Doom nello spazio: l’ESA porta il leggendario gioco in orbita

di Redazione
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Il leggendario Doom, simbolo del gaming anni ’90, ha conquistato un nuovo traguardo: l’orbita terrestre. Un team di sviluppatori guidato dal programmatore Ólafur Waage è riuscito a eseguire il gioco su un satellite dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), nell’ambito di una sfida di hacking ufficiale raccontata durante l’Ubuntu Summit. Il progetto ha coinvolto il satellite OPS-SAT, un laboratorio orbitante da 10 x 10 x 30 centimetri, decommissionato dopo aver completato la sua missione scientifica. Dotato di un computer dieci volte più potente di qualsiasi precedente veicolo spaziale ESA, OPS-SAT è stato concepito per testare software e sistemi di controllo missione. Il team ha utilizzato questo ambiente estremo per una delle imprese più originali mai realizzate nella storia del gaming: eseguire Doom nello spazio, superando limitazioni hardware, vincoli di sicurezza e persino le radiazioni cosmiche.

Storia del programmatore e la sfida dell’ESA

Ólafur Waage ha raccontato che l’idea è nata come esperimento tecnico e dimostrazione di creatività open-source. Il team, partecipando alla sfida hacking dell’ESA, aveva il compito di far girare software complessi sull’hardware del satellite. Dopo un primo tentativo, sono riusciti a installare Doom, adattandolo all’ambiente spaziale. Il primo approccio ha utilizzato Chocolate Doom, una versione fedele all’originale che impiega SDL come backend grafico e sonoro. Non essendo presente uno schermo sul satellite, l’output è stato mostrato in forma testuale, con percentuali di completamento e conteggi dei nemici uccisi, confermando l’esecuzione del motore di gioco.

Il risultato ha stupito i tecnici ESA, dimostrando che il codice ha funzionato perfettamente senza interferenze da raggi cosmici o errori di memoria. Nel secondo tentativo, il team è passato al port doomgeneric, più flessibile e facilmente adattabile, riuscendo a generare un output grafico virtuale con screenshot e un’inedita ambientazione “spaziale”.

Aspetti tecnici e adattamento grafico

La sfida principale era rappresentata dalle restrizioni software e dalle limitazioni di upload, poiché i team avevano solo finestre temporali ristrette per caricare e avviare il codice. Per rendere il risultato visivamente più suggestivo, gli sviluppatori hanno combinato Doom con immagini reali della Terra catturate dalla fotocamera del satellite. Il sensore, capace di scatti ad alta risoluzione, produceva immagini con profondità di colore superiore a quella supportata dal motore di Doom, limitato a una palette da 256 colori. Per risolvere la discrepanza, il team ha collaborato con un altro gruppo che aveva installato un modello di intelligenza artificiale a bordo. Questo modello ha ridimensionato e ridotto le immagini a 8-bit, con perdita minima di qualità, permettendo di integrarle come sfondo dinamico del gioco. Inoltre, sono state apportate leggere modifiche alla palette originale per aggiungere sfumature di blu, marrone e verde, più fedeli alla superficie terrestre.

Sfide affrontate dal team hacker

Eseguire Doom nello spazio non è stato semplice. Le condizioni operative del satellite imponevano rigide limitazioni di memoria e banda, rendendo impossibile caricare tutte le dipendenze del gioco in un unico tentativo. Gli sviluppatori disponevano di slot temporali limitati per “pushare” e far girare il codice, senza possibilità di input in tempo reale. Per superare questo ostacolo, il team ha usato una demo preconfigurata del primo livello di Doom, eseguendo il gioco in modalità automatica. La verifica dell’esecuzione avveniva tramite output testuali e grafici acquisiti in remoto. Inoltre, l’ambiente spaziale ha richiesto ottimizzazioni per garantire la stabilità contro le radiazioni e le variazioni di temperatura. I risultati hanno confermato la resilienza del codice di Doom, in grado di funzionare senza errori anche a centinaia di chilometri dalla Terra. Secondo Waage, questo dimostra la solidità del linguaggio C e la longevità dell’architettura open-source, capace di adattarsi a contesti estremi.

Implicazioni e significato per il gaming spaziale

L’impresa di far funzionare Doom su un satellite ESA va oltre la curiosità tecnica: rappresenta una dimostrazione di versatilità, ingegno e cultura hacker. Doom, già eseguito su frigoriferi, droni e persino test di gravidanza, ora raggiunge l’orbita terrestre, consolidando il suo status di esperimento universale nel mondo open-source. L’esperimento evidenzia anche il potenziale delle collaborazioni tra enti spaziali e community di sviluppatori indipendenti, mostrando come l’innovazione possa emergere da progetti creativi e non convenzionali. L’ESA, attraverso OPS-SAT, conferma la propria apertura all’hacking etico e sperimentale come metodo per testare la robustezza dei propri sistemi. L’impresa di Waage e del suo team, raccontata in un video su YouTube, non solo segna una milestone simbolica nel rapporto tra spazio e videogioco, ma apre la strada a nuovi esperimenti di software interattivo orbitante, dove il confine tra esplorazione scientifica e cultura pop si fa sempre più sottile.