Stanzione scende in campo e respinge le accuse di Ranucci. Nuova sanzione in arrivo dal Garante?

di Redazione
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Pasquale Stanzione

Il Garante per la protezione dei dati personali ha reagito con fermezza alle dichiarazioni del giornalista Sigfrido Ranucci, che durante una conferenza al Parlamento europeo ha accusato l’Autorità di essere “armata” contro il programma Report. La vicenda, nata nel pieno di un dibattito sulla libertà di stampa e sulla trasparenza istituzionale, ha riacceso le tensioni tra organi di vigilanza e giornalismo d’inchiesta, mentre sullo sfondo riaffiora il cosiddetto “dossier fantasma” che accusa il Garante di conflitti di interesse interni.

La conferenza di Ranucci a Strasburgo

Il 23 ottobre 2025, Sigfrido Ranucci, affiancato dall’eurodeputato Sandro Ruotolo, ha tenuto una conferenza al Parlamento europeo di Strasburgo denunciando un presunto tentativo di strumentalizzare il Garante privacy per colpire Report. Il conduttore ha parlato di “solidarietà ipocrita” verso i giornalisti, sostenendo di possedere prove imminenti a sostegno delle sue accuse. Ranucci ha collegato la sua denuncia al dossier anonimo circolato nell’estate 2025, che attribuisce all’Autorità nomine politiche e scarsa trasparenza interna. Il documento, definito da alcune fonti “redatto da mani esperte vicine alle istituzioni”, solleverebbe interrogativi sull’indipendenza del Collegio e sul controllo dei garanti stessi. Nel corso dell’incontro, Ruotolo ha ricordato i 116 episodi di minacce a giornalisti registrati in Italia nel 2025, di cui 29 sotto protezione attiva, denunciando anche l’uso di software di sorveglianza come Paragon e l’aumento delle querele temerarie contro la stampa. Il dibattito ha così assunto un tono più ampio, toccando i temi del rapporto tra privacy e libertà di informazione, e della responsabilità delle istituzioni nel tutelare entrambi i valori.

La risposta del Garante privacy

Il giorno seguente, il 24 ottobre 2025, il presidente del Garante, Pasquale Stanzione, ha diffuso un comunicato ufficiale in cui ha definito le parole di Ranucci “illazioni di gravità senza precedenti”, respingendo ogni accusa di condizionamento politico. Stanzione ha ricordato che l’Autorità opera in modo completamente indipendente, come previsto dal Regolamento europeo 2016/679 e dal Codice Privacy (D.Lgs. 196/2003), e che il vertice è eletto da entrambi i rami del Parlamento, non dal governo. Nel comunicato si sottolinea che le decisioni del Garante sono basate esclusivamente sulla legge e mirano a proteggere i cittadini da trattamenti lesivi della dignità personale, smentendo qualsiasi forma di ingerenza esterna. L’Autorità ha inoltre espresso disponibilità al dialogo con i media, ma ha giudicato le parole del conduttore di Report come un tentativo di condizionamento che “lede gravemente l’immagine istituzionale del Collegio”. Stanzione ha infine annunciato che il Garante si riserva azioni legali per tutelare la propria reputazione, ribadendo che l’Autorità rimane un organo imparziale di garanzia democratica, indipendente da logiche politiche o mediatiche.

La sanzione alla Rai e l’escalation delle tensioni

Le accuse di Ranucci sono giunte poche ore dopo la decisione del Garante di sanzionare la Rai con 150.000 euro per la diffusione, durante una puntata di Report dell’8 dicembre 2024, di un audio privato che coinvolgeva il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano e la moglie Federica Corsini. Il provvedimento, approvato all’unanimità dal Collegio, ha rilevato violazioni del Codice Privacy e del GDPR, in particolare delle regole deontologiche sul trattamento dei dati personali nel giornalismo. Un reclamo analogo dello stesso ministro contro altre testate è invece stato archiviato per infondatezza, segno — secondo il Garante — della proporzionalità e della neutralità dei propri interventi. Ranucci ha tuttavia letto la coincidenza temporale tra la sanzione e la sua conferenza europea come una prova di strumentalizzazione, rafforzando l’idea di un’azione punitiva verso Report. Il Garante, dal canto suo, ha definito tale lettura “destituita di ogni fondamento”, ribadendo che ogni decisione deriva da un’istruttoria tecnica e giuridica autonoma. Intanto, dal precedente comunicato, l’avv. Simone Aliprandi ha intuito che ci possa essere un’altra sanzione su LinkedIn facendo presagire che ci siano uno o più provvedimenti sospesi.

Privacy, giornalismo e libertà di stampa

La vicenda mette a nudo il delicato equilibrio tra tutela della privacy e libertà di stampa. Il Garante rivendica il proprio ruolo nel proteggere i dati personali, mentre il mondo del giornalismo denuncia rischi di censura mascherata da tutela legale. In Italia, il numero di episodi di intimidazione contro i giornalisti rimane il più alto in Europa, con una crescente tendenza alle azioni legali e alle denunce strumentali. L’intersezione tra diritto alla riservatezza e diritto all’informazione diventa sempre più complessa, soprattutto quando le inchieste toccano figure istituzionali o dati sensibili. Ranucci ha annunciato nuove indagini giornalistiche sul tema della trasparenza, mentre il Garante prepara iniziative per difendere la propria immagine e chiarire pubblicamente le procedure interne. Il caso Ranucci-Garante si inserisce in un contesto di tensione crescente tra poteri dello Stato e informazione indipendente. Da un lato, l’Autorità chiede rispetto per il proprio ruolo di garante della legge; dall’altro, il giornalismo d’inchiesta rivendica il diritto di indagare senza intimidazioni. In mezzo, resta il nodo cruciale: come garantire che privacy e libertà di stampa convivano senza compromessi, in un Paese che si confronta con una fragile fiducia nelle istituzioni e con un bisogno crescente di trasparenza e responsabilità pubblica.