero anche parziale della visione centrale ha avuto un impatto significativo sull’autonomia dei pazienti. Molti hanno riferito di aver riconquistato la capacità di distinguere forme, leggere grandi caratteri o orientarsi in ambienti noti. Questi miglioramenti, pur non equivalenti a una vista naturale, rappresentano un progresso concreto per persone affette da cecità funzionale. Lo studio include anche analisi qualitative basate su questionari sull’impatto dell’ipovisione, curati da Ecosse Lamoureux ed Eva Fenwick, che hanno evidenziato un miglioramento della qualità della vita e una riduzione del senso di isolamento. I risultati confermano che la riabilitazione visiva, combinata con l’uso del sistema PRIMA, può offrire un reale beneficio psicologico e sociale oltre che funzionale.

Collaborazioni internazionali e contributi tecnici

Il progetto ha coinvolto un ampio network di ricercatori internazionali, tra cui José-Alain Sahel e Daniel Palanker, figure di riferimento nel campo delle neuroprotesi visive. La ricerca è stata finanziata da Science Corporation (ex Pixium Vision) e dal Moorfields National Institute for Health and Care Research Biomedical Research Centre. I centri di riabilitazione visiva in Francia, Italia e Regno Unito hanno fornito supporto ai partecipanti nella fase di adattamento post-impianto, dimostrando l’importanza di un approccio integrato tra chirurgia, tecnologia e formazione riabilitativa. Il sistema PRIMA segna un passo decisivo nella lotta contro la cecità causata da atrofia geografica e apre nuove vie per la stimolazione retinica fotovoltaica. Lo studio dimostra che è possibile non solo preservare la retina residua, ma anche ripristinare la funzione visiva centrale attraverso un’interfaccia neuro-elettronica biocompatibile. L’efficacia osservata, unita a un profilo di sicurezza favorevole, pone le basi per una futura espansione clinica del dispositivo e per l’applicazione della tecnologia in altre forme di degenerazione retinica. Gli autori sottolineano che i risultati ottenuti potrebbero cambiare radicalmente l’approccio terapeutico alle malattie oculari neurodegenerative, trasformando la fotostimolazione artificiale in un pilastro della medicina oftalmologica del futuro.